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Il libro/ ‘Scalfaro democristiano anomalo’. L’autore Guido Dell’Aquila compie 70 anni. Quelle pressioni di alti prelati che non volevano un comunista a Palazzo Chigi


Guido Dell’Aquila, giornalista, autore televisivo, scrittore, il 28 ottobre ha compiuto 70 anno.  Il suo libro: “Scalfaro Democristiano anomalo”, Passigli Editore. Guido è apprezzato come parlamentarista, quirinalista, ruoli di primo piano in Rai: al Tg2, al Tg3, al Giornale Radio. La coideazione e la responsabilità del talk “Agorà”, la responsabilità di “Le storie. Diario Italiano” condotto da Corrado Augias; di “Elisir” e “Buongiorno elisir” di Michele Mirabella, di “Blu notte”  di Carlo Lucarelli. Dal 2014 è coautore “di Martedì”  di Giovanni Floris su La7.

di Michele Del Gaudio

Il giornalista Guido Dell’Aquila

Ma Guido è soprattutto una persona… Stanotte la sveglia me la dà una crisi respiratoria! Mi metto seduto sul lato del letto. Gli occhi briganti chiusi. Per rianimarmi. Li apro. La prima cosa che distinguo è il libro di Guido sul comodino. Le pupille sono ormai arrugginite, leggo su un corpulento monitor con i caratteri ingranditi oppure ascolto gli audiolibri: ho riletto ascoltando da Toltoj a Pavese a Baricco… Prendo Guido fra le mani e lo sfoglio con attenzione media, poi prevalente, poi esclusiva, in compagnia di una progressiva passione… Mi devo fermare… Gli occhiali frignano… Mi riposo… Ricomincio… Venti minuti per volta: questo è il patto stipulato con i due vecchi furfanti. In tre giorni finisco.

Ho lo stupore di volare su un groviglio di autostrade americane, che viaggiano sotto, sopra, in salita, discesa, dritte, curvate, sbilenche… Ah, ecco un treno che si immola dentro una collinetta zeppa di grattacieli. Chi immagina un ginepraio senza capo né coda si sbaglia. È un cammino limpido, scorrevole, coinvolgente. E fra tanti itinerari attraversati da veicoli con carnagioni mordenti, imprevedibili, precarie, sospese, emerge un binario che li sovrasta fiducioso e li sazia di sé: Scalfaro!

Scrive la Costituzione! Insieme ad altri 555 saggi, sì, ma c’è anche lui! All’Assemblea Costituente! Ha solo ventotto anni! Ed è già stato antifascista (pag. 21) ed offre il suo apporto alla Resistenza (15) con informazioni che viene a sapere come magistrato (36). “Hanno lottato insieme. Hanno sofferto insieme. Hanno pianto e gioito insieme” (53). “Rivedevo i giovani della Azione Cattolica che erano partiti per la montagna, che erano andati a lottare per la libertà e che non sono tornati” (147). “la pagarono con la vita, consentendo a noi di scriverla e votarla” (148). Lidia Menapace, partigiana comunista afferma: “Ho sempre riconosciuto la sua rigorosa onestà, l’impegno e l’antifascismo” (37).

Frequenta Giuseppe Dossetti, non ancora “don”, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati, Amintore Fanfani, Aldo Moro. Dei semplici passanti! È discepolo di Alcide De Gasperi (5 ss..).

È più volte ministro, presidente della camera dei deputati, presidente della Repubblica. Si batte per la riforma agraria (6). Da presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul dopo terremoto in Irpinia (8) “scoperchia vasi e pentole del malaffare” (134). Avversa la corruzione con tenacia (148-149), ancor di più il pozzo abissale di Mani Pulite (155). In sessantasei anni, dal suo ingresso in politica alla morte, è cambiato tutto, lui no (8).

Le sue doti sono la dignità e il rispetto del prossimo inculcate dal padre Guglielmo (16), l’umanità (9), la coerenza (15), la solitudine delle scelte, sempre superata con fermezza (198), la sensibilità (31), che traspare anche quando, nel separarsi dal Colle, si ferma con i quirinalisti solo per dire grazie (197), la fede (9) mutuata dalla madre Rosalia (16).

