Mons. Carlos Moreira Azevedo ad Albenga per dialogare su beni culturali e identità comunitaria. Al centro della riflessione l’interrelazione tra opere d’arte, comunità e tessuto sociale. Presenti istituzioni e rappresentanze culturali del territorio. Vedi anche un durissimo post del giornalista Stefano Pezzini sulla sorte della vecchia sede del Pci in via Roma ad Albenga.
COMUNICATO STAMPA – Si è svolto sabato 10 dicembre a Palazzo Oddo, Albenga, l’incontro “Il valore dei beni culturali per l’identità comunitaria” che ha visto protagonista Mons. Carlos Moreira Azevedo, Delegato del Pontificio Comitato di Scienze Storiche. L’evento, organizzato dalla Diocesi di Albenga-Imperia in collaborazione con il progetto di valorizzazione dei beni artistici Formae Lucis, con Fondazione Oddi e con Fondazione Agostino De Mari, si è affiancato alla mostra Onde barocche – Capolavori diocesani tra 1600 e 1750. Mons. Azevedo ha potuto infatti visitare la mostra al Museo Diocesano di Albenga, apprezzando l’allestimento e le opere esposte.
All’incontro, fortemente voluto dal direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi Castore Sirimarco, e che ha coinvolto anche il Museo Diocesano, erano presenti S.E. Mons. Borghetti e S.E. Mons. Suetta, il sindaco e il vicesindaco di Albenga, Riccardo Tomatis e Alberto Passino, e il vicesindaco di Pieve di Teco Rosanna Zunino. Non sono mancate la rappresentanza dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, anche nella persona della dott.ssa Josepha Costa, dell’associazione Antiche vie del Sale, dell’Uni3 Ingauna, dell’Ucai e del liceo Giordano Bruno di Albenga, presente con una classe e la sua docente.
Mons. Azevedo ha presentato al pubblico una riflessione generale sul rapporto che intercorre tra opere d’arte, comunità e tessuto sociale che le ha formate, evidenziando la capacità di interazione tra l’arte prodotta e il contesto sociale che le ha permesso di crescere. «Ogni epoca – ha spiegato – ha avuto il suo linguaggio e la sua storia e questo rapporto è sempre stato proficuo e fecondo di interrelazioni e comunicazioni anche attraverso le scelte che ogni epoca, e ogni luogo, hanno operato esprimendosi nell’arte». Ha catturato così l’attenzione del pubblico che ha partecipato con domande e con la richiesta di ulteriori approfondimenti sul rapporto tra arte, comunicazione del divino e comunità. La riflessione in sala ha toccato anche il tema della liturgia, concludendosi poi con l’intervento di S.E. Mons. Borghetti e con il suo ringraziamento finale per la presenza di Mons. Azevedo.
La mostra Onde barocche. Capolavori diocesani tra 1600 e 1750, dallo scorso aprile al Museo Diocesano di Albenga, all’Oratorio della Ripa a Pieve di Teco (IM) e in numerosi siti diffusi sul territorio diocesano, è prorogata fino all’8 gennaio 2023. Durante il periodo festivo seguirà i seguenti orari: Albenga: Lunedì 14:30 – 18:30 (su prenotazione), da martedì a domenica 9:30 – 13:00 | 14:30 – 18:30; Pieve di Teco: apertura sabato e domenica 9.30 – 13.00 e 14.30 – 18.30. Nei giorni infrasettimanali e previa prenotazione sono possibili aperture straordinarie per gruppi di almeno cinque persone). Questo il dettaglio dei giorni festivi:
- 25 dicembre: chiuso
- 26 dicembre: aperto tutto il giorno
- 1 gennaio: chiuso al mattino
- 2 gennaio: aperto tutto il giorno
- 6 gennaio: aperto tutto il giorno
Onde barocche porta sotto i riflettori la ricchezza del patrimonio barocco: le sale del Museo Diocesano accolgono capolavori tra i più importanti e affascinanti di questa fase artistica. Tra i protagonisti della mostra, che dà spazio a opere pittoriche con alcuni splendidi esemplari di scultura, Guido Reni, Giovanni Lanfranco, Domenico Fiasella, Luciano Borzone, Giulio Benso, i De Ferrari, Gioacchino Assereto, Giovanni Battista Casoni, Domenico Piola e Anton Maria Maragliano. Non solo un’esposizione di tesori artistici, ma un percorso che unisce storia, cultura e itinerari invitando alla scoperta di alcuni tra gli esempi più significativi del periodo compreso tra il 1600 e il 1750 e diffusi sul territorio. La mostra incoraggia l’approfondimento di una stagione altissima dell’arte di tutti i tempi attraverso lo stupore e la meraviglia.
