Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

L’analisi/ L’ossatura dell’economia ligure? Le erogazioni alle piccole imprese e la ‘cassa artigiana’. Ecco come sono distribuite


Dalla pagina Facebook di Sergio Ravera, già funzionario della Camera di Commercio di Savona, pubblicisti. “Rallentano i finanziamenti alle piccole imprese liguri. Un gioco a rincorrersi equivocante. Il Pil che parte dal 4% in più, per risalire al 6% sussurrando di un possibile 8 (e sommessamente non dico per cento).

Il presidente di Confartigianato Liguria Giancarlo Grasso e il neo presidente dell’Unione industriali della provincia di Savona Angelo Berlangieri

Poi, qualche crepa allorquando si parla di chiusura di medie aziende italiane, di qualità d’assunzioni al lavoro, di sindacati sul piede di guerra. Le dichiarazioni spesso le scioglie il vento, restano i numeri non certo infallibili, ciò nondimeno delineanti quadri in evoluzione. Perciò, in questi ultimi giorni di ottobre 2021, l’attenzione si sofferma sulla crescita delle erogazioni alle piccole imprese liguri, oggi – si direbbe – in rallentamento. Sottolineo piccole imprese che formano l’ossatura dell’economia ligure.

Una prima analisi, ricorrendo agli ultimi dati della Banca d’Italia, si coglie nelle parole del Presidente di Confartigianato Liguria, Giancarlo Grasso: «L’effetto Covid si fa sentire meno, ma confidiamo in una ripartenza autunnale grazie alla “cassa artigiana”». Resta il fatto – evidenziato dall’Ufficio Studi – che la curva dei finanziamenti alle micro e piccole imprese a giugno 2021 – rispetto al +12,2% di marzo – segna un +7%, oltre 5 punti base in meno rispetto al trimestre precedente. Lo stock di finanziamenti alle realtà liguri si presenta in 3,22 miliardi di euro. Frenata che si riflette anche a livello nazionale: tutte le regioni italiane denunciano un trend in peggioramento (la Liguria ha il settimo miglior risultato in classifica) e la media nazionale, a giugno di quest’anno, segna un +5,3% contro il +8,9% di marzo.
Contemporaneamente si assiste ad una riduzione del tasso d’interesse annuo effettivo (tae), che in Liguria si attesta, a giugno, al 3,79%, 43 punti base in più rispetto a quello medio italiano, pari a 3,36%. Per quello che riguarda le operazioni pervenute al Fondo di Garanzia (dati Ministero dello Sviluppo Economico e Istat), tra il 17 marzo 2020 e il 30 settembre 2021, in Liguria sono 64.954 le richieste di garanzie di finanziamenti, per un totale di poco più di 4 miliardi di euro e un importo medio di 61.600 euro a richiesta. Di queste, 32.238 in provincia di Genova (quasi 2,3 miliardi il finanziamento totale, 70.900 l’importo medio), 14.509 a Savona (728 milioni di finanziamento, 50.200 l’importo medio), 9.792 alla Spezia (567 milioni nel complesso, l’importo medio è pari a 57.900 euro) e infine 8.415 nell’imperiese (per un totale di 420 milioni di euro e un finanziamento medio di 49.900 euro). (31 ottobre 2021).
Sergio Ravera

PAGINA DI STORIA DEL NOVEMBRE 2015:

NON SVENDETE IL PORTO DI SAVONA-VADO- BERGEGGI

E CHI HA INVESTITO IN MATTONI LUNGO LA RIVIERA DI PONENTE CON GROSSI PROFITTI

Sergio Ravera sulla sua pagina Facebook.
Non svendete il porto. Sorvoliamo sulla visita al porto di Savona-Vado-Bergeggi del Presidente Chiamparino. Nessuno meglio dei piemontesi sa come concludere gli affari.  Hanno investito mattoni in tutta la Riviera di Ponente traendone grossi profitti  in denaro e benefici in salute. Magari, nel frattempo, ci siamo tenuti a Vado le ciminere dell’Enel che provvedevano alle necessità dell’entroterra padano.
Il porto, ben venga. Importante che l’afflusso di nuovi traffici sia indirizzato ai centri  logistici sulla doppia direttrice Mondovì-Torino e Alessandria–Novara. Ma svegliatevi (sembrano dirci), cercate scampo (l’ombra millenaria di Genova) alla delicata situazione economica della città e della Val Bormida pensando con la vostra testa. Aiutatevi da soli! Al di là dei pensieri che vi affliggono.
Più che di vaghe idee,  in effetti, abbiamo bisogno di progettualità. In tal senso ha proceduto  l’Autorità Portuale di Savona negli anni decorsi, preparando elaborati pronta alla chiamata allorquando i Ministeri avevano soldi da spendere. Così sono nate nuove banchine, costruite sovrastrutture con l’intervento dei privati, dando spazio ad operatori portuali italiani leader nel loro settore. Scelte programmate, cui hanno seguito oculate politiche di investimenti.
Pertanto, amministratori, non svendete il porto prima al Governo, poi a Genova. Il nostro scalo marittimo ha nel principio della concorrenza il suo essere, il suo divenire. Non è un grande porto, pertanto da sempre abituato a non campare sugli allori. Ora che esistono concrete prospettive di potenziamento nello specifico ramo dei contenitori, ecco la pensata di soggiacere a Genova, il cui primo obiettivo è oggi il potenziamento del terminale di Voltri! Una Genova, forte della sua storia, lontana anni luce dalla nostra mentalità, dalla nostra determinazione. Ben sapendo che con la storia non si campa, come è stato ampiamente dimostrato negli ultimi due decenni del secolo scorso nello specifico settore marittimo.
Non svendete, politici, l’unica risorsa certa dei prossimi vent’anni. Il resto è tutto da inventare; siano esse attività turistiche o culturali, non facilmente né recuperabili, né identificabili tanto meno localizzabili. Certamente per la qualità della vita occorre un’ampia riqualificazione dei servizi, interventi di ripristino della facciata a mare, l’ulteriore potenziamento e miglioramento dei tratti stradali, autostradali e ferroviari.
Ma passione e ottimismo non bastano. Savona da sempre – e i secoli di maggiore fulgore sono a testimoniarlo –  ha trovato nel mare la sua natura, i suoi fondamenti, supportata sul lato occupazionale dalla Val Bormida, banchina remota dello scalo marittimo. L’involuzione del settore industriale nel levante della provincia, in un’area a suo tempo la più industrializzata d’Italia nel rapporto addetti all’industria/residenti, ha necessità per risorgere di un patto a livello nazionale. Il ricorso a quella zona franca in grado di attirare nuove unità produttive. Idea vanificatasi dinanzi ad incomprensibili imposizioni degli enti locali, nel provincialismo e personalismo di nuclei di potere.
E’ sufficiente soffermarsi sulla diversificazione territoriale per coglierne le opportunità. Da tempo esistono rapporti approfonditi su aree della provincia, forse non facilmente assimilabili. Meno complesso, laborioso presentare “amministrativamente” piccoli progetti a sè stanti. L’auspicio oggi è di porre un freno a concessioni edilizie sulle poche aree pianeggianti rimaste (soprattutto in fregio al litorale), pensando ad attività in grado di fornire nuovi posti di lavoro. Ma qui il discorso diverrebbe troppo lungo in più puntate.Anche se una domanda si pone. Nel corso dell’ultimo decennio lo scenario socio-economico è cambiato, ma sono realmente diversi gli attori. (15.11.2015). Sergio Ravera.

Avatar

Trucioli

Torna in alto