Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Intervista impossibile a Gina Lagorio. L’eredità di donna e scrittrice. Il culto della memoria. L’odio per i compromessi e la letteratura ridotta a specchio dei talk show


L’amore per la campagna, l’infanzia nel regno del Dolcetto e del Barolo, le vacanze odorose di fieno, di frutti maturi, di concime, di pane fatto in casa. Le letture di Salgari sotto i salici del Tanaro. Gli anni da insegnante “per campare e per fare la moglie e la madre”. L’arte di raccontare la vita senza ipocrisie, la passione per la politica ereditata del marito Emilio.

di Tiziano Franzi

Gina Lagorio ( pseudonimo di Luigina Bernocco ), nata a Bra il 18 giugno 1922, avrebbe da poco compiuto cent’anni. Le vicende della vita ne hanno interrotto il percorso il 17 luglio 2005, quando la scrittrice, di anni, ne aveva 83.

Gina Lagorio scrittrice: a 17 anni dalla sua morte

Io ho conosciuto Gina Lagorio negli anni ’70 del Novecento, quando ancora abitava a Savona e cominciava a collaborare con la casa editrice Garzanti, e ho avuto il privilegio di lavorare con lei alla stesura della “Antologia Garzanti per la scuola media” , insieme al comune amico Silvio Riolfo Marengo e alla moglie Giovanna Pessano.

Di lei ricordo la gentilezza, il fascino, il rigore sul lavoro, la personalità sicura ma anche sempre pronta a mettersi in gioco con nuove sfide, personali ed editoriali.

Pensando a lei in questi giorni ho ritrovato negli scaffali il libro della scrittrice e saggista Cetta BerardoIl sapore della memoria. Nel mondo di Gina Lagorio“. La rilettura di quelle pagine mi ha suggerito di scrivere questa “intervista impossibile”, rievocando quanto in quegli anni lontano la “signora Lagorio” – come sempre l’ho chiamata rivolgendomi a lei – mi ha raccontato di sé e quelle sue riflessioni che così bene Cetta Berardo ha riportato nel suo libro.

“Avere memoria significa avere cura di qualcosa e avere cura significa amare, avere memoria dunque significa amare. […] Senza memoria si è finiti virgola non si può dire di guardare al futuro virgola in nessun modo punto per questo è bene conservare memoria di Gina, per questo sono preziose le sue memorie.”

L’INTERVISTA-

Signora Lagorio, che cosa significa per lei la memoria e quale importanza ha avuto nella sua scrittura?

La memoria, questo fiume carsico che attraversa la nostra vita guidandola anche quando pare inabissarsi nel tempo, Caronte conscio o inconscio, ci traghetta dal vivere al morire e ha di questi improvvisi sussulti in apparenza forniti dal caso, un odore portato dal vento, un tratto fisionomico colto per strada, la casa intravista in velocità, la frase che brilla tra parole scialbe, l’inflessione della voce, il volto di un attore, la forma di una nuvola. Sono le brezze, gli zefiri, i refoli che muovono il grande fiume della memoria, ma se voglio ricordare, se tento di mettere in chiaro un tempo e un luogo, richiamandolo alla mente con un ricordo sintetico, immediatamente un sapore s’annuncia. Questa è l’infanzia, questo mi dice gioventù, così è la maturità.

Credo che, cancellando la memoria, si tolga la parte essenziale, la più importante della nostra vita punto. Senza la memoria diventiamo alghe che galleggiano sulla superficie del mare. […] Vivo i ricordi come una parte integrante del mio presente punto. Ormai questo momento della mia vita si svolge con una specie di controcanto: quando le onde del mare si inseriscono una sull’altra, il rumore del mare è uno solo e comprende ieri, oggi, domani punto tu te ne vai, il mare resta e tutto continuo come sempre.

Quale particolare sapore dell’infanzia l’accompagna nella memoria?