La sua statura morale è sottolineata anche dalla sua laicità dello Stato (9), che le gerarchie ecclesiastiche al “Pertini cattolico” non perdoneranno mai (147). Se si deve saltare su un carro riprovevole, “io preferisco andare a piedi” (95).

Ha un feeling straordinario con le ragazze e i ragazzi. “Il segreto? La sua capacità di parlare degli eventi vissuti senza calare verità dall’alto, ma semplicemente raccontando ciò che aveva visto di persona, mettendoci dentro i sentimenti e le emozioni… del momento in cui aveva vissuto i fatti. L’identificazione scattava quasi automatica” (203).

“Cosa sarebbe successo – si chiede Guido – se… fosse salito al Quirinale un inquilino meno coraggioso e dai principi meno solidi di Scalfaro?”. Ma è come chiedersi come sarebbe andata con una Bibbia in cui Adamo fosse nato da una costola di Eva. Di sicuro avrei optato per la creazione contemporanea. Il suo è un manuale di storia. Ne sperimenta la metodologia. È sistematico, dettagliato, sostanziato dalla prova degli eventi e dagli atti posti alla base delle notizie, da testimonianze dirette, da note puntuali ed espansive. Ed infatti si specifica che quanto riportato si è appreso da Scalfaro, familiari, amici, colleghi, approfondito e riscontrato su documenti, resoconti parlamentari, atti pubblici e privati, mass media (8-9). L’autore, se volesse, potrebbe aspirare ad una cattedra universitaria. Trasmettere un secolo, osservato dal di dentro, formerebbe senz’altro studentesse e studenti per comprendersi ed ideare il loro progetto.

La storia! La mia impressione è che ci ammaestrino con quella delle guerre, dei condottieri, non degli esseri umani. “Gli antichi ci hanno lasciato dei modelli di poemi eroici… e noi non possiamo ancora abituarci all’idea che per questa nostra epoca una storia così fatta non ha senso” (Lev Tolstoj, Guerra e pace). È sempre esigua la storia sociale, il suo sviluppo, quello delle donne e degli uomini, di bambine, bambini, adolescenti, anziane, anziani. E troppo spesso è orientata, o comunque soggettiva. Quando lo storico non è fazioso, è comunque, sia pure inconsapevolmente, influenzato dalla sua cultura, filosofia, religione, ambiente, esperienze. Il testimone vede più facilmente quello che vuole vedere, o almeno è predisposto a vedere. “L’uomo crede più facilmente vero ciò che preferisce sia vero” (Francesco Bacone, Novum organum).

Eppure Guido riesce ad essere neutrale, o comunque tenta con tutte le sue forze… perché Oscar Luigi è affascinante… adescatore. Io lo amo a prescindere! Sì, gli errori li ha commessi, ma è l’insieme che lo rende puro. Sono gli ideali e i sentimenti che lo definiscono. E il testo dimostra che a volte ideali e sentimenti condizionano la storia più dell’economia, della sete di gloria, denaro, potere, dell’arroventata dottrina religiosa. E conferma che possono influire anche i malvagi e i lestofanti, ma la civiltà la dipingono i saggi e i galantuomini.

Infatti in assenza di alcune decisioni di Scalfaro, in linea con i suoi valori, che poi sono quelli costituzionali, la narrazione italiana avrebbe potuto salpare per maree turbolente. Si pensi al tentativo berlusconiano di subordinare alle sue esigenze la soluzione della crisi di governo che sfociò nell’esecutivo di Lamberto Dini nel gennaio 1995 (260-261); o alle invadenze della Chiesa per impedire il governo D’Alema nel 1998 (191-192).

