Trucioli

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Il virus della politica nella Sanità non ha terapie


Il virus della politica che infetta la Sanità pare non avere terapie efficaci perché continua a minare i fondamenti costituzionali della Repubblica che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

di Gianfranco Barcella

Il dr. Renato Giusto

Qualche rimedio tampone è stato messo in campo: recupero delle liste d’attesa al San Paolo di Savona, riattivazione dei condici bianchi al Pronto Soccorso di Santa Corona. Il dottor Renato Giusto afferma: “Bisognerebbe anche saper riconoscere i propri errori e chiedere scusa”.

Renato Giusto ha affermato di recente: “Leggo con piacere che al Santa Corona, al Pronto Soccorso verrà aperto ed attivato  un ambulatorio per codici bianchi, praticamente come più di venti anni fa quando io ed i miei amici e colleghi dell’epoca avevamo dato vita ad un ambulatorio del genere presso i Pronto Soccorso dei quattro ospedali della Provincia: San Paolo di Savona, Santa Corona di Pietra Ligure, Ospedale di Cairo Montenotte ed Ospedale di Albenga. Funzionavano benissimo, poi per risparmiare e per incompetenza furono ridotti ed eliminati. Non è comunque mai troppo tardi per capire gli errori commessi e per rimediare; però bisognerebbe riconoscere gli errori e chiedere scusa in modo adeguato ai pazienti savonesi che sono stati privati di una assistenza sanitaria importante ed anche a coloro che si erano dati da fare per aiutare la Sanità Pubblica, sacrificandosi a lavorare anche il sabato, la domenica,  Natale e Capodanno!La vita spesso è così:sovente non c’è riconoscenza!”

Intanto per gli interventi alla cataratta , si è parlato nelle cronache savonese dei quotidiani di due anni di attesa. L’azienda sanitaria ha risposto così: “Garantiti gli interventi più urgenti durante la pandemia. Acquistate operazioni in centri privati convenzionati”. Resta il fatto che i tagli continui delle risorse da destinare alle risorse pubbliche, la carenza di personale, turni di lavoro massacrante, <fuga> di medici ed infermieri  nel <privato> che spesso paga di più,continuano a riversarsi  sulle spalle dei cittadini, bisognosi di aiuto. Ed i pazienti che possono pagare sono sempre meno. Chi non ha i soldi rischia di non curarsi o di entrare nel girone dantesco delle liste d’attesa, con tempistiche anche di oltre un anno, per una visita. Tutte cose risapute e ribadite per l’ennesima volta che non sortiscono effetti di sorta.

Gravissime difficoltà patiscono gli anziani soli e bisognosi di cure, in attesa dei decreti attuativi della legge che prevede l’assistenza domiciliare. C’è stato persino il caso, in Piemonte, di un malato terminale  di tumore che si è presentato in ospedale con un televisore da vendere per pagarsi le ultime cure. Il caso ha suscitato la pietà umana degli astanti che hanno raccolto 2000 euro per aiutarlo.

L’Italia destina solo il 6% del PIL alla Sanità , il tasso minore in Europa.. A ricordarlo, il medico cuneese Ugo Sturlese: “Più di un milione di Italiani non può curarsi perché non ha soldi per il privato ed i poveri muoiono prima. Il Governo spende in armamenti, non per la Sanità. Inaccettabile che non ci sia una rivolta popolare”.  La battaglia per  difendere la Sanità pubblica “ è solo all’inizio“ hanno assicurato i segretari provinciali della triplice sindacale cuneese , invitando tutta la politica “a lasciare  da parte le beghe di partito  per occuparsi di dei bisogni e dei diritti delle persone”.

Non possiamo negare che stiamo pagando un prezzo umano indicibile, in ambito sanitario, non solo per colpa del covid 19; non riesco a dimenticare le stragi criminose consumate nelle case di riposo per gli anziani sulle quali la magistratura sta indagando, e che, ancora oggi, fuori dalla fase acuta della pandemia, molti cittadini italiani rinunciano a curarsi per mancanza di mezzi! Dobbiamo ripensare la politica sanitaria in Italia! Mi piacerebbe  risentire parlare di Ministero della Sanità Pubblica e non genericamente della Salute; inoltre sarei lieto che il 30% delle risorse pubbliche non fosse destinato alla sanità privata che dovrebbe contare solo sulle proprie forze. Ma soprattutto il bene tutelato e garantito della salute, secondo i sacrosanti dettami della Costituzione, non dovrebbe più essere affidato alla gestione delle Regioni. Ripartire dalla medicina del territorio sì, ma seguendo indirizzi unitari ed univoci altrimenti ci troveremo sempre  di fronte a cittadini, uguali di fronte alla legge in diritti e doveri, che ricevono un diverso trattamento terapeutico a seconda della loro collocazione geografica. E’ assurdo ed anche incostituzionale!!! Forse con una sola direzione centrale si limiterebbe anche la mala gestio sanitaria, parcellizzata sul territorio. Mai come adesso c’è desiderio di “parole e fatti onesti”  soprattutto nell’ambito della politica sanitaria.

