Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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L’inedito Pompeo Mariani a Bordighera, impressionista, il più grande creatore ‘marinista’ al mondo, ma sconosciuto ai liguri. Ricco da vivo


Una monografia inedita (Erga ediz. cerca sponsor) su Pompeo Mariani, pittore ligure di adozione, sconosciuto a Liguri, apprezzato in tutta Europa. La villa – museo di Bordighera, dove l’artista trascorse gli ultimi anni di vita, ha rischiato di chiudere per la cronica insensibilità dei politici ‘al bene cultura. Ora di proprietà del dr. Bagnasco. Potrebbe essere è una risorsa turistica eccezionale. Mariani durante un viaggio di studio a Bordighera conobbe la cantante lirica Marcellina Caronni, la Nana, che diverrà sua moglie. Nella cittadina soggiornerà per lunghi periodi per stabilirvisi definitivamente dal 1925 al 1927 e dove muore il 25 gennaio 1927.  Il parco di villa Mariani, un lembo sopravvissuto del noto giardino Moreno con 80 ettari di macchia mediterranea, palme e piante esotiche. Il più grande giardino del Ponente Ligure e della Costa Azzurra  e dove, nel 1884, Claude Monet dipinse tre opere: Giardini a Bordighera, Veduta di Ventimiglia, Studi di piante d’ulivo.  Oggi è ridotto a 1 ettaro e gestito, dal 1998, della Fondazione Pompeo Mariani. Dal 2008 fa parte del progetto regionale  ‘Un mare di giardini’, tra i 27 giardini più significativi della Liguria e “I Grandi Giardini Italiani”. Uno dei 75  più prestigiosi in Italia. Riportiamo alcuni stralci significativi.

di Gianfranco Barcella

L’autoritratto di Pompeo Mariani

Una mostra intitolata: “Pompeo Mariani (1857 -1927), poesia della natura, fascino della mondanità, allestita al <Serrane> della Villa Reale di Monza e curata da Marilisa Di Giovanni e Anna Rezzi , mi permette di introdurre la poetica di Pompeo Mariani, pittore monzese assai famoso in vita, celebrato e apprezzato soprattutto dal bel mondo lombardo e ligure che collezionava con passione le sue opere. La critica ufficiale però, ancora oggi fatica a considerarlo davvero un <grande> forse perché i soggetti della sua pittura sono gradevoli, fortemente decorativi e si fanno apprezzare anche da coloro che non ammantano il loro giudizio di superiori doti intellettuali. Il Nostro forse paga anche il dazio di essere piaciuto troppo in vita o forse il confronto con lo zio Mosè Bianchi, pittore che in parte anticipò alcune soluzioni stilistiche, assunte anche dal nipote. Dunque, durante la sua esistenza, Mariani è stato un pittore <commerciale>; ebbe da subito grande successo e con la sua arte divenne ricco ma dopo la sua morte le cose sono un po’ cambiate. Per qualche tempo è stato riposto nel dimenticatoio e la sua fama scemò rapidamente per poi riprendere quota nell’ambito dei mercati antiquari, beneficiando di una discreto aumento di interesse da parte del pubblico e della critica fra gli anni Trenta e Cinquanta, dopo essere stato appunto artista di primo piano fra Otto e Novecento.

IN ATTESA DELLA CONSACRAZIONE – Ora aspetta la consacrazione piena, senza essere più considerato superficialmente,solo artista dalla vena facile, pittore di soggetti piacevoli. E’ stato comunque presente negli ultimi anni con i suoi quadri nelle più importanti esposizioni ed aste di pittura dell’Ottocento. E’ da sottolineare che arrivò da autodidatta all’arte pittorica, facilitato da una notevolissima inclinazione naturale al disegno che aveva esercitato precocemente nell’arte della caricatura. Fu poi indirizzato dal Magliaro all’indagine del vero, che lo spinse allo studio della natura. E’ per questo che si parla di Pompeo Mariani come interprete anche del Verismo lombardo o meglio di artista rappresentativo di quel naturalismo lombardo, attento agli effetti di luce e del colore con una pennellata sempre libera, veloce ed evocativa.

