Articolo di Germán Gorraiz López, analista económico e geopolítico, collabora abitualmente con varie pubblicazioni, pubblicato su teleSUR lo scorso 11 marzo e tradotto da Francesco Cecchini per ‘Ancora Fischia il Vento’.
La teorica politica ebrea tedesca Hannah Arendt nel suo libro “Eichmann a Gerusalemme”, sottotitolato “Un rapporto sulla banalità del male” analizza il nazista Eichmann svestito nella sua bandana criminale di guerra e visto solo come un “individuo unidimensionale”. . Così, secondo la Arendt, Adolf Eichmann non presentava i tratti di uno psicopatico omicida, ma sarebbe “un semplice burocrate che eseguiva gli ordini senza riflettere sulle loro conseguenze e senza discernere il bene o il male delle sue azioni”.
Sulla base di questa analisi, Arendt ha coniato l’espressione “banalità del male” per esprimere che “alcuni individui agiscono all’interno delle regole del sistema a cui appartengono senza riflettere sulle loro azioni”, con cui l’uso da parte di Israele della tortura sistematica, l’apartheid del popolo palestinese, l’estirpazione chirurgica degli “elementi terroristici” di Hamas e altre pratiche “cattive” non sarebbero considerate in base ai loro effetti o al loro risultato finale fintanto che gli ordini per eseguirle provengano dai livelli più alti, lasciando così al governo israeliano Netanyahu come unico responsabile davanti alla Storia.
Hannah Arendt ci ha così aiutato a comprendere le ragioni della rinuncia dell’individuo alla sua capacità critica (libertà) pur avvertendoci sulla necessità di essere sempre vigili nel prevedibile ripetersi della “banalizzazione del male” da parte dei governanti di qualsiasi sistema politico , compresa la democrazia ebraica sui-genéris. Secondo Maximiliano Korstanje, docente universitario, “la paura e non la banalità del male fa sì che l’uomo rinunci alla sua volontà critica, ma è importante non perdere di vista il fatto che in questo atto il soggetto rimane eticamente responsabile della sua rassegnazione” con cui la società israeliana nella sua la stragrande maggioranza sarebbe un complice silenzioso e un collaboratore necessario nell’attuazione del sentimento xenofobo contro la popolazione arabo-israeliana. Così, secondo l’indagine sui diritti civili “Association for Civil Rights in Israel Annual Report for 2007” pubblicata dal quotidiano Haaretz, “il numero di ebrei che manifestano sentimenti di odio verso gli arabi è triplicato e quasi il 70% degli ebrei israeliani sarebbe sono già contrari alla parità di diritti dei loro compatrioti arabi e favorevoli all’aumento del regime di apartheid nei ghetti palestinesi della Cisgiordania e di Gaza in cui la popolazione palestinese sarebbe soggetta al regime legale-militare invece di dipendere da civili potere come gli israeliani”.
Tutto ciò sarebbe il preludio ad una successiva deriva totalitaria dell’attuale democrazia israeliana che culminerà nell’instaurarsi nello Stato israeliano di un regime pseudo-democratico presidiato dall’Esercito nell’orizzonte del prossimo quinquennio.