Con <l’autonomia differenziata> che dovrebbe riguardare una governance della sanità si favoriranno ancora una volta i cittadini più abbienti, prevalentemente nel Centro Nord dell’Italia. Chi non avrà la possibilità di curarsi ne resterà fuori. Mentre  la sanità pubblica si sgretola, il settore privato avanza sempre di più ed il diritto alla salute vacilla per sempre più persone. Secondo la Fondazione Gimbe che da anni si occupa di ricerca e divulgazione scientifica, c’è bisogno di un piano di rilancio del sistema sanitario nazionale per tutelare la salute collettiva ed impedire che i più fragili rimangono indietro. Per la nostra democrazia non è più tollerabile che universalità, uguaglianza ed equità, i principi fondamentali del Ssn, siano stati traditi ed ora troneggino parole chiave come: infinite liste d’attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione dei malati in Regioni più provvedute di cure, rinuncia alle medicine, riduzione dell’aspettativa di vita. Tutti questi fattori hanno reso il servizio sanitario nazionale pericolosamente vicino ad un punto di non ritorno per cui il diritto alla tutela alla salute rischia di trasformarsi in un privilegio per pochi.

A rimetterci come sempre, sono i più fragili svantaggiati. Ha sottolineato il prof. Cartabellotta: Da oltre dieci anni assistiamo all’assenza di visione e strategia politica a supporto della sanità pubblica, in un immobilismo che si limita ad affrontare solo problemi contingenti; per questo abbiamo elaborato il Piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale”.

Speriamo che qualcuno ne tenga conto (n.d.r.). Non dobbiamo dimenticare i volti stremati di quegli infermieri e quei medici  nelle corsie degli ospedali che durante la pandemia hanno fatto il giro del web, mettendo in luce il problema strutturale della carenza di personale medico in quelle strutture. Abbiamo anche riflettuto sul fatto che i posti disponibili, in terapia intensiva, erano troppo pochi per fronteggiare un’emergenza. Molti di noi si sono resi conto di quanto fosse fragile e debole il sistema della nostra sanità territoriale, con medici di base che non riuscivano a far fronte alle miriadi di richieste. Dovremmo ricordarci bene tutto questo e ed in particolare chi, a causa dei ritardi prodotti allora, oggi si trova a fronteggiare liste di attesa molto lunghe. Eppure, a dire il vero, i problemi non sono nati ieri e neppure solo a causa della pandemia. Ma grazie al covid-19 , i cittadini hanno acquisito consapevolezza sulla necessità di tornare ad investire sulla sanità pubblica.

Dall’inizio del 2020 ad oggi, su Change. Org, in Italia sono state lanciate oltre 5000 petizioni sul tema della salute per quasi 10 milioni di firme raccolte in tutto. Molte di queste campagne hanno aiutato ad accorciare le distanze tra cittadini e decisori politici ed a sollevare o risolvere problematiche fino a quel momento ignorare dalle istituzioni. Nel 2021, la salute è stato l’argomento che ha totalizzato più firme e rispetto al quale sono state lanciate  più campagne; decine di petizioni contro lo smantellamento delle strutture ospedaliere, per il rafforzamento della sanità territoriale, contro la disparità nell’accesso al diritto alla salute tra Regioni (soprattutto tra quelle del Nord  rispetto a quelle del Sud). La pandemia ha accresciuto la sensibilità degli utenti della piattaforma sul tema, non soltanto al fine di risolvere situazioni circoscritte. E’ stato anche lanciato un appello in favore della sanità pubblica da un gruppo di cittadini, composto da  professionisti sanitari,  donne e uomini con funzioni diverse che ha già raccolto 120 mila firme. “Purtroppo le condizioni in cui versa il nostro SSNN sono drammatiche”, hanno scritto. Ed ancora si legge. “Rispetto alla riforma del 1978 c’è stato un incremento demografico non ancora metabolizzato, in modo adeguato: siamo una società invecchiata, che invecchierà ancora di più. Sono anni che lo Stato non investe quanto necessario in termini di risorse finanziarie e professionali. Così non è avvenuto, quanto meno in termini congrui”.

E quindi chiedono una serie di interventi per risolvere i problemi che oggi affliggono il Nostro Sistema Sanitario Nazionale. Tra i commenti dei firmatari si leggono le storie di persone che hanno vissuto in prima persona gli effetti delle carenze del SSN. “Per un PAP test devo aspettare 2 mesi, per una MOC agli ospedali Civili di Brescia, le prenotazioni sono<semplicemente> chiuse da non so quando”.

Scrive Annamaria: “Firmo perché ormai la situazione è intollerabile”. Dice Vincenzo: “Liste d’attesa con tempi infiniti costringono ad effettuare il turismo sanitario, vagabondando per varie località; ospedali con attrezzatura obsoleta e/o non funzionante che non consente si pochi operatori di svolgere il proprio lavoro, pronti soccorso, affidati a società esterne, spesso con personale non qualificato. E poi patiamo altresì la mancata programmazione dei pensionamenti e di conseguenza della assunzione dei nuovi operatori che nel frattempo, per lavorare emigrano in Paesi dove possono svolgere la loro attività, oltretutto re. tribuiti anche in modo più adeguato e poco o nulla si fa per farli rientrare”.