FELICE RITRATTISTA E POETA DELLA NATURA  – Fu felice ritrattista della società di cui fece parte, sapendone cogliere l’eleganza e le sfumature più caratteristiche e vitali, attraverso una tecnica coloristica molto brillante. All’inizio della sua carriera d’artista prendono vita gli angoli più suggestivi del Parco di Monza, le sconfinate distese verdi della campagna pavese per immortalare poi le scogliere della Riviera Ligure, le vedute di Genova, tanto da meritare il titolo di poeta della natura. E’ emblematico a tal proposito il soggetto della <Cascina Zelada>. La tavola raffigura uno dei temi grazie ai quali dalla metà degli Anni Novanta, Mariani diventa uno degli esponenti della pittura di paesaggio più amati dal collezionismo borghese lombardo. Gli scorci, colti alla Zelata, località situata lungo il corso del fiume Ticino, in prossimità di Bereguardo, compaiono negli Anni Novanta, imponendosi all’attenzione del pubblico e della critica in occasione della II° Esposizione triennale di Milano(1894), alla quale Mariani partecipa con cinque ampie composizioni di paesaggio, ispirate proprio alla Zelata. I titoli delle opere sono: “Nei boschi della Zelata; Un doppietto alle anitre selvatiche; Erba nuova d’aprile; In una lancia di Ticino; Un buon colpo di spingarda”. Sia il pubblico che la critica si dimostrano estremamente favorevoli nei confronti di questo filone che racchiude in sé la quintessenza del paesaggio lombardo, espresso in una naturalezza elegante e contenuta .Tra i soggetti dipinti dall’artista vi furono anche i teatri, i caffè, le corse dei cavalli, luoghi preposti alla vita sociale, palpitanti di volti umani e ricolmi della vita dell’epoca.

SI ARRICCHISCE CON LA SERIE DI OPERE DEDICATE A MONTECARLO E BORDIGHERA – Ritorna spesso sugli stessi soggetti che si ripetono in diversi momenti della sua attività, arricchendosi delle fortunate serie di opere dedicate a Montecarlo e delle marine di Bordighera che studia e analizza con tatto amore. Le tecniche predilette dal Mariani, furono l’olio, l’acquarello,talvolta il pastello e infine il disegno. In sintesi occorre ancora ricordare che nel 1880 compie un viaggio in Egitto, riportandone lavori di grande pregio. Nel 1885 espone a Parigi ed a Londra; l’anno successivo ottiene un premio a Monaco di Baviera. Dedicandosi inoltre alla ritrattistica, esegue dipinti per la borghesia e nobiltà milanesi.

IL RITRATTO DI RE UMBERTO I E DELLA REGINA MARGHERITA – Viene infine incaricato di compiere il ritratto del Re Umberto I ed a Roma nel 1889 per eseguirlo direttamente dal vero. Nel primo decennio del ‘900 espone oltreoceano, a Buenos Aires ed a New York. A Bordighera nel 1919 esegue un piccolo dipinto della regina Margherita. Nel 1923 espone a Milano una grande mostra delle sue opere di varie epoche. La sua produzione è vastissima , incline a magnificare la bellezza del paesaggio in cui immergersi:magnifici giardini, ricchi di piante esotiche, di boschi di palme e di olivi, paesaggi illuminati dalla luce vibrante ed intensa del Mediterraneo. Molti di questi ultimi sono stati recentemente ritrovati ed hanno messo in luce una tecnica con cui spesso l’artista esprime modelli iconografici successivi. A tal proposito è giusto attribuirgli soprattutto il titolo di maestro dell’Impressionismo Italiano.

A BORDIGHERA  DOVE MUORE CONOSCE SUA MOGLIE, CANTANTE LIRICA – Compie un viaggio di studio a Bordighera, perla naturalistica della Riviera Ligure di Levante e conosce la donna che diverrà sua moglie, la cantante lirica Marcellina Caronni. In Liguria soggiornerà per lunghi periodi fino a stabilirvisi definitivamente nel 1925 fino al 1927, (muore infatti a Bordighera il 25 gennaio 1927), e proprio nella <terra leggiadra>, citando il poeta Cardarelli, resta il suggello del Suo legame con l’Impressionismo. Il parco che circonda villa Mariani è un lembo sopravvissuto del noto giardino Moreno, ottanta ettari di macchia mediterranea che era composta di palme e piante esotiche, il più grande giardino del Ponente Ligure e della vicina Costa Azzurra dove nel 1884, Claude Monet vi posò il suo cavalletto per dipingere, an plein air, lussureggianti scorci di macchia mediterranea. In particolare il pittore francese esegue tre dipinti: <Giardini a Bordighera, Impressioni del mattino(1884); Veduta di Ventimiglia (1884), Studi di piante d’ulivo (1884).

