Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Rixi? Rischi, fischi e fiaschi, in arrivo col treno a monte. Qualche utile domandina. E a proposito di espropri dei terreni e di equità sociale


Rixi dixit. La linea è ferma, ben tracciata. Con piglio e cipiglio, ma ci piglia? L’articolo (Riviera 24) su Claudio Burlando ed il giallo della cartina con la falsa ed ingannevole omissione del tratto a doppio binario già esistente. Errore o volontaria mistificazione?

di Filippo Maffeo

Con frasi secche e stentore, Rixi proclama: “Sono stati approvati due punti fondamentali per il futuro della Liguria e del Nord Ovest del Paese in generale – dichiara -. Due punti imprescindibili per la Lega………
il finanziamento necessario a terminare il raddoppio ferroviario verso Ventimiglia consente un transito superiore con la Francia a uomini e merci,……. un’opportunità per le nostre aziende di avvicinarsi ai mercati più competitiv
i“.

Edoardo Rixi ha tratti risorgimentali. Mi ricorda, anche per l’assonanza, Bixio. Gerolamo, detto Nino, Bixio.

Rixi, sguardo duro, piglio deciso, un’inclinazione militaresca ed una parziale ed incompiuta formazione militare alle spalle, perché superò le prove per l’accesso all’Accademia militare di Modena (Esercito), dalla quale, peraltro, uscì congedandosi qualche tempo prima del giuramento. Guida con determinazione la Lega in Liguria, come colonnello fiduciario di Salvini, il Capitano leghista, lumbard e nazionale.

Un colonnello alle dipendenze di un capitano; non deve stupire. Si sa, in politica i gradi vengono conferiti al contrario. Con l’incremento del potere i gradi ordinari scendono. Mussolini rivestiva il grado di primo Caporale d’onore della Milizia. Lo stesso avveniva quando la gerarchia militare si incrociava col potere politico; “Sua eccellenzaPietro Badoglio (nato a Grazzano Monferrato nel 1871, morto a Grazzano Badoglio nel 1956. Lo stesso Comune ma con nome diverso, perché, nel 1938, Badoglio all’apice del potere, Grazzano aveva assunto altro nome, mediante la sostituzione di Monferrrato con Badoglio.

Badoglio, plurititolato, duca di Addis Abeba, marchese del Sabotino, Generale e capo di Stato Maggiore centrale del Regio esercito, senatore “indipendente”, primo ministro dal luglio 1943 al giugno 44, era, anche e soprattutto, Maresciallo d’Italia.

Rixi, si diceva. Piglio volitivo, deciso, militare, come Bixio. Si intravvede, nelle foto, una certa somiglianza fisica; simile anche la determinazione e la costanza. Analogo linguaggio asciutto, diretto, senza fronzoli e paragonabile appropriatezza lessicale (si legga l’ultimatum scritto da Bixio per la resa di Civitavecchia), oltre l’inflessione dialettale, scontata, per la comune genovesità. La cadenza di Rixi è marcata. Quella di Bixio possiamo solo presumerla. Simile anche il naso, affilato.

Per il resto tra i due, almeno finora, ovviamente, un abisso.

E non solo per la partecipazione di Bixio all’ impresa gloriosa dei Mille e per le avventure in tutti i mari del mondo e per l’adesione alla Giovane Italia e per la frequentazione con Mazzini e per la partecipazione alla prima, alla seconda ed anche alla terza guerra d’indipendenza italiana, sempre col grado di ufficiale superiore e poi generale , come a Quarto, Marsala o a Bronte (mandato da Garibaldi e dove onorò -e non disonorò come taluno vorrebbe far credere- la camicia rossa garibaldina).

Bixio, il classico militare d’antan, tutto d’un pezzo, inflessibile, duro ma fedele, puro, leale, col senso dell’onore. Era quello che attaccava e caricava a cavallo, con la sciabola sguainata, con intenzioni al limite anche omicide e costringeva alla fuga ignominiosa, il vile contadinotto locale, che, al grido di “uccidete l’infame” infieriva sui borbonici sconfitti che gemivano a terra feriti. Era quello che rinunciava al posto ed al comando presente e futuro, pur di non guidare una nave negriera.

