Orlando Boccone è conservatore del Museo Etnografico della Val Varatella in Toirano, di fatto da lui promosso e comunque al suo interessamento si deve la maggior parte delle acquisizioni museali, il coinvolgimento con i toiranesi più sensibili ai valori della propria storia e della propria tradizione. Fortunata Toirano ad avere un personaggio difensore, valorizzatore e propagatore della propria cultura, massime in questo periodo di sconcerto relativistico se non tirannico. Dove si possono ammirare sculture e i dipinti che si conservano nelle dieci chiese del paese.
di Gian Luigi Bruzzone
Caro Orlando, vuol parlare dei suoi studi? da qualche insegnante ha appreso consigli indelebili?
Ricordo con molto piacere e nostalgia gli studi svolti nella bella Firenze, presso la Nuova Accademia, nelle aule al primo piano del secondo colonnato del chiostro dei canonici di S. Lorenzo, a pochi metri dalla splendida Biblioteca Medicea Laurenziana e al mausoleo dei principi dove si fondò per la sua costruzione il celeberrimo Opificio delle Pietre Dure. Anche le indimenticabili lezioni all’Università, tenute da diversi docenti, riguardanti i temi precipui della storia dell’arte fiorentina e senese dei secoli XV e XVI, rimarranno indelebili nella memoria. Il mio indirizzo però non era sull’arte aulica, bensì sulle “arti minori”, poi chiamate “arti applicate”, disciplina altrettanto importante per la Storia dell’Arte.
La bellezza dei manufatti sia sotto il profilo artigianale, sia artistico, mi hanno sempre affascinato; conoscere i materiali, le lavorazioni specifiche, le provenienze di certe pietre o legni ricavati da essenze esotiche o nazionali, i tessuti con le varie fibre, dalle più umili alle più rare (seta, bisso, filati in oro e argento), le gemme minerali in generale e quelle organiche, insomma tutto ciò che poteva aprirmi un mondo sempre ammirato, ma soprattutto legato ai fautori, spesso sconosciuti, e le loro botteghe dove progettavano simili capolavori, o umili realtà popolari dove l’ingegno era portato al massimo livello per necessità. Nella mia ricerca appassionata di approfondimento, professori sensibili mi suggerirono consigli rivelatisi fruttuosi.
Vedendomi così caparbio, assecondavano le mie domande, proponendo durante le lezioni – per niente leggere ma pregne di nozioni e riferimenti bibliografici – argomenti sempre interessanti che potevo riscontrare con ricerche nelle diverse realtà che Firenze magnifica offriva ad ogni angolo. Così ho conosciuto il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, dove ho ammirato i disegni di Michelangelo Buonarroti, Leonardo Da Vinci, Sandro Botticelli, Andrea Del Sarto ed altri celebri autori. Conobbi la biblioteca dell’abate Francesco Marucelli (Bibliotheca publicae maxime pauperum utilitati) dove per la prima volta ho potuto consultare alcuni manoscritti miniati e incunaboli con le preziose legature; la Biblioteca Nazionale Centrale, in particolare il fondo Targioni Tozzetti in cui si conserva uno tra i primi cataloghi di un museo barocco, quello di Ferdinando Cospi illustrato dai rami incisi di Giuseppe Maria Mitelli che utilizzai per un esame. Associo a questi luoghi il ricordo del museo Stibbert, il museo Dovizzi Davanzati (museo della casa fiorentina antica) dove ricercai le poco note maioliche di Caffagiolo, e le famose – per i conoscitori, non per un ventenne come me – maioliche quattrocentesche decorate a foglia di quercia detta “zaffera a rilievo”, oltre le splendide armature dei maestri corazzai e spadai tedeschi, veneziani e bresciani decorate con superbe ageminature (intarsi di metalli come oro e argento). Questi sono solo alcuni dei preziosi ricordi della mia giovinezza.
Com’è nata la sua passione per l’arte?
