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Gay-pride: non coming-out (in piazza) la keeping.in (camera da letto)


NON COMING-OUT (IN PIAZZA) MA KEEPING-IN (CAMERA DA LETTO). Nella stagione dei Gay-pride, occorre una riflessione su natura e cultura del sesso.

di Sergio Bevilacqua

L’identità sessuale è fraintesa col gioco dell’erotismo o meglio della cultura e, di suo, è quasi sempre transitoria.

La psicanalisi, spesso accusata superficialmente ed erroneamente di essere effetto di un delirio sessuofilico, è certamente la disciplina (mi scuseranno gli amici psicanalisti ma devo sbagliare un pò, semplificando…) che ha trattato maggiormente la materia sessuale e ne ha utilizzato i contenuti per un importantissimo ed epocale viaggio nell’Uomo.

Fin dall’inizio Freud riscontra l’ambivalenza umana, la presenza dell’inconscio, la sostanziale ingovernabilità logica e positivistica dell’essere, e la rinviene nella clinica, in particolare del piano sessuale, cioè non la inventa. I racconti che noi otteniamo nel corso dell’analisi dimostrano il parallelismo convergente, la comunanza tra il piano della manifestazione profonda del desiderio e quella del vario profilo soggettuale individuale.

Tra le grandi scoperte della psicanalisi c’è proprio questo versante dell’umano, che è stato correttamente denominato “semovenza del desiderio” (J. Lacan). Cioè, il nostro desiderio non è quello di una macchina: non ci basta la benzina e la manutenzione programmata, oggi potremmo essere una 500 e domani una Ferrari, poi per anni una Ferrari e, d’un tratto, un TIR. Quindi potremmo stabilizzarci per lustri come SUV, per poi diventare un cabriolet fino alla tomba, e tutto ciò, ovviamente, non senza dubbi amletici. Una cosa, però, ci rassicurerebbe: essere comunque un mezzo di trasporto…

E invece no. Diventiamo bestie feroci o miti pet d’appartamento, rottweiler, jackrussell e gatti soriani, poi pappagalli, leoni, tartarughe, elefanti, criceti e così avanti con tutta la possibile varietà analogica… E il tempo sembra dominare, imprevedibile come i terremoti, sull’estrema varietà di ciò che accade al nostro profilo sessuale. Stranamente, il sogno rimane invece al suo posto. Lì tutto può succedere, e nessuno si meraviglia di aver sognato cose strane, e si sorride… Mentre le voluzioni virtuosistiche più d’un Bolle del nostro desiderio in stato cosciente ci preoccupano e mettono in difficoltà. Allora, chi siamo? Il sereno surrealismo onirico o il contrastato realismo aleatorio?

Ovviamente, tutto questo sul piano puramente logico, perché la variazione media è meno esagerata di quanto sembra e, in generale, si risolve sempre con un piccolo sacrificio, a spese del resto o della ragione: decidiamo di essere A oppure B, e questo viene registrato dai nostri conoscenti, che a quel punto ci tratteranno da A o da B, come per essi alla faccia della intrinseca variabilità, grande o piccola che sia, e che in fin dei conti non li riguarda perché agisce in un ambito riservato. È lì, sulla soglia del nostro privato, la porta della nostra camera da letto che, adulti e consenzienti, troviamo con il/la nostro/a partner gli equilibri della nostra personalità erotica, e lì non c’è giudice terreno, possiamo essere come vogliamo, d’accordo con l’altro/a.

Infatti, come il sogno è il sogno, e quando sogniamo non siamo sociali, non esiste nessun tribunale altrui, implicito o esplicito a chiederci rispetto delle norme e convenzioni se chiudiamo gli occhi nel sonno o la porta della nostra camera da letto. A differenza della vita sociale, ove i tribunali ci sono e sono numerosi, formali e informali. Quali, ad esempio?

II primo, l’anagrafe. M o F? Grande nemico di certo transessualismo… Ma è vero, e non solo perché sempre utilizzato come discriminante della varietà umana, evidente quasi sempre nelle forme fisiche e negli attributi sessuali organici, ma anche come polo psicocomportamentale di attrazione del soggettuale individuale. Si può misurare in qualche modo la distanza di ciascuno rispetto al prototipo di M o F. Ma una classificazione è necessaria, e segue alcuni fatti di evidenza primaria, con una quantità sistemica di ricadute. Si deve comunque sapere che si sta facendo un’operazione non zero/uno, e transitoria per principio, anche se la risoluzione dell’equazione porta più dei 9/10 a una sufficiente, accettabile corrispondenza a M o F.

Notiamo anche, però, che innestando condizioni culturali ed empiriche, il mutamento di posizione nell’asse M-F è più o meno elevato. Bombardamenti semiologici di ambiguità o soggezione ad esperienze edonistiche variegate, spostano il posizionamento sul delicato asse. Niente di grave, di solito. Lievi incidenti alla carrozzeria, che vengono prevalentemente dall’esterno; ma anche l’interno fa la sua parte, con la partita a scacchi interiore del nostro Super-io con l’anarchico Es, che spesso lo induce a ordinare azioni chirurgiche, amputazioni condotte dal povero Io, che non può altro che obbedire e, senza aiuto esterno, soccombere più o meno gloriosamente allo scontro tra i due colossi del profondo.

Dunque, la varietà del desiderio è natura. Ma altrettanto natura è la sua aleatorietà, da minima a massima. E con grandi differenze tra il maschile genetico e il femminile genetico. Al netto dell’effetto culturale e della conseguente pressione empirica, la solidità referenziale di M e F, quelli della Genesi, sarebbe anche oggi piuttosto solida.

Bianco/nero, si/no, M/F è certamente un modus tipicamente maschile, ormonal-minimalistico di porre la questione ma anche spesso opportuno e certamente tipico di un modello di gestione sociale e societaria tout-court, ancorché storico patriarcale. Le sfumature, il forse, il prevalere dell’elemento erotico-affettivo è invece il femminile, e l’approccio muliebre al patriarcato.

E invece il matriarcato? In ambito dioico, cioè in compresenza di M e F, il problema di fare funzionare M, con tutti i suoi problemi d’identità, in una società matriarcale è molto grave. Mutatis mutandis, invece, la donna non è portata a fare troppe distinzioni sessuali, di costume erotico: è concreta, nell’amore, e considera il sesso un fatto intimo e creativo, che deve raggiungere obiettivi di piacere e fusione, sincroni con la più importante delle fusioni, quella genetica e riproduttiva. E questo avverrebbe anche in una società di sole donne, possibile alla luce delle nuove tecniche riproduttive…

Ecco la vera rivoluzione, la vera mutazione dell’umanità: il passaggio da dioica a monoica.

Agire la differenza sessuale in piazza anziché nel segreto dell’alcova è certamente quanto di più sconvolgente si possa attuare nell’umanità dioica. Perché non ha risoluzione, qualunque risultato di effimera felicità viene distrutto dal nostro cambiamento di stato. Ma sortisce l’effetto di distruggere il dioico. E, dunque, va evitato.

Sergio Bevilacqua


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