Dieci pagine che pubblichiamo ed alcuni allegati, troppo personali che investono la sfera privata di persone, per essere pubblicati. Madame Florette Morand, quando era ancora vivo il marito poeta Aldo Capasso, ci consegnò un memoriale: “Quando io e mio marito saremo morti nessuno ricorderà i fatti, le calunnie, le angherie di cui siamo stati vittime. Non solo da ignoti malvagi che hanno indotto la Procura della Repubblica a disporre gli accertamenti, ma anche alcune cronache locali ci hanno ferito, colpito, messi in cattiva luce. Forse c’erano dei mandanti. Abbiamo sofferto tanto…Avrò fatto degli errori, però quelle menzogne era gratuite, per farci del male…Ecco abbiamo letto tanti articoli che lei ha scritto sul Secolo XIX, compreso quello a proposito dell’avv. Calli di Finale Ligure che aveva collezionato sessanta lettere anonime giunte alla magistratura….”.
A rileggere, oggi parte di quella documentazione ( “Non voglio essere infangata anche da morta…..dagli smemorati….), i coniugi Capasso si trovarono al centro di una vero e proprio diluvio di accuse, provocando l’intervento di vigili urbani, carabinieri, ispettori dei vigili del fuioco, ispettori dell0’USL (ora Asl), l’ufficio tecnico comunale. I coniugi che, a loro volta, lamentavano di essere stati al centro di abusi e soprusi. Si arrivò pure a coinvolgere l’allora neo sindaco di Altare, Idalda Brondi, servendosi del nome del poeta per “fare più clamore’. Protestavano perchè, a loro dire, due corrispondenti locali non avrebbero dovuto fare da megafono a lettere anonime e prima che fosse almeno accertata la verità dei fatti dall’autorità giudiziaria. Ricordano che furono anche scoperti, ma con scarsa eco di stampa, i ricettatori dei gioielli sottratti da casa (Villa) Capasso per un valore di 10 milioni. Lamentava che in due circostanze la loro dimora era stata invasa da materiale fognario e dalle acque del Rio impazzito, esploso sotto terra in due vani dell’immobile, con danni rovinosi, senza aver mai ricevuto una lira di risarcimento.
E concludeva uno degli scritti: “A Lei, con il buon ricordo di sempre, i più cordiali saluti, da Florette Morand anche da parte di mio marito ormai cieco e di recente sottoposto ad un intervento chirurgico”. Forse più che lo sfogo umano nei confronti di chi, tenuto conto della notorietà dei personaggi, esercitava il diritto di informare ( ci si può rivolgere alla magistratura per l’asserita diffamazione, ma Florette scrive che aveva rinunciato), sarebbe stato utile da una parte scoprire il corvo diffamatore, e soprattutto non trovarsi, come accadde, “la casa del poeta fu tra le più colpite dall’alluvione del 1992 e tuttora è l’unico grande sinistrato a non aver ricevuto una lira di risarcimento danni…”.
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