POST DEL GIORNALISTA STEFANO PEZZINI SULLA PAGINA FACEBOOK:
Più che di “cancel culture” si può parlare di mancanza di “culture”. Capita ad Albenga, in via Roma, dove la storica sezione del PCI, passata per eredità al PD, è al centro, in questi giorni, di una poderosa opera di ristrutturazione, non muraria, ma di simboli. Via dalle pareti le foto di Mingo Strazzi, Rovelli, Rumazza, Libero Emidio Viveri, via il busto di “Angioletto” Viveri, via insomma tutti i riferimenti della Sinistra, compresi i poster di Fidel Castro e del Che, appesi dai giovani della FGCI negli Anni ‘70. Via le foto che richiamano la Resistenza, tutto destinato al macero, se non fosse per un “vecchio” compagno che li ha prelevati e portati nel suo magazzino, evitando che testimonianze visive di un pezzo di storia importante di Albenga finisse nel cassonetti dell’indifferenziata. La dirigenza del Pd ingauno non è stata certo spinta da furia iconoclasta (magari, vorrebbe dire avere un’idea, magari non condivisibile, ma averla), la spinta è di carattere estetico, “vogliamo creare una sede all’altezza dei tempi”, sarebbe stata la giustificazione dei dirigenti Pd, aggiungendo che nessuno sapeva chi fossero i volti di quelle persone. L’ignoranza, però, è un’aggravante, non una difesa. Sarebbe bastato chiedere a chi è più anziano per rendersi conto di essere gli eredi, dissipatori, di un movimento fatto di passione, generosità, anche sbagli, ma che comunque ha un suo posto nella storia secolare di Albenga e delle sue valli. Ognuno, ovviamente, ristruttura casa sua come gli aggrada, e il Pd di Albenga ha tutto il diritto di ristrutturare la sua sede come vuole, togliendo dal suo Pantheon chi vuole. Del resto il PCI e le sue derivazioni è solo una parte del Pd, ma sono convinto che anche i vecchi esponenti della sinistra cattolica e della cultura laica di Albenga che avevano dato vita al partito democratico sarebbero dubbiosi sul rimuovere le foto di persone morte in Spagna combattendo contro Franco, il primo sindaco, partigiano, della Liberazione e altri simboli di Albenga, Medaglia d’Oro al Valore Civile. Del resto, cantava Guccini, il “cuore di simboli è pieno” e, aggiungo, i simboli sono importanti perchè sono le radici di un ideale. Cancellare i simboli è come tagliare il ramo su cui si è seduti. Legittimo, ma autolesionista. La cosa che fa restare allibiti è il fatto che non si sia pensato prima del trasloco a dove sistemare la grande mole di foto, libri, documenti. E a volte, come dicono i veneti, “Il tacon le peso del buco…!
COMMENTI – Prospero Roveraro: Questi deficienti perché tali sono dovrebbero ricordarsi che i muri della, sezione sono stati acquistati con il sudore e i sacrifici di tanti comunisti albenganesi che dedicavano il loro tempo durante le feste de l’unità affinché il partito avesse una, sede propria. . Questa è storia, loro oggi sono un entità astratta senza cultura, storia e sopratutto idee. E stanno buttando anche il grande quadro di Renato Ricci un pittore ingauno che lo aveva donato e che riproduce il quarto stato di Pelizza da Volpedo visto in chiave moderna.
Franco Manzitti (giornalista)- Come fanno a non sapere chi era Angioletto??? Dove vivono, che famiglia hanno, che prof di scuola hanno avuto?
Luca Deperi- Distruggere la cultura e la storia è funzionale all’interesse del dominante. Siamo una colonia e l’eleminazione di simboli e ricordi serve a creare un territorio vergine su cui seminare la propria erbaccia
Ivano Mallarini (segretario Pd): Se ci conoscessi davvero sapresti che stiamo traslocando per aprire una nuova sede a piano terreno e veramente accessibile a tutti. Ti aspetto molto volentieri quando faremo l’inaugurazione ma davvero adesso siamo nel pieno del rinnovamento ! Saluti! Ps nessuno vuole buttare via nulla con furia iconoclasta stai tranquillo.