Alassio, ben 7 toponomi riguardano ‘fontane’ fra di esse una medicinale, non localizzabile oggi, ma citata in documenti del 1539 e da uno studio del prof. mitico Nino Lamboglia. A Laigueglia la ‘Fontana del lupo’. La baia di Alassio non è idrograficamente favorita (vedi necessità di pozzi ad Albenga pur con qualche realtà taciuta), tuttavia le sorgenti abbastanza numerose con alvei e corsi d’acqua sotterranei. E leggi la sapiente richiesta dei balneari alassini: ‘ridateci la posidonia’.
Nei giorni in cui anche in Liguria e nel ponente è scattato l’allarme siccità, in qualche Comune si parla già di razionamento e nelle campagne si teme il peggio se dovesse continuare a non cadere pioggia a sufficienza. Eppure ogni cittadina ha la sua storia di idrografia che la maggioranza degli abitanti ignora, poco si parla e quasi nulla si scrive. (vedi oltre).
E ancora, da citare, due interessanti articoli pubblicati in tempi diversi dal Secolo XIX edizione Savona e nazionale. Si è letto della richiesta dei balneari alassini (ma dovrebbe essere un coro generale di cultura ambientale marina in ogni località che si affaccia sul mare) a proposito di ripascimento ed ‘investimenti’ pubblici. Ebbene si invoca anche il recupero, come arma di difesa, della posidonia. Serve una piantumazione di fronte alla costa. Posidonia che in anni passati era rigogliosa ed è andata persa soprattutto a causa delle ‘reti di pesca a strascico’.
A questo proposito trucioli.it ha pubblicato già alcuni capitoli del libro ‘Granelli di sabbia’ dell’ing. Enzo Pranzini che insegna Dinamica e difesa dei litorali all’Università di Firenze ed autore di oltre 300 pubblicazioni e che fa parte di team di studiosi e progettisti impegnati nella difesa della costa ponentina. Ebbene pur non essendo un biologo, ma certamente chi della materia ha titoli per giudicare, abbiamo chiesto un suo commento sulla richiesta dei balneari alassini. Osserva Prandini: “Il progetto è valido e monitorare l’estensione e lo stato delle praterie di posidonia è fondamentale per capire come si evolve l’ambiente marino, sia a seguito del nostro impatto, sia per gli interventi di riqualificazione che portiamo avanti. La possibilità di mappare con grande dettaglio e su ampie superfici, e con elevata frequenza, è l’unico modo per tenere sotto controllo questo ecosistema. La posidonia, oltre che stoccare la CO2, ha infinite funzioni ecosistemiche e la sua corretta gestione sarebbe indispensabile anche se non vi fossero protocolli internazionali che obbligano alla sua tutela. Importante è non danneggiarla, perchè la sua ripiantumazione non è così semplice come potrebbe apparire. Da geomorfologo posso solo dire che, oltre che limitare la perdita di sabbia verso il largo, che comunque è una causa minore dell’erosione costiera, la prateria di posidonia oceanica è una eccezionale fabbrica di sedimenti. In molte spiagge vi è una significativa percentuale di granelli che in realtà sono frammenti di gusci e scheletri di organismi marini che vivono sulle praterie di posidonia. Un caso ci sorprese in modo particolare: studiavamo la spiaggia della Pelosa, a Stintino, che passa per essere una delle più belle spiagge del Mediterraneo, con la sua sabbia bianca che contrasta con un mare turchese. Essendo questa parte della Sardegna costituita in buona parte di granito, pensavamo che fosse tutta sabbia di quarzo, ma scoprimmo che era costituita in prevalenza da granuli bioclastici!”.
Nel libro di Piero Scotti “Alassio Baia del Sole’, edito nel 1967, e di cui sono rimaste pochissime copie in mano a privati, si legge che “nonostante le scarse precipitazioni si ha un numero notevole di sorgenti. Si può dire che ogni villa o gruppo di cae della conca alassina ha la sua sorgente; nella piccola conca di laigueglia essere sono numerose, però esistono parecchi fossati (rii) ed è nota una sorgente di acque minerali presso Capo Mele, detta Fonte del Faro”.
Si citano alcuni pozzi ad Alassio che danno acqua potabile ottima, taluni invece inquinati ma ciò dipende dalla cattiva costruzione o dal fatto che non viene osservata la norma igienica di tenerli distanti da cause di inquinamento. “In generale si ottiene acqua con trivellazioni di 5-8 metri”.
Si citano tre pozzi in costruzione nella regione ‘Ponte di Moglio‘, uno a 15 metri di profondità. E ancora: “E’ ovvio che il rimboschimento della rada, oggi miseramente spoglia, CONTRIBUIREBBE ALL’INCREMENTO IDRICO DELLA REGIONE.
Si cita l’acquedotto alimentato dalle sorgenti Allegrezze di Caprauna (CN). Il percorsdo di 30 km. L’erogazione giornaliera di 4 mila mc. E nelle stagione estiva altri mille ottenuti con acqua di sollevamento, mediante cinque pozzi tubolari situati ad Albenga in regione Cavallo. Attualmente a Laigueglia si stanno facendo ricerche per ottenere acqua mediante trivellazioni locali perché l’acqua fornita dall’acquedotto alassino è insufficiente.”
E’ interessante comunque leggere il capitolo del libro.