Bixio ebbe una vita spericolata, a tutti gli effetti. Con la divisa ed in borghese. Senza pause e senza limiti, sin dall’adolescenza (orfano della madre a 9 anni) e dal primo imbarco “coatto” come mozzo a 13 anni nel brigantino Oreste e Pilade, dopo essere stato espulso più volte dalla scuola. Guadagnò il nomignolo di Nino e tornò dopo tre anni, ma la porta di casa, a Castelletto, per opera della matrigna, che tiranneggiava sul padre, direttore della Zecca di Genova, restò sbarrata. Fuori, senza tetto o cibo. Una vita spericolata. Fuori dagli schemi, eppur condita di ordine e disciplina. Come la convivenza “avuncola” con la bellissima nipote (per parte di sorella), Adelaide Parodi; relazione che riusci a coronare col matrimonio previa dispensa papale, dopo undici anni. Un carattere tenace, difficile, indomito e una vita tutta da raccontare. A terra come comandante militare e sul mare come comandante marittimo civile. Ferito in battaglia innumerevoli volte, in quasi tutte le parti del corpo. Litigò, nostromo, furiosamente col comandante della nave e fu da lui messo, con due compagni, in una scialuppa, che poi naufragò nei mari della Malesia; scampato agli squali, con un compagno sbranato e l’altro impazzito per la paura raggiunse fortunosamente la terra; fu accolto dai locali, ma rifiutò di sposare una regina indigena, che di lui si era invaghita; per il diniego ( non a caso le Erinni, tre, son donne) fu preso come schiavo col compagno impazzito e con lui venduto; ricomprati, entrambi, dallo stesso comandante quacchero, Baxter, che li aveva mollati in mare sulla scialuppa.

Pochi anni prima, in Brasile, Bixio aveva rifiutato il comando di una nave, trasformata inopinatamente da mercantile in negriera; perse, ovviamente, l’imbarco, sapendo che con quella scelta perdeva ogni possibilità di comando anche di altre navi semplicemente mercantili. Senatore del Regno, Destra Storica, partito d’azione. Massone. Mori a soli 52 anni, per colera, nell’isola di Sumatra, (indonesia) mentre cercava di imbastire una linea di traffico marittimo con l’Oriente. La sua tomba fu profanata da tre indigeni, e la salma trafugata. Due dei profanatori furono infettati dal colera.; il terzo consentì il recupero del cadavere. Per raccontare la vita di Bixio, davvero affascinante ed ammirevole,  uno dei maggiori protagonisti del nostro Risorgimento, mille compagni d’armi, mille avventure, mille traffici, non basterebbe la carta ricavato dalle travi necessarie per un tetto di cattedrale; sono certamente insufficienti questi pochi trucioli.it.

Ed il parallelo con Rixi può essere qui concluso. Torniamo, quindi, dopo la divagazione storica-emotiva, al nostro coevo deputato, simile nel fisico e quasi omonimo dell’eroe garibaldino.

E’ sicuro, deciso, imperioso Rixi. Con il raddoppio dei binari sulla tratta, sostiene, avremo opportunità di crescita, in termini di transito di persone e merci. Col raddoppio. Certo. O forse. O probabilmente.

Maggior volume di traffico col raddoppio, ammettiamo. Ma non necessariamente con e per il raddoppio progettato ed in via di realizzazione. Un raddoppio, quello progettato, imminente ed immanente. Imminente perché prossimo. Immanente perché viene presentato quasi come connaturato, coessenziale con lo spostamento a monte.

Falso. Ma non è così. Il raddoppio dei binari non postula, necessariamente, sempre ed ovunque, lo spostamento a monte della tratta. Il raddoppio in sede preclude forse l’aumento dei traffici? Il mantenimento dei doppi binari, in particolare e soprattutto, laddove già esistenti, perché mai dovrebbe essere un ostacolo e non costituire, invece un risparmio di risorse economiche e di territorio?

Il punto è proprio questo. Il risparmio di risorse e la maggior tutela del territorio, che vengono trascurati. Si pone l’accento sul raddoppio dei binari e si passa, quasi di default, come effetto collaterale ineludibile, fatale, allo spostamento a monte e allo sconvolgimento della piana d’Albenga.

Raddoppio dei binari e spostamento a monte a monte della tratta non sono inseparabili, legati come gemelli siamesi. Addirittura sembra quasi che, talvolta, si voglia accreditare e rendere diffusa la convinzione che tutto il tratto oggetto di raddoppio e spostamento a monte, sia, ora, a binario unico.

