Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Altopiano delle Manie e Caprazoppa. Le acque del golfo. Il ‘dramma Marmolada’. Il Langhiano, Serraviliano allo stato odieno. Terre rosse carsiche


“Eppur si muove” ( ancora oggi ). Terre Rosse di origine carsica. Come eravamo. Aspetto del Langhiano-Serraviliano allo stato odierno.

di Alesben B.

Altopiani Carsici: vedi da Morfonematica di Augusto Biancotti e Michele MottaAbbadia di Fiastra (Tolentino) 8-9 gennaio 1988.
La zona interna è definibile come un altopiano piatto, che a nord delle Manie acquista una sua singolarità. Infatti, circa 25 milioni di anni fa, in questa area esisteva un golfo separato dal mare aperto da una soglia, forse coincidente con l’altopiano delle Manie e della Caprazoppa: le acque di questo golfo possono essere assimilate ad una attuale zona caraibica con acque tranquille, calde, limpide che pullulavano di vita. Con gli eventi successivi che hanno portato ad un ulteriore sollevamento della catena alpina, questo fondo marino è stato sollevato a quasi 400 metri di quota, mantenendo quasi intatto il suo stato originario di giacitura formando un altopiano debolmente inclinato verso sud: l’altopiano di Finale. Una volta esposto agli agenti atmosferici, l’altopiano è stato interessato subito da fenomeni di dissoluzione legati da un lato alla natura stessa della roccia, dall’altro al fatto che la roccia non è compatta, ma vacuolare e talora interessata da fratture generatesi durante le fasi di assestamento della catena alpina nel quartenario.
La Marmolada (detta la Regina delle DolomitiMarmolèda in ladino e Marmolata in tedesco) è un gruppo montuoso] delle Alpi orientali (Dolomiti) al confine tra la provincia di Trento e la provincia di Belluno, il più alto delle Dolomiti stesse, raggiungendo la quota massima con la Punta Penia (3.343 m), delimitata ad oriente dalla Val Pettorina e ad occidente dalla Val di Fassa, con altre importanti vallate interne al gruppo (da est a ovest): la Val Contrin, la Val di Grepa e la Val San Nicolò.

Non composta a rigore da dolomia (come le Dolomiti vere e proprie) bensì per lo più da calcari grigi molto compatti derivati da scogliere coralline (calcare della Marmolada), con inserti di materiale vulcanico, importante è anche la presenza al suo interno del più grande ghiacciaio delle Dolomiti, il Ghiacciaio della Marmolada e non solo……..

“A farmi paura era il suono del ghiacciaio: nell’ultima settimana si sentiva il rumore dei torrenti che scavavano e scavavano sotto la calotta…”. Carlo Budel, 48 anni, veneto di San Gregorio nelle Alpi, non si dà pace: “No, questa notte non ho chiuso occhio”, ammette.

Tutti d’accordo gli esperti: la tragedia di domenica non era prevedibile. Ma le parole di Budel su quei torrenti che stanno consumando il ghiacciaio suonano quasi come un profezia: sotto il seracco che si è staccato da Punta Rocca c’era – letteralmente – un lago; e lo si vede chiaramente dai filmati che compaiono sui quotidiani. Sembra il cono sommitale del Vesuvio.

Il ghiacciaio della Marmolada, un tempo massa glaciale unica, è ora frammentato e suddiviso in varie unità, dove in diversi punti affiorano masse rocciose sottostanti. «I terreni carsici come la Marmolada sono irregolari e costituiti da dossi e rilievi. Se il ghiaccio fonde gradualmente, le aree in rilievo affiorano, diventando fonti di calore interne al ghiacciaio stesso. Questo aspetto, unito al cambio di albedo (la neve e il ghiaccio sono bianchi e riflettono molta radiazione solare, mentre la roccia, più scura, ne riflette di meno) sta ulteriormente minando la salute della Marmolada accelerandone la già forte e rapida fusione»  spiega Vanda Bonardo, responsabile della Carovana dei ghiacciai di Legambiente

Il carsismo- Prende il nome da un termine slavo “Kras” che significa pietra e indica un territorio molto particolare in cui la roccia è la protagonista principale delle forme del paesaggio. Se la roccia calcarea è la materia prima, c’è un altro fattore fondamentale senza il quale il fenomeno non si sviluppa ed è l’acqua piovana. L’acqua, nella sua discesa verso terra, si arricchisce di anidride carbonica (CO2) e, a contatto con la materia organica del suolo, diviene ancor più acida acquistando il potere di sciogliere le rocce che contengono carbonato di calcio (CaCO3).

L’acqua, scorrendo sulla roccia, che non è mai perfetta ma presenta sempre fratture, fessure o buchi, va ad incanalarsi in queste vie preferenziali operando col tempo lo scioglimento del materiale lapideo che viene trasportato via dall’acqua stessa. E’ così che si formano le cavità sotterranee, con l’aiuto anche di altri fattori come crollo di blocchi o di pareti, unione di condotte molto vicine, fino a generare un ambiente sotterraneo molto complesso, fatto di gallerie, pozzi, saloni, cunicoli, vuoti o pieni di acqua a seconda della loro posizione ed età.