LA VENDITA ALLA COMUNITA’ DI INGLESI – Alla morte del primo proprietario, l’immensa estensione venne lottizzata e acquistata da alcuni membri della comunità inglese, presenti a Bordighera sia per motivi climatici sia letterari nella scia del famoso romanzo di Giacomo Ruffini: “Il dott. Antonio”. Oggi il parco si è ridotto alla dimensione di circa un ettaro e all’interno si possono ancora ammirare diversi ulivi secolari insieme a varietà di palme e piante esotiche; inoltre sono presenti piccole fontane e vasche di pregevole fattura. Dal 2008 fa parte del progetto regionale: <Un mare di giardini> ed è quindi stato inserito tra i 27 giardini più significativi della Liguria. Di recente è stato inserito anche fra “I Grandi Giardini Italiani” come uno dei 75 giardini più importanti e significativi a livello nazionale.

IL GRANDE ATELIER SPECOLA SCAVATO NELLA ROCCIA – Nel 1911 Pompeo Mariani deciderà di far costruire, proprio in quell’incanto di natura, un grande atelier che verrà in seguito denominato <Specola>, dall’amico e architetto Rodolfo Winter. Ne seguirà giorno dopo giorno la costruzione. Per tale motivo giungeranno a Villa Mariani numerose foto raffiguranti gli atelier dei pittori più in voga in quell’epoca e preziosi suggerimenti da parte degli architetti Brogli e Savoldi. Il Nostro volle uno studio di grandi dimensioni, non solo per dipingervi ma anche per ospitare le sue innumerevoli collezioni d’arte (tappeti, porcellane, maioliche, abiti antichi, armi, ecc.). La tecnica di costruzione si baserà su criteri all’avanguardia per l’epoca; verranno scavate nella roccia profonda fondamenta con l’inserimento di strutture metalliche per meglio sopportare il peso di eventuali piani superiori. Nella parte inferiore troveranno spazio ampie cantine e locali a uso laboratorio, che pur trovandosi nella parte bassa godranno di una bellissima vista sul mare e di ampia luce; il piano terra costituirà il grande atelier di circa 250 metri quadrati con pavimento in legno pregiato, ampie vetrate laterali e un grande lucernario nella parte superiore, il tutto adornato da tende per filtrare la luce. Nella parte terminale verrà creata un specie di abside all’interno della quale verrà posto un grande camino francese del ‘700 in pietra arenaria.

APERTO AL PUBBLICO – Oggi, dopo un importante restauro e riallestimento, l’atelier può essere visitato dal pubblico con tutti i suoi arredi originali e gli strumenti di lavoro. E’ annoverato tra i duecento atelier di pittori tra ‘800 e ‘900, ancora visibili nel mondo. Il parco ha conservato il sapore ottocentesco del giardino all’inglese e vi si possono ammirare palme, agrumi, piante esotiche e più di ottanta esemplari di olivi secolari. E’ inserito in un progetto di valorizzazione di ville e parchi, attuato dalla Provincia di Imperia. Dal 1998, la Fondazione Pompeo Mariani gestisce tutta la struttura e si occupa della valorizzazione ulteriore dell’artista con l’organizzazione di mostre ed eventi non solo incentrati sul maestro, ma anche di cultura generale. Si tratta di iniziative volte a far conoscere e apprezzare le bellezze culturali e naturali della Regione Liguria e in modo particolare del suo Ponente.


L’OTTECENTO ROMANTICO, REALISTA E IMPRESSIONISTA – …….Per i pittori realisti né la natura né le immagini di vita possono essere in qualche modo idealizzati come avveniva nel periodo precedente del Romanticismo. Al massimo attribuiva loro un valore simbolico e politico. L’aspirazione al realismo era presente nell’animo romantico di Pompeo Mariani: infatti il suo paesaggio è ritratto con un adesione al vero anche se ancora è insediato da motivazioni idealistiche. Con il tramonto del romanticismo e l’ascesa del positivismo e quindi della valutazione scientifica della realtà si arrivò per gradi, all’attenzione verso i particolari della realtà più inquietante che veniva sviscerata e analizzata. Mariani non giunse mai a questi ismi. Si mantiene sempre ad una debita distanza dal ritratto fotografico di denuncia sociale come accadde prevalentemente in Francia. La sua natura è sempre avvolta da un’aura poetica e mai si asserve all’impegno politico. Il suo approccio è sempre filtrato dalla vertigine romantica e tradisce sempre l’aspettativa del sogno. Infatti ciò che accomuna Courbet a Pompeo Mariani non è certo il suo ardore politico e impegno sociale né tanto meno le opere a carattere erotico, eseguite verso la fine del decennio del 1860 ma la concezione più pura dell’arte realista che non ha che fare con la perfezione del tratto e delle forme, ma richiede un uso del colore spontaneo ed immediato. La critica più impietosa lo accusa di aver deliberatamente adottato una sorta di <culto della bruttezza> .