No non voglio accusare Rixi di colpe che evidentemente non ha. Ricordo, però, che Riviera 24 pubblicava on line un articolo (di Sergio Bagnoli, 24 Gennaio 2011 ore 12:06) con un elaborato grafico che indicava il tracciato attuale e di quello progettato per il raddoppio. Era il 2011.

Ecco la piantina, la mappa progettuale:


Come si vede seguendo la legenda il tracciato tra Albenga a Borghetto, quello ora (ed allora) esistente, viene indicato come “linea a semplice binario“. Dizione tecnica, grafica tecnica, non certo riferibile al cronista locale. Chi faceva circolare e perché quella piantina? Chi voleva occultare il tracciato a doppio binario già in esercizio tra Albenga e Borghetto (rectius fino alla stazione di Loano)? E perché? All’epoca, era il 2011, il “governatore” della Liguria era Claudio Burlando e l’articolo venne scritto per diffondere la notizia che: “Burlando saluta positivamente la decisione francese di rinnovo linea ferroviaria Costa Azzurra. Secondo il Governatore ligure in caso di abbandono del progetto Tav in Val di Susa, il Corridoio europeo numero cinque potrebbe passare da Ventimiglia- Genova- Milano.

Il governatore perorava la nuova tratta Andora- Finale, col raddoppio non in sede e, addirittura, proponeva la nostra linea ferroviaria costiera come alternativa alla Tav Torino Lione, in caso di abbandono (Temuto? Auspicato?) Non troppi anni prima era stato ministro per i trasporti (dal 1996 al 1998). Ingegnere, assessore ai trasporti nel Comune di Genova dal 1983 al 1985, Burlando, nel 2011, leggendo, come è prevedibile, quell’articolo, conoscendo, come è prevedibile, quella planimetria allegata, non sapeva che nella piana di Albenga c’era già il doppio binario e che quella planimetria era errata, in parte.

E chi fornì al giornalista la planimetria errata? Chi tracciò, in sede tecnica, quella planimetria? Nuova tratta a doppio binario. Vecchia tratta, tutta, a binario semplice. Chi è responsabile di questo errore o di questo espediente “truffaldino”, che impediva, all’epoca, di opporsi semplicemente, in sede centrale, (romana o genovese o anche savonese), mettendo in evidenza l’esistenza in parte del doppio binario? Quanti, fuori da Albenga ( e forse anche in Albenga) sapevano (e sanno) dei doppi binari nella piana? E da Albenga sino a dove? Borghetto? Loano? Chi sa risponda, subito, senza “googlare“.

Ritorniamo al nostro Rixi, che intravede l’incremento del trasporto di merci e di persone? Gli vorremmo chiedere, ma, sapendo di non essere degni di ascolto, ci chiediamo: Rixi ed i “decisori” decisi e sicuri come lui sanno se e che cosa viene trasportato, nella Liguria di Ponente, su ferro? Sanno se i prodotti floricoli ed agricoli, i pochi rimasti, viaggiano su gomma o su ferro? Di quali merci parlano? E, soprattutto, di quali merci che non potrebbero essere trasportate con il raddoppio in sede o, almeno, conservando i doppi binari, là dove già esistono. E, con riferimento ai viaggiatori, a chi pensano? A quelli che vanno da Milano a Mentone o Cannes o Cagnes sur Mer o Antibes? O a quelli che viaggiano sulle tratte intermedie, tra Savona e Ventimiglia. E sanno che nelle stazioni di Imperia, Santo Stefano etc, il traffico passeggeri è sceso negli ultimi anni del 30-35 per cento? E quanti passeggeri in più ci sarebbero, non ugualmente assicurati dal semplice raddoppio in sede o dal raddoppio soltanto dove la tratta è a binario semplice?

Infine, sanno Rixi e Raffaella Paita e Burlando -e gli amministratori vari- che cosa avverrà delle stazioni abbandonate? La proprietà resterà alle ferrovie, come è già avvenuto nell’imperiese? E se fosse così perché il consigliere delegato ingauno Munì ed altri con lui si preoccupano di organizzare incontri con la popolazione sull’uso futuro dei locali della stazione? O il Comune di Albenga pensa di comprare? Ne ha davvero bisogno? Ha le risorse? E se, per converso, come sembra più probabile, spera nella munificenza delle Ferrovie, ha ricevuto già garanzie oppure, ipotesi più probabile, vive di illusioni?

