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Societarismo, antropologia del XXI secolo. Contro Crepet e Galimberti


Paolo Crepet, psicologo, insieme con Umberto Galimberti, filosofo, sono i paladini della vecchia cultura sociale, quella che non capisce il Societario e soprattutto il Nuovo Societario post-quadrivoluzionario del XXI secolo.

di Sergio Bevilacqua

Paolo Crepet psicologo

Sono come i cocchieri di vecchi carretti o carrozze trainati da animali che, nel XX secolo, criticavano i motori a scoppio (ci sono stati, ed erano esattamente come oggi i nemici del Metaverso e del Societario), il loro rumore, fumo e pericolo, e invocavano il saggio traino animale, evidenziando tutti gli aspetti positivi che esso aveva rispetto al diabolico cilindro con pistone con biella; poi estremizzavano e rimuovevano altri fenomeni utili dei motori per avere ragione.

Così oggi, XXI secolo, certi commentatori, anche illustri ma frustrati dal loro anacronismo e dalle caratteristiche sopravvalutate delle loro discipline, creano antropologie parziali. E un’antropologia su base parziale è un’antropologia falsa: la generalizzazione di alcuni fenomeni giusti, negandone molti altri altrettanto giusti, non dà una corretta visione dell’Uomo di oggi, dell’Umanità di oggi, della specie umana di oggi. Un’antropologia falsa, da cui scaturiscono anatemi contro il nuovo Antropos. L’Antropos, l’Uomo, vive oggi prevalentemente ormai in una sua ulteriore creatura (creatura dell’uomo, come già la ruota, l’elettricità, la radio, i motori, il microprocessore, l’energia nucleare…) che è complessa e ancora in forte espansione: essa si chiama infosfera, è costituita da fonti digitali e non digitali, e in questo reale parallelo (non è virtuale, è concreto, e se lo si intende bene, anche particolarmente fruttuoso…) avvengono moltissime cose.

Il Metaverso, termine ormai maturo che definisce una realtà interessantissima, complementare a quella sensoriale, opera nell’infosfera, che è parte dell’Universo olistico (l’universo-tutto): l’infosfera è infatti dove noi attingiamo dati e informazioni per la nostra vita, che sia in antichi archivi cartacei, ormai museificati, od ormai soprattutto in cloud (sul web). Nell’infosfera digitale, cioè nel Metaverso, noi soggetti umani, singoli, unici e irripetibili, ci incontriamo poi con soggetti inventati (questi sì, virtuali) e anche con tante realtà sempre umane di persone societarie (o, più semplicemente, “società”), che si manifestano e a cui noi individui umani partecipiamo. Molte di esse agiscono là, sul web, vissuto direttamente da circa 4 miliardi di soggetti umani che lì scambiano moltissimo di tutto ciò che è la vita reale. La società umana, l’umano consorzio, l’antropologia, è oggi pesantemente condizionata da questa nuova organizzazione dell’Universo Tutto, l’Universo Olistico, dovuta alla presenza, ancora solo iniziale e già così incisiva, del Metaverso.

I critici italiani suddetti, di estrazione psicologica e filosofica, culturale e professionale, denegano uno strato ancora precedente a quello del Metaverso, ulteriormente rivoluzionario. Essi negano un fenomeno concretissimo e conclamato in tutto il mondo almeno dal secondo dopoguerra: la grande importanza civile e antropologica in questi secoli delle Società Umane, caratterizzate da soggettività e capacità decisionale. La definizione “società” è giusta, anche se l’uso più corrente del termine “società” non è etimologico ma commerciale: so di incorrere in questo possibile fraintendimento, e magari anche fare credere qualcuno che il mio pensiero sia quello che le regole organizzative delle aziende economiche siano da assumere per tutti gli umani consorzi. Ma non è così. Ogni sorta di società umana ha delle regole di funzionamento sue proprie, però riconducibili a un medesimo criterio organizzativo generale. E il più profondo sta nella radice etimologica estrema del termine società: il sanscrito soc- che significa connessione sentimentale, amicizia dunque, amore anche, ma pure semplicemente motivazione psicologica alla congiunzione tra esseri umani. Dunque, dentro il concetto di società ci stanno famiglie, gruppi di amici, associazioni di varia natura, eserciti, aziende, enti pubblici, Stati, coppie in amore, Romeo e Giulietta, oppure insiemi di amici, Achille e Patroclo. E le società umane al giorno d’oggi possono essere calcolate in numerose volte l’entità della popolazione mondiale umana, numerose decine di miliardi di soggetti societari.

