Ventiquattro ore dopo il trionfo salviniano alle elezioni, subito è arrivato un richiamo del cardinale Mueller al Papa, con tanto di lunghissima intervista al Corriere della Sera. La sintetizzo: “Ma come, caro Francesco, hai stretto la mano a Emma Bonino dicendo che è una grande italiana e a Matteo Salvini hai riservato solo roncolate? Occorre correre ai ripari e correggere la rotta perché preferisco uno che invoca Maria e i Santi a quelli che sono laicisti”.
La sintesi è mia personale ma centottanta righe di intervista servivano in sostanza a dire questo. La domanda è: e adesso, che si fa con Salvini? Con una Lega così trionfante e apparentemente destinata a decenni di potere?
I dubbi di Mueller hanno un loro riverbero anche nel nostro microcosmo, persino nel Popolo della Famiglia c’è chi mi invita ad avere “la mano meno dura” con la Lega. Come se il problema fosse la questione dei toni, che in campagna elettorale si alzano sempre inevitabilmente. Avete presente il Luigi Di Maio bullo delle ultime due settimane quando faceva i post scrivendo che Salvini non lavorava e diceva solo “stronzate” (testuale)? Avete presente il Di Maio delle ultime ore, frastornato e a testa bassa, che ha capito che ormai il leader leghista lo ha incaprettato e come si muove soffoca di più? Ecco, se li avete presente, avete capito come i rapporti di forza rappresentino tutto in politica. Altro che le chiacchiere e i toni.
E a proposito di rapporti di forza: adesso, che si fa con il fortissimo Salvini? Ci sono solo due strade conosciute dai cattolici. La prima è quella collaborazionista, sperimentata la prima volta con il fascismo mussoliniano, poi reiterata più o meno sempre, ovviamente con il potere democristiano, con l’arroganza craxiana, con il ventennio berlusconiano, inframmezzato dal tempo prodiano e da quello del Pd di governo. Si sta con il potente, si prova a salvaguardare i propri interessi, si cerca di subire meno danni possibili. La seconda modalità per i cattolici è quella di scavarsi una propria trincea e di combattere: è accaduto con Sturzo e De Gasperi contro Mussolini, persino nella stagione democristiana più conservatrice (Fanfani, Moro, Zaccagnini, Martinazzoli vennero sempre considerati un po^ eretici), certamente in quella dei vari poteri berlusconiani e prodiani, quando la stirpe popolare provò a condizionare i potentissimi (penso a Casini e Follini con Berlusconi, Marini e Bianco con Prodi).
Con Salvini credo si debba partire da un dato di fatto: il riconoscimento di un’alterità. Per me Salvini è un leader pagano, il suo cristianesimo da rosari branditi come amuleti non mi piace, l’icona di Gesù nella sua libreria simbolo della notte del trionfo elettorale aveva accanto l’ampolla del dio Po, il cappellino del Milan e un libro di Himmler e il mix è un po^ agghiacciante. Non gli credo, non mi piace che si stia sempre con il rosario in mano sotto i flash e si dica candidamente di non averne mai recitato uno, di non andare mai a messa. Ma è solo una sensazione, non è mai il piano personale che mi guida in un giudizio politico. Quello che davvero non mi fa credere alla sincerità dei suoi convincimenti è il piano politico, quello dei provvedimenti attuati avendo in mano tutte le leve del potere. Tre negozi di cannabis light chiusi, giusto per avere un titolo sul giornale, poi zero. Triptorelina somministrabile e gratuita senza dire una parola. Foto con il mitra in mano che fa gioire i produttori di armi. Insistenza sulla statalizzazione della prostituzione. Zero euro sulla famiglia, zero provvedimenti contro la denatalità, assolutamente niente contro l’aborto, silenzio assoluto sulla tragedia prossima ventura della depenalizzazione di suicidio assistito e eutanasia. A Mueller mi verrebbe da dire che pronuncia il nome di Dio, è vero, ma invano. E non sono teologo come il cardinale, ma mi pare non sia una gran bella cosa.
