La segnalazione di un lettore di Trucioli.it: “….Mi sono meravigliato molto che la Regione (?) autorizzi nei nostri boschi interventi distruttivi. Mi è stato riferito che si fa per proteggere le strade ma il disboscamento non dovrebbe superare i 10 metri”. Vedi altri articoli sul tema boschi, taglio di alberi su ordinanza del sindaco, sentenza pilota del Consiglio di Stato. E i lupi nel mondo.
Eppure una persona informata dei fatti sostiene che le misure non sono state rispettate e dai 10 si è passati a 50 metri! A discrezione degli operatori…Le foto sono state scattate un mese fa a monte Ceppo nel Comune di Bajardo. Si pensi che tale zona è stata classificata SIC (Sito di importanza comunitaria)….C’è veramente da scandalizzarsi e ribellarsi! Purtroppo interventi simili avvengono impuniti anche in altre zone dell’imperiese.
Nota di redazione: Trucioli.it ha trasmesso la segnalazione, corredata da foto, anche al sindaco di Bajardo.
2/GLI ALBERI DA TUTELARE: SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Finalmente un giudice italiano ha stabilito che gli alberi vanno tutelati e che non se ne può ordinare l’abbattimento d’urgenza se non si dimostra che è proprio indispensabile per la pubblica incolumità. Lo ha stabilito pochi giorni fa, dopo un procedimento durato due anni, il Consiglio di Stato con una sentenza (Sez. V, 27 ottobre 2022, n. 9178) che è appena stata resa pubblica da Stefano Deliperi – storico giurista ambientalista – sul sito www.lexambiente.it.
La vicenda è presto detta:
- A) Il 12 marzo 2020, su parere dei carabinieri forestali locali, il sindaco di Pont Canavese (Torino) emetteva una ordinanza urgente con la quale ordinava ai proprietari di abbattere un abete rosso secolare alto circa 29 metri, ravvisando in esso un pericolo imminente per la pubblica incolumità sulla viabilità pubblica e nell’abitato circostante.
I proprietari facevano ricorso al Tar Piemonte, che, tuttavia, a marzo 2021, respingeva il ricorso, ritenendo legittima l’ordinanza impugnata, atteso che “sia dalla relazione del Comando Forestale che dalla perizia agronomica commissionata dal Comune di Pont Canavese, può ricavarsi che il rischio di caduta o cedimento della pianta sia elevato, attuale e concreto, siccome intrinseco alle sue condizioni ed alla sua ubicazione”.
- C) I proprietari proponevano appello al Consiglio di Stato per difetto di motivazione, eccesso di potere, travisamento ed erronea valutazione dei fatti presupposti, ritenendo, invece, sulla base di una loro consulenza, che, in realtà, mancava e manca del tutto un grave pericolo che minacci l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
- D) Per chiarire la situazione ed “acquisire una valutazione della reale stabilità dell’albero, alla luce dei protocolli riconosciuti a livello nazionale ed internazionale”, il Consiglio di Stato ordinava una perizia la quale documentava che “i livelli di rischio si collocano al di sotto delle normali soglie di tolleranza ALARP (As Low As Reasonably Possible): ciò significa che tali rischi si collocano a livelli internazionalmente riconosciuti come accettabili, in quanto attualmente “i più bassi ragionevolmente possibili”. Certo, si aggiunge il “cosiddetto ‘rischio zero’ di caduta di un (qualsiasi) albero non esiste, come del resto esplicitato dalle ‘Linee guida per la valutazione delle condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità degli alberi” del Ministero dell’ambiente’. Ma, in questo caso -conclude il Consiglio di Stato – non esiste neppure un grave pericolo attuale che giustifichi una ordinanza d’urgenza per l’abbattimento dell’albero secolare. Tanto più che, dopo due anni di causa, l’albero in questione non ha accusato alcun minimo cedimento. E così annullava l’ordinanza del sindaco che veniva anche condannato alle spese.
Insomma, come conclude giustamente Deliperi, si tratta di “un’autorevole pronuncia giurisprudenziale in favore degli alberi e del buon senso”. Particolarmente importante, aggiungiamo noi, nel momento in cui il nostro paese si sta rimangiando alla grande tutte le sue promesse contro il fossile e la distruzione delle risorse non rinnovabili.