Il profumo e il sapore di un primo impasto fatto di cacao, amaretti tritati, uovo e burro punto con un esempio di regia domestica puntuale quanto efficace mia mamma non chiudeva mai il forno, dove aveva messo la teglia che diffondeva in cucina la sua delicatissima amarognola fragranza prima di aver portato fino alla fine quella melodrammatica di dichiarazione di amore alla vita

Tutte le mie memorie di vacanze infantili sono invece odorose di fieno virgola di frutti maturi, virgola di concime virgola di minestre di con tante verdure, di pane fatto in casa. E di colori: il rosa della gola delle tinche, dei Barbie, delle carpe squarciate dall’amo e il verde delle foglie su cui lo zio posava i pesci prima di deporre il cestino in cucina […] anche dei pesci che poi la zia Giacoma serviva in tavola dorati , dopo la frittura in olio buono d’oliva io sentivo quell’aria speciale che circolava sul fiume, lungo i bordi della barca sotto il cielo che era sempre chiaro, quasi riflettesse il bianco dell’acqua che diventava d’argento sotto il sole.

Ho imparato dalla nonna come si fanno le conserve di pomodoro, le marmellate di frutta fresca e quelle con le mele prima messe a maturare in stanze dove, se entravo, venivo avvolta da una nuvola odorosa così intensa che ogni volta mi fermavo, percorsa da un violento brivido di piacere che non sarebbe tanto lontano dal vero chiamare erotico. E poi le polente nel paiolo appeso a un gran gancio nel grande camino nero, rivoltate per un’ora da una nuora accaldata virgola e il pane cotto nel forno a legna, parentesi ogni volta mia nonna mi confezionava un galletto, modellando un pezzetto di impasto cui aveva aggiunto dello zucchero parentesi.

E quali immagini dell’infanzia riaffiorano in lei ?

La cascina circondata da campi e vigne si affacciava su uno scenario suggestivo: lontano, all’orizzonte il Monviso, dalla parte opposta le colline grasse della Morra virgola di Barolo, di Roddi, di Verduno: noi eravamo in mezzo nella piana ondulata che unisce il promontorio di Cherasco bagnato alle radici da Tanaro e Stura, alle Langhe del dolcetto e del barolo, regno incontrastato del nonno, il buon vecchio che sapeva di tabacco forte

Il massimo della goduria era zampettare con le grandi in qualche one step e foxtrot e le merende sul prato punto la tovaglia portata da casa con i cibi in una cesta di vimini, era grande candida e la zia la stendeva con l’aiuto delle ragazze: c’erano sparpagliate qua e là sopra, molte cose buone, salumi cotti e crudi, formaggio, pane, frutta, ma soprattutto c’era il pollo arrosto e croccante virgola che la zia distribuiva usando un trinciapollo dal manico di legno rosso. La zia comprava ogni volta il formaggio al mercato e sempre dava golosi pezzi di polpa di parmigiano a me e a Mario che litigavamo sostenendo ognuno che il boccone dell’altro era il più grosso

Quale particolare ricorda del matrimonio con Emilio Lagorio ?

Da quegli anni felici che eravamo stati fino all’ora, confusamente intuivamo che tutto stava per cambiare punto[…]. La vita cittadina in quegli ultimi mesi di guerra aveva un ritmo lento e faticoso, ormai generalmente accettato e condiviso: rappresaglie, sirene, allarmi, paure. […] Delle nozze, l’avventura più emozionante fu il reperimento dei cibi a borsa nera per il pranzo nuziale, il cappotto di mio marito che è un grande sarto ricavo da una coperta, le mie scarpe nate dall’unione di un pezzo di camoscio ex borsetta e di due zeppe di sughero, manufatto di un ingegnoso ciabattino e il viaggio di nozze da Savona a Noli su una macchina ministeriale messa gentilmente a disposizione

Che cos’è per lei la scrittura?

Sono nata scrittrice a dieci anni, e ho fatto l’insegnante per campare e per fare la moglie e la madre. Scrivevo di notte punto il mio scrivere rispondeva a un’esigenza interiore: era una forma di colloquio con i miei fratelli; una seconda maniera di essere, una risposta istintiva al bisogno di espressione per impadronirmi del mondo, attraverso un tipo diverso di conoscenza. […] non mi sono mai abbandonata alla pigrizia nel mio mestiere di scrittore […] la più facile delle mie pagine esce spensierata da una decina di penosi rifacimenti.

