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Al grido vendetta! Frana di Mele: affligge da ben 21 anni. Mobilità nell’Acquese e ferrovia del Turchino. La Asti-Genova è davvero secondaria?


Sul quotidiano La Stampa, nel numero di mercoledì 10 novembre 2021, a pagina 49, sono comparsi due articoli relativi alla mobilità nell’areale Acquese ed un altro sul settimanale L’Ancora, nel numero di domenica 14 novembre 2021, a pagina 10.

di Roberto Borri

Se quest’ultimo tratta tematiche generiche, i primi due parlano della ferrovia che collega Genova con Asti, valicando gli Appennini con una galleria, già fin dal 1894, realizzata, con lungimiranza, a doppio binario e con pendenza minore rispetto al resto della linea.

La testata Le cento Città d’Italia, il 25 giugno 1893, quand’era aperta solo la tratta a Nord – Ovest di Ovada, scriveva: “Un avventuroso evento allieterà fra poco tutta la fertile e popolosa regione Acquese: l’apertura di quella grande e bella linea ferroviaria, che fu il suo sospiro costante per un ventennio e ieri ancora pareva il sogno d’una mente inferma”.

Un’opera che ha levato il Monferrato dall’isolamento, grazie all’On.le Giuseppe Saracco, il quale svolse, a suo tempo, egregiamente il compito di dare piena attuazione alla legge che ne deliberava la costruzione, non ostanti i numerosi oppositori, anche in allora, esistenti. Purtroppo, con lo scorrere del tempo, alle ferrovie è stata, ingiustamente, assegnata una patente d’obsolescenza, tanto da fare di tutto per liberarsene, dovendo seguire il nuovo feticcio su gomma ed asfalto: a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, molti binari furono smantellati ed ora, non solo a causa del crescente inquinamento, ma anche a causa della crescente congestione del traffico, qualcuno inizia a percepirne la mancanza ed a prendere cognizione di quanto avventati fossero quei tagli.

Sulla Nostra, stante l’alto numero di utenti e, soprattutto, la classificazione come linea d’interesse militare, la scure non si è abbattuta, ma, già al momento di convertire l’elettrificazione da corrente alternata trifase a corrente continua, nel 1974 ,tra Ovada ed Acqui Terme e, nel 1976, fino ad Asti, qualcuno ventilò l’ipotesi di levare definitivamente la catenaria, per tornare alla trazione termica, come, nel 1973, sulla Ceva – Ormea.

Al momento di costruire l’autostrada numero 26, qualcuno si domandò sull’opportunità di migliorare il tracciato della ferrovia, in maniera tale da avere un tracciato più amichevole anche per l’autostrada, con indubbi vantaggi per entrambe le infrastrutture, ma non se ne fece nulla; anzi, nell’ultimo decennio del secolo scorso, cominciò la soppressione di alcune corse, non tutte sostituite con autoservizio, in nome di chissà quale criterio.

Successivamente, per colpa della regionalizzazione del trasporto pubblico locale, il servizio fu diviso in due tronconi, senza più alcun treno che copra l’intero percorso da Genova ad Asti, senza rottura di carico ad Acqui Terme e fu addirittura paventato il rischio di rottura di carico ad Ovada, seguendo i confini geografici delle Regioni, anziché ricalcare le vecchie gestioni dei Compartimenti ferroviari, come, meno sventatamente, poi, fu, effettivamente, messo in pratica.

Con la regionalizzazione spinta, si è venuta a creare una forte dicotomia, con servizi a lungo percorso da una parte e locali dall’altra, e con il poco lusinghiero risultato di avere la sopravvivenza delle sole categorie estreme (o Rapidi o Regionali, senza nulla o quasi in mezzo, salvo la reintroduzione dei Regionali veloci, categoria ibrida tra Diretti ed Espressi di un tempo) e, sulle linee complementari come la nostra, gli unici treni superstiti sono quelli con fermata in tutte le stazioni e, come scrivevamo dianzi, limitati ad Acqui Terme. Nondimeno, si finge d’ignorare che la Nostra è parte di un itinerario che, da Genova, conduce ad Aosta, toccando un solo grosso nodo ad Asti, tanto che, nel 1912, la linea Asti – Chivasso, quella stessa linea Asti – Chivasso sospesa nel 2012 ed ora assoggettata a lavori di ripulitura finalizzata alla rimessa in esercizio, almeno turistico, fu appositamente costruita con quella finalità, come testimonia il piano binari nella stazione porta del Canavese.