Forse sarebbe meglio pensare agli indennizzi da corrispondere agli espropriandi, che non devono corrispondere al prezzo di mercato delle aree cedute. No! Devono anche coincidere col minor valore generale, a prezzi di mercato, della proprietà intaccata con gli espropri anche parziali, come verosimilmente avverrà nella maggior parte dei casi. Oppure le Ferrovie comprino, per intero ed al prezzo di mercato, i fondi coinvolti comunque in espropri, facendo l’uso che reputano per loro più conveniente delle aree residue non utilizzate per la realizzazione dell’opera.

L’onere deve ricadere, per intero, su tutti i cittadini, sulla comunità nazionale e non solo su coloro che, sventuratamente, si son trovati i propri terreni compresi nel “disegnino”dei binari fatto da altri. E’ l’ ABC dell’equità sociale. Si fa un’opera pubblica e la pagano tutti, non solo gli espropriati, come purtroppo avviene da tempo. Davvero i fondi fertili di Bastia d’Albenga devono essere espropriati e distrutti? Hanno già provato i “governanti”, Rixi, Paita etc. a dirlo agli sventurati proprietari, guardandoli negli occhi? Oppure, come si mormora fondatamente, hanno preferito, con fare tartufesco restare silenti e giungere alle battute finali, per metterli con le spalle al muro, gratificandoli, a cose ormai fatte, con la labile promessa di “indennizzi adeguati”?

Per concludere: la ferrovia è entrata e può tranquillamente restare nel nostro paesaggio urbano. Le stazioni devono restare nel centro abitato. Il treno è un mezzo di trasporto amico, da usare il più possibile, perché è sicuro e riduce i consumi e l’inquinamento. Il treno non è più il mostro sbuffante e sferragliante di un tempo. Non evoca più “il sonno sussultante nei vagoni, i dolori di capo, le ossa rotte, l’indolenzimento dei risvegli in quella scatola rotolante, la pelle grassa, la polvere di carbone che ti si posa sulle ciglia, sui capelli, l’odore del carbone che ti riempe, gli orrendi pasti in mezzo agli spifferi del buffet”, che descriveva Guy de Maupassant, che pur incontrava, nella tratta Marsigliia Genova, sul vagone, una delle sorelle Rondoli, Francesca; quella che passa dall’iniziale e scontroso “che mi fa”mica“, ad un “mica” molto cordiale, mentre accetta un buon gotto di vino italiano. E ad un amichevole “a me non piacciono né le ciliegie né le susine; amo soltanto le fragole”, che subito dopo divora attingerle dal giornale che premurosamente le offre Guy, pieno, appunto, di fragole di bosco. “Cominciò subito a mangiarle – annota Guypigliandole con la punta delle dita e tirandosele in bocca da una certa distanza; apriva la bocca, per riceverle, in modo civettuolo e seducente“.

Il treno, allora ed ora, agevola le relazioni umane. Diversamente da allora, in più, è diventato un mezzo di trasporto comodo, silenzioso pulito, rapido. Il treno, ai tempi di Maupassant, in Riviera, era anche altro. Era Il mezzo per bearsi del paesaggio durante lo spostamento. Bellezza dei luoghi da ammirare viaggiando in treno: lo stesso motivo per il quale viene riproposta la linea Ventimiglia-Limone.

Vale la pena di riportare il tratteggio mirabile dei luoghi fatto all’epoca (seconda metà dell’ottocento) da Maupassant. Scopriremo quel che abbiamo già perso e quel che rischiamo di perdere ulteriormente.

Oltrepassammo Frejus, Saint Raphael: il treno correva attraverso quel giardino, quel paradiso delle rose, quei boschi d’aranci e limoni in fiore che portano insieme le bianche zagare e i frutti dorati, attraverso quel regno dei profumi, patria dei fiori: la meravigliosa riviera che si stende tra Marsiglia e Genova. Bisogna percorrerla di giugno questa costa sulla quale crescono, liberi e selvaggi, nelle strette vallicelle, sui pendii delle colline, i fiori più belli. E continuamente si vedono rose: campi, distese, siepi e boschetti di rose. S’arrampicano sui muri, sbocciano sui tetti, salgono sugli alberi, esplodono in mezzo alle foglie: bianche, rosse, gialle, piccole e grandissime, esili, con un vestito umile e semplice, oppure carnose, abbigliate pesantemente e splendidamente. Il loro respiro possente e continuo rende l’aria più densa, saporosa ed illaguidente. Quel profumo ancor più penetrante dei fiori d’arancio, raddolcisce l’aria ed è una festa per l’odorato. La gran costa di rocce brune si distende, bagnata dall’immobile Mediterrraneo. Il pesante sole estivo si riversa in pioggia infuocata sulle montagne, sulle lunghe spiagge, sul mare d’un color turchino intenso e come solido. Il treno corre sempre, penetra nelle gallerie per traversare i promontori, striscia sulle ondulazioni delle colline, passa sull’acqua, su ripide scarpate; ed un dolce vago odore salso di alghe secche, si mischia a tratti al forte e sconvolgente odore dei fiori.” (Traduzione dal francese. Guy de Maupassant; Contes et nouvelles; Les soeurs Rondoli).

