Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Intervista/ Pietrina Quidacciolo, il padre assassinato nel ’45. I tre disegni di Mussolini. Gli artisti ad Albisola. Vive a Stella Gameragna che dimentica il grande Ernesto Rayper


Pietrina Quidacciolo è una simpatica signora che dopo una laboriosa esistenza vive fra il verde di Stella Gameragna, avvolta da ricordi e circondata da maioliche, cristalli ed oggetti amati.

di Gian Luigi Bruzzone

Gentile Signora, desidera parlare della sua famiglia?

I miei genitori erano nati a Tempio Pausania, Mario Quidacciolo e Maria Pileri e, come molti altri isolani, si trasferirono nel capoluogo ligure per motivi di lavoro. Mio padre aprì un negozio di parrucchiere in Via Pisacane, nel rione della Foce, assai mutato e costruito nel secondo dopo-guerra. Esperto nella professione, Papà coltivava anche altri interessi, come l’amore per la musica, in particolare per la canzone italiana. Ho pure una sorella, Maria Vittoria, da poco mancata, la cui figlia, ossia mia nipote, è avvocata.

La Genova della sua infanzia...

Essa è rimasta indelebile nell’animo mio, sopra tutti il Quartiere di Piccapietra dove abitavo e che oggi – come tutti sappiamo – più non esiste, essendo stato demolito negli anni Sessanta del Novecento. La Porta Aurea (donde il nome di Portoria), il Vico dei tintori, i troggi frequentati dalle popolane (altro che lavatrici…), la Salita Piccapietra, il Vico delle fucine, la Scalinata delle casacce, il Vico dei Santi, la Via Cebà su cui si affacciava «La Suprema», lussuosa casa di tolleranza abbellita sul prospetto da una statua muliebre sdraiata. Da brava fanciulla ignoravo che cosa fosse, ed anzi – ingenua – ripetevo la maliziosa, se non blasfema, definizione di mio padre: «chiesa per uomini»! il cuoco della casa peraltro – persona squisita – aperta l’inferriata sulla Crosa di S. Giuseppe, offriva ai fanciulli panini e cibarie, ben conoscendo il nostro famelico appetito in quegli anni difficili! Ricordo poi U ciappun, un antico barchile marmoreo, adagiato capovolto alla sommità della Salita Piccapietra, su cui i maschietti giocavano, usandolo come tavolo. Si viveva all’aria aperta in quell’ambiente antico e fascinoso, dove tutti ci si conosceva e ci si compativa reciprocamente, indizio di verace saggezza. Quanto poi Piccapietra sia rimasto nel cuore degli autentici genovesi – il cui numero diminuisce sempre più – è testimoniato dalla celebre canzone «Piccun, dagghe cianin».

Grandicella...
Gilberto Govi

Frequentai le scuole “Giano Grillo“, ambiente simpatico dove ebbi compagna – fra le altre – la figlia del Prefetto di Genova. Certo non potevo stare con le mani in mano – la mia non era una famiglia borghese – e così i genitori mi affidarono alla signora Isa De Angelis (che abitava nel rione di S. Fruttuoso), titolare di un’affermata sartoria e potei apprendere il mestiere della sarta. Come ragazzina, la signora Isa mi mandava a consegnare i vestiti alle clienti e così conobbi la Marchesa Rutelli (il cui marito conduceva un negozio di abbigliamento maschile in Via Fieschi) dall’abitazione fiabesca, con tanto di maggiordomo in livrea; Giuliana Nenni abitante presso la chiesa di S. Camillo dei Crociferi cappellani dell’Ospedale di Pammatone; Rina Franchi moglie di Gilberto Govi [1885-1966], la quale mi offriva sempre un panino col salame!

Mi fu detto che recitava

Le hanno riferito male, ovvero Lei intende scherzare! Feci semplicemente la comparsa nelle scene di gruppo nelle opere liriche al teatro “Carlo Felice” e ci facevano entrare direttamente in palcoscenico tramite una porticina affacciata proprio su Piccapietra. Certo amavo il teatro e qualche volta assistei alle recite del Govi per la conoscenza sopra menzionata, oltre ad acquistarne negli anni seguenti tutte le cassette possibili.

Suo padre

Povero padre mio, piango al tragico ricordo in quel nefasto giorno dell’anno 1945: mentre accompagnava le figlie, me di otto anni e mia sorella Maria Vittoria di cinque al cinematografo “Universal” in Via XX settembre, per vedere la pellicola Scampolo, fu assassinato con un colpo di pistola e ho negli occhi ancora il lago di sangue sul selciato… La parola mi manca…

Suo marito

Lo vidi per la prima volta alle 4 mattutine e fu un colpo di fulmine, tanto da dimenticare il caro Michele, conosciuto e familiare fin da bambina. Jean Baptiste Siniscalchi, sposato nel 1959, mi portò a Metz dove abitai cinque o sei anni. Trovai la gente buona e gentile verso di noi – anche per essere francese Jean Baptiste – sia la componente francese, sia la componente tedesca: Metz si trova a pochi chilometri dal confine con la Germania. Ma la perdita del mio bambino, nato appunto a Metz, mi fece cadere in depressione e volli tornare in Italia.