Fa piacere che, di fronte ad un’Amministrazione Regionale palesemente latitante, anzi, dichiaratamente ostativa nei confronti delle ferrovie, adducendo le motivazioni meno credibili quali impedimenti e realizzando il proverbiale muro di gomma, da parte dei Cittadini delle zone attraversate, per il tramite degli ill.mi Sigg. Sindaci, loro rappresentanti, vi sia un’accorata e motivata richiesta di un servizio ferroviario migliore, a vantaggio dei residenti, ma anche dei turisti, i quali, specie nelle Nazioni situate oltr’Alpe, sono avvezzi all’uso del treno.

La mancata risistemazione della frana di Mele, che affligge la linea da ben 21 anni, grida vendetta, tenendo conto che il punto di passaggio dal doppio al semplice binario, al momento, si trova sotto la galleria del Turchino, in corrispondenza del segnale di protezione della stazione di Mele, anziché alla sua radice lato Genova, e che la velocità massima ammessa è di soli 30 km/h.

Purtroppo, avendo ceduto il casello a privati, non è più possibile realizzare un terzo binario, a meno di eseguire lavori che comportino ingenti spese, tuttavia, si potrebbe suddividere la galleria in quattro sezioni di blocco, aumentando la capacità della linea. Proseguendo con la disamina tecnica, ovviamente, non si può fare altro che approvare la proposta di ripristino dei binari d’incrocio a Visone, Molare e Genova Granara; quest’ultima stazione, oltre ad essere trasformata in semplice fermata, deve patire l’assenza pressoché totale di collegamenti, ridotti a due sole coppie al giorno, pur avendo tutti i treni, approssimativamente, la stessa traccia, indipendentemente dall’avere o meno la fermata in Val Varenna.

La stessa operazione di ripristino dei binari eliminati si può, parimenti, compiere tra Acqui Terme ed Asti, dove le eradicazioni sono state decisamente più energiche: oltre a Nizza Monferrato, abbiamo due sole possibilità d’incrocio a Mombaruzzo ed a Montegrosso d’Asti, ma in queste stazioni è stato eliminato il terzo binario da entrambi gli scali. Fortunatamente, in questa tratta, il raddoppio tra Nizza Monferrato ed il portale della galleria tra Vigliano d’Asti e Mongardino non presenta particolari problemi, essendovi solo una galleria di circa 250 metri tra Agliano d’Asti – Castelnuovo Calcea e Montegrosso d’Asti; verso il mare, invece, occorre una progettazione ed una programmazione adeguata, per tacere dei costi, non di certo trascurabili.

Una considerazione a parte merita lo scalo di Molare, costruito, in verità, già nel Comune di Ovada: uno spostamento in direzione di Acqui Terme consentirebbe di servire meglio il centro storico e di collegarlo con percorsi pedonali protetti o con marciapiedi mobili. Sul fronte della velocità, qualcosa si potrebbe guadagnare sostituendo i raccordi cubici con altri clotoidali ed aumentando alquanto la sopraelevazione nelle curve: tempo fa, si parlava di ammettere i 120 km/h, ma, nelle tratte a semplice binario, molto possono fare i deviatoi percorribili a 60 km/h anziché a 30. Inoltre – sembrerebbe banale  ricordarlo – occorrerebbe istituire treni con poche fermate accanto a quelli con fermata in tutte le stazioni: la ferrovia è un sistema di trasporto che deve la sua versatilità anche alle circolazioni eterotachiche, ma va da sé che l’infrastruttura debba essere correttamente dimensionata.

È altresì quanto mai d’uopo l’istituzione di servizi senza rottura di carico ad Acqui Terme, anzi, ancora meglio, adoperarsi per il recupero dell’intero itinerario verso le Alpi Graie, così come è superfluo osservare l’estrema inappropriatezza della riduzione dei servizi nel bel mezzo dell’estate: bella ed alta stagione.

Concludiamo con una domanda: la linea Genova – Asti, fermo restando il suo ruolo di complementare, è davvero secondaria come qualcuno, specie da Palazzo Lascaris, vorrebbe farci credere?

Roberto Borri

 

 

 


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