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Un medico denuncia: la scure sugli ospedali di Acqui con le sue terme, Ovada e Tortona. Ecco come foraggiare i profittatori privati


Nel numero del settimanale L’Ancora, che segna la ripresa delle pubblicazioni dopo la pausa estiva, compare, con inizio in prima pagina, un articolo dedicato alla Sanità nella zona Acquese, con particolare riguardo all’Ospedale, un tempo, fiore all’occhiello della Città.

di Roberto Borri

Icardi Luigi Genesio è Assessore alla Sanità, Livelli essenziali di assistenza, Edilizia sanitaria. 57 anni, cuneese, laurea in Gestione ed Economia delle Pubbliche Amministrazioni. Esperienza trentennale nel sistema sanitario come funzionario dell’Asl del territorio di Langhe-Roero. Per quasi dieci anni è stato sindaco di Santo Stefano Belbo (Cn), già consigliere provinciale di Cuneo. Vicepresidente della Conferenza dei sindaci dell’Asl Cn2, presidente dell’Associazione dei 52 Comuni del Moscato d’Asti, assessore alle Attività produttive dell’Unione Montana Alta Langa, presidente della Fondazione Cesare Pavese.

L’incresciosa situazione, a quanto traspare anche da articoli pubblicati da quotidiani ad alta diffusione locale e Nazionale, riguarda l’intera Provincia di Alessandria, dove, dopo aver, con colpa quanto mai grave, ridotto al lumicino il glorioso Ospedale Mauriziano di Valenza, ora si tenta di far calare la scure su Acqui Terme, Ovada e Tortona, Presidio quest’ultimo molto antico, visto che la fondazione risale nientemeno che al 1303. L’operazione riguarderebbe il trasferimento dell’Ente preposto alla supervisione dei Reparti di Pronto Soccorso, i quali non farebbero più capo, come doveroso, al Dipartimento di Emergenza ed Accettazione, bensì al Dipartimento di Medicina Interna, con conseguenze facilmente immaginabili.

Nihil sub Sole novum, ma una procedura già vista allorquando, dall’alto, in nome di chissà quali criteri o, sarebbe il caso di dire, con atti scriteriati, si decide di ridurre un servizio pubblico essenziale ad alta rilevanza sociale per poi sopprimerlo o, peggio, costringere i Cittadini a foraggiare i vari profittatori privati: è successo con il trasporto, in primis, quello ferroviario, con la programmazione di servizi ad orari assolutamente inutili, in maniera tale da giustificare la scarsa utenza e così porre le basi per sospendere l’esercizio su di un terzo della rete, finanziando però autobus che trasportano aria, con la Pubblica Istruzione, dove, pur essendovi un adeguato numero di allievi non vengono istituiti i corsi, in un ambito che spazia dalla Scuola Elementare fino all’Università, scelleratamente, salvo poche lodevoli eccezioni, centralizzata su base Regionale ed ora succede con l’ultimo baluardo che il corrotto mondo di un interesse privato, quanto mai da proscrivere, tenta, colpo dopo colpo, di abbattere.

Già da tempo, gli Ospedali delle Città meno popolose sono nel mirino di persone attente solo a far quadrare i conti da un banale punto di vista economico, ancorché, quanto a popolazione, Novi Ligure superi di poco Tortona, ma possa contare su servizi di ben altra caratura, almeno per quanto riguarda l’impianto organico. Oggi, pur di arrivare alla chiusura, si adoperano i mezzi più biechi come quello sopra descritto, per tacere di attrezzature fornite a certi Reparti e, di punto in bianco, avulse allorquando, nelle sfere alte, non di certo né per buon senso, né per nitore morale, si decida che certe prestazioni in quella Struttura non debbano essere effettuate, indipendentemente dalle effettive necessità manifestate dai Pazienti. Analogamente, dicasi per la soppressione di Strutture che, pur avendo una casistica, giocoforza, scarsa dal punto di vista numerico, sono essenziali per offrire un adeguato servizio alla comunità, che, tra i suoi membri, annovera persone già intrinsecamente fragili per età e per malattie pregresse od in atto e la cui fragilità è ulteriormente aggravata o rischia di farlo a causa di un’impossibilità materiale di trovare le cure del caso in tempi e distanze ragionevoli.