La mia famiglia ha sempre ammirato tutte le espressioni culturali ed artistiche, lasciandomi agire liberamente secondo la mia sensibilità. Una parente maestra, molto severa, la chiamavano goliardicamente “a méstra mangia matetti“, zia di mio padre, mi regalò a sei anni un libro illustrato in formato album, sugli episodi più famosi della Bibbia tratti e rielaborati da opere famose, soggetti per i quali nutrivo una grande ammirazione, le cui gesta raccontavo sino allo sfinimento ai miei coetanei e insegnanti. A questo seguirono i “libretti” per le ricerche che collezionai sino a dieci anni: regioni d’Italia, stati europei, le antiche civiltà sumera, egizia, fenicia, greca e romana, di cui studiavo aneddoti e vicende per puro piacere ed oltretutto ne ricopiavo opere che vedevo nelle numerose illustrazioni, e spesso le ritagliavo dai giornali che giungevano in casa.
Iniziai le prime raccolte a sei anni assieme ad alcuni amici di Toirano: collezionavamo insetti e aracnidi, poverini, che catturavo con un retino durante il periodo estivo suscitando ribrezzo a molte persone che mi vedevano fermare con spilli scorpioni, ragni, scarabei, libellule e farfalle. La collezione si allargò con le conchiglie, che raccoglievo e pescavo nel vicino mare creando non poche ansie a mio padre che mi veniva a cercare quando smarrivo il tempo del rientro a casa. Alle conchiglie locali aggiunsi a sette anni quelle che mio padre mi regalava, acquistate in Alassio, splendidi esemplari provenienti dai Caraibi, che ancora conservo e che utilizzai in una mostra organizzata in seconda media.
Raccoglievo tappi di tutte le sorte, monete italiane e straniere, così i francobolli di ogni nazione, raccolta che mutai a diciassette anni restringendola agli antichi stati italiani e al Regno d’Italia. Figurine in tutte le tematiche. Ero la disperazione di mia madre in quanto invadevo con i miei “reperti” tutta la casa. Anche le esperienze vissute in parrocchia mi diedero spunti più specifici sull’iconografia sacra. Don Leandro Caviglia, parroco di Toirano negli anni 1966-81, raccontava a noi ragazzi la storia dei Santi venerati nel nostro paese, facendoci ammirare le sculture e i dipinti che si conservano nelle dieci chiese del paese.
Facevo il chierichetto, ero piuttosto irrequieto, e per farmi stare bravo mi interrogava sui vari episodi della vita di S. Martino vescovo di Tours affrescati sulla volta della chiesa, alternando le mie risposte a scappellotti costanti. L’interesse verso l’arte sacra lo maturai con don Fabrizio Fabris, anch’egli parroco del mio paese negli anni 1982-91, che puntualmente riscopriva dagli annessi della parrocchia “altari alla romana”, conopei lignei, fanali processionali ed altro, oltre a splendidi paramenti serici, per citarne alcuni, talora utilizzati nelle celebrazioni solenni. Credo che attorno ai dieci anni capii il valore dell’arte, favorito in primis dalla passione verso tutto ciò che per me era bello e interessante, coltivandolo con un’adeguata preparazione fondata sullo studio, guidato da eccellenti maestri che ho avuto.
Gli anni fiorentini sono possesso perenne della sua memoria, non è vero?
Di sicuro rimarranno fra i ricordi più belli della mia vita, non solo per la formazione ma anche per le numerose persone che ebbi la fortuna di conoscere e frequentare, alcune delle quali purtroppo perse in questi ultimi anni. Firenze fu basilare anche per l’acquisto di piccole opere calcografiche reperite presso il mercato dei Ciompi e in botteghe sparse per la città. Acquistai cinquecentine rilegate in pelle tra le quali la De Civitate Dei di sant’Agostino, edizione veneziana del 1520, alcuni manoscritti riguardanti attività orafe toscane del XVIII sec. con progetti di incastonature di cammei in onice sardonica, e tanti altri piccoli oggetti che potevo permettermi con i lavori svolti nel periodo estivo presso alberghi. Non era un collezionismo fine a se stesso, ma una vera scuola per formarmi come conoscitore in questo campo molto vasto.
