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Liguria e Basso Piemonte

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Toti vuole ‘inceneritore’ in Liguria? Allarme dei ‘Verdi’ nel savonese. Differenze tra ‘economia lineare e circolare’. I dati


Toti vuole un “inceneritore” per la Liguria; allarme nel savonese. La differenza tra “economia lineare” ed “economia circolare”.

di Loredana Gallo – Roberto Delfino – Gabriello Castellazzi*

Si è appena celebrata, il 5 giugno scorso, la “Giornata Mondiale dell’Ambiente”. Sono passati cinquant’anni dalla sua istituzione, voluta dalle nazioni Unite nel 1972  per ricordare la prima  “Conferenza sull’Ambiente” svoltasi in quell’anno a Stoccolma.

Oggi è più che mai necessario tutelare l’ecosistema globale, sensibilizzare tutti ad una maggiore presa di coscienza riuscendo a far qualcosa di concreto per il nostro pianeta. In questo contesto quali sono le proposte politiche intorno quali oggi si dibatte in Liguria, per far fronte all’emergenza climatica? Due proposte interessano direttamente la provincia di Savona.

L’Assessore regionale Marco Scaiola invoca il potenziamento dei trasporti su gomma tra la Liguria e  Piemonte ( bretella Borghetto-Carcare-Predosa) in alternativa all’ ecologica ferrovia. Un progetto che, se realizzato, distruggerebbe l’entroterra del Finalese.

Il Presidente Toti  rilancia addirittura la proposta di un “inceneritore” o “termovalorizzatore” invece di progetti più avanzati di raccolta differenziata con  riciclo dei rifiuti urbani(via maestra per fermare il consumo delle ultime risorse vitali del pianeta).

La presa di posizione di Toti sta ovviamente creando allarme nel savonese perchè altre “voci”  indicherebbero la Val Bormida quale sito destinato ad ospitare l’impianto.

Analizziamo brevemente questo secondo problema:

Gli ultimi dati ufficiali dimostrano come in Liguria siano ancora scarsi i risultati nella raccolta differenziata dei RSU (Rifiuti Solidi Urbani) e le conseguenti difficoltà per il loro corretto smaltimento:  nel 2020 la media regionale era del 53,46% , in provincia di Savona il 62,43% (in Emilia Romagna alla stessa data il 72,5%).

Tenuto conto che ben 26 Comuni liguri riescono a superare l’ 80% è evidente come una diversa organizzazione porterebbe a risultati migliori. La Giunta Toti per risolvere il problema indica una strada sbagliata, non più seguita da chi vuol governare in una logica di vera tutela dell’ambiente:

Gli “inceneritori” sono intimamente legata all’ “economia lineare” basata sul sistema: sfruttamento delle risorse naturali –  produzione dei beni di consumo – smaltimento dei rifiuti in qualsiasi modo ( combustione anche per produrre energia elettrica, discariche,ecc.) dopo una scarsa raccolta differenziata ( se la raccolta è ben organizzata manca poi il materiale per rendere economicamente sostenibile l’impianto di incenerimento che ne richiede almeno 100.000 tonn/anno). Le  conseguenze sono evidenti: inquinamento dei terreni con veleni di ogni genere, riscaldamento dell’ atmosfera per l’effetto serra provocato dalla CO2.

L’ “incenerimento” è irrazionale e in netto contrasto con la moderna “economia circolare”, la quale punta invece sull’utilizzo corretto dei beni naturali (vegetali e minerali). Il recupero- riciclo evita il saccheggio del territorio e trasforma i cosiddetti “rifiuti” in risorse nel contesto di uno sviluppo sostenibile globale.

Solo chi non riesce a competere con decenni di “cultura economica lineare” invoca, in alternativa, l’incenerimento come soluzione auspicabile. E’ necessario invece un nuovo piano di prevenzione capace di ridurre la produzione degli scarti, rendendo insensata la richiesta di nuovi “inceneritori” (o “termovalorizzatori” – quando c’è recupero di energia) nel rispetto delle nuove direttive italiane e dell’ Unione Europea.

L’ art. 1 della Legge 3 sett, 2020 n°116 relativa al “trattamento di imballaggi e rifiuti”dice in modo chiaro:  “è necessario evitare o ridurre la produzione di rifiuti, questo è fondamentale per il passaggio ad una “economia circolare”.  Aggiungendo successivamente: “si deve rafforzare la prevenzione, il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti”.

Partendo dal “Next Generation Fund” si indica la prevenzione come uno degli obiettivi cui devono tendere tutti i produttori di beni di consumo, nell’ambito del “Programma Nazionale dei Rifiuti”,  sostenendo l’uso di prodotti durevoli e annullando l’obsolescenza programmata.