Ma il carsismo non è solo di tipo distruttivo ed in certi casi, quando l’acqua che scorre in sotterraneo è satura, cioè ha il massimo contenuto di carbonato di calcio a quella temperatura e pressione, comincia a depositare il minerale sotto forma di concrezioni, formando stalattiti, stalagmiti, vaschette, drappi, cristalli ed altre forme. Le forme del paesaggio carsico, tuttavia, non sono solo sotterranee ma anche superficiali come le terre rosse, i canyons, le doline, cavità a forma di ciotola create da crolli o dal flusso erosivo dell’acqua che scorre verso un punto di assorbimento, le valli fossili in cui non scorre più l’acqua perché catturata da cavità sotterranee, o le forme di modellamento della roccia come le docce di erosione, le erosioni alveolari, i campi carreggiati, le città di pietra ed altre ancora.

Se il sottosuolo costituisce un meraviglioso mondo ricco di forme che da sempre stimola la curiosità umana è anche vero che l’ambiente carsico, in generale, è un sistema molto delicato che è stato generato dai fenomeni naturali in migliaia di anni ma che l’uomo può distruggere in breve tempo se non ha la dovuta sensibilità di preservarlo dagli inquinanti e dall’azione di asporto di minerali, concrezioni, reperti fossili che sono patrimonio di tutti.

Erosioni alveolari- Forme di erosione caratterizzate da fori di forma subcircolare, vicinissimi tra loro, della dimensione variabile da pochi cm al decimetro, che conferiscono alle pareti l’aspetto di grandi alveari in pietra. La loro origine sembra sia dovuta a diversi fattori: da un lato la solubilità della roccia che è calcarea, dall’altro alla presenza nella roccia, già all’origine, di alveoli, cioè piccole cavità, che rappresentano superfici maggiormente attaccabili dai fattori esterni. Il vento porta dentro questi alveoli del materiale sabbioso che resta imprigionato e si muove con moti circolari, erodendo la roccia ed ampliando le cavità. Ma non è l’unico motivo. Pare infatti che dentro questi fori la presenza di umidità generi un microambiente che favorisce il proliferare di organismi come batteri ed alghe microscopiche i quali, rendendo più acido il substrato, ne favoriscono la dissoluzione. Questi fori, spesso comunicanti fra loro, hanno la profondità di pochi cm, oltre i quali la roccia è sana.

La presenza in gran parte dell’area di una superficie delle vette prova l’esistenza nel passato di una superficie d’erosione, debolmente inclinata verso S, e pressoché priva di depositi superficiali: nella cavità e nelle depressioni carsiche sviluppatesi subito al di sotto di essa mancano ciottoli di provenienza alloctona. Da quanto detto si può ipotizzare che essa costituisse un glacis di erosione. Poiché la superficie d’erosione rappresenta la più antica forma riconosciuta nella zona, e poiché è sicuramente di età posteriore al Serravalliano, il suo periodo di formazione può essere considerato come lo “Stadio 1″ dell’evoluzione postmiocenica.
Docce di erosione – Le docce di erosione (dette anche rinnenkarren) sono dei solchi larghi fino a 20 cm circa e lunghi anche svariati metri, abbastanza profondi e separati spesso da creste aguzze. Si generano su superfici molto inclinate per scorrimento dell’acqua con moto laminare ed hanno andamento rettilineo, mentre su superfici meno inclinate possono assumere un corso più tortuoso. Guardando verso le cime delle falesie si possono osservare sulle pareti rocciose numerosi solchi paralleli che sono, appunto, le docce di erosione.

Tale “suolo” è una evoluzione avvenuta nel paesaggio a cockpit e colline emisferiche della superficie sommitale dell’Altopiano e sui ripidi versanti dei bordi dell’altopiano;
La maggior parte delle macroforme carsiche degli altopiani si presentano attualmente come cockpits o relitti di cockpits, ma possono anche essere semplici doline trasformatesi, in seguito in cockpits. Prima di continuare è opportuno ricordare che è in atto, nel periodo, la Prima fase di sollevamento della zona di affioramento delle rocce carbonatiche. L’ Altopiano che ne è scaturito, lungo 10 km e largo più di 5 km, sul quale si sviluppa ben presto un carsismo superficiale con la genesi di depressioni chiuse.

L’altopiano è successivamente dissezionato da valli fluviali allogeniche, ma all’interno dei piccoli altopiani in cui viene suddiviso, i processi carsici continuano ad operare indisturbati, mancando quasi completamente un’idrografia superficiale anche durante i periodi più umidi: ciò è dimostrato dall’assenza di paleoalvei. All’interno degli altopiani, dove le depressioni non sono ancora state raggiunte dall’erosione rimontante, i cockpits e le altre macroforme carsiche continuano ad accrescersi tutt’ora: son ben evidenti i segni di corrosione marginale al bordo dei valloni, l’inghiottitoio centrale del cockpit è ancora attivo. Da quanto detto non è esatto identificare soltanto lo Stadio 2a con il periodo di sviluppo dei cockpits, che tuttavia si sono evoluti in particolare durante i periodi caldi, cioè nei periodi corrispondenti agli interglaciali alpini a cominciare, forse, dal Villafranchiano inferiore.

