Savona, il suo ‘Vesuvio’, dove la pizza degli Amatruda- Termine compie 42 anni. E’ il titolo dell’ultimo fascicolo che il personaggio benemerito Giovanni Burzio dedica alla sua città.Un nuovo capitolo del libro ‘1944 l’anno della storia’ che totalizza 428 pagine. Editoriale Darsena. Si è aggiunto il testo scritto da Luciano Corrado, dopo quelli di Giorgio Amico, Luciano Angelini, Franco Astengo, Giovanni Avonto, Giovanni Burzio, Leila Caola, Carlo Cipollina, Mario Frumento, Giovanni Graziani, Sandro Lorenzini e Adriano Serfino e alle divertenti vignette di Roby Ciarlo.
Giovanni Burzio, ‘elogio dell’ostinazione‘ ha titolato Luciano Angelini già condirettore del Secolo XIX. Nelle conclusioni descrive Giovanni “forte della sua contagiosa ostinazione, richiama ancora una volta, con forza e con l’aiuto grafico dei fumetti, suo primo amore, i valori in cui ha sempre creduto e che gli hanno tracciato la strada maestra: la Resistenza vissuta con gli occhi di ragazzo tra Savona e le Langhe, gli scioperi nelle grandi fabbriche, le grandi lotte operaie, le amicizie indelebili. Una testimonianza forte, intensa. Un messaggio, non un’eredità. Un richiamo alle armi della democrazia, della solidarietà, del lavoro, dell’amicizia, del rispetto. Lasciarlo cadere sarebbe colpevole nel presente, un vulnus insopportabile per gli anni a venire. Non si progetta il futuro se non si conosce e rispetta il passato. Con ostinazione.”
IL TESTO DELL’ARTICOLO IN WORD
( COPERTINA DEL LIBRO A CURA DI GIOVANNI BURZIO)
con la copertina di Aldo De Lorenzo Bellotti. Disegni di: Bellotti, Sergio Lavagetti, Umberto Padovani, Alunni Liceo Artistico ‘Arturo Martini’ di Savona, Fabio Isetta, Matilde Mantero, Penelope Peirano, Veronica Ravera, Lennart Riemersma. Coordinatrice prof.ssa Gardella Nadia Piovo. Referente scuola-lavoro prof.ssa Silvia Sogno. Editor Angelo Benzi.
Nel primo giorno di ‘Vesuvio story‘ servirono una sola pizza. Tra i primi ristoratori di Savona a proporlo anche a pranzo e promuovere il mitico piatto napoletano, famoso nel mondo quanto gli spaghetti. Correva l’anno 1979. E’ una cronaca abbastanza inusuale e ricca di sorprese che ci presenta due famiglie, due cognomi: gli Amatruda e i Termine. Fratello e sorella sposano sorella e fratello. E al ‘Vesuvio’ creano una straordinaria (e unita) comunità di 16 persone. Siamo alla quarta generazione mentre il locale si accinge a festeggiare, nel 2022, il cinquantesimo anno di attività. Con un’usanza quasi devota e virtuosa tradizione famigliare: una volta all’anno, a Natale, tutti insieme, allo stesso tavolo, tra doni, abbracci, auguri, ricordi.
I due capifamiglia sono Carmine Amatruda, 69 anni, Enzo Termine, 66 anni. Natali a Tramonti (NA) il primo, a Licata (AG) il secondo. L’Amatruda dinasty Savonese ha creato un piccolo impero nel mondo delle pizzerie tradizionali. Tutto era iniziato nel 1972 quando il capostipite Francesco Amatruda, agricoltore, emigrato, ha acquistato la Pizzeria Napoletana di via Guidobono 72 quando nella città della Torretta erano già attive le pizzerie Da Nicola, Mario, Grotta Marinara, Capri, Enzo, Cristallo.
Papà Francesco e la mamma Carolina hanno messo all’onore del mondo 5 figli maschi. Oltre a Carmine, Giuseppe, Trifone, Antonio e Gaetano (l’unico ad essere rimasto a coltivare la terra nel paese natale) e tre femmine, Domenica, Anna e Filomena che sposa Enzo Termine e la cui sorella Vincenza, a sua volta, va a nozze con Carmine Amatruda. I destini di vita uniscono e interagiscono tra fratelli e sorelle in un’ammirevole e non comune sinergia di affetti, di aiuto reciproco, comunione di intenti, sentimenti di stima e rispetto.