Che cosa è rimasto di tutto questo? Molto ad ovest del Trofeo di Augusto (Tropeaum Alpium,6 D.C.) a La Turbie (dove per Dante cominciava l’Italia), verso la terra di Francia. Molto, molto meno ad est, verso l’Italia. Se Guy rifacesse oggi il viaggio stenterebbe a riconoscere i luoghi, da Ventimiglia in poi. Un tuffo ininterrotto nel buio dei tunnel, ora. Fiori, valli, mare pressocché invisibili, ora. In compenso qualcuno troverebbe il coraggio, sfrontato, di decantare la bellezza della “ciclovia tirrenica“. Se vuoi guardare il panoroma, Guy, scendi dal treno, lascia Francesca e le sue fragole, prendi la bici e pedala, magari sotto quel caldo sole d’estate che ti ammaliava.

Il treno non è solo un mezzo di trasporto. Avvicina le persone, te ne fa incontrare e ti mostra i luoghi che attraversi. Non è una metropolitana, perennemente al buio. Si viaggia per spostarsi e per vedere. Il mare,i monti, le valli, i fiori e non le tenebre o il cemento. La ferrovia è entrata e deve restare nel nostro paesaggio urbano. Le stazioni sono nelle città, al centro e devono restare nel centro abitato. Il treno è un mezzo di trasporto amico, da usare il più possibile, perché è sicuro e riduce i consumi e l’inquinamento. Il servizio va potenziato, non emarginato. L’uso va incentivato e non scoraggiato. Si pensi anche alla sicurezza nelle stazioni e nelle fermate.

Le stazioni, per quanto possibile, devono restare, si ripete, tra la gente, nei centri abitati. Si pensi anche alla sicurezza delle persone, nelle stazioni e nelle fermate, già oggi “traballante“. Si pensi a che cosa si ridurrebbero le stazioni col “trasloco a monte“; a quanto una donna, un anziano si sentirebbero sicuri scendendo, nottetempo, con la valigia, nel “deserto” di Bastia, di Borghetto o di Tovo. Strutture, luoghi che diventerebbero rapidamente sede per i bivacchi, notturni e non, di tutti gli sbandati, nazionali e non. Le nuove “stazioni”, specie di notte, sarebbero terra di nessuno. Si pensi a quanto il viaggiatore o la Francesca Rondoli di turno si sentirebbero tranquilli, lasciando la stazione per raggiungere la propria vettura, in un parcheggio in aperta campagna, senza passanti o abitazioni vicine.

Alea jacta est, lo sappiamo. Ma osiamo sperare che i “governanti, genovesi e non, si mostrino più aperti e sensibili di quanto appaiono alle esigenze dei deboli; più disponibili e meno portatori di interessi non generali.  Perché la vita quotidiana è anche e soprattutto questo; c’est le plaisir de vivre en beauté et souplesse e non la corsa verso il nulla.

Mi sia consentita, nessuno s’offenda, la chiosa finale usando il vernacolo genovese: Son zeneize, riso raeo, strenzo i denti e parlo ciaeo”. Così si dice e si fa sotto la Lanterna e, per estensione, nella bellissima ed accogliente terra ligure.

