Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Le strade dell’entroterra, come difenderle senza sperperare denaro pubblico


Se diamo un’occhiata alle strade dell’entroterra, ci troviamo di fronte ad azioni di ripristino delle medesime eseguito  spesso in modo artigianale senza alcuna logica costruttiva: rivestimenti bituminosi gli uni sopra gli altri senza pensare che con  il sottofondo ormai malandato ci vuole poco che il nuovo subisca il deterioramento precedente in un tempo molto corto.

di Alesben B.

Il risultato è quello economico ovvero di sperperare anche le poche risorse dei Comuni. In altri casi si tratta di strade provinciali. Durante o anche prima della costruzione di un corpo stradale occorre provvedere alla costruzione di tutte le opere di difesa relative alla possibile instabilità del corpo stradale stesso. Le cause di instabilità possono essere molteplici ed essere provocate dai seguenti fattori:

1° – da cause interne o di predisposizioni che possiamo suddividere ancora in:

a – dovute alla acque

b – dovute a condizioni geologiche

2°- da cause esterne determinanti che possiamo suddividere ancora in:

a – dovute al clima

b – dovute all’azione dell’uomo

Il ricavato  dalla normativa C.N.R.-U.N.I. 10006 elenca le cause fondamentali con le relative opere di difesa consigliate. Opere di raccolta ed allontanamento delle acque superficiali: l’acqua meteorica deve confluire dalla piattaforma e dal corpo stradale in apposite <<cunette>> in terra o in muratura. Se l’impermeabilizzazione del manto stradale è buona si deve provvedere all’allontanamento delle acque dal cassonetto.

Altre  opere  spesso necessarie sono:

a – “fossi di guardia”, allo scopo di raccogliere le acque superficiali scorrenti dai pendii naturali verso il corpo stradale;

b –“scivoli e pozzetti”, i quali sono necessari dove il corpo stradale in trincea incontra o interrompe uno scolo d’acqua naturale;

c – “tombini”, che sono le più piccole opere d’arte stradale, mediante i quali vengono convogliate le acque attraverso il corpo stradale [in rilevato]; la loro luce non deve essere maggiore di 1.50 m.

Opere di difesa dalle acque sotterranee e di percolamento.

Per garantire la stabilità del solido stradale occorre premunirsi contro l’azione delle acque sotterranee. In genere si eseguono “drenaggi” di vario tipo, normativa U.N.I.1.0007. Altre opere di difesa o presidio sono i Muri di sostegno, vedasi norme U.N.I. 10008 – 10009 – 10010. Eseguiti i rilevati o le trincee, approntate le relative opere di difesa, si può pensare alla realizzazione della “piattaforma stradale” vera e propria.

Costruzione della piattaforma stradale. La piattaforma stradale è costituita dalla “massicciata” e dalla pavimentazione sovrastante o manto di finitura per uno spessore di circa 40 – 50 cm.

Il tipo di massicciata più usato è il “macadam”, esso è formato da uno strato di pietrisco, di diversa pezzatura, e sabbia più acqua; il tutto cilindrato [rullato fino a rifiuto] per uno spessore di 30 cm sciolto. Questo tipo di massicciata risulta evidentemente polveroso e non adatto al passaggio di veicoli gommati. Perciò si tende generalmente a proteggere la massicciata così formata con una “pavimentazione” più compatta. La  pavimentazione non deve esser polverosa, deve essere impermeabile, poco sdrucciolevole e, naturalmente, durevole e resistente al traffico.

Pavimentazione a trattamento superficiale. Sono queste le pavimentazioni adatte a strade di scarsa importanza. Sulla massicciata macadam si stende un leggero strato di legante bituminoso a caldo o a freddo [emulsione di bitume] con graniglia o  pietrischetto, il tutto va poi rullato. Si impiegano 2-3 kg di legante al m2. Si può anche impiegare catrame come legante, con le stesse modalità.

Pavimentazioni a penetrazione. Praticamente sono simili alle pavimentazioni descritte sopra, ma con l’impiego di legante bituminoso a caldo di circa 6-8 kg al m2 in modo che penetri nella massicciata per una profondità di 10 cm circa.

