Era il 19 giugno 2017. Il Secolo XIX: Ex magistrato genovese: «Sparite le carte di Aldo Moro trovate in via Fracchia». Ma, aggiungiamo noi, per la Commissione parlamentare d’inchiesta, nella sua relazione finale, le ‘carte’ furono effettivamente rinvenute. E da pag 238 a 253 le pagine relative alla vicenda genovese.
Genova – Dove sono finite le “carte di Aldo Moro” ritrovate nel covo di via Fracchia a Genova.
L’interrogativo torna di attualità perché oggi la commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani e l’omicidio di Aldo Moro ha ascoltato il magistrato Luigi Carli, che all’epoca (28 marzo 1980) lavorava in procura a Genova: «Oggi abbiamo ascoltato l’ex magistrato della Procura di Genova Luigi Carli che ha dato importanti informazioni sulla nota e tragica vicenda del covo di via Fracchia dove i quattro terroristi che stavano all’interno furono freddati dai Carabinieri del generale dalla Chiesa», dichiara il deputato del Pd Gero Grassi, componente della commissione. «Carli ha detto che sentì parlare durante un incontro con i procuratori di Torino Maddalena, Laudi, Caselli e con il pm romano Priore delle `carte di Moro´ trovate nel covo durante l’irruzione e che, tuttavia, di quelle carte nulla finì nei fascicoli di indagine».
Aggiunge Grassi: «Le affermazioni di Carli andranno riscontrate, dunque l’indagine prosegue ma ricordo che l’allora procuratore di Genova, Antonio Squadrito, a proposito della strage di via Fracchia disse in una intervista a Massimo Caprara nel febbraio 1982: “La verita´ è che abbiamo trovato un tesoro. Un arsenale di armi…Soprattutto una trentina di cartelle scritte meticolosamente da Aldo Moro alla Dc, al paese”. La deposizione di Carli appare perciò per il momento assai significativa».
Caselli smentisce Carli: «Non mi risulta niente di niente di quel che viene attribuito al dott. Luigi Carli a seguito di dichiarazioni che egli avrebbe reso alla Commissione parlamentare Moro. Del resto, è fuori di ogni logica che la magistratura torinese possa aver `deciso l’irruzione nel covo Br di via Fracchia´ o possa essersene in qualche altro modo occupata. E ciò per la semplice ragione che la collaborazione di Patrizio Peci coi magistrati di Torino ebbe inizio soltanto il 1 aprile 1980. Prima di allora egli (in veste di semplice `confidente´ dei carabinieri e non ancora di `collaboratore di giustizia´), nel pieno rispetto della legge aveva avuto rapporti esclusivamente con il Nucleo speciale Antiterrorismo diretto dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Sono autorizzato dal collega Marcello Maddalena a precisare (confermandolo a mia volta) che di Patrizio Peci in pratica egli non ebbe mai ad occuparsi. Mi è invece impossibile aggiungere anche la smentita di Maurizio Laudi (altro magistrato torinese che Carli avrebbe menzionato), essendo Laudi, com’è noto, deceduto da tempo».
19 giugno 2017- ANSA- Liguria- Ex magistrato, carte Moro in via Fracchia- Audizione in Commissione Moro di Luigi Carli
Movimentata audizione dell’ex magistrato genovese Luigi Carli in Commissione Moro: avrebbe sentito colleghi torinesi e romani che avevano deciso l’irruzione nel covo Br di via Fracchia parlare riservatamente di “carte di Moro o riguardanti Moro trovate nel covo dove ci fu l’irruzione” frutto delle prime rivelazioni del pentito Patrizio Peci. Carli ha spiegato di non aver mai sentito notizie su scavi nel giardino della casa di via Fracchia appartenuta ad Anna Maria Ludman e di sacchi di plastica sotterrati che riportavano la dizione “da interrare”. “Io questo ho sentito andate a chiedere a loro (Caselli, Maddalena, Laudi e Priore) . Allora ero un giovane magistrato e ascoltavo. Loro hanno deciso l’irruzione in via Fracchia. Nulla chiesi al Procuratore capo di Genova, Squadrito, che mi incaricò, di stendere la requisitoria tecnica del Pm sulla sola irruzione. I colleghi sapevano tutto. C’erano carte di Moro in via Fracchia”.
27 agosto 2017- Via Fracchia, l’allora giovane pm Carli: «Mi dissero attento a quello che scrivi»
di Tommaso Fregatti
Genova- Il 29 febbraio del 1984, quasi quattro anni dopo l’irruzione nel covo Br di via Fracchia, aveva messo la parola fine all’inchiesta sul blitz decretandone l’archiviazione perché «non ravvisabili estremi di reato». Il 19 giugno scorso, 37 anni dopo quel fatto, il pubblico ministero di allora Luigi Carli davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta che indaga ancora sul caso Moro, aveva sollevato per la prima volta qualche perplessità su come venne gestito quel fascicolo dall’ex capo della Procura, Antonio Squadrito.
Ieri Carli davanti alla notizia della riapertura dell’indagine dei magistrati genovesi per omicidio, a seguito di un esposto presentato in procura all’inizio di agosto, ha ribadito al Secolo XIX gli stessi dubbi. «Nessuno voleva fare le conclusioni di quell’indagine. Squadrito scelse me e mi chiamò nel suo ufficio. Mi disse di usare particolare attenzione e prudenza, perché erano in corso varie strumentalizzazioni anche di carattere politico».
Si ricorda bene quell’episodio. E soprattutto le parole dette del suo capo di allora con il quale, precisa, «Non avevo un buon rapporto». Possono essere considerate pressioni o condizionamenti per arrivare all’archiviazione del fascicolo? Carli, ex capo della procura di Chiavari, non se la sente di spingersi sino a questo punto. Anche se fa notare come la fine inchiesta di un’indagine così delicata fu affidata a lui che all’epoca «era poco più di un pivello in magistratura».
Non condivide, comunque, l’ipotesi investigativa su cui indagano i pm dell’antiterrorismo di Genova: omicidio volontario. «Per me quello fu un vero e proprio scontro a fuoco – sostiene – scatenato da quei due o tre colpi di mitra scappati per sbaglio ad uno dei carabinieri prima dell’irruzione. Colpi che misero in allerta i brigatisti all’interno».