Filippo Maffeo

DA RIVIERA 24- POLITICA – Burlando saluta positivamente decisione francese di rinnovo linea ferroviaria Costa Azzurra

Secondo il Governatore ligure in caso di abbandono del progetto Tav in Val di Susa, il Corridoio europeo numero cinque potrebbe passare da Ventimiglia- Genova- Milano

di Sergio Bagnoli

24 Gennaio 2011

  • Da qualche giorno in Regione Liguria giravano già le prime indiscrezioni, cioè si sapeva che la Francia avrebbe preso la decisione di non bloccare a Nizza la linea ferroviaria ad alta velocità ma di proseguirla sino alla stazione di Ventimiglia.
    La notizia era stata salutata con favore da Claudio Burlando, il Governatore, che aveva, pochi giorni fa, assicurato: “Faremo sicuramente la nostra parte: con il completamento del raddoppio tra Andora e Finale Ligure ed il Terzo Valico, che porterà in pochi minuti da Genova sin oltre- Appennino, l’arco ferroviario ligure entro due decenni si porrà come valida, e competitiva, alternativa alla Marsiglia- Lione- Torino nel collegare il capoluogo della Provenza a Milano. In sostanza la Ventimiglia- Milano, se dovesse risultare irrealizzabile la Tav in Val di Susa, si candiderebbe a rappresentare il primo tratto italiano del corridoio ferroviario contraddistinto con il numero cinque, cioè la Barcellona- Kiev, scongiurando così il pericolo di un suo passaggio alternativo a Nord delle Alpi”.

    La scorsa settimana, poi, il Ministro francese all’Ecologia, Nathalie Kosciusko- Morizet, ha richiesto alla società francese che si occupa della gestione delle strade ferrate di includere pure il tratto di trenta chilometri che separa Nizza da Ventimiglia nella progettazione e nel computo finanziario della Linea ad Alta Velocità della Provenza e della Costa Azzurra. In tal senso la Kosciusko- Morizet ha raccolto l’appello lanciatogli dal collega di Governo Cristian Estrosi, tra l’altro pure Sindaco di Nizza.
    La nuova Marsiglia- Ventimiglia dovrebbe venire a costare tra i trecento ed i quattrocento milioni di Euro: “…beneficerà di crediti da parte dello Stato ( francese), della Regione Provenza- Alpi- Costa Azzurra ed anche dell’Unione europea, trattandosi di linea transfrontaliera tra due Stati suoi membri“, ha dichiarato la titolare transalpina all’ecologia. Proprio il richiamo con forza ai finanziamenti dell’Unione europea, ed al carattere transfrontaliero della linea, fa balenare l’idea che la Francia stia per prendere seriamente in considerazione l’idea di un’alternativa mediterranea all’alta velocità in Val di Susa.
    Ad ovest di Torino infatti le pervicaci opposizioni della sinistra radicale italiana e di buona parte dei valligiani autoctoni, opposizioni che non di rado sono sfociate in duri scontri con la polizia, fanno temere per la realizzazione della Torino- Lione..
    Più volte la Francia ha stigmatizzato la lentezza esasperante con la quale l’Italia procede nella progettazione e nel finanziamento della tratta transfrontaliera che dovrebbe congiungere la metropoli subalpina a Modane.
    Pure Bruxelles si è lamentata. Di qua l’idea non tanto peregrina, in tal modo si accorcerebbe pure il percorso, di rinunciare al saliente tra Marsiglia- Lione e Torino per il corridoio cinque e procedere dalla città affacciata sul Golfo del Leone in linea retta verso Nizza, Ventimiglia, Genova e Milano. In Liguria però, nei prossimi due decenni, dovrebbe completarsi, per concretizzare il sogno, il raddoppio del ponente ligure, che tra due anni dovrebbe attestarsi ad Andora, nonché il terzo valico tra Genova e Novi Ligure, già tratto iniziale del collegamento paneuropeo tra i porti del Capoluogo ligure e di Rotterdam. Lo stesso Michel Vauzelle, socialista, presidente della regione francese Paca poi ha aggiunto che “… la priorità delle priorità è costituita dalla tratta Nizza- Ventimiglia” da cui, dunque, dovrebbero iniziare i lavori per concludersi nel 2018.
    Per quella data “i nizzardi potranno raggiungere Genova in un’ora e mezzo in luogo della tre ore ed un quarto attuali”, conclude Vauzelle. Si presume, invece, che entro il 2035 si possa percorrere tutta la nuova linea mediterranea da Barcellona sino a Milano viaggiando a velocità superiori ai duecento chilometri all’ora. Contemporaneamente verrebbe creato a Nizza- Sant’Agostino un grande scalo intermodale del tutto simile a quello in costruzione a Rivalta Scrivia nell’Oltregiogo genovese.

     


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F.Maffeo

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