Tappeto d’usura- Sulle pavimentazioni anzidette si può stendere un “tappeto” formato di <<pietrisco bitumato>> [conglomerato bituminoso di 5-10 cm di spessore. Il pietrisco bitumato può essere messo in opera con particolari macchine spanditrici e finitrici che distribuiscono il conglomerato e lo compattano contemporaneamente, formando una superficie livellata automaticamente, come le finitrici tipo Barber-Green. Tutte queste pavimentazioni sono impermeabili ed elastiche, cioè seguono eventuali piccoli assestamenti della massicciata senza gravi danni. Esse sono ragionevolmente antisdrucciolo, ma se si usa come legante l’asfalto, quest’ultima qualità è molto meno evidente.

L’asfalto è un materiale ricavato dalle rocce asfaltiche e fonde a bassa temperatura [80°], il bitume invece è ricavato come sottoprodotto dal craking [raffinazione] del petrolio, è meno untuoso, fonde a temperature più elevate [180°] ed è quindi meno scivoloso. Per strade di grande traffico come le autostrade si adottano ormai per la formazione della piattaforma stradale bituminosa, i seguenti strati:

a – massicciata di fondazione (35cm) di brecciame cilindrato;

b – strato di base (10 cm) di pietrisco, tout-venant, bitumato a penetrazione;

c – strato di collegamento in pietrisco bitumato da 20-30 mm spesso ≈ 5 cm detto anche binder

d – tappeto d’usura in pietrischetto bitumato da 5-15 mm spesso altri 4-5 cm.

Pavimentazioni in conglomerato cementizio. Questo tipo di pavimentazione è migliore di quello in conglomerato bituminoso sotto molti aspetti, ma più costoso e delicato nella lavorazione. Innanzi tutto osserviamo che il conglomerato cementizio forma una pavimentazione  <<rigida>> e non elastica; pertanto, la buona riuscita di detta pavimentazione dipende molto dal sottofondo stradale. Se vi sono cedimenti, la pavimentazione si rovina irrimediabilmente; inoltre il forte ritiro del c.s.l. impone la formazione di giunti di dilatazione ogni decina di metri, giunti che suddividono la pavimentazione in grandi lastre, a volte armate con 3-6 kg di Fe/m2. È chiaro che un giunto di dilatazione forma normalmente anche una via alle infiltrazioni di acqua e quindi costituisce un difetto potenziale che può provocare a lungo andare cedimenti della massicciata in corrispondenza dei giunti.

Per ovviare a questo inconveniente si procede a formare giunti di dilatazione tagliando il getto, mediante speciali mole di diamante, senza tagliare tutto lo spessore del c.s.l. oppure si armano i giunti con ferri. Altro problema fondamentale è la forte evaporazione della superficie del getto.

Misti cementizi da sottofondo – omissis

Formazione delle lastre in c.s.l.- omissis

Altri tipi di pavimentazioni stradali, in uso oggigiorno nei centri storici.

Acciottolati. È una pavimentazione formata da ciottoli di dimensioni abbastanza uniformi, posati in opera su un letto di sabbia, accostati uno all’altro strettamente e piantati nella sabbia uno ad uno. Occorre che la disposizione dei ciottoli sia tale da formare una sorta di volta a secco, saturata con sabbia ed acqua, e battuta con mazzapicchi. Tale pavimentazione risulta scomoda per i pedoni ed il traffico gommato.

Selciati e cubetti di porfido- È una pavimentazione formata da una sorta di cubetti di selce o di porfido. A dimensioni abbastanza uniformi, posati in opera su un letto di sabbia formanti  una sorta di volta a secco.

Lastricati- È una pavimentazione in lastre di pietra di circa 25 x 50 cm, spesse 15 cm foggiate leggermente a tronco di piramide e poste o parallele o a spina di pesce, sul solito letto di sabbia.

Pavimentazione in legno- Disposti su uno strato di sabbia o c.l.s., vengono utilizzate in casi particolari sopra tutto nel campo dello sport; vedi il velodromo Vigorelli di Milano.

