Conviene prendere il treno? Cent’anni fa la domanda non aveva senso. Prima della motorizzazione di massa e della diffusione dell’aviazione civile, se volevi spostarti via terra, il treno era il mezzo principe. Escluderlo significava in pratica rinunciare alla propria mobilità.
di Massimo Ferrari*
Cinquant’anni fa la situazione era già molto cambiata. Si sceglieva ancora il treno, ma soprattutto per risparmiare. Le ferrovie diventavano appannaggio delle classi sociali deboli: studenti, operai, militari, emigranti.
Lo spirito di servizio era però ancora molto radicato. Il 22 luglio 1970, a seguito di un dilettantesco attentato, il “Treno del Sole” Siracusa – Torino deragliò alle porte di Gioia Tauro: sei morti e decine di feriti. I pompieri accorsero sul posto, rimossero le carrozze rovesciate, ricomposero quelle rimaste sui binari ed il convoglio riprese la sua marcia verso il capoluogo piemontese con qualche ora di ritardo. Fosse successo ai nostri giorni la linea sarebbe rimasta chiusa per una settimana o più, tra procedure di sicurezza e sopralluoghi della magistratura. I viaggiatori si sarebbero dovuti arrangiare con altri mezzi, come accade in occasione di banali interventi di manutenzione.
Conviene, allora, prendere il treno? Dipende: non sempre, ma spesso ancora conviene e non solo per ragioni di risparmio. Le ferrovie, grazie all’Alta Velocità – spesso osteggiata proprio da chi dice di puntare sul treno – costituiscono adesso un’opzione vincente per gli spostamenti tra le grandi città. Provate ad andare da Milano a Firenze in auto e coglierete la differenza. Anche su distanze più lunghe, dove le linee veloci sono ancora incomplete, può convenire. Il successo del Frecciarossa tra Milano e Parigi è lì a dimostrarlo. Ci vogliono sette ore abbondanti, è vero, ma in fondo con l’aereo non te la casi con meno di quattro ore da centro a centro. E sei decisamente più scomodo.
Grazie alla lungimiranza degli austriaci dell’OBB, che hanno puntato sui treni notturni, mentre i cugini tedeschi li stavano dismettendo, anche lunghe traversate continentali – tipo Milano – Amsterdam, via Zurigo o via Innsbruck – non sono da scartare a priori. Ci vuole un’intera notte di viaggio ed il prezzo globale è spesso superiore al volo low cost, ma vuoi mettere la comodità di viaggiare sdraiati in un letto e di arrivare riposati a destinazione?
Più in generale conviene prendere il treno nelle aree metropolitane, dove la circolazione veicolare è intensa e spesso caotica. Ma ciò presuppone che il servizio ferroviario sia intenso e cadenzato. Come dovrebbe essere attorno a Milano. Sempre che la Regione Lombardia ed il gestore Trenord non si impegnino a rendere aleatoria l’offerta. Come la scorsa estate, con la chiusura per settimane del Passante Ferroviario, motivata dal consumo anomalo dei bordini delle ruote che avrebbe dovuto essere monitorato e ovviato per tempo. Oppure con le soppressioni delle corse originate da insufficienti scorte di personale o di materiale rotabile.
Se, per risparmiare, si lesina sulla manutenzione e sulla vigilanza, si rischia di finire come a Napoli, dove le pur ottime reti suburbane – la Circumvesuviana, la Cumana, la Circumflegrea – sono state per anni abbandonate ai vandali, rendendone precario e pericoloso l’utilizzo. Già in passato si erano registrate situazioni di profondo degrado in metropoli che pure avrebbero bisogno di un efficiente servizio su rotaia per non collassare, da Johannesburg a Rio de Janeiro. Ma i tagli di bilancio e il disinteresse dei politici spesso hanno portato al disastro.
Si può tracciare una mappa abbastanza precisa dei luoghi in cui è conveniente utilizzare il treno, perché buone o anche ottime sono e condizioni del servizio in fatto di capillarità, frequenza, accessibilità. Gran parte dell’Oriente, dall’India al Giappone, passando per la Cina; quasi tutta l’Europa settentrionale ed orientale, con la vistosa eccezione dei Balcani; alcune nazioni che hanno investito con intelligenza e senza lesinare sui costi, come la Spagna o il Marocco. In America il treno costituisce una valida opzione sulla Costa Atlantica, tra Boston e la Virginia, in parte della California, tra Montréal e Windsor, attorno a Seattle, Chicago e Buenos Aires. Altrove poco o nulla.