E non mi stanco di ripetere quali sono le 4 rivoluzioni contemporanee che portano l’umanità in una condizione di diluvio universale: Globalizzazione, Antropocene, Mediatizzazione estrema, Ginecoforia.

Umberto Galimberti filosofo

Crepet e Galimberti sono come l’uomo con la barchetta che accusa il mare di essere in tempesta, per cui lui non può navigare… E inveisce, anziché mettersi d’accordo con altri uomini e costruire un veliero, un’arca che possa affrontare la tempesta, il diluvio.

Occorre affrontare al più presto una revisione della socialità umana: il mondo è interessato da un nuovo diluvio. E occorre un’arca come quella di Noé, per passare la tempesta. Non criticare l’onda e bestemmiare perché c’è.

Peraltro, non è tutto da buttare, in questi critici annebbiati: essi propongono anche orientamenti favorevoli, da gestire però col nuovo che non capiscono e non con il vecchio che è superato. L’uomo rimane al centro oggi, ma con altre facoltà che non fanno parte della cultura individual-collettiva di Crepet e Galimberti. Quindi, i loro messaggi sono da accogliere in parte, evitando il tentativo dei due di estremizzare, per riproporre un mondo superato.

I sociologi clinici, i sociatri che conoscono le società umane da vicino, per averci operato sopra in tanti casi, sanno cosa significa fare società e ottenere attraverso l’organizzazione risultati impossibili a chi vuol fare da solo o anche solo sommando umani.

Il mondo è cambiato grazie all’umanità stessa, a causa nostra, e anche per cause esterne: cioè dentro o fuori di noi… dobbiamo solo prenderne atto e costruire mille arche, belle o brutte, ma adatte a questo mare in tempesta perfetta. Inveire o lanciare maledizioni, invocare il passato è il solito errore dei vecchi, che non vedono ciò che c’è di diverso o confondono il diverso col male. Il Nuovo Societarismo del metaverso convive col vecchio Societarismo, che gli psicologi e i filosofi italiani non hanno mai capito del tutto: ne è una evoluzione e pontificare sui primi segni mal compresi è molto pericoloso, perché si diventa gli alfieri precoci del vecchio che resiste, che non sa cambiare e sopravvivere di fronte ai fenomeni naturali.

E il Grande Broadcast o Fratello o Incantatore, lui sì e felice di dare spazio a qualcuno, pifferaio magico, che porta i topi ad annegare tutti, mescolando verità a limiti culturali di visione sistemica. La cultura societaria, assente nel ragionamento vetero-psichiatrico di Crepet e in quello vetero-filosofico di Galimberti, non è più a portata di intellettuale tradizionale: i bravi psicologi, non gigioni, sanno fermarsi al proprio mestiere e oggi ne colgono con priorità l’aspetto linguistico-semiologico rispetto all’essenza identitaria. Non evocano aperture di vasi di Cassandra come stregoni esautorati, ma aiutano con modestia e buon senso a dare equilibrio e felicità agli individui, che appartengono a molte società. In queste nuove nostre società, i vetero individual-comunitari riconoscono soltanto la condizione primitiva di sommatoria umana, che non è mai esistita da sola. E che in tutte queste nuove società degli ultimi dieci anni è quanto mai superata, anche rispetto ai cento anni ormai passati della Società dell’Organizzazione, della Società delle Società, vera antropologia del XXI secolo.

Sergio Bevilacqua


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