Pavimentazioni in terra stabilizzata- Una terra si dice stabilizzata quando le si è conferito artificialmente la resistenza che è necessaria per poter sopportare i carichi dei veicoli, e la si è resa insensibile alle variazioni di volume dovuta all’acqua. Si hanno due tipi essenziali di stabilizzazioni:

a – stabilizzazione granulometrica

b – stabilizzazione con legante [cemento o bitume]

a – stabilizzazione granulometrica

Questo modo di stabilizzare le terre consiste nel potenziare l’attrito interno e la coesione delle terre, poiché sono queste le due proprietà che permettono la trasmissione dei carichi. Per migliorare l’attrito interno si agisce sulla granulometria degli elementi superiori ai 0,05 mm; per potenziare la coesione si agisce invece sulla frazione più fine, che funziona da legante, e sul grado di umidità. Possono anche essere aggiunti Sali deliquescenti a seconda dei risultati delle analisi chimiche sul terreno da trattare.

La composizione granulometrica delle terre deve essere:

  • Una sufficiente quantità di pietrischetto o ghiaietto, trattenuto dal setaccio 10
  • Una sufficiente quantità di sabbia (tra il setaccio 10 ed il 200),per assicurare un buon collegamento fra i singoli elementi
  • Una sufficiente quantità di limo e di argilla per compensare gli effetti dell’umidità sulla massa terrosa.

b – stabilizzazione con legante idraulico e bituminoso.

Se il terreno naturale è composto di terre fini per estensioni molto grandi, diviene costoso procurare i materiali grossi da miscelare per una buona stabilizzazione granulometrica. Si preferiscono in questi casi le stabilizzazioni col cemento o coi leganti bituminosi. Queste stabilizzazioni delle terre possono essere utili per la costruzione di strade interpoderali, poderali, oppure strade comunali di scarso traffico.

Opere di finitura accessorie-

A – Protezioni laterali o Guard-rails, sono protezioni poste sui cigli delle strade atte ad impedire lo svio dei veicoli dalla sede stradale. Tali barriere sono composte da supporti verticali in acciaio che porftano dei profili, sempre d’acciaio, molto elastici e resistenti.

B – Parapetti – sono usati in genere solo sui ponti, e servono ai pedoni più che ai veicoli. Essi sono dei muretti o delle vere e proprie ringhiere in ferro o legno, alte circa 1 m, eventualmente integrate da guard-rails.

C – Paracarri. un tempo avevano la funzione di trattenere  i carri dalle uscite di strada; successivamente delimitavano la piattaforma stradale con il ciglio del fosso e permettevano il percorso delle biciclette. Erano elementi di pietra o cemento disposti ad intervalli sul ciglio della carreggiata. Oggi ridotti a piccole dimensioni, in plastica bianca e nera muniti di catarinfrangenti bianchi e rossi, servono a delimitare la carreggiata stradale. Erano ottimi per veicoli a bassa velocità.

Opere di presidio- Le opere di presidio hanno lo scopo di preservare il corpo stradale dall’azione temporanea o continua di acque correnti, dalla caduta di neve [valanghe e/o slavine] dalle pendici, dall’azione di ammassi di terra in movimento adiacenti al corpo stradale e dalla caduta di massi.

A – Le acque correnti nelle valli, con strade sovrastanti a mezza costa, possono scalzar al piede le pendici, precostituendo condizioni di pericoloso dissesto del corpo stradale. Per evitare tali inconvenienti si consiglia, dopo lo studio idrogeologico della zona di ricorrere ad uno o più dei seguenti accorgimenti.

1 – imbrigliatura del letto del corso d’acqua

2 –rivestimento delle sponde con difese elastiche o rigide [gabbionate, argini, muri, ect]

3 – opere repellenti per attenuare od annullare l’erosione delle sponde interessate al fenomeno.

B – Opere paravalanghe sono da eseguirsi a monte della strada per evitare la caduta di masse nevose.     Possono essere: serre di legname, siepi, viminate, palancolate in acciaio, ect

C –Difesa caduta massi, quando sia prevedibile di grande massa d’urto, sarà ancora affidata alle gallerie; quando invece si prevedono massi di piccole dimensioni basteranno le gabbionate, i muretti di contenimento, o le reti fortemente zincate fissate alle pareti pericolanti, oppure ancora i rivestimenti delle sponde franose con muri di controripa, mantellate e simili.

Alesben B.


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