Tra i temi che stanno a cuore ai firmatari prevale un’attenzione particolare rivolta al rischio che questo stato di cose finisca per esasperare le diseguaglianze tra i cittadini, dividendo sempre più quelli ricchi ricchi da quelli poveri, i primi di serie A ed il secondi serie C, in qualsiasi regione essi si trovino. Si legge ancora nel testo: “ E’ unanimemente riconosciuto che già oggi le differenze inaccettabili nella società in rapporto all’istruzione, condizioni di vita e di lavoro, età e genere portano anche a diseguaglianze di salute. Le persone socialmente più disagiate si ammalano di più ed hanno maggiori difficoltà di accesso tempestivo a servizi di buona qualità”. E gli autori sottolineano ancora: “L’accesso alle prestazioni a pagamento è aumentato in modo esponenziale così come il ricorso a sistemi assicurativi e più in generale, è aumentato l’abbandono delle persone fragili per salute, età e condizioni economico-sociali”. All’interno di questa categoria ricadono anche e soprattutto i cittadini che vivono al Sud: sono tante le persone costrette a viaggiare al Nord per curarsi.

Citiamo Antonio di Reggio Calabria, padre di due figli, entrambi affetti da malattia neurodegenerativa  che ha compromesso gravemente la loro salute che chiede di dare vita a strutture specializzate in neurologia e neuropsichiatria infantile anche nella sua Regione, in modo da non dover andare fino a Roma, Milano e Pisa  per farli curare. O come Laura che vive nel Ragusano e il cui figlio di quasi 5 anni ha atteso oltre due anni per un intervento di routine; la situazione del piccolo Lorenzo finalmente si è sbloccata, ma Laura sta portando avanti la battaglia per altre centinaia d famiglie della zona che sono nella stessa situazione. Ma i problemi non mancano neanche al Nord; Gloria, affetta da SLA ha da poco lanciato una campagna per mobilitare i cittadini contro lo smantellamento dei reparti di Neurologia di Belluno e Feltre.

Nella nostra condizione è impensabile non avere la possibilità di farci visitare almeno a Belluno”, ha scritto nel suo appello. “io parto da Comelico, e faccio un’infusione ogni sei settimane, dovendo viaggiare per tre ore tra andata e ritorno. Come me, tanti altri malati delle terre alte devono sottoporsi a lunghi viaggi, che richiedono il supporto della famiglia, date le nostre condizioni. Come si può pretendere di stancare le persone e farle andare altrove, costringendo noi pazienti e le nostre famiglie a intere giornate  di viaggi per poterci curare? Ma il nostro diritto alla salute dove sta? Chiediamo a chi segue le funzioni della sanità bellunese di fare una scelta, perché se per la malattia una scelta non c’è, per la cura sì”.

E un colpo al cuore se pensiamo che ci siamo sempre detti che il nostro Sistema Sanitario è il migliore del mondo. Per tanti versi lo è ancora. Punte di eccellenza, professionisti motivati da una reale passione e senso di missione, primati e scoperte da essere accreditati in Italia che poi fanno il giro del mondo. Ma tutto questo non può e non deve bastare! Si dice che il livello di civiltà di un popolo si misuri sulla base di come tratta i più deboli, e tra i più deboli ci sono proprio i malati.  Chi sta lottando come Laurea, Gloria e Antonio non si rassegna, e anche grazie al web sa di non essere solo. Ma ora sono le istituzioni a dover ascoltare  le grida di aiuto di chi non ce la fa più. Il sistema sanitario nazionale è un bene inestimabile che deve essere tutelato e preservato ad ogni costo. Lanciare o firmare una petizione è un modo di prendersene cura e di fare la propria parte per cambiare il corso delle cose. “La parola rassegnazione per me è come bestemmiare contro la vita. Io non ho scelto di avere la sclerosi multipla ma posso scegliere se vivere e lo voglio fare”, ha detto Gloria. Vivere sì, ma con dignità, vedendo garantiti dei diritti che sono riconosciuti in primis dalla nostra Carta Costituzionale. Intanto il Privato tra prendendo il possesso della Sanità Pubblica, inesorabilmente, smantellando gradualmente il Servizio Sanitario Nazionale.

Ci stiamo americanizzando sempre più! Come diceva il mio maestro, il prof. Edoardo Sanguineti, bisogna ripartire dalla Costituzione Italiana ed in particolare, mi permetto di soggiungere, proprio dall’art 1 e dai principi fondamentali contenuti in esso. Il 10 Maggio 2010 il mio professore all’università di Genova fu ricoverato d’urgenza a causa di un aneurisma che gli provocava, da diversi giorni, fitte all’addome, forse sottovalutate. Alle 10,30 Sanguineti, morì all’età di 79 anni, in sala operatoria. La Procura aprì un’inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti. Da un poeta ad un altro; Pasolini in una lirica intitolata: “Alla mia nazione”, scriveva : Terra di infanti affamati, corrotti”.

Gianfranco Barcella

 


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G.F. Barcella

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