Mi perdoni, Lei non vorrà sentirlo dire, ma chi la intervista non conosce uno studioso, sia pure accademico, più esperto di Lei nelle tecniche artistiche! Forse ne predilige qualcuna…
La ringrazio per il complimento, che solo in piccolissima parte penso di meritare soprattutto per il tempo che impiego nella ricerca storica, per il resto mi sento spesso incompleto, sotto il profilo della conoscenza. Ritengo sia fondamentale il continuo studio, soprattutto su ciò che sembra scontato, come gli utensili, i materiali d’uso quotidiano, che si danno per banali ma che non lo sono per niente. Non ho una particolare predilezione per qualche tecnica artistica in quanto tutte mi appassionano, non voglio essere presuntuoso. Ogni volta che devo schedare un oggetto, sia artistico sia di uso comune, mi si schiude un mondo dove tutto il bagaglio di conoscenze viene messo in discussione, confrontato con altri casi simili e cerco di approfondirlo come merita. Probabilmente tale approccio nei confronti di queste testimonianze mi ha creato una serie d’incomprensioni, imputabili anche ad un’errata considerazione sull’approfondimento di queste tematiche ritenute marginali. Oggi purtroppo c’è la tendenza a banalizzare e rendere scontata la storia “umile” degli ultimi due secoli; “tanto sono cose che tutti conoscono e che hanno in casa”, così mi sento dire a riguardo dei materiali che conservo nel Museo di Toirano. Per fortuna non tutti la pensano così!
Il progetto del Museo Etnografico è sbocciato così…
L’allora sindaco di Toirano dott. Marco Bertolotto mi chiese nel 1996, come consulente esterno, una sistemazione dell’unica sala sull’olivicultura del “Museo della civiltà contadina” , organizzata nel 1985 dal sindaco il prof. Gino Parodi e da alcuni volontari del paese. Iniziai ad inventariare solo alcuni di quei materiali che mi sembravano significativi per antichità e valore artigianale. Al termine di quel lavoro proposi, se avessi trovato consenso nella popolazione, d’incrementare la sezione e magari aggiungerne altre. Così avvenne. Molti toiranesi mi aiutarono nella ricerca di nuovi oggetti e negli allestimenti che nel tempo si attuarono nella nuova sede presso le scuderie del Palazzo d’Aste – Del Carretto.
Fu un passaparola importante; in un ventennio riuscii, grazie alla fiducia della gente, ad aumentare le raccolte, mostrando aspetti legati al lavoro e all’economia rurale, ai molteplici aspetti della vita sociale, soprattutto attraverso le testimonianze orali e la documentazione ricavata dagli archivi privati locali. Riuscii con difficoltà a ripristinare le sale rimaste vuote del palazzo D’Aste – Del Carretto con l’aiuto della signora Rosalia Bertone, figlia del manente del marchese, che m’indicava la funzione di ogni ambiente e il tipo di arredo presente in quel luogo al tempo del marchese Alfonso del Carretto. Tutto questo fu possibile nel tempo grazie al sostegno del Comune di Toirano; spero con fervore mantenga quest’attenzione anche nel prossimo futuro, considerando questi beni una fonte di ricchezza per il nostro paese.
Il Museo conta ormai decenni di vita operosa e benemerita. Se crede, può tentarne un bilancio, non senza accennarne la struttura espositiva.
Come precisato, il Museo nasce e cresce da una sinergia tra la gente e l’istituzione comunale. Orlando è solo colui che conserva le notizie e le testimonianze di questa civiltà locale, cercando nel modo più attento possibile di tramandarle come gli vengono raccontate. Tutti gli oggetti conservati nel Museo hanno una storia legata alla fatica, alla gioia, al dolore, alla fede, agli imprevisti dovuti ai momenti storici più o meno difficili. Tutto è legato agli aspetti di una vita comunitaria ormai scomparsa, di cui rimangono solo questi preziosi manufatti in attesa di fruitori sensibili e capaci di comprendere le persone che secoli fa li hanno utilizzati in condizioni diverse dalle nostre.
Come Lei sa, ero amico di Carletto Maineri (da ultimo presidente del Tribunale di Genova) della famiglia e del Dr Giovanni Pesce e però Toirano mi suscita struggenti rimpianti e malinconiche rimembranze. Ma Toirano per Lei è …
Carlo Maineri lo conosceva mio padre che era di qualche anno più giovane, io lo ricordo perché regalava le caramelle a noi bambini scorrazzanti in paese. Il dott. Giovanni Pesce, storico locale oltre che celeberrimo numismatico, lo conobbi nel 1992 in occasione di una mostra che organizzai in parrocchia riguardante i libri liturgici della nostra chiesa dotati di incisioni.
