Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Savona, un poeta presidente della Provincia
Ricordo di Angelo Barile maestro di vita di Sansa, Bonino, Riolfo, Marenco, Astengo


Anche Savona e provincia hanno subito, obtorto collo, la riforma inopportuna degli enti provinciali che ha bloccato per due anni le assunzioni, cagionato il trasferimento del personale, ridotto i servizi ai cittadini e alle scuole, ha privato le strade della necessaria manutenzione e ha tolto anche ai disabili, risorse essenziali: <l’unico ideale> che ci ha governato è stato quello economicistico. Si è dimenticato un dettato costituzionale che prevede per le Province. risorse finanziarie adeguate per svolgere integralmente le funzioni di loro competenza.

di Gianfranco Barcella

Angelo Barile poeta e democristiano è stato presidente della Provincia, con suffragio popolare dal 1951 al 19566.

La Corte Costituzionale si è espressa in proposito rilevando anche la violazione dei principi contenuti nell’art.97 della nostra Carta Costituzionale che sanciscono <il buon andamento dell’amministrazione pubblica>. Tre Province in Italia sono attualmente in stato di dissesto finanziario, dieci in <predissesto>. Dovevano estinguersi; poi sono state salvate per il rotto della cuffia dal referendum costituzionale ed ora sopravvivono in un limbo politico, in attesa della resurrezione. Si cerca di metter in atto una soluzione <all’italiana>. La legge di bilancio del 2018 ha stanziato oltre un miliardo di euro per rianimare questi enti che tutti davano per morti; trenta milioni di euro per un triennio per sostenere il rientro degli enti in dissesto o quasi.

Nel romanzo: “Hanno tutti ragione” di Paolo Sorrentino si legge, in proposito, una frase significativa:”Una stanza buia è la Provincia. Come ti muovi, vai a sbattere sempre contro le stesse persone che conosci da quando sei nato”. Dopo le elezioni del 27 gennaio 2019 con un <percorso involuto> della democrazia indiretta, si è insediato per la prima volta, il 5 febbraio 2019 a Palazzo Nervi, il nuovo consiglio provinciale savonese, sotto la presidenza di Pierangelo Oliveri (curriculum….). Ma non è stato sempre così!

Dopo elezioni che hanno impegnato la volontà popolare ha ottenuto la carica di presidente democristiano della Giunta Provinciale Savonese, dal 1951 al 1956, Angelo Barile, uno dei poeti liguri contemporanei più significativi accanto all’amico Camillo Sbarbaro ed al celebratissimo Eugenio Montale. Fu una figura luminosa non solo nel campo della cultura ligure del ‘900 ma si è distinto per la continua testimonianza di fede anche in campo politico. Nato il 12 giugno 1888 ad Albisola Marina, quest’uomo mite di carattere, dai modi squisitamente gentili, umile nei suoi atteggiamenti quotidiani, fu fermo e coerente fino agli ultimi suoi giorni nel propugnare i più alti valori religiosi nella sua opera di amministratore pubblico come nella spicciola quotidianità. Ripensando a lui come politico non si può fare a meno di ricordare il motto di S.Agostino: “Non siamo qui per governare, ma per servire!

Angelo Barile, poeta, è sempre rimasto fedele alla sua idea di poesia come “lievito vivo, pura e musicale voce dell’anima“. Per questo motivo, due anni prima della morte, avvenuta nel Maggio del 1967, lamentava il distacco dell’afflato poetico, dal cuore degli uomini, frastornati dal febbrile attivismo e produttivismo che impediscono il raccoglimento, la quiete interiore, indispensabile alla poesia per nascere e per essere intesa. “Tuttavia – concludeva il Nostro- oggi più che mai, fra tanto <orrore e tristezze>, ne abbiamo bisogno, non certo <come giuoco e diletto d’immaginazione e suoni, ma come svelamento di realtà e principio di consolazione, specialmente per noi cristiani , perché, come la bellezza è un’apparizione luminosa della vita, così l’arte, così la poesia è un’apparizione luminosa dello spirito, e l’una e l’altra sono doni di Dio”. Confessione questa, in cui la poetica dell’artista s’immedesima nella professione di fede dell’uomo che aiuta ad intendere le ragioni per cui l’opera di Barile, appunto per quei fondamenti, non ha trovato il clima più favorevole per essere accolta e apprezzata in quegli anni Sessanta e Settanta in cui, nel quadro di una cultura contestatrice di segno materialistico e radicale, si affermava nel nostro Parnaso una ricerca di esasperato segno sperimentalistico, volta a rifiutare non tanto o soltanto una civiltà calamitata dal benessere economico, dal consumismo e dal profitto, quanto certi valori di fondo della nostra tradizione; di qui la differenza o l’avversione verso opere letterarie, caratterizzate da tensioni d’ordine spirituale e religioso.

Non deve pertanto sorprendere se manuali e antologie anche più recenti trascurino o ignorino poeti di ispirazione cristiana anche del livello di Fallacara e di Grande. La poesia di Barile – ha rilevato il prof. Giorgio Barberi Squarotti dell’università di Torino – ha un carattere sostanzialmente emblematico, usa le cose, gli aspetti della natura come metafore, nel senso più alto, allegorie di qualcosa d’altro, di una situazione, di condizioni, di emozioni che le cose sono incaricate di esprimere, di manifestare. In quest’ottica si possono leggere le opere di Barile: il punto di partenza è sempre concreto, quello di un luogo, di un paesaggio, ma questi non erano il fine del discorso poetico, ma strumenti che venivano usati per arrivare a quella trasparenza, a quelle chiarezze che dà respiro all’anima.