In verità alla prima osservazione, i suoi quadri suscitano un senso di ammirazione proprio per la loro bellezza così come per le opere di Pompeo Mariani. Il Realismo del Nostro non si volge alle epopee operaie e contadine, ai grandi temi populisti, alle vaste metafore del mondo proletario. E’ piuttosto una figurazione sempre in tensione, assorta di fronte all’incombere del vero e impegnata a dare segni e spessori alle reazioni individuali, ai sentimenti e alle emozioni del privato nel racconto quotidiano E’ l’incarnazione dell’arte di immagine italiana, cioè di un’arte esplicitamente figurativa, rivolta alla sostanza delle cose che solo a tratti si abbandona all’arte per l’arte, di natura meramente estetizzante e mercantile. Tiene sempre fermo lo sguardo sul paesaggio che pare trafitto da una luce cruda e sulla sua realtà fenomenica oltre che sull’uomo nella sua complessità esistenziale e culturale. A onor del vero occorre sottolineare che è affascinato, in particolare dagli scenari del mondo alto borghese di buon censo e dal clima della < belle epoque >, fatto di personaggi straordinari e di nature idealizzate . E’ più lontano dalle persone comuni, ritratte nelle loro quotidiane attività nel paesaggio urbano e nella provincia agraria. Le premesse storiche che porteranno al Realismo Francese partono dalla rivoluzione del 1830 in cui Luigi Filippo, tradendo le aspettative di chi auspicava una monarchia basata su principi democratici, la pone invece al servizio di una borghesia sempre più padrona della politica francese…..

LA CORRENTE DEI MACCHIAIOLI – Il nome fa proprio riferimento al fatto che questi pittori eliminavano totalmente la linea ed il punto geometrico, in quanto non esistenti nella realtà. Pompeo Mariani non appartenne mai alla corrente dei Macchiaioli né a quella dei Postmacchiaioli, pittori essenzialmente toscani che furono attivi tra il 1880 ed il 1930 circa, richiamandosi appunto alla pittura <di macchia>, ma di certo non fu insensibile al loro tema della liberalità espositiva. Un dipinto come <La rotonda di Palmeri> è l’esempio della principale innovazione di Fattori. L’immagine prende forma attraverso l’accostamento di macchie di colore senza preoccuparsi di contorno e chiaroscuro, ma con il solo obiettivo di riprodurre <impressione dal vero>.

IL PADRE DEI PITTORI DI MARINE AL MONDO – Pompeo Mariani, il più grande pittore di marine del mondo, ha condiviso questo obiettivo pur non potendo essere etichettato certamente come un Macchiaiolo, (come già accennato in precedenza) ma più semplicemente come un Impressionista soprattutto per quanto riguarda l’opera della maturità. La situazione italiana è nel primo periodo post-unitario difficile e lenta nell’assimilare gli sviluppi della nuova corrente artistica francese. Molti pittori italiani furono affascinati dal nuovo stile e dall’apertura del pensiero parigino, ma occorre sottolineare ad onor del vero che la cultura pittorica italiana dell’Ottocento ebbe un carattere essenzialmente provinciale . In questa enunciazione non è implicito alcun giudizio deteriore anche se non dobbiamo sottacere che molti artisti nostrani incoronarono, come loro maestri, i pittori francesi apprezzando quel clima di modernità che ha arricchito la loro patria.

In Italia annoveriamo pittori quali Federico Zandomenighi e Giuseppe De Nittis che abbellirono con le loro opere le case borghesi del tempo così come Pompeo Mariani da accostare anche a Vittorio Monete, Federico Faruffini, Pasquale Massacra, Tranquillo Cremona, Emilio Giuseppe Dossena. Caratteristiche della pittura impressionista, oltre la spontaneità e l’immediatezza compositiva, erano i contrasti di luci e ombre, i colori forti, vividi che avrebbero fissato sulla tela le sensazioni del pittore di fronte alla natura. Il colore stesso era usato in modo rivoluzionario: i toni chiari contrastano con le ombre complementari, gli alberi prendono tinte insolite, come l’azzurro; il nero viene quali escluso, preferendo le sfumature del blu più scuro o del marrone. Fondamentale era dipingere en plein air, ovvero al di fuori delle pareti di uno studio, a contatto con il mondo. Questo portò a scegliere un formato delle tele più facile da trasportare….