Va dunque demonizzato Salvini? Assolutamente no. Salvini è un leader politico intelligente e probabilmente duraturo, bisogna farci i conti. Ha un istinto animale per la costruzione del consenso, ovviamente riesce ad azzannare le viscere dell’elettorato battendo su temi semplici: dagli all’immigrato, l’apparato statale deve essere una vacca da mungere (di qui i condoni, quota 100, i miliardi per le cosiddette grandi opere, gli appalti senza gara), l’Europa non rompa i coglioni e la giustizia si faccia i cazzi suoi, sulle tasse aliquota piatta al 15% per tutti e via. Semplice e persino brutale, ma indubbiamente efficace. Una narrazione coerente e splendida se paragonata ai poveretti del M5S con il loro reddito di cittadinanza che ti dà alla fine 100 euro e se fai richiesta barando ti becchi sei anni di carcere (ti credo che è avanzato un miliardo di euro).
Demonizzare Salvini è un errore e io credo che per i cattolici l’unica strada sia provare a condizionarlo con un soggetto politico autonomo capace di elaborare idee e raccogliere consensi. Il Popolo della Famiglia ha provato a farlo da solo, ma da solo non ce la fa. Serve un impegno diretto della Chiesa italiana a sostenere la crescita di un soggetto che può essere il PdF o comunque come il PdF. La Chiesa finora ha cincischiato perché ha creduto di poter regolare i conti con Salvini opponendosi frontalmente, sostanzialmente passando da un vecchio schema che si poggia sul Pd o addirittura coltivando la tentazione del flirt con Di Maio. Non si può: il Pd e Di Maio sono peggio di Salvini, sono davvero laicisti ormai nella versione zingarettiana e lontanissimi da qualsiasi vera ispirazione cristiana. C’è però lo spazio politico per un soggetto dell’8-10% che non si riconosce nel neopaganesimo salviniano e meno che mai nei partiti laicisti suoi concorrenti.
I vecchi analisti direbbero che “c’è uno spazio al centro” e ora serve una iniziativa ecclesiale per occuparlo, prima di tutto organizzativamente. Sto chiedendo alla Chiesa di organizzare un partito politico? No, questo è compito di noi laici. Ma in ogni passaggio in cui i cattolici sembravano ridotti all’irrilevanza, in oltre un secolo e mezzo di storia patria, il cattolicesimo politico rinascente non è stato ignorato dalle strutture ecclesiali. Ora serve una sinergia tra pastori e popolo per evitare che accada quel che purtroppo il 26 maggio è accaduto, con i praticanti a dividersi tra l’appartenenza organica al salvinismo (con la ruota di scorta del satellite meloniano, della stessa pasta) e chi si oppone costretto a ritrovarsi nei lidi infrequentabili del Pd o del M5S.
L’unica strada politica oggi praticabile, perché la fede è un meridiano che attraversa tutti i paralleli dunque anche quello della politica, è la costruzione di un soggetto politico che raggruppi molte esperienze di mobilitazione fin qui in campo: certamente il Popolo della Famiglia, altre schegge del popolarismo, la vasta platea dei partecipanti ai Family Day, il Movimento per le Vita, la realtà sindacale e cooperativa cattolica, le esperienze di molti movimenti ecclesiali, con una guida certamente indiretta ma spiritualmente affidata a vescovi, parroci, religiose e religiosi nel senso più propriamente sturziano. Sono certo che un soggetto del genere avrebbe la forza di imporsi nel panorama politico con un consenso non irrisorio, comunque non bisogna aver paura di mettersi subito al lavoro.
Un soggetto del genere potrebbe agevolmente diventare ago della bilancia del sistema e, perché no, allearsi con Salvini per condizionarlo decisamente con un pacchetto di proposte che partano dalla vita e dalla famiglia per umanizzare il suo atteggiamento programmatico bullesco e muscolare, partendo invece dai bisogni concreti delle persone. Bisogna fare in fretta perché c’è chi ha scelto la via del cattoleghismo, già ben oltre il collaborazionismo, poi finirà a rispondere agli ordini del Capitano prima che a quelli che arrivano dal Vangelo, per interessi evidenti. E allora sì che si sarà combinato il disastro, con conseguenze pesanti anche sul piano ecclesiale come l’intervista del cardinale Mueller oggi ha dimostrato. Mentre invece secondo me il Papa va assolutamente preservato dal piano del conflitto politico, in particolare italiano.
Ora c’è insomma da darsi da fare, il programma dei lavori da compiere è vasto, ma occorre partire subito. Spero che la titubante Chiesa italiana, capace finora solo di vuoti proclami senza costrutto anche piuttosto irritanti nel suo antisalvinismo di matrice piddina politicamente insipiente, voglia cogliere la gravità del momento e dare indicazioni operative finalmente chiare per l’azione a cui noi laici siamo pronti a dedicarci usque ad effusionem sanguinis.
Mario Adinolfi