Questa morfologia è la conseguenza delle oscillazioni del livello marino del Quaternario causate dalle variazioni climatiche che hanno portato all’alternarsi di periodi glaciali ed interglaciali. Nel periodo glaciale abbassandosi il livello del mare, la linea di riva si spostava in avanti; in tal modo la foce dei torrenti si allontanava e le valli tendevano ad approfondirsi per erosione. Ciò però non è potuto accadere perché nel frattempo la valle si era prosciugata e il fenomeno erosivo si è interrotto, lasciando un brusco salto di pendenza.
Le vaschette di erosione- Si tratta di cavità non molto profonde di forma variabile da circolare ad ellittica ed allungata. Possono essere anche ramificate e la loro sezione mostra dei bordi verticali ed il fondo piatto. A volte si incrociano con dei canaletti che funzionano da immissari per l’acqua che scorre sulla superficie ed altri che la fanno uscire, quando eccede, funzionando così da emissari. Questi canaletti col tempo tendono ad approfondirsi ed arrivano a livello del fondo vaschetta, a questo punto l’acqua non ristagna più e si trasforma tutto in un unico canale.

Sul fondo di queste vaschette, che sono note anche col nome slavo di Kamenitze, si vanno a depositare polveri argillose, foglie ed altri resti vegetali che decomponendosi creano un habitat per piccoli organismi che riescono a sopravvivere anche nella stagione secca, grazie a questa umidità trattenuta. Tali vaschette si formano a partire da irregolarità della roccia come piccoli buchi o fratture, fessure dove l’acqua piovana leggermente acida riesce a sciogliere la roccia con più facilità. La roccia si scioglie con maggiore facilità dove arriva il pelo libero dell’acqua che, essendo a contatto diretto con l’atmosfera, è più ricco in anidride carbonica; ma il livello dell’acqua non è costante e tende a scendere nei periodi siccitosi e da ciò deriva la loro particolare conformazione.

Le terre rosse- La roccia calcarea non è mai purissima e presenta al suo interno una certa quantità di materiali come sabbie fini, argille, minerali ferrosi che non vengono sciolti dall’acqua e vanno ad accumularsi nelle grotte, nelle aree pianeggianti o depresse come le doline, provocando a volte una impermeabilizzazione del substrato. Capita così di vedere ad esempio in Val Ponci campi terrazzi alluvionali (che ospitano coltivi e soprattutto vigneti) che colpiscono per il suolo dal caratteristico colore rosso vivo: si tratta delle terre rosse residuali tipiche degli ambienti carsici. La tipica colorazione rossa è dovuta alla presenza di ossidi e idrossidi di ferro come la limonite e l’ematite. La terra rossa è molto fertile in quanto ricca di preziosi sali minerali e l’argilla, in essa contenuta, riesce a trattenere l’acqua piovana negli strati superficiali del terreno, rendendo così più produttivo il suolo che si presta a varie coltivazioni tra cui la vite.

Dai rilevamenti  della Carovana emerge, fra l’altro, che tra il 1850 e il 1975 i ghiacciai delle Alpi europee hanno perso circa la metà del loro volume; il 25% della restante quantità si è perso tra il 1975 e il 2000 e il 10-15% nei primi 5 anni del nostro secolo. Inoltre, secondo il catasto online del gruppo di ricerca GeoClimAlp, nel periodo 2000-2020 nelle Alpi Italiane ad una quota inferiore a 1500 metri di altezza si sono registrati 508 processi di instabilità naturale (frane, colate detritiche ed eventi di instabilità glaciale). I dati raccolti evidenziano una concentrazione di eventi in alcune regioni: Valle d’Aosta (42%), Piemonte (18%), Lombardia (16%) e Trentino Alto Adige (15%).

«Gli habitat di montagna, – spiega Bonardo -, subiscono molto prima e maggiormente rispetto ad altri luoghi gli effetti della crisi climatica, diventando un ambiente sempre più esposto alle sue conseguenze e più fragile. Per questo è fondamentale che si definiscano al più presto adeguate strategie e piani di adattamento al clima su scala regionale e locale, perché non si può perdere più altro tempo. Nel nostro Paese, particolarmente vulnerabile ai fenomeni di instabilità naturale, l’accelerazione del cambiamento climatico rende necessarie ulteriori misure di protezione e adattamento, precedute da moderne tecnologie di osservazione, per anticipare, monitorare e affrontare la sfida della tutela di ecosistemi complessi e altamente interconnessi, in condizioni di crescente squilibrio».

Alesben B.


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