Il libro e l’affresco di Elva di Ezio Marinoni. Edizioni Mille. Adriano è un bibliotecario torinese del 2018, da tempo confinato in un lavoro meccanico e un poco alienante, che gli permette un’esistenza dignitosa: pochi amici, sopite o dimenticate le aspirazioni giovanili di studioso e scrittore.
Rinaldo è un chierico dell’inizio del secolo XI, giovane e fresco di studi: anch’egli costretto in un luogo e una funzione (quella di pievano nel piccolo villaggio di Monforte, dove la Langa ‘scivola’ verso l’Appennino ligure) non all’altezza del suo intelletto acuto e inquieto.
Qualcosa (un libro, un incontro, forse il Destino) all’improvviso riavvia le loro esistenze, li mette in ricerca e li mette in contatto, attraverso il tempo e lo spazio. È su questo gioco di specchi e di rimandi tra due personaggi così lontani (e allo stesso tempo così vicini: perché i sentimenti degli uomini, in fondo, non conoscono sviluppo cronologico, a differenza delle strutture storiche in cui prendono forma e da cui sono costretti) che Ezio Marinoni costruisce la trama di un romanzo che vibra di passioni, quasi scosse telluriche che il lettore non può non avvertire.
La passione per i libri, innanzitutto: è in quel «magico caleidoscopio in cui la scrittura fonde la realtà e la fantasia» che precipitiamo accompagnando Adriano, in una domenica di sole e di afa, tra i banchetti di Porta Palazzo; o viaggiando con Rinaldo, dall’abbazia di Spigno a Monforte, dalle Langhe alla Val Maira, sempre in fuga, sempre portandosi dietro testi pericolosi, libri che è meglio che rimangano nascosti, finché il Mondo non sia cambiato.
La passione per la storia, poi. L’Autore costruisce per noi un Medioevo non per forza in tutto e per tutto ‘autentico’, e però giustamente (e finalmente, verrebbe da dire, osservando l’uso distorto e ‘politico’ che il dibattito pubblico fa dell’Età di Mezzo) restituito alla sua dimensione di magnifico crogiuolo di aspirazioni di rinnovamento, brutalità conservatrici, ansia di recupero del passato e costruzione del futuro. Un Medioevo così potente che i fantasmi (ancora una volta, sotto forma di libri) che sprigiona superano i suoi confini: arrivano all’alba dell’Età Moderna, con gli affreschi splendidi e misteriosi del fiammingo Hans Clemer in Val Maira, e giungono fino ai nostri giorni, esercitando un richiamo irresistibile su Adriano.
«Le consiglio di andare ad Elva», si sente dire a un certo punto il nostro bibliotecario. È lì la chiave di volta della sua ricerca, lì l’intreccio tra Medioevo, Rinascimento e Contemporaneità: ed è qui che siamo anche noi trascinati nell’amore profondo per il territorio che costituisce un altro degli ingredienti essenziali del romanzo. È un Piemonte variegato e multiforme, quello percorso dai protagonisti nell’arco di mille anni: collina, città, montagna, accomunate dall’essere terre di incroci e di scambi, tra Sud e Centro dell’Europa, tra le montagne e il mare. Il territorio non è solo sfondo, incide anche sullo sviluppo della storia, su umori e azioni dei suoi protagonisti. Nella città monumentale e squadrata, Adriano è operoso ma bloccato; ad Elva, nel «Tibet piemontese» di sole e montagne, incontra invece la passione e le possibili soluzioni.
È proprio l’amore, in effetti, l’ultimo, grande motore di questo libro. Un amore carsico, che appare e scompare, come quello di Adriano per la collega Vera (uno dei «Virgilio» che gli illuminano il cammino); un amore maledetto, come quello di Eriberto, l’eretico fuggito dalla Francia, verso la contadina Anna, con cui dovrà, ancora una volta, mettersi in salvo per celare i suoi segreti. E poi le inquietudini agitate dalle streghe, le «masche» della tradizione popolare piemontese, che seducono e svelano, ma anche tramano e uccidono….
Resta, alla fine, la sensazione di familiarità con luoghi e protagonisti, la dolce nostalgia di un viaggio che si vorrebbe non finisse più. E che infatti non finisce: perché nel libro che Adriano (e con lui Ezio Marinoni) consegnano all’editore, non si trovano le (impossibili) risposte a tutti i quesiti e a tutti i misteri, ma il desiderio (tanto umano) di continuare a porsi domande.
Francesco Cissello
(Dottore di Ricerca in Scienze Storiche Università di Torino)
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Accade piuttosto frequentemente che un autore decida di ambientare un’opera nel proprio paese natio, o in una località che, pur non essendogli “madre”, è eletta a luogo del cuore per la sua amenità o per le esperienze qui vissute.
Nel caso dei “figli” della montagna, l’asprezza, l’isolamento, lo stile di vita spesso non consentono le mezze misure: o la si ama o la si ripudia. Ma se negli ultimi decenni gli eredi “naturali” delle valli, anche forzatamente, le hanno spesso dovute abbandonare, una generazione di nuovi figli “adottivi” ha scelto la montagna come luogo in cui vivere, lavorare, ambientare le proprie opere. È il caso del torinese Ezio Marinoni, il cui incontro con Elva, e con Franco Baudino, che “è” Elva, si è tradotto in un immediato coup de foudre, facendogli eleggere uno dei luoghi più unici, intimi e impervi della Valle Maira e di tutte le delle valli occitane a port d’attache. Una salita, la sua, non solo fisica, ma che oserei definire spirituale, dalla città alla montagna, sorta di novello Dante inaspettatamente, e felicemente, travolto da un’ascesa concreta e terrena, e tuttavia capace di elevarne anche l’animo.
È nato così, da un continuo dialogo e scambio con Franco, unito alle proprie passioni ed esperienze, il romanzo Il libro e l’affresco di Elva. Hans Clemer e il suo mistero in Val Maira. In questa scia si inscrive anche questa nuova pubblicazione fotografica, corredata da lunghe didascalie descrittive, integrate da citazioni di quel suo primo volume e di altri contributi e interviste apparsi su periodici locali.
Un omaggio a donne, uomini, poeti, chiese, case, un’esigenza di narrare non la propria, ma l’altrui storia, non solo per non dimenticare, ma per cercare, e trovare, se stessi.
L’Espaci Occitan, come da propria missione, si felicita e incoraggia l’autore per l’impegno profuso in questa opera di conservazione e diffusione della storia di un angolo di Valle Maira.
Rosella Pellerino