Così finirono gli anni francesi...
Milena Milani

Sì, ci stabilimmo in Albisola Marina dove nacque Silvia, la mia seconda ed ultima figlia, che oggi versa in stato di salute assai precario, e poi l’amatissima Joelle, figlia di mia figlia. Dalla Francia mio marito contattò la Ditta Filippi e fu assunto immediatamente: da anni un autocarro della Sabiem nessuno era riuscito ad aggiustarlo, lui ne fu subito in grado! In seguito divenne capo-officina all’aeroporto di Genova. Al Albisola abitammo fino all’anno 1989 e, nel mio piccolo, conobbi l’ambiente artistico della cittadina, in particolare Giacomo Raimondi [1912-82] del quale rammento i pannelli per i transatlantici “Michelangelo” e “Raffaello”, orgoglio della Società di navigazione Italia, nonché Agenore Fabbri [1911-98] che mi donò un vaso monumentale di ceramica. Conobbi e frequentai per un certo periodo anche l’estrosa Milena Milani, quando da Milano scendeva in Albisola. Dal 1989 abito a Stella Gameragna, ridente località fra Celle e le altre quattro Stelle. Il mio caro marito morì il 12 aprile 1996.

A proposito di arte, a Stella Gameragna morì un fascinoso pittore...
Ernesto Rayper

Si riferisce ad Ernesto Rayper, nato in Genova nel 1840, ma morto a Gameragna nell’estate del 1873, ospite di sua nonna, affetto da un dolorosissimo tumore alla lingua. Egli veniva qui sovente, per dipingere scorci e vedute del paesaggio, en pleine aire – come si dice – anche in polemica nei confronti di un esagerato accademismo dei suoi tempi. Non a caso apparteneva alla scuola pittorica denominata dei “Grigi”, anzi ne è considerato il caposcuola, Non capisco perché Gameragna non organizzi nulla per questo grande artista, i cui soggetti pittorici riguardano questo paese. Aspetto con piacere il catalogo della mostra sul Rayper allestita a Genova molti anni or sono, che m’impresterà.

Lei possiede tre preziosi disegni

Capisco la sua allusione: anni or sono mi regalarono tre disegni firmati da un famoso personaggio: Benito Mussolini. Come altri politici, vedi Wiston Churchill, talora ricreava l’animo disegnando o dipingendo sia nei primi anni, poi negli scarsi ritagli di tempo disponibile. D’altra parte, il diploma di maestro conseguito da Mussolini gli aveva fornito una discreta preparazione per il disegno, come per un’educazione musicale. Alcuni esperti che li hanno visionato, privi di preconcetti ideologici, hanno definito i disegni interessanti. Come sono, sono. Del resto Lei stesso li ha veduti e mi ha detto di cogliervi un certo quale influsso futurista, ed una delicatezza mono-cromatica. Invero più che disegni, sono schizzi effigianti figurine di donne africane, immerse in un’ambiente esotico pertinente. Le proporzioni delle figure – mi ha anche osservato – le richiamano certe maioliche settecentesche, sullo stile Levantino (come vede non dimentico mai Albisola), per intenderci.

L’incontro più caro di Gameragna

La conoscenza e l’amicizia con quel gentiluomo che era Carlitto Rebagliati [1936-2021], vedovo di Giovanna Bruzzone [1938-92], a lei ben noto, per essere suo cugino primo, come anche la figlia di lui Laura, della quale mi parlava sempre con lode e con soddisfazione e – se la mia espressione calza – con un pizzico di malinconia, come se desiderasse esserle più vicino. Lo penso sempre e lo rivedo in questo ambiente, in questo cortile, sotto questo albero di loto, mentre traffica nel mini-laboratorio, mentre governa l’aiuola a fregio del vialetto d’ingresso di casa sua, preceduto dal cancello con le iniziali C R, mentre accarezza con lo sguardo la campagna circostante… e quel terribile 6 luglio 2021! Non gli ho mai sentito dire male di nessuno, eppure chissà quante deve averne passato! La sua figura, la sua voce discreta, la sua empatia, la sua tolleranza, la sua affabile presenza mi accompagneranno fino all’ultimo giorno di mia vita.

Grazie, cara Signora Piera, per aver accolto le mie domande. Auguro ore sempre serene a Lei, a sua figlia Silvia ed ai suoi cari. Viva noi!

Gian Luigi Bruzzone

Ernesto Rayper (Museo civico d’arte moderna, Torino)

La chiesa di S. Caterina D’Alessandria

 

La chiesa di Stella Gameragna

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Gian Luigi Bruzzone

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