La stessa legge indica inoltre le misure necessarie a “premiare il conferimento a sistemi di raccolta differenziata mediante incentivi economici, garantendo i servizi anche nelle zone svantaggiate” e riserva  “particolare attenzione alla riduzione dei rifiuti alimentari, prevenendo gli sprechi e incoraggiando  la donazione delle eccedenze”.

In conclusione,  le “discariche”e gli “inceneritori” non saranno mai la soluzione dei problemi ambientale. L’Italia paga già multe salate per l’inquinamento prodotto dalle “discariche” a cielo aperto.

La Commissione Europea ha più volte ribadito che “i finanziamenti della UE sono destinati prioritariamente alla prevenzione, al riutilizzo, alla raccolta differenziata e al riciclaggio dei rifiuti” e “gli impianti che bruciano rifiuti per produrrer energia sono esclusi dalla tassonomia della finanza UE (Regolamento 2020/852)”. E’ quindi evidente come la costruzione di nuovi “inceneritori” non possa usufruire di finanziamenti comunitari.

Secondo dati ufficiali in Italia ci sono già 37 inceneritori che nel 2020 hanno trattato 2,8 milioni di tonn. di RSU (il 74,5% al Nord) e le discariche attive(comunque inquinanti perchè contengono anche le scorie residue portate dagli inceneritori) sono 383 per lo smaltimento di 20 milioni di tonn. di rifiuti.

Secondo la “Corte di Giustizia Europea” (sezione 8 – 11 nov. 2021, C -315/20) “la gestione dei rifiuti urbani indifferenziati, in base alla direttiva comunitaria, deve rispettare i principi di autosufficienza e di prossimità, i quali impongono di trattarli nell’impianto più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti, per limitarne al massimo il trasporto, quindi non possono essere inviati all’estero”.

Ora analizziamo in particolare come vengono trattati due prodotti su cui molto si discute: plastica e carta: Il 40,5% della produzione di plastica in Europa è destinata agli imballaggi e pochissime aziende si impegnano a vendere prodotti sfusi o in imballaggi riciclabili.

L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha confermato che nel 2020 in Italia, su circa 3,7 milioni di tonn. di rifiuti di plastica, neanche 1,6 milioni di tonn. sono stati differenziati e dal riciclo sono state avviate solo 620.000 tonn. E’ veramente preoccupante la quantità di questa materia dispersa nell’ambiente, o bruciata (anche negli “inceneritori”), con tutti i danni che provoca.

Riguardo alla carta. si scopre che nel 2020 ne sono state recuperate 3,5 milioni di tonn. (22.000 tonn. in meno rispetto al 2019) e il  riciclo attuale è del 75%. Il suo recupero è strategico, infatti per produrre una tonnellata di carta riciclata si risparmiano 400.000 litri d’acqua e 5.000 KWh di energia, rispetto alla stessa quantità di carta prodotta ex-novo (e si evita il disboscamento).

Molti anni sono passati dal “Decreto Ronchi” del 5 febbraio 1997 , che indicava la “raccolta differenziata” come “indicatore di valore civico” ( Ronchi, della “Federazione dei Verdi italiani”, era Ministro dell’Ambiente).

In conclusione parliamo dell’argomento (citato continuamente) a favore dell’incenerimento dei rifiuti:“Anche nelle città più moderne funzionano “inceneritori” e “termovalorizzatori”. Ovunque, dove aumenti la raccolta differenziata, i “termovalorizzatori” vengono sostituiti con impianti che producono elettricità da “fonti rinnovabili” per rispettare l’ “Accordo di Parigi”sui cambiamenti climatici (sottoscritto nel 2015 da 195 Paesi e giuridicamente vincolante).

Anche gli impianti più moderni producono una quantità ineliminabile di scorie tossiche e tutti gli “inceneritori”, in seguito alla combustione, producono sostanze chimiche: PCDD (paraclorodibenzodiossine), PCDF (paraclorodibenzofurani) e, secondo l’associazione “Medici per l’Ambiente” affiliata ISDE (International Societyof Doctor for the Environment): “l’incenerimento dei rifiuti ne riduce solo il volume, trasforma materiali relativamente inerti in rifiuti altamente tossici; nelle popolazioni esposte alle emissioni di inquinanti sono stati segnalati numerosi effetti avversi sulla salute (neoplasie, malformazioni, patologie polmonari, ecc.) e la  relazione conclude dicendo “come sia già troppo lunga la lista delle lezioni apprese in ritardo da pericoli conosciuti in anticipo e non è proprio il caso di aggiungervi  i guai che inevitabilmente deriveranno dall’incenerimento dei rifiuti”.

Loredana Gallo – Roberto Delfino – Gabriello Castellazzi

( “Europa Verde” – Verdi del savonese)

 


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