La scrittura è un lavoro che si sceglie amandolo virgola e fatica, ma anche felicità e l’avrei imparato più tardi.

Scrivere sì, è il mio moto unico di sentirmi viva punto è anche scrivere qualcosa di privato, da lasciare dietro di me come i segnali di Pollicino. […] La scrittura è un’aspirazione a essere di più o di meglio di quello che si è. Probabilmente la condizione dello scrittore è una condizione di esilio dalla realtà quotidiana, da cui si astrae per scrivere. Esilio anche dalla meschinità, nel senso della comune miseria di tutti virgola che cerchi di superare nel momento della scrittura.

Lei, lettrice accanita, ha confessato di avere “preso una cotta” per autori come Emilio Salgari. Perché?

Per me e per il padre delle mie figlie, Salgari non era infatti virgolette un autore virgolette duepunti faceva parte della nostra vita, nella libertà dell’immaginazione viveva accanto a noi. […] I libri che leggiamo da piccoli virgola dopo averli sottratti a qualche scaffale giudicato inaccessibile, hanno qualcosa di reale e tremendo come uno sguardo rubato all’alba che scende sui placidi campi mentre in casa tutti dormono.[…] Fu così che accanto alla biblioteca di mio padre- Baroli dannata, Barbareschi sublimi e dolcetti celesti- a poco a poco divenne legittima in casa pure la mia.

Nei libri cercavo una risposta alle domande del vivere, la rivelazione della bellezza, gli incanti della poesia, la scoperta di uomini che avevano vissuto o vivevano una parabola esistenziale in cui riflettere la mia.

Cosa significa per lei, oggi, leggere in libertà?

Se leggo di pomeriggio mi sta bene la narrativa, se di notte e sono contenta, la poesia trova risonanze nel silenzio, se invece sono ricascata nell’insonnia, una biografia riempie di idee e di analogie i vuoti; le letture poliziesche, i gialli invece sono come i cioccolatini virgola non ci si ricorda di mangiarli se non nelle ore riservate dopo il lavoro, al lusso della pigrizia

Come giudica la letteratura d’intrattenimento contemporanea?

La letteratura è qualcosa di così intimo, profondo, necessario, che deve implicare tutta intera la persona che deve scegliere tra il dovere e il piacere virgola, che deve saper navigare nel mondo in cui si trova navigare e in cui è bene, se è possibile virgola non cedere a troppi compromessi perché i compromessi corrodono l’integrità di una persona. Là dove c’è un sentimento della vita caldo, laddove c’è miseria, laddove c’è mancanza di libertà politica, dove la vita è più difficile, più aspra e il sogno e il progetto sono più alti, veri, concreti, la e più facile scoprire i talenti nuovi. In fondo noi ci siamo innamorati tutti di Garcia Marquez. Cent’anni di solitudine è un libro splendido per me con quella fantasia così ricca, così colorata. […] Oggi vedo una letteratura che si accartoccia su se stessa virgola che diventa specchio dei talk show, delle star televisive, dei Grandi Fratelli che vediamo in testa alle classifiche. Un impoverimento che fa male. […]

Quale importanza ha avuto per lei la provincia?

La provincia è il mondo, la scrittura e la vita puntini ora so che la provincia è il luogo dove è più facile immaginare tutti gli altri luoghi possibili virgola che la scrittura è un’inclinazione naturale ma anche dominio logico, disciplina, fatica e le cose, le vecchie mura come il rosmarino sul balcone, le voci dei poeti che arrivano di lontano e anche quelle che risuonano tra le pareti domestiche, sono vita e possono diventare scrittura […] Là mi veniva incontro, nella mia corsa solitaria virgola non quello che mi passava rapido accanto, ma portato dal vento di pensieri che mi facevano premere più forte l’acceleratore, il film di tante stagioni lontane, la faccia familiare del Monviso a guardia delle vigne dei contadini piegati sulla terra e anche le mie letture infantili sotto i salici del Tanaro, gli scogli neri nel bianco scrosciante della schiuma, gli ulivi grigi tra le ginestre d’oro. La mia provincia era questo.[…] Se sono al mare o in campagna, l’aria che sfiora pulita la pelle, la musica sempre variata del mare degli alberi, il rumore dell’acqua che scorre si infrange arriva, il passaggio delle nuvole, il profilo dei luoghi noti sulle coste o sulle colline sono l’altra faccia della mia luna puntini una volta mi piaceva isolarmi guidando la macchina lungo i frattagli dell’Aurelia e i tornanti che nelle Langhe portano da un paese all’altro- squarci di casa e tra il verde, schegge di dialoghi tra personaggi fenogliani- e anche questo era un abbandonarsi al paesaggio fino ad arrivare a una lenta pacificazione