L’opera percorre la storia individuale e quella collettiva con lo sguardo all’umanità intera. È lenta! Si ripete! A volte se ne fiuta il tormento impaziente e la fatica. Scalfaro difende la Costituzione! Sempre! Dalle picconate del suo predecessore Francesco Cossiga (148) e da quelle di Silvio Berlusconi. Sarà negli anni l’unico muro sul quale si schianterà la sua poderosa macchina da guerra (174). Anche dopo il settennato. Siamo nel 2006. Si avvicina il voto referendario costituzionale contro la revisione berlusconiana. È presidente del comitato per la difesa della Costituzione. Gira l’Italia intera (199). Guido annota: “Questo anziano signore di ottantotto anni che ha contribuito a scrivere la Costituzione, che si è trovato a doverla applicare con puntiglio in anni difficili, che l’ha difesa in prima persona contro gli attacchi e che adesso è lì, in trincea, a guidare il fronte che vuole evitare che venga stravolta, diventa agli occhi di molti un esempio da imitare e da seguire. È lui che fa la differenza nella campagna referendaria” (200). Oh, Guido, ti sento fratello! Sono legato anch’io alla maratona di Scalfaro! Da una telefonata di Vittorio Iannelli, il suo consigliere per la sicurezza: “Michele, sono qui con il presidente Scalfaro. Stiamo rileggendo il tuo libro ‘Vi racconto la Costituzione‘ per focalizzare spunti da usare nei dibattiti!”. Che bella la mia vita! Il presidente rilegge il volumetto che gli donai nel 1995. Dopo undici anni! E per trarne idee per i suoi tour referendari!

“In questa Costituzione ci sono scritte tutte le regole della democrazia… perché un popolo possa convivere nella pace e nella serenità in modo collaborativo, costruttivo, solidale” (43). “Il compito del capo dello Stato non è quello di essere equidistante tra due parti politiche… (ma) di garantire il rispetto della Costituzione… senza guardare in faccia a nessuno” (137). “L’Italia è viva… piena di energie che aspettano solo di essere liberate” (46).

Nel ’98 Scalfaro, in ossequio alla laicità dello Stato, tutela il nascituro governo di Massimo D’Alema rigettando le pressioni degli alti prelati, per i quali era intollerabile un comunista a Palazzo Chigi. Il capo dello Stato spiega direttamente a papa Wojtyla la centralità costituzionale del parlamento… e lo convince! (191-192). Come nel congresso della Democrazia Cristiana del 1952 criticò l’ingerenza di Pio XII che tentava di imporre alla Dc l’alleanza con il movimento sociale in Campidoglio (192).

Sempre alla luce del dettato costituzionale, da deputato, appoggia l’uguaglianza fra uomo e donna (83-84); da sottosegretario all’interno introduce la polizia femminile (84); è il primo a nominare una donna come sua consigliera, Magda Zucco; e come giudice della corte costituzionale, Fernanda Contri (85). Guido ironicamente auspica più che l’emancipazione femminile, quella del pensiero maschile (225).Un altro asse portante è la verità. Guido la esplora con costanza. Non ammette le falsità, specialmente quelle su Scalfaro, che le ha sopportate con pacatezza. “Chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un malfattore! (Bertolt Brecht, Vita di Galileo). Applica i criteri enucleati da Aristotele fino a Bertrand Russell, passando per San Tommaso D’Aquino, e sottopone ogni asserzione ad una rigorosa analisi per accertarne la rispondenza con il complesso delle enunciazioni già ritenute vere.

Ci insegna che la nostra verità può non essere la verità, ci avvia all’apertura mentale, ad intrecciare dubbi che avvicinano al vero, non certezze preconcette che ce ne allontanano. Ed in questo fondersi e confondersi di esitazioni germoglia la verità. La ricerca non è la verità ma solo lo strumento per rinvenirla, per depurarla dalle scorie che le hanno appiccicato addosso i bugiardi. La verità vi rende liberi! (Vangelo di Giovanni, 8:32). Se si perde la verità, si perde la libertà!