La farisaica motivazione, addotta per soppressioni dei servizi negli Ospedali minori ed accorpamento, non scevro da conseguente intasamento, in quelli maggiori, consiste nell’affermare, in maniera molto ostentata, che le cure offerte in un centro, magari superspecialistico, che assista molti Pazienti nell’unità di tempo, siano migliori di quelle offerte nel piccolo Ospedale di una Città non Capoluogo di Provincia, come se i Medici, fatto salvo l’automatismo acquisito con la maggiore esperienza, fossero persone incapaci di ragionare ed agire in scienza e coscienza, come è stato insegnato da che l’istruzione nell’arte medica esiste.

Invero, la ragione di queste dissennate operazioni è il bieco risparmio economico: tenere in piedi una Struttura costa perché occorre personale, anche di elevate qualifiche, da retribuire, nonché locali, materiali, farmaci e presidi, ma, con noncuranza nei confronti della parte più debole della popolazione, si cerca di tagliare questi costi, probabilmente per ricavare, nelle pieghe del bilancio così, almeno in (piccola) parte, risanato, vantaggi su cui è opportuno tacere, anche perché trattasi solamente di meri sospetti.

Resta tuttavia il fatto che l’Ospedale di Acqui Terme ha visto il Dipartimento di Emergenza ed Accettazione ridotto ad un Pronto Soccorso semplice, nell’ambito del prefato Dipartimento, ma che, ora, si vorrebbe facesse capo al Dipartimento di Medicina Interna, la riduzione del Servizio di Ginecologia ed Ostetrica da attività di Reparto e Sala Operatoria a mera attività ambulatoriale, con la mai troppo rimpianta chiusura del Reparto di degenza e del punto nascite, la chiusura del Reparto di Cardiologia, con i Medici che fanno capo al Reparto di Medicina Interna e non già al Dipartimento di disciplina, senza poter contare su di una Divisione propria, la chiusura del Reparto di Urologia, con il servizio ridotto a mera attività ambulatoriale e parte chirurgica limitata a soli casi d’elezione, gestiti da un solo Medico specialista e, in caso di necessità, coadiuvato, in Sala Operatoria da un Chirurgo Generale, per non parlare di tanti altri Servizi, anche dotati di Reparto proprio, gestiti da un solo Primario che deve sobbarcarsi l’attività su molti Ospedali diversi. Ovviamente, discorso potrebbe essere ripetuto, con lo stesso canovaccio di base, nel descrivere la situazione vissuta in altri Presidi.

Va dato atto che quest’incresciosa situazione si è venuta a creare con il numero insufficientemente programmato di posti disponibili per la frequenza tanto al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, quanto ai corsi di specializzazione nelle varie discipline, nonché al voler demandare all’Ospedale azioni che, un tempo, erano compiute dai Medici generici o di famiglia che dir si voglia o, nell’ambito dell’Ospedale, al Medico operante nella saletta del Reparto di Pronto Soccorso, indipendentemente dalla sua specializzazione, il tutto condito con il non trascurabile esodo di professionisti, non solo per pensionamento, ma anche per abbandono del Servizio Sanitario Nazionale, a causa delle situazioni di lavoro insostenibili, come certi Ospedali i cui Reparti debbano fornire Medici a quello di Pronto Soccorso dello stesso, ma anche di altri Ospedali.

Nondimeno, il fenomeno era noto da tempo e vi era ampio margine di possibilità per correggere queste derive, che potrebbero rivelarsi estremamente pericolose, poiché potrebbero preludere, se non alla privatizzazione integrale del sistema sanitario, ad un numero sempre maggiore di Pazienti che ricorrerà a cure erogate in regime privatistico, in solvenza diretta o tramite assicurazione, ma, ai nostri giorni, l’importante sembrerebbe essere la creazione di occasioni di profitti, meritati o no quali essi siano e, in un clima di questo plumbeo colore, il primo a risentirne è il Servizio di Pronto Soccorso, insieme alla Chirurgia d’urgenza, attività poco gradite a quei privati, singole persone o gruppi finanziari, che puntano ai facili introiti derivanti da cure in elezione e senza complicazione alcuna.

Più che mai, è doveroso domandarsi se una Città debba essere privata di un servizio come quello sanitario, che, in passato, ancorché con minore disponibilità di mezzi, era erogato in maniera eccellente ed, a maggior ragione, la domanda non suona affatto retorica per una Città come Acqui, che, grazie alle terme, esprime anche nella sua denominazione, una vocazione sanitaria.

Roberto Borri

 

BORRI ROBERTO


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