UN LUOGO PREDILETTO DA ARTISTI ITALIANI E STRANIERI – …..Alle spalle del centro storico di Bordighera, luogo prediletto di artisti italiani e stranieri, come già accennavamo nell’introduzione, sorge oggi villa Mariani, con il suo parco e l’atelier del pittore Pompeo Mariani. Ebbene proprio in quel parco posò il cavalletto Claude Monet per dipingere an plein air. Era giunto in quel giardino di delizie, partendo nel 1883, in compagnia di Renoir per un viaggio in Costa Azzurra. Nel gennaio del 1884 decide di recarsi da solo a Bordighera, sulla frontiera italiana. Chiede anzi al mercante Durand-Ruel di non farne parola con Auguste Renoir! Monet ha preparato il suo viaggio consultando un opuscoletto turistico compilato da Charles Garnier, l’architetto dell’Opéra di Parigi. E’ proprio in un luogo da lui descritto, Monet installa il cavalletto per dipingere il suo quadro, intitolato < Giardini a Bordighera>. Dietro la cortina di pini si scorge la <Città alta> di Bordighera, dominata dal campanile della Chiesa di Santa Maria Maddalena, restaurata dal Garnier. Come molti altri pittori Monet subisce il fascino di quegli alberi dalla forma tortuosa e di quel paesaggio unico. Quando, dopo lunghe settimane, pensa finalmente di <possedere> quel luogo, si rende conto di aver compiuto un’esperienza nuova, quella del <meraviglioso> e <dell’incanto>. “Molti, è chiaro, grideranno all’inverosimile, alla follia, ma non importa”. I quadri non verranno ami esposti e Monet se ne dorrà: “Guardate i miei quadri dell’Italia, così particolari tra quelli che ho fatto, nessuno li ha visti e dove sono finiti?”…..

LA CONTESSA – L’appezzamento attuale venne acquistato dalla contessa Fanshawe, che fece costruire al suo interno, proprio dall’architetto Garnier, un piccolo cottage che assume le forme odierne, dopo il 1909 con l’acquisizione da parte del noto pittore lombardo. L’artista già allora famoso, vi fece costruire dall’architetto Winter il suo atelier denominato <Specola> e lì operò fino alla fine dei suoi giorni. A nostro modesto avviso, agli inizi della carriera, Pompeo Mariani risente maggiormente del processo creativo di Courbet, il quale fin dal 1847 aveva annunciato il suo programma: realismo integrale, affronto diretto della realtà, indipendentemente da ogni poetica precostituita. Era il superamento simultaneo del <classico> e del <romantico> in quanto poetiche rivolte a mediare, condizionare, orientare il rapporto dell’artista con la realtà. Con ciò Courbet non nega l’importanza dei modelli rappresentati dai grandi artisti del passato, ma afferma che da essi non si eredita né una concezione del mondo, né un sistema di valori, né un’idea dell’arte, ma soltanto l’esperienza dell’affrontare la realtà ed i suoi problemi con i soli mezzi della pittura. Al di là dell’abbandono delle due poetiche opposte e complementari del <classico> e del <romantico>…..

Se noi escludiamo il significato originario del termine inglese romantico, nato in senso dispregiativo per indicare la materia trattata negli antichi romanzi cavallereschi e pastorali ed esteso poi per definire scenari naturali simili a quelli dei romanzi, dobbiamo rimarcare che il senso dell’infinito filtrato dall’emotività, il sentimento dell’ingenua, intima fusione con la natura è ben presente nell’opera pittorica di Pompeo Mariani. Ha perso l’aura della ribellione, il tormento sposato alla voglia di creare (l’opera del Nostro è sicuramente frutto del puro piacere di creare) ma continua ad evocare nell’animo, i sentimenti più profondi della bellezza di natura ritratta con un perfetto assembramento di tonalità chiare e tonalità scure, senza mai arrivare alla dissoluzione delle forme.

SIMBOLISMO E IDEISMO – Arriva a lambire anche i temi del Simbolismo il cui canone fondamentale era l’ideismo, cioè l’espressione delle idee per mezzo delle forme e poi la sintesi, cioè la riduzione in essenza dei simboli per meglio suggerire l’evocazione ed infine il soggettivismo, cioè il considerare l’oggetto come segno dell’idea concepita dal soggetto. Tutto questo è generalmente accompagnato da un’intensa emotività, più o meno velata. Alla nuova tendenza si accostarono i pittori post-impressionisti per superare la rappresentazione dell’oggetto e sostituirla con l’espressione del proprio io. Questi pittori rifiutarono la resa dell’illusione nella pittura, che per loro doveva essere in grado infatti di trasfigurare la realtà, nell’esaltazione e dei colori che avevano maggiormente suscitato la loro reazione emotiva. Fine dei simbolisti è quello di superare la pura visività dell’impressionismo in senso spiritualistico (e non scientifico come avviene invece tra i neo-impressionisti), cