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Liguria e Basso Piemonte

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Prolegomeni ad una politica dei beni culturali. E no assurdo mostrificio!


Oggi si ritiene che dinanzi ad alcuni dati pubblicati: 94% del personale, peraltro spesso precario, dei beni culturali privo di un contratto di settore ma piuttosto inquadrato nelle categorie multiservizi, nove aziende che si dividono il mercato della gestione dei musei oltre ai servizi esterni,…la politica debba fare una grande riflessione.

di Danilo Bruno

Non bastano più le importanti dichiarazioni del Presidente della Repubblica o anche di Papa Francesco sul valore della cultura e su quanto i beni culturali siano parte fondante dell’identità nazionale italiana ed europea.

Nel contempo occorre anche ragionare sul perché dalla “grande stagione di Cervellati, Argan ,…” e dai grandi progetti sul recupero del centro storico di Bologna affinché continuasse ad essere abitato dalle persone e da comuni attività sociali ed economiche o al grande progetto del parco archeologico romano si sia finiti ad una Venezia e ad una Firenze ridotte a città piene di turisti vocianti e sfuggenti e a centri storici ridotti a insieme di appartamenti per vacanza. E poco più dove i musei, come è accaduto a Venezia lo scorso anno, possono pure essere chiusi in assenza di turisti  perché tanto “le scuole, le famiglie locali non ci vanno o più semplicemente li dovrebbero conoscere e magari non tornarci” senza pensare che proprio chi risiede in zona dovrebbe il primo destinatario di progetti didattici e della conoscenza del patrimonio custodito.

Questa situazione può cambiare esclusivamente se si ritorna al dettato costituzionale dove si parla di “patrimonio storico ,artistico, archeologico,…” e non di singoli monumenti come succedeva fino alla metà del secolo scorso e si coglie questo patrimonio nella complessità delle relazioni socio-culturali, che si instaurano.

La politica dovrà compiere quindi una grande rivoluzione, ricongiungendo innanzitutto la tutela, che deve rimanere in capo allo stato , con la ricerca e le politiche educative in modo da superare le rotture, che già aveva segnalato Argan nel momento della costituzione del Ministero dei Beni Culturali, scorporandolo dalla Pubblica istruzione.

Bisogna poi ripensare radicalmente il sistema della tutela e delle autonomie museali poiché oggi queste strutture “tendono più a fare cassa che a concretizzare progetti di ricerca o educativi” tanto che , ad esempio, aglio Uffizi di Firenze il consiglio scientifico si è dimesso poiché l’attuale direttore ha ritenuto che i pareri espressi dal consiglio suddetto non contassero nulla ma nel contempo il medesimo consiglio è “rimasto in carica” poiché il Ministero non ha proceduto né alle sostituzioni e neppure ha respinto le medesime dimissioni tanto per dare idea di quale considerazione si abbia per tutto ciò che è ricerca scientifica .

Vi sono poi  soprattutto proposte tendenti a ridurre il nostro patrimonio storico-artistico ad un assurdo “Mostrificio” ovvero continuare a portare in giro i beni principali per alimentare un circuito di mostre di assoluta inutilità scientifica e culturale.

Oggi con il PNRR si potrebbe cambiare qualora si puntasse alla creazione di un “sistema culturale nazionale” dove i finanziamenti vengano in primo luogo dati ai musei e agli enti locali nel tentativo di far aderire l’intero sistema dei beni culturali alle linee guida internazionali dell’UNESCO, elaborate dall’ICOM (Internationational Council of Museums) , di cui faccio parte, in modo da garantire almeno: adeguata tutela ed esposizione, corretta individuazione delle figure professionali  previste (direttore, curatore…) con retribuzioni idonee e adeguate al loro livello professionale, depositi fruibili, fermando l’ultima assurdità ministeriale di portare le opere dai musei in piccole comunità con una logica di restituzione alle comunità locali priva di senso.

Da ciò nella elaborazione del sistema  culturale nazionale, su cui molto ha già lavorato il Collettivo “Mi riconosci”, devono essere rimesse in discussione, come ho già detto,  le scelte sull’autonomia museale, le competenze perché o quella di stato ed enti locali è almeno concorrente con il possibile esercizio di poteri sostitutivi in una ottica di migliore utilizzo delle risorse e delle politiche culturali oppure si continueranno ad avere sprechi e scarsi risultati in termini di migliore utilizzo delle risorse.

Bisogna poi fissare definitivamente il ruolo del volontariato, che può e deve essere esclusivamente integrativo e non sostitutivo delle attività professionali così come bisognerà chiarire una volta per tutte che il FAI (Fondo Ambiente Italiano) è una associazione privata, che opera nel settore dei beni culturali ma che, come tale, non deve godere di alcun specifico privilegio e soprattutto dovrebbe essere obbligata ad applicare le leggi dello stato almeno all’interno delle proprietà pubbliche o in manifestazioni patrocinate da enti pubblici utilizzando guide professionali debitamente retribuite e non studenti in alternanza scuola-lavoro o con progetti delle singole scuole, mascherando in realtà dietro progetti educativi veri e propri sfruttamenti del lavoro di ragazze e ragazzi.

Nel contempo bisognerebbe ripensare all’intervento privato oggi valorizzato dall’art bonus e da altri simili strumenti poiché o il mecenatismo è tale come avviene nei paesi anglosassoni e copre un singolo, specifico intervento legando il proprio nome ad un monumento oppure il sistema dovrebbe garantire almeno una equa ripartizione fra monumenti più o meno noti , che rischiano di rimanere fuori da tutti i progetti in essere.

Bisogna poi fissare, come detto, un nuovo rapporto con l’Università ove la ricerca nelle scienze umane venga ripresa così come la formazione scientifica di alto livello sia nel restauro che nelle nuove possibili frontiere fra scienza e monumenti, oggi largamente dimenticate.

Nel contempo occorre riportare la storia dell’arte nelle scuole affinché finalmente si possa tornare a studiare le nostre città e i nostri monumenti ed essi possano divenire il fattore fondante di una nuova cittadinanza europea.

Insomma oggi non serve aprire nuovi musei ( a cominciare da quello della Lingua Italiana a Firenze) ma piuttosto organizzare per il meglio il sistema culturale esistente senza tendere al “gigantismo” ma piuttosto puntando alla continua, costante e quotidiana attività di ricerca e studio del nostro patrimonio storico, artistico, archeologico e naturale.

In ultimo voglio fare una breve connessione con il tema del paesaggio, oggetto di pesanti aggressioni  nel nostro paese. Purtroppo le scelte politiche di questi anni e ciò che si prospetta per il futuro con l’autonomia differenziata rischia di precludere ogni tutela o una salvaguardia a “macchie”, inaccettabile in un paese  moderno dove argomenti simili dovrebbero essere gestite rigorosamente a livello centrale e a livello regionale articolare solo le funzioni statali.

Ciò dovrebbe valere pure per le Regioni a Statuto Speciale dove  spesso succedono i peggiori abomini.

Danilo Bruno


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