3/ SALVARE BOSCHI E ALBERI SULLA PELLE DEI PROPRIETARI!
di Franco Zunino*
Salvare boschi ed alberi sulla pelle dei proprietari! Sì, sembra proprio che sia questo lo spirito con cui in tanti si occupano di censire e “far vincolare” boschi invecchiati ed alberi monumentali che si sono salvati grazie perlopiù al disinteresse dei loro proprietari
E solo in qualche raro caso grazie alla loro privata e volontaristica volontà di salvaguardarli (come quelli fatti tutela dall’AIW). Ma è mai possibile che in questo nostro “strano” Paese non si riesca a far capire alla gente che un valore sociale deve essere la Società civile ad acquisirne i diritti e non già ad imporre vincoli a quei membri che per pura casualità a volte possiedono questi valori per i quali hanno magari pagato fior di tasse allo Stato (che poi è la Società civile!). E che al momento di volerli magari far fruttare (leggasi abbattere per farne legname) si vedono vincolati dallo Stato e costretti a pagare loro quello che la Società civile non vuole (o si guarda bene dal volerlo fare!) pagare?
E’ democrazia questa? E’ giustizia? In America ci fu un tempo in cui l’appello Ricordatevi di Alamo rappresentò un memento di libertà. Oggi ai nostri ambientalisti è il caso di parafrasarlo in un Ricordatevi di Luna (il famoso albero di Sequoia sempreverde o Redwood, che fu salvato dalla “ragazza sull’albero”, non con un vincolo d’imperio come in Italia tutti i media hanno fatto credere, ma con una raccolta fondi che ne permise l’acquisto da parte di chi la voleva salvare, e donata poi al bene pubblico!); questo per dire quale sia il metodo corretto per difendere certi valori naturalistici.
I LUPI NEL RESTO DEL MONDO – Siamo proprio in Italia (e, oggi, peggio: in Europa!), mentre tutte le Nazioni con popolazioni di Lupi del resto del mondo provvedono al controllo della popolazione senza troppi problemi, e senza mettere a rischio la specie, noi ci sprechiamo in studi, monitoraggi, censimenti, chiacchiere, proposte, istruzioni sul come comportarsi di fronte al problema lupo: tutto meno che intervenire con il fucile. Come se fossimo l’Alaska o la Siberia (solo che in Alaska e in Siberia, dove se ne potrebbe fare a meno, intervengono!), mentre il nostro è un Paese super urbanizzato e coltivato, dove i lupi sono costretti a vivere a stretto contatto con l’uomo e le sue attività.
Dai 100 lupi del 1970 oggi si è passati, “ufficialmente”, ai 3.300: mentre sono forse ormai anche quasi 10.000! Tutto pur di non uccidere il lupo. E, cosa anche peggiore, pur di avere un lupo qualsiasi pur che ci sia il lupo! In fondo la soluzione sarebbe semplicissima: stabilire un numero massimo di lupi che ne mantenga vitale la popolazione (diciamo, non più di 2/3.000 lupi, il che vorrebbe dire non più di un centinaio ogni Regione (e sarebbero già tanti). E ogni anno abbattimento del numero superiore, magari anche con quote di pagamento a chi si voglia fare carico degli abbattimenti ufficiali sotto controllo delle pubbliche autorità, e consentendo agli allevatori e pastori di farlo loro stessi pur che ne segnalino poi i capi abbattuti. Invece, niente. E si lascia che a farlo siano i “bracconieri”, sostenendo che, appunto, non è il caso di farlo ufficialmente perché intanto c’è sempre chi li abbatte illegalmente (solo che poi si fa di tutto per perseguirli e, quindi, evitare anche gli abbattimenti illegali).
In pratica, i lupi possono crescere quanto gli pare, e per vivere possono predare di tutto, dalla selvaggina (e sarebbe normale), agli animali domestici di ogni razza, cani di compagnia compresi! E per minimizzare il problema, la prima cosa che si sta facendo è quella suddetta: minimizzare il numero effettivo dei lupi, anche a costo di fare a pugni con la loro biologia e la matematica!
PS. Da notare come dopo decenni di chiacchiere sui cani “rinselvatichiti” (che di solito, guarda caso, appaiono solo quando in zona ci sono lupi; infatti così facendo i danni il più delle volte vengono addebitati ai primi!) oggi leggiamo che gli esperti hanno cambiato dizione: li chiamano cani “vaganti”. Ecco, forse ci hanno finalmente imbroccato e così risolto il problema della poca credibilità dei cani inselvatichiti: perché se i prima erano una bufala, cambiandoli denominazione hanno dato credibilità al fenomeno!
Infatti, tra le due definizione c’è un abisso, e se la prima non era credibile per ovvie ragioni (chi può dire di aver mai incontrato qualcuno degli stimati 3.000 cani inselvatichiti?), la seconda lo è, perché col termine “vaganti” ci può rientrare anche il cane di casa che se ne va a spasso attorno ai paesi o nelle campagne. E allora sì si può credere alle cifre di migliaia che ci volevano far credere, per sminuire la presenza dei lupi. In Italia siamo sempre stati campioni nel cambiare nome ai problemi per dire di averli risolti: ecco anche in questo caso vale la stessa regola!
Murialdo, 17 Novembre 2022 Franco Zunino
Segretario Generale AIW