Negli ultimi capitoli lo screening riguarda quattro vicende controverse che vengono chiarite con lo scrupolo dell’investigatore: – la complicità di Scalfaro nella condanna a morte di sei repubblichini nel 1945 (209 ss..): non solo non è né pubblico ministero, né giudice, ma si adopera per loro a livello umano; è invece Pm in un altro processo in cui è costretto dalla legge a chiedere la pena di morte, ma subito dopo, nella stessa aula, la contesta, e dichiara di non credere a tale tipologia di sanzione; poi chiede la grazia e la ottiene (220-222); – lo schiaffo alla donna in decolleté: verifica con un accurato esame di testimonianze e documenti che non è mai stato rifilato (225 ss..); – il caso Sisde, palesa nei particolari l’inconsistenza delle accuse (237 ss..); – il ribaltone a danno di Berlusconi (253 ss..): ricostruisce tutto meticolosamente, come le tre richieste del cavaliere: lo scioglimento delle camere, le elezioni immediate, la sua guida del governo elettorale (260); ma Scalfaro gli precisa che, in caso di accoglimento, violerebbe la Costituzione e favorirebbe una delle parti; e a velate minacce oppone una risposta piccata (261).

Quanti valori albergano nella mente del presidente! Ma i suoi sentimenti sono unidirezionali, convogliati sulla figlia Marianna. Nel 1943 sposa l’amatissima Mariannuzza, che ha appena 19 anni (29). Nel ’44, venti giorni dopo il parto, “la vede spirare mentre la tiene tra le braccia… quando ho visto Mariannuzza chiudere gli occhi e spirare ho avuto la sensazione che dio fosse lì con noi (31).

Quel dolore eterno è però superato dall’alba di Marianna (30), che lancia urletti e poi sgambetta a casa dei nonni e degli zii paterni, mentre suo padre inizia la carriera pubblica. Le vuole un bene smisurato, anche se le occasioni di condivisione sono limitate; eppure si diffonde un’atmosfera di pienezza, di totalità, come se sorgesse un microcosmo esclusivo: loro due soli! Infrange però una teoria preminente della psicologia dell’età evolutiva: a bambine e bambini non basta la qualità della relazione, occorre anche la quantità: è un errore che lo accompagna per sempre. Nel maggio del ’99, quando lascia il Quirinale, rivolge un’ultima preghiera a Dio: “mi piacerebbe avere a disposizione un po’ di tempo da dedicare a mia figlia Marianna che ha subito questo padre tutto dedito alla politica e alla quale sento di non aver dato tutto il tempo che sarebbe stato giusto” (199).

Oso immaginare quella bimba vispa d’affetto, che gattona agile e briosa per le stanze e corre a stringersi alla gamba del papà appena arriva… e non la molla fino all’ultimo… quando va via… e piange… e poi è forte, determinata e tenera, coraggiosa e mite, intelligente, brillante senza ostentazione, curiosa e riservata, pacifica e battagliera quando è necessario… ma più di ogni altra cosa è amorevole. Oggi ha settantasette anni! È laureata in psicologia e teologia, e, dopo la fine del mandato di suo padre, si è dedicata alla pedagogia nelle scuole dell’infanzia e primarie. Dopo la morte del papà si è prodigata per l’assistenza di persone prive di vitto e sussistenza economica della comunità di Sant’Egidio, anche donando l’antica abitazione novarese per destinarla agli immigrati senzatetto e agli anziani indigenti (204).

Quando il papa è in visita ufficiale al Quirinale si accuccia accanto a lui senza inginocchiarsi : “Santità, debbo chiederle due cose. Perché è così difficile aiutare i poveri? E perché la Chiesa spesso si mostra così attaccata al potere?”. “La seconda non l’ho capita”. “No, Santità, lei ha capito benissimo”. Con un sorriso benevolo da nonno a nipote birichina “È vero, ho capito…” (193). Nel suo ruolo di first daughter, prima figlia, detta prassi di sobrietà al mondo del Quirinale (150). Negli ultimi minuti al Colle, il papà avanza lungo il vialetto interno che porta alla piazza, lei è “quattro passi davanti a lui… poi improvvisamente, rompendo le fredde norme del cerimoniale… si ferma e si volta. Gli va incontro, lo accarezza e lo abbraccia… (198).

Michele Del Gaudio


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