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Sociologia Clinica: Cos’è il LAB-SPAC?


Cos’è il LAB-SPAC? Uno degli esempi concreti e più significativi di Sociologia clinica in Italia.

di Antonio Rossello, con immagini di Igor Belansky

(e documentazione originale LAB-SPAC).

Giunti con questo articolo al termine di un ciclo dedicato, anche grazie alle illustrazioni di Igor Belansky, al mondo della Relazione nel suo complesso, è la volta di approfondire la conoscenza del ruolo rivestito in Italia dalla sociologia clinica in termini di ricostruzione di relazioni sociali.

La sociologia clinica, attraverso l’analisi del contesto e delle sue relazioni con l’individuo, con attenzione ai fattori socioculturali decisivi nel comportare un cambiamento sociale, può intervenire sia al livello macro che a quello micro, laddove risulta già verosimile una gestione con appropriati interventi da parte degli stessi attori sociali coinvolti. Questa è la ragione della definizione «clinica», in perfetta analogia alla dimensione clinica nella medicina e nella psicologia.

Come è stato evidenziato nel precedente articolo, che aveva a tema la relazione fra Modernità e Postmodernità, questa branca della sociologia ha cominciato ad essere conosciuta in Italia solo nei primi anni ’90 del secolo scorso. Ma da subito è spontaneamente sorta l’esigenza di un confronto – intorno ai vari temi e problemi, epistemologici e pratici, legati alla sua dimensione clinica -, tra i sociologi universitari e quelli che, nella loro attività professionale, sono quotidianamente chiamati a trattare concreti casi di disagio sociale.

Allo scopo di recepire e comporre fattivamente una simile istanza, nasce il Laboratorio di Sociologia Pratica: Applicata e Clinica (LAB-SPAC). Viene di seguito riportata la presentazione messa a disposizione dai suoi animatori: il prof. Everardo Minardi e il dott. Gianluca Piscitelli. Ad entrambi Igor Belansky dedica un ritratto.

(Fonte: LAB-SPAC)


IL LAB DI SOCIOLOGIA APPLICATA, PRATICA, CLINICA (LAB-SPAC)

www.sociologiaclinica.it

Cos’è?

  • Non è una associazione;
  • Non è un sindacato rappresentante una specifica professione, né un’organizzazione di interessi;
  • È una RETE di relazioni tra laureati in sociologia (sociologi di base) con esperienze diverse, attivi in campi diversi, componenti di organizzazioni ed istituzioni con attribuzioni di incarichi anche diversi, con denominazioni diverse, senza alcun riconoscimento normativo né generale né specifico. A questa rete aderiscono, ormai, anche psicologi e psicoterapeuti, oltre a operatori di diversa formazione – assistenti sociali, educatori, ecc. – comunque coscienti dell’importanza dei contenuti e delle potenzialità del ragionamento e della operatività sociologici nell’esercizio della propria attività professionale;
  • L’adesione al LAB è volontaria, senza oneri (non è previsto il versamento di una quota periodica pro-capite), senza obblighi. Inoltre, tutti coloro che ne condividono le finalità possono accedervi.

Con chi interloquisce, con chi è in relazione?

  • Tutte le associazioni accademiche di sociologia: AIS, SISS;
  • Tutte le associazioni professionali di sociologi ANS, ASI, SOISS, AIST, ecc.;
  • Le più importanti Associazioni di sociologi europee (Francia), del sudamericane e nordamericane;
  • I Gruppi di sociologi che si riconoscono in alcuni aspetti metodologici e pratici del lavoro sociale;
  • Rappresenta in Italia il Working Group n.46 ‘Clinical Sociology’ dell’I.S.A. (International Sociological Association), ossia la più grande ed importante associazione di sociologi a livello mondiale.

Cosa fa?

Il LAB-SPAC, tramite l’attività volontaria e gratuita dei primi promotori, ha messo in atto e gestisce:

  • Le collane editoriali Quaderni di sociologia clinica e On the Road (i testi di queste due collane si possono scaricare in e-book o ordinare in formato cartaceo presso il sitowww.homelessbook.it)
  • la redazione e distribuzione della Newsletter del LAB, (sempre con la collaborazione di www.homelessbook.it (coop Studioin3).

Qual è la sua missione?