Il treno può essere anche un’ottima soluzione per un turismo rispettoso dell’ambiente, come stanno dimostrando le lodevoli iniziative di Fondazione FS che ha rivitalizzato, seppur con corse a calendario, linee altrimenti destinate all’abbandono. E la risposta del pubblico è stata incoraggiante, in qualche caso addirittura entusiasmante. Ci sono zone del nostro Paese che possono essere comodamente visitate senza ricorre all’automobile. Per esempio, il Trentino e, soprattutto, l’Alto Adige. Altre, come la Lombardia, la Toscana o la Puglia disporrebbero di una valida rete di infrastrutture, se solo si cercasse di meglio coordinare ed integrare le diverse offerte di viaggio.
Certo siamo lontani anni luce dalla realtà elvetica che pure confina con la pianura Padana. A nord di Chiasso e Domodossola si può girare comodamente in treno o sui mezzi complementari (bus, battelli, funicolari) ed esplorare l’intero territorio, potendo sempre contare su corse frequenti, cadenzate e coincidenti fino a tarda sera. Nemmeno a prezzi proibitivi, sapendo sfruttare le numerose offerte tariffarie pensate su misura per le varie categorie di clienti. E non nascoste, quasi ci fosse da vergognarsi, come avviene in Italia, anche dove esistono. Quanti lombardi conoscono il biglietto IVOL (Io viaggio ovunque in Lombardia)? Ben pochi a quanto è dato sapere.
Da noi i principali avversari del treno non si annidano più tra i produttori o i venditori di autoveicoli, come forse avveniva negli anni Sessanta del secolo scorso, quando si trattava di convertire all’automobile masse di cittadini, per altro ansiose di motorizzarsi. Legislatori, enti di regolazione ed autorità locali spesso finiscono col disincentivare l’uso dei servizi ferroviari, con normative demenziali o richieste assurde, tipo interramento o allontanamento dei binari dai centri abitati. Le organizzazioni sindacali, che pure storicamente raccolsero benemerenze nella difesa del servizio, ci mettono del loro, fomentando la conflittualità con l’occhio rivolto al passato.
Ma spesso i più insidiosi detrattori del treno sembrano celarsi proprio tra i gestori dei servizi. Preoccupati, anche comprensibilmente, di contenere i costi di esercizio, finiscono col proporre soluzioni poco lungimiranti, tipo eliminare le corse a tarda sera o nei fine settimana, quasi rassegnati al fatto che il treno sia destinato ai soli studenti e pendolari tradizionali (tra l’altro progressivamente ridotti dal ricorso allo smart working), senza capire che la mobilità emergente non è più vincolata ad orari rigidi e a funzioni circoscritte.
E ricorrendo appena possibile ai famigerati autobus sostitutivi, non solo su linee secondarie, ma anche principali, ogni qual volta ci siano da effettuare anche modesti lavori di manutenzione che potrebbero essere effettuati in pendenza di esercizio. Come appunto accadeva una volta, quando il concetto di “spirito di servizio” non era una formula vuota. Quasi che l’autobus possa davvero costituire una valida alternativa al treno e, soprattutto, all’automobile. Mentre anche nazioni, come Israele, che avevano programmato una mobilità collettiva essenzialmente su gomma, negli ultimi anni hanno fortemente investito sulla rotaia, quale unico vero antidoto alla congestione viaria.
E poi, certo, ci sono le questioni tariffarie. Il treno conviene quasi sempre quando si viaggia da soli.
Talvolta, ma non sempre, se ci si sposta in due. Quasi mai se ci si muove con l’intera famiglia o in comitiva. Anche qui occorrerebbe uno sforzo di duttilità e fantasia per acquisire nuove fasce di utenti. Come da sempre avviene, appunto, in Svizzera (prezzi alti per il fruitore occasionale, forti riduzioni per il cliente fidelizzato), ma anche in Austria, in Germania e persino in Spagna, dove abbonamenti scontati, formule per gruppi e, dalla scorsa estate, persino gratuità generalizzate a fini ambientali, hanno conosciuto un successo travolgente. Ma da noi sembra che la preoccupazione principale sia quella di non riempire troppo i treni. Specie quelli locali, che altrimenti risulta poi difficile sopprimere. E allora, se proprio si desiderano meno utenti a prezzo pieno, beh, allora, li si faccia almeno viaggiare comodi.
Massimo Ferrari
(Presidente UTP/ Assoutenti)