“La captazione si può definire ‘una rapina delle poche risorse ancora disponibili’ , la distribuzione ‘ un colabrodo’, la depurazione completa ‘ una meta da raggiungere’ ed il riutilizzo delle acque reflue una ‘ semplice chimera’.”
Se ne parla poco e spesso in modo confuso, approssimativo. Invece siamo in piena siccità soprattutto nel ponente savonese. Nell’imperiese il tema è dibattuto già dai primi di agosto con titoli e locandine, le puntuali polemiche e strascichi. E’ colpa di….Bisogna che…. Alle prese con ‘rubinetti asciutti’ e ausilio di autocisterne. Ordinanze sindacali antispreco hanno fatto la loro comparsa anche in alcuni comuni della provincia di Savona.
Trucioli.it ha chiesto ‘aiuto’ diremmo ad un ‘vecchio saggio’ che non deve competere ad alcuna carica pubblica, non ha più velleità di potere. Si affida solo alla sua memoria storica, alla conoscenza del territorio, di come eravamo e come siamo oggi, il suo impegno nella società civile, Gianluigi Taboga, presidente emerito di Assoutenti Savona. Molte amarezze, poche soddisfazioni, l’esempio del cittadino che non si rassegna.
Taboga testimonia, analizza, riflette: “Mentre i consumi di acqua stanno raggiungendo livelli della massima intensità per il grande caldo e per la presenza record di tanti turisti, perdurano condizioni meteorologiche di siccità tali da mettere a dura prova le risorse idriche esistenti. Nel ponente savonese , salvo qualche acquazzone di brevissima durata non piove da mesi; i torrenti sono in secca, la terra é riarsa e le coltivazioni agricole intensive, gli orti famigliari e i giardini stanno trasformandosi in una steppa desertica”.
Con qualche fortunata eccezione. Ne siamo, a nostra volta, testimoni con la coltivazione di un orto e frutteto in via Dei Fei, a Loano, vicino al Nimbalto, con un profondo pozzo di fine 800 che non ha mai cessato di donare acqua fredda e cristallina. Ma sarà ‘depredato’, come è accaduto, ad esempio, a Finale Ligure, qualora si realizzasse la galleria dei binari a monte. Proprio le principali sorgenti del comprensorio finalese si sono prosciugate, Varigotti inclusa, ci ha confermato un esperto, l’ing. Camillo Enrile che è anche un imprenditore del settore acquedotti nella zona tra Andora e Finale. E bisogna dire grazie alla San Lazzaro se Loano non ha più avuto problemi, contrariamente a quando la gestione dell’acquedotto era comunale e nei bilanci di Palazzo Doria pure un ‘pozzo senza fondo’. L’impresa Chiarlone di Albenga fece affari d’oro.
Non dovrebbero essere intaccati, invece, dal nuovo tracciato ferroviario se sarà realizzato, i preziosi pozzi presenti lungo il Varatella, sempre secondo Enrile; riforniscono acqua a Borghetto, Loano, Toirano, Boissano, Ceriale. Un importante vena d’acqua del resto era già stata deviata con la costruzione della galleria dell’Autofiori sotto il Monte Piccaro.
Ancora Taboga: “L’acqua è una risorsa preziosa e va utilizzata con parsimonia, evitando ogni spreco per garantire la vita in ogni zona del nostro pianeta. L’abitudine a considerare l’acqua un bene inesauribile è smentita dai fatti; occorre non aspettare il razionamento forzato, per porvi rimedio. Bisogna agire in tempo utile con il nostro virtuoso comportamento quotidiano e il solo buonsenso. Augurandoci che finalmente il ristoro di una salvifica pioggia, rinverdisca la naturale bellezza della nostra Riviera”.
Il presidente Taboga incalza ed allarga il suo orizzonte: “Mentre esiste una concreta e giustificata preoccupazione per la pandemia del “covid 19” e la vittoria da tragedia dei Talebani è cosa fatta, si palesa anche la superficialità con la quale affrontiamo i temi più importanti per la sopravvivenza stessa della nostra e delle future generazioni”.
“Ritorno alla salvaguardia dell’ambiente; preoccupa che vengono oscurate le cause che ne generano il degrado, cosa che succede per l’acqua e il suo ciclo completo: dalla captazione, alla distribuzione, alla depurazione ed al riutilizzo delle acque reflue”.
“Riferendoci al territorio del ponente ligure, dobbiamo ancora una volta sottolineare la politica fallimentare fino ad ora perseguita, dove la captazione si può definire “una rapina delle poche risorse ancora disponibili” , la distribuzione ” un colabrodo”, la depurazione completa” una meta da raggiungere” ed il riutilizzo delle acque reflue una“ semplice chimera”.
“Per la persistente siccità si aggravano i provvedimenti riguardo un consumo consapevole e parsimonioso dell’acqua potabile, le maggiori ripercussioni si avvertono proprio in provincia di Imperia e di Savona per quanto riguarda l’utilizzo anche in agricoltura e per l’uso irriguo di orti e giardini – rimarca Taboga. Come succede in casi del genere facile è la strumentalizzazione politica, con reciproche accuse e conflitti verbali che sfociano spesso anche in azioni di carattere giudiziario per palesi violazioni delle norme vigenti in materia.
“In Italia il recupero delle acque reflue depurate è irrisorio e pari a meno dello 0.50% dei terreni irrigati, con uno spreco scandaloso che grava sulle spalle degli utenti e danneggia l’agricoltura in maniera gravissima sia dal punto di vista economico che ambientale.”
La necessità irrinunciabile per gli agricoltori, sostiene Taboga, è quella di attingere sempre più in profondità l’acqua dai pozzi artesiani; tutto ciò provoca un ulteriore abbassamento della falda e la conseguente infiltrazione del “cuneo salino” con inquinamento irreparabile dovuto anche all’innalzamento progressivo ed inesorabile del livello marino. Interi territori, come le Piane di Albenga di Andora e di altre località, stanno correndo rischi altissimi di una vera e propria desertificazione.
Nel frattempo ( quando piove…. ? ) milioni di metri cubi di acqua non sono in alcun modo trattenuti, producono danni e finiscono in mare; stessa sorte tocca alle acque reflue che, depurate a costi altissimi finiscono, in mare al 100%.
In Italia l’agricoltura utilizza circa il 50% dell’acqua disponibile ed è costantemente assetata per produrre quanto occorre alla nostra sopravvivenza ; serve quindi la condivisione del processo depurativo seguendo le norme indicate dall’ Ue che, con scadenza nel 2024, prevedono l’armonizzazione delle normative nazionali con il regolamento europeo sui requisiti minimi dell’acqua di riuso che ,dopo 6 anni di gestazione , è già attuativo prevedendone l’obbligatorietà in campo agricolo.
E in conclusione Taboga: “Esistono tutti i presupposti per agire in tal senso, il non farlo rasenta l’inverosimile, perché una volta depurate le acque reflue , con la creazione di una dualità delle linnee di distribuzione , come a suo tempo prevedeva la legge Galli , vanno riusate. Come visto l’impiego in agricoltura, ma anche in altri usi industriali, rappresenta un tassello essenziale per il futuro di tutti noi. Dai responsabili servono risposte concrete e tempi certi”.