Toirano, come molti paesi del retroterra ligure, ha subito una trasformazione radicale. Le antiche famiglie sono in parte estinte. Rimane qualche sporadico discendente che in qualche occasione riesco a vedere quando giungono presso la casa d’origine. Molti nuclei famigliari sono nuovi e sono spesso attratti dal paese per la sua tranquillità e comodità per raggiungere il lavoro nei centri litoranei.
Il borgo con gli edifici medioevali, la bella chiesa parrocchiale, le piazze, è ormai cornice per eventi; i residenti e le nuove attività di ristorazione lo animano, ma tutto il resto è sparito. La lettura di un centro storico così complesso è difficile da spiegare, in quanto legato a mentalità ed economie incomprensibili ai giorni nostri. Toirano è il paese delle mie origini; il nome Boccone (in origine Bocconi) ricorre dal 1300, è una famiglia imparentata con quasi tutte le altre del luogo. Mio padre ricordava i suoi antenati sempre vissuti nella Val Varatella, legati alle loro terre e opifici (u gumbu di Bucui) e la cartiera nella zona del Martinetto, ricordava i dissodamenti dei terreni dei Tanarei e Maccagne coltivati ad olivi e sempre legati alla mia famiglia. Rappresenta anche la tristezza per la sorte dei miei nonni, deceduti il 12 agosto del 1944 sotto le bombe anglo – americane, sorte subita da altri quaranta toiranesi.
Personaggi e vicende della Toirano di ieri.
Questo luogo gronda di storia e di persone che l’hanno vissuta confluendo nella grande storia. Basti pensare agli ordini conventuali benedettino, certosino, domenicano e agli scolopi, che si sono succeduti dal Mille alla fine del Settecento. Personaggi come Giovanni Andrea Corso, terziario francescano, che dopo un pellegrinaggio in Terrasanta si trasferisce nel XVI secolo, con la statua della B. V. Maria donatagli in Spagna dalla Priora delle carmelitane scalze succeduta a Santa Teresa d’Avila, nella mesoamerica dove alcuni asseriscono che a lui sia dovuta la fondazione del primo villaggio della futura città di Guatemala.
Persone di rango come Giovanni Battista D’Aste, generale dell’Ordine agostiniano e sacrista di papa Paolo V. Il benefattore Giuseppe Polla, fondatore dell’Opera Pia retta dai padri scolopi. Pier Giacinto Garassini, conosciuto agli inizi del XIX sec. per i suoi studi sulla vegetazione locale e per il vino d’aranci. Baccio Emanuele Maineri, poligrafo di cui Lei è lo storico e biografo. Il sacerdote Angelo Ferrari, noto predicatore e panegirista nelle parrocchie liguri. Queste ed altre persone hanno dato lustro al luogo.
Personaggi e vicende della Toirano di oggi.
Come accennato, Toirano ha mutato aspetto umano, ha una società uniformata ai tempi. Si cerca di conservare quello che è stato fatto con sforzi notevoli da parte delle varie amministrazioni. L’obiettivo nel complesso è quello di rendere il paese turistico, e in parte lo è, grazie all’attrattiva delle Grotte e in piccola parte anche del Museo Etnografico, e alla posizione intermedia tra il mare e le montagne.
Un incontro memorabile.
Parecchi sono gli incontri importanti e memorabili; spaziano da figure d’intellettuali di spicco ad umili contadini e contadine, boscaioli caparbi, tutti con bagagli ammirevoli di cultura e sagge esperienze di cui in alcuni casi ho fatto tesoro e serbo ricordo.
Un progetto accarezzato…
Non intendo essere presuntuoso, il progetto che porto avanti da decenni è il Museo che spero possa tornare utile ai posteri assieme alle tante tradizioni religiose peculiari a Toirano. Sarebbe un peccato mortale se andassero perse.
Quanto a me, auspico che pubblichi un catalogo-monografia sui reperti custoditi e fruibili nel “suo” Museo.
Sì, accanto alla conservazione dei materiali è opportuno un catalogo, resoconto dell’indagine di studio condotta sugli oggetti, ma soprattutto sulle peculiarità della gente locale. Spero al più presto di darlo alle stampe.
Un restauro quanto mai soddisfacente.
Sono soddisfatto degli interventi svolti al Museo e a riguardo di alcune opere scultorie e pittoriche restaurate presso la chiesa parrocchiale di Toirano, interventi intrapresi gli anni passati, visionati e seguiti dallo stimato dr. Franco Boggero; speriamo di poter proseguire anche in futuro.