Siamo nell’ambito di una interpretazione della tradizione simbolista italiana che ha così ampia importanza nel corso del Novecento ed ha in Pascoli il suo punto di partenza. Una adeguata ricerca sugli ideali e sulla formazione di Angelo Barile come politico e uomo di partito, deve partire necessariamente dai banchi di scuola del liceo classico: “G. Chiabrera” di Savona. L’amore delle idee, l’aspirazione allo studio dei fatti sociali, era nel gusto del tempo il quale anche al di fuori del campo cattolico, invogliava alla ricerca intellettuale con passione critica. L’impegno sociale, ispirato da valori religiosi, a quell’epoca aveva un sole nome: Democrazia Cristiana di don Romolo Murri, mentre sul piano culturale assumerà l’etichetta di Modernismo e in Liguria, avrà in Padre Semeria un suo esponente di spicco, un vero animatore del rinnovamento culturale e sociale: due realtà profondamente diverse che tuttavia in Italia verranno spesso confuse nella violenza polemica con conseguenze nefaste ed ingiuste.

Per esigenza di chiarezza proviamo a ripercorrere la vita di Barile alla luce della maturazione dei grandi ideali del tempo. Nel primo momento dal 1902 al 1912, si prospetta l’idea per un nuovo assetto sociale e religioso, dominato appunto dalla personalità di Padre Semeria e di Don Romolo Murri. Il secondo periodo è quello trascorso dal 1913 al 1921. nel quale l’ideale di patria è vissuto sotto il fascismo di D’Annunzio. Il terzo lasso di tempo è vissuto dal 1922 al 1943 ed è quello dell’ideale letterario, accanto ai grandi nomi come quello di Montale e Quasimodo oltre che naturalmente di Sbarbaro. La quarta fase è arricchita da quell’ideale della libertà, sospinto da un vento di rinnovamento della Chiesa, incarnato da papa Giovanni XXIII e papa Paolo VI.

Angelo Barile, oltre che poeta, è stato titolare dal 1921 de “La Casa dell’Arte“, una delle prime manifatture artistiche di Albisola che, sotto la direzione di Manlio Trucco e grazie all’attività di artisti come Giuseppe Cominetti, Adelina Zandrino, Ivos Pacetti, Giovanni Battista De Salvo e Arturo Martini ha trasmesso un respiro internazionale alla nostra produzione ceramica, in evoluzione dalle forme della tradizione verso quelle del Decò e dello stile noto come “Albisola 1925“.

Corrono gli anni dal 1943 al 1967. Per tutto questo tempo, Barile è sempre stato memore del monito di Padre Semeria a proposito della Democrazia Cristiana. “Occorrono forze sempre nuove di pensiero, perciò ci vogliono giovani che studino e pensino, persino con sincerità, con profondità, senza dare il cervello a prestito. Ci vogliono inoltre braccia infaticabili, perché le vittorie non si ottengono con i calcoli a tavolino e gli ardenti impeti del cuore, ma con il lavoro assiduo, con la fatica. Vogliamo la città di Dio fra gli uomini o almeno una città che sia sempre meno lontana dal disegno divino?Fabbrichiamola:è questione anche di braccia operose”.

Altro che l’immagine del politico odierno, la stereotipata figura di un uomo che soffoca ogni anelito di coscienza a discapito del bene comune per compiacere alla propria brama di potere. Angelo Barile operava sul terreno politico, prima di tutto come intellettuale ed avvertiva nella sua opera di poeta e di scrittore, il richiamo alle grandi idealità civili di cui aveva nutrito tutta la sua vita. Importanti sono stati per lui gli incontri genovesi all’Università con due grandi figure di cattolici che hanno onorato e servito la nostra patria: Alessandro Casati e Stefano Iacini.

E in quegli anni giovanili nella chiesa di San Filippo in Genova incontrò un’altra figura destinata ad avere un ruolo notevole nella storia d’Italia: il generale Cadorna che comandava in quel tempo la divisione genovese dell’esercito. Il secondo momento del suo impegno è proprio quello riguardante il suo ritorno, ferito non solo nella carne ma anche nello spirito, dalle esperienze dolorose, patite nelle trincee della Prima Guerra Mondiale. In seguito, il no al fascismo non proclamato in modo retorico, ma testimoniato in una scelta di vita lo portò ad assurgere tra le figure dei protagonisti e dei testimoni della lotta per la libertà.

Fu maestro di vita oltre che di poetica per molti giovani tra i quali ricordiamo: Sansa, Bonino, Riolfo, Marenco, Astengo. Era un incontro, quello con Barile, che difficilmente si poteva dimenticare. Egli era solito dire: “Foresto a me lo simulo fratello. Poeta cattolico è stato definito. Sì è vero, ma come spesso avviene, l’aggettivo finisce talvolta per prevalere sul sostantivo, così si è dimenticato talora il poeta per cercare solo i motivi del suo canto, ispirati dall’attesa. La sua, però, non era una credenza predicata o accettata come un patrimonio accolto con giudizio indifferente: era la fede e la ricerca di un uomo tra gli uomini che sa ascoltare in silenzio la voce di Dio ma ne coglie i lineamenti anche nei labili sorrisi delle cose, nella fulgida bellezza dell’estate come nella malinconia dell’autunno che si spegne con dolcezza.

Gianfranco Barcella


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G.F. Barcella

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