  • Creare uno spazio comune di confronto tra tutti coloro che sono interessati all’applicazione della conoscenza sociologica;
  • sviluppare l’attenzione e l’interesse per l’applicazione della conoscenza sociologica in diversi ambiti istituzionali e contesti relazionali;
  • promuovere l’applicazione della conoscenza sociologica al fine di favorire il cambiamento sociale attraverso una molteplicità di attività educative, comunitarie, istituzionali nell’ambito dei confini nazionali e a livello internazionale;
  • accrescere la comprensione della relazione esistente tra pratica e conoscenza sociologica;
  • sostenere la teoria, la ricerca, i metodi e la formazione per l’applicazione della conoscenza sociologica per un cambiamento sociale positivo;
  • diffondere l’uso della sociologia clinica e applicata a qualsivoglia livello, soggettivo ed inter-soggettivo, formale e informale, privato e pubblico;
  • sviluppare la rete di associazioni aventi scopi similari, sia a livello nazionale sia internazionale.

Quali sono i principali elementi del nucleo fondante la sociologia pratica, applicata e quindi clinica, ossia della professionalità sociologica?

Ecco un elenco (assolutamente non esaustivo) dei principali:

  • la valutazione critica di credenze, comportamenti o pratiche, con un primario interesse a migliorare una situazione ritenuta problematica. L’intervento sociologico, infatti, si basa su analisi continue: esso può essere inteso come una creazione di nuovi sistemi e/o il cambiamento di quelli esistenti e può concentrarsi anche su attività di prevenzione o di promozione;
  • la diagnosi dei problemi umani (personali e/o collettivi), avviando la soluzione mediante la co-costruzione di un’ipotesi di lavoro – modificabile, adattabile per prove ed errori – ma con quella chance in più che consiste nella partecipazione del portatore d’interesse, del portatore di disagio, di colui che intende coinvolgersi nella soluzione di un problema;
  • la pratica sociologica nell’ambito della quale è possibile distinguere l’approccio clinico da quello applicato. Se quest’ultimo si riferisce alla metodologia e include il modello di ricerca di problem solving, il modello di ricerca per la formulazione/analisi delle scelte, e il modello di ricerca della valutazione; in breve, tutto ciò che può essere utile alla produzione di informazioni indispensabili per dare risposta a delle questioni di interesse governativo, industriale e in altri contesti pratici. L’approccio clinico, invece, si fonda sull’applicazione della prospettiva e della conoscenza sociologica per facilitare il cambiamento. Entrambi gli approcci, però, possono essere considerati come complementari a seconda del setting e delle situazioni;
  • il prendere in considerazione la specificità umana e in particolare la presenza irreprensibile e irriducibile della soggettività;
  • il porre attenzione alle dimensioni individuali, personali, psichiche, affettive ed esistenziali delle relazioni sociali;
  • l’intenzione di ripristinare l’oggetto corrente della sociologia stessa che, nel corso della sua storia, è stato a poco a poco respinto, espulso e nascosto e che è la relazione tra l’essere dell’uomo e l’essere della società;
  •  la specificità del contributo sociologico alla gestione del disagio, che lo rende altamente consigliabile in un’epoca di grandi trasformazioni come la nostra, e che consiste nella duplicità del terreno su cui esso si colloca: da un lato, l’aiuto al superamento del disagio specifico sottoposto all’attenzione del sociologo clinico; dall’altro, la messa in discussione delle ‘ragioni’ di fondo del nostro sistema complessivo, e quindi delle fonti stesse del disagio;
  • Il collocarsi anche e soprattutto in una prospettiva micro-sociologica, e in particolare dall’angolo di visuale degli attori coinvolti nel disagio, che consente di difendersi meglio dal rischio dell’ideologismo generico e inconcludente che ha caratterizzato tanta parte delle scienze sociali negli scorsi decenni;
  • una visione umanistica delle relazioni sociali: la comprensione da parte del sociologo degli eventi sociali si basa su un particolare tipo di ‘lenti’ che gli permettono di analizzare il comportamento delle persone attraverso le loro cornici culturali. E’, in sintesi, l’eredità lasciata dalla Scuola di Chicago e da Max Weber: due pilastri imprescindibili.

Chi sono i referenti del LAB-SPAC?


Figura a – Everardi Minardi, ritratto da Igor Belansky

Link al profilo personale


Figura b – Gianluca Piscitelli, ritratto da Igor Belansky

Link al profilo personale.


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Igor Belansky

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