Una scoperta emozionante.
Ho accennato la storia di Giovanni Andrea Corso, Juan Corz, di cui si era persa ogni memoria. Fu un padre di Monselice che indagò il luogo d’origine di questa figura di eremita nativo di Toirano. Con i riscontri che l’ordine francescano aveva in America si è potuto risalire alle sue origini nel contado di Genova in cui secondo gli scritti si trovava un borgo chiamato Jurian o Tuiran. Condussi una ricerca e trovai nel libro dei battesimi la data di nascita di Andrea con i nomi dei suoi congiunti. Fu una bellissima scoperta per la storia ignota del nostro borgo.
Quale fascino nel contemplare la grotta di S. Lucia, l’antica Certosa, la parrocchiale di S. Martino con l’adiacente oratorio, quel gioiello della chiesa scolopica….
Condivido questi sentimenti di ammirazione verso queste architetture che distinguono Toirano. Sono patrimoni di cui molti parlano, ma poco si fa. La chiesa parrocchiale e gli oratori dei disciplinanti e del Transito di S. Giuseppe sono in buone condizioni, non è così la clausura con la chiesa di S. Pietro in Vincoli, purtroppo ridotta a rudere da due secoli. Il santuario di S. Lucia è visitabile, grazie ai volontari, sia pure nel solo periodo estivo.
Le grotte…
Splendide, una risorsa che il nostro Comune ha sempre cercato, con tutte le difficoltà del caso, di rendere note al più ampio pubblico: attualmente la consulente scientifica la dott.ssa Marta Zunino conduce importanti studi avvalendosi di professionisti di fama nazionale, sulle dinamiche dei visitatori preistorici di cui si conservano eloquenti testimonianze.
Toirano centro del mondo…
Solo un pochino, soprattutto per le celebri Grotte che devo dire sono conosciute dappertutto.
I felini toiranesi.
Poveri mici: ci sono, ma la comunità ormai è ridotta agli arresti domiciliari, ovvero i gatti sono per la maggior parte all’interno delle case con i loro padroni. I gatti che scorrazzavano per il paese sono un ricordo.
Che pensa della situazione in genere e culturale nella fattispecie del Ponente?
Salvo sporadiche realtà, oltretutto di alto livello, parlo per esempio degli eventi curati dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri, dell’associazione diocesana Ambrogio Paneri, Formae Lucis iniziativa diocesana, e alla manifestazione di Peagna sulla rassegna del libro, trovo che molto si debba ancora fare. La maggior parte della popolazione è completamente digiuna e sempre più si allontana dalle peculiarità storiche e tradizionali del nostro territorio, salvo il coinvolgimento rivolto a manifestazioni temporanee, che servono al momento, ma tutto scivola nel nulla.
Le ore ed i giorni della mia vita…
Sono tutto sommato contento della vita che conduco, anche se frenetica e in alcuni casi caotica. Mi ritengo fortunato di svolgere un lavoro che mi gratifica in quanto è a contatto con la gente di oggi e di ieri.
Che cos’è la felicità?
Dirò cose scontate, ma ritengo sia sapersi accontentare di quanto si dispone e cercare senza frenesia, quando è possibile, di svolgere attività per il bene comune.
Sul far della sera.
Per me è il momento del riposo dopo la giornata frenetica al Museo, naturalmente quando sono ancora ricettivo accompagno il sonno con un buon libro.
Caro Orlando, La ringrazio per aver risposto alle mie domande con gusto e con sincerità. Auguro a Lei, ai suoi Cari e ai numerosi volontari del Museo ore sempre serene e salute.
Gian Luigi Bruzzone
Nota di redazione: trovare una foto di Orlando Boccone, funzionario pubblico, schivo e quasi riservato, pur nel ruolo di Cicerone, tutt’altro che ‘travet’, sui social, web, internet, Facebook, è un’impresa impossibile. Ecco quanto offre ai suoi lettori visitatori nella voce ‘La foto di Orlando’ Un logo significativo per la storia, l’antichità, l’uso nella nostra civiltà. Un modo di porsi al ‘sadismo’ della fotomania dei nostri tempi che tutto contamina e rende persino ridicoli.