Lo scrittore Ennio Flaiano: “Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano”.
Che cosa? Che tutto si chiarisca? L’età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni. Le cause? Lascio agli storici, ai sociologi, agli psicanalisti, alle tavole rotonde il compito di indicarci le cause, io ne subisco gli effetti. E con me pochi altri: perché quasi tutti hanno una soluzione da proporci: la loro verità, cioè qualcosa che non contrasti i loro interessi. Alla tavola rotonda bisognerà anche invitare uno storico dell’arte per fargli dire quale influenza può avere avuto il barocco sulla nostra psicologia. In Italia infatti la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi.”
Il sociologo Sergio Bevilacqua: “Bell’aforisma di un grande scrittore. Il problema tecnico è la enorme complessità semiologica dello Stivale: azzardo un x 20 rispetto al mondo anglo-americano, un x 10 rispetto al mondo sassone e a quello arabo, un x 5 rispetto al mondo latino, un x 4 rispetto al mondo indiano, un x 3 rispetto al mondo cinese, un x 100 rispetto al mondo africano.
Il problema di gestire questa enorme complessità non è forzarne l’adesione a sistemi più semplici, ma trovarne il giusto equilibrio con un progetto ad hoc. È vero, giusto e doveroso il trovare criteri comuni con Europa, Occidente e Mondo, ma in Italia dobbiamo sviluppare tutte le forme interne dell’organismo democratico per poter gestire questo immenso patrimonio umano, disponibile nella nostra piccola dimensione sociogeografica.
Il patrimonio italico è patrimonio umano, principalmente, e non mi fermerei assolutamente alla cittadinanza. Ma lo Stato, che *non è* il patrimonio *ma ha* un patrimonio repubblicano, creato da quel popolo in altra epoca, è strumento di un popolo. La complessità descritta poeticamente da Flaiano richiede prima di tutto dispositivi logico-operativi, cui saremmo anche ormai preparati, e che dovrebbero collegare il Paese reale, così complesso, urgentemente ormai al Paese legale, così avulso e distante.
Questi dispositivi esistono, e si chiamano Partiti. Più di uno, in democrazia, almeno come imprescindibile offerta politica e come condizione istituzionale, sempre imprescindibile. Il che non esclude ovviamente il plebiscito, ma include necessariamente la varietà dell’offerta politica. Pena la dissipazione di quell’enorme patrimonio di varietà che è preziosissimo patrimonio dell’umanità, che si chiama *Italia* , nelle varie e molteplici accezioni che possiamo dare a quella meravigliosa parola.
Sergio Bevilacqua
P.s. Ovvio che quando scrivo “partiti” non mi riferisco, purtroppo, a nessuno (nessuno) di quelli presenti oggi in Parlamento. Speranza, spes, ultima dea.
Sergio