E’ il ‘Caro Vesuvio’ fonte ed ispirazione del nostro racconto e dei suoi veri protagonisti. Come sono arrivati al traguardo ed al successo dei nostri giorni. Le difficoltà da giovani immigrati, di famiglie semplici alla ricerca di lavoro e fortuna. La vita del piazzaiolo tradizionale, autodidatta, che appassiona e coinvolge, che comporta impegno e dedizione, scuola esistenziale. L’esordio di due nuclei famigliari: madre, padre, figli, nipoti. Nonni e nonne che hanno messo a frutto la loro identità culturale ed etica, usi e costumi, attraverso l’infanzia in Campania, in Sicilia, la gioventù in Liguria e oltre. Figli di contadini che si fanno strada, si guadagnano, giorno dopo giorno, l’onore del mondo, coltivano il buon esempio e la rettitudine, l’impegno a progredire.
E oggi ecco due personaggi che vogliamo ricordare: un Puzzle ormai tutto savonese, ma che pur sempre viene da lontano, con esperienze di vita e di lavoro, di sogni e testimonianze che attraversano la penisola da Sud a Nord.
Carmine Amatruda si racconta. Sono arrivato a Savona il 13 marzo del 1971, avevo 17 anni, precursore tra gli Amatruda. Il primo lavoretto alla Pizzeria Franco di via Dei Mille, mentre trovare un appartamentino, una stanza in affitto, è stato un’impresa diciamo inattesa. Tanti alloggi vuoti ed opportunità, ma alla fine i proprietari trovavano sempre una scusa, finché entravi nella grazie di qualcuno. Ripercorrendo l’agenda del passato ho fatto il viandante e pendolare: da Bassano del Grappa, a Verona, Fidenza, Maiori sulla Costa Amalfitana. Un estate, 1971, pizzaiolo da Stube a Borghetto S. Spirito, la prima pizzeria sorta nella Riviera di Ponente, si lavorava da non credere. A letto dopo le 5 del mattino. Un’esperienza utile e indimenticabile. Ho indossato pure la tuta da operaio alla Brondi&Saroldi, ma ben presto ho capito che non era il mio mestiere.
LE NOZZE – Sorelle e fratelli Amatruda- Termine convolano a nozze nel 1979 dopo aver gestito insieme, per tre anni, da fidanzati, un ristorante a Parma di 400 posti con un giardino all’aperto. Il lavoro non mancava, le soddisfazioni materiali pure. Non hanno pero resisto alla richiamo di Savona diventata ormai la ‘città del cuore’. “Ogni volta che si arrivavo sul Turchino, il cuore cominciava a battere, a farsi sentire, bussava forte la nostalgia del mare” ricorda Carmine.
Anche il ceppo famigliare di Enzo Termine, con mamma e papa dediti al lavoro dei campi, lascia la Sicilia per Savona. Il capofamiglia ha trovato un posto da guardia giurata, il figlio fa il garzone ai mercati settimanali di frutta e verdura, per un periodo occupato in un’impresa che operava in appalto con le Ferrovie dello Stato. Ben presto il capostipite e consorte si trasferiscono a Savona con cinque figli maschi e due femmine.
Carmine ed Enzo decidono di unire le forze comprando la gestione del ‘Vesuvio’, in via del Brusco, centro storico. Rilevano il locale da Santoriello che aveva aperto l’attività da poco più di un anno. I muri invece li comprano nel 1997. Inizialmente hanno gestito, per due anni, pure l’albergo Piemonte, 22 camere, ubicato nello stesso stabile ottocentesco della pizzeria.
L’abito dell’oste, per pochi mesi, l’hanno indossato per primi Carmine e la moglie Concetta. Pochi mesi dopo è stata la volta di Enzo e della sua Filomena. Si dividono fin dal primo giorno le mansioni, i compiti, le responsabilità. Le due donne ai fornelli, Carmine al forno a legna a ‘sfornare ‘pizze e focacce, Enzo cameriere ai tavoli.