Un critico ha scritto che lei è capace di “dipingere con le parole”. E’ d’accordo con questa affermazione?

Mi piacerebbe saper disegnare. Mi piacerebbe saper dipingere. […] mi fermo alla mostra dell’ortolano e a quello quella della pescheria punto gli occhi carezzano, indugiano, sappi duepunti giallo chiaro dei pompelmi, oro delle arance, verde chiaro di piselli, verde cupo di zucchini, il rosso delle fragole e c’è il variare degli asparagi e la cascata delle erbette. E in mezzo, con il suo grembiule azzurro, lei, la padrona occhiuta e astuta, melliflua e in implacabile, niente sfugge, le belle forme colorate passano tra le sue mani come le monete.[…] solo chi ha goduto nel rappresentare la gloria del pane sfornato, la sensuale esultanza delle albicocche in composta e dei carnieri gonfi di caccia, lo zuccherino dell’uva e delle pesche mature può sentire feste gratitudine per la brocca dell’acqua pura per l’uovo bianco e per la minestrina. […] In Golfo del paradiso attraverso la vita e le considerazioni del protagonista Michele , che è pittore, ho raccontato ciò che io ritengo essere l’arte, come modo di esprimersi con la parola, con le note, con i colori o con qualsiasi altro mezzo punto l’arte come necessità interiore e l’arte come mestiere : per Michele e la pazienza di tutto una vita che si esercita con i colori sulla tavolozza, per lo scrittore e la pazienza di tutto una vita che si prova con la parola. È un modo quasi religioso, l’unico per chi è religioso non è virgola di abitare la terra puntini l’arte come espressione del mondo in cui viviamo nel suo bene e anche nelle sue crudeltà.

Lei ha cambiato molte volte abitazione. Che cosa significa per lei “casa”?

Non so se sia per la mia natura femminile, ma la casa è sempre stata un elemento essenziale le della mia vita virgola un punto di riferimento da cui partire la cui tornare è che c’è e che ho cercato perciò di rendere la più simile a me la più riconoscibile luogo unico tra i molti possibili luoghi. […] Quando Lagorio si allontanò dalla militanza attiva, tentammo insieme di dare consolazione al disincanto politico pensando finalmente a una casa nostra. Fu quella la mia casa vera, la più importante : altre, per i casi del vivere, si sono succedute punto e la mia vita è anche la storia delle mie case, dove ogni volta ho portato quello che era il mio passato insieme al presente, cose belle e anche le brutte, ma da lungo tempo amate. Il bello e il brutto delle cose vissute, le cifre positive quelle no, tutto sempre rivisto nella memoria entro le pareti di case sulle quali non è mancata mai l’ala protettrice dell’amicizia..

Le mie case … quante ne ho vissute e tutte mi sono presenti con un loro colore, persino un suono diverso, come gli involucri ai quali è stata affidata la custodia degli strumenti del mio vivere.[…] Se penso alle mie case, ho netta l’immagine di altrettante tappe della mia vita, tante case tante vite. In questo senso di casa- vita o fatto la mia Angela de la spiaggia del lupo una sognatrice di case inabitabili, amate da lei ma derise e incomprese dagli altri […] Casa di città e casa di campagna due duepunti due simboli che sembrano rappresentare il conflitto tra pubblico e privato, tre impegno ed evasione, tra vita vissuta come una battaglia e isolamento contemplativo.

E ora non mi resta che ringraziarla, signora Lagorio, per quello che mi ha insegnato, non soltanto con le sue parole, ma con l’esempio di una vita trascorsa all’insegna dell’amore: per i libri, per l’altro, per la vita stessa.

Tiziano Franzi


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