Carmine trova il tempo per coltivare l’hobby del calcio seguendo il figlio Daniele, tra gli allievi del Sampdoria, nel Villapiana don Bosco, poi Speranza e fusione con il Lavagnola. Ora Carmine confida: “Non mi sono mai risparmiato nel lavoro e rifarei tutto daccapo. Mi è sempre piaciuto dare il massimo e negli spazi liberi divertirmi, senza sciupare, certo di errori ne ho commessi”. Enzo: “Credo di poter dire che ho sposato soprattutto il lavoro, l’olio di gomiti. Il nostro impegno al Vesuvio: 12- 13 ore al giorno. Una giornata lunga. Con gli anni si sente il peso e a piccoli passi stiamo lasciando il timone, le responsabilità allo spirito di iniziativa dei nostri ragazzi”.
Amatruda e Termine del Vesuvio hanno messo al mondo due figli per coppia, 3 maschi e una femmina. E’ lei che si occupa della cassa, mentre le nuore fanno le mamme, le donne di casa. E frequentano il Vesuvio solo da ospiti. E i nonni, neo patriarchi di due generazioni, sono rallegrati da 5 nipoti maschi e 3 femmine. Non solo, siamo arrivati pure ai pensionamenti. Nonno Carmine e moglie Filomena sono già nella lista dei pensionati da un paio d’anni, Enzo e Concetta lo saranno dal 2022. Hanno ‘staccato’ la spina per modo di dire perchè il ‘Vesuvio‘ resta una sorte di ‘santuario’ per i nonni, quel richiamo non si è affievolito, confortati dal sapere che lasciano in buone mani. Con i ricordi e gli affetti del lungo e glorioso percorso: ‘dove siamo arrivati’.
Il Vesuvio e le sue pagine di storia nella Savona del ‘900 e del terzo secolo. Sono migliaia e migliaia i savonesi che si sono alternati ai tavoli, appartenenti ad ogni ceto sociale: dall’uomo qualunque al massimo rappresentante delle istituzioni provinciali e locali. Imprenditori e professionisti, giornalisti ed artisti, scrittori e sportivi, la Savona che conta e quella che ‘tira tardi’, fino al mondo della cultura e della finanza. Gli habitué del pranzo di lavoro, le cene di coppia e di famiglie, i pranzi delle ricorrenze, delle nozze d’oro. Tra primi clienti abituali dell’album ‘Vesuvio’ i militari dell’esercito, allora il Car. Da qualche anno ai tavoli siedono i marinai di Costa Crociere e turisti eterogenei delle ‘cittadine viaggianti’ in mezzo al mare.
I gusti, a tavola, sono cambiati anche se la pizza, sempre più elaborata, rigorosamente cotta nel forno a legna, rimane il piatto principe e gettonato. E al Vesuvio il manuale d’uso è categorico: maestri nell’arte della preparazione del prodotto madre, fior di materia prima quanto a farine, prosciutti, pomodoro, mozzarella. Gli Amatruda- Termine ripetono: con gli ingredienti non si deve risparmiare e alla ricercasi del meglio che si trovi sul mercato. Un tempo la clientela era soprattutto quella della mezza età, ora la bilancia pende verso il mondo dei giovani, le ore di svago a tavola. Del resto un rito, un’usanza che ritorna.
Quel primo amore al Vesuvio per gli Amatruda – Termine seniores è rimasto intatto, integro, inossidabile, quasi devoto. Dal 2008 il patrimonio famigliare si è arricchito con il prospiciente bar Liro. Come si era fatto con la utile ristrutturazione del Vesuvio (140 posti a sedere), il bar ha beneficiato di un robusto rinnovamento e di nuove opportunità per la clientela. E una pervicacia nella filosofia imprenditoriale: qualità, cortesia, buon rapporto con ciò che si offre a tavola ed il conto che si riceve. Il mai desueto ‘chi più spende meglio spende’. La clientela è un patrimonio umano, quanto quello immobiliare. E migliorare, insegnare, con dedizione e amore la storia famigliare, i suoi valori, le sue identità. Non è mai tempo perso. E’ l’eredità morale.
Luciano Corrado
SAVONA, PRIMI ANNI ’80, COSA RAPPRESENTAVA (archivio trucioli.it)
Agricoltura – 11 azienda e 65 addetti.
Industria – 939 aziende e 5.309 addetti.
Terziario – 4.899 aziende e 20.568 addetti
LE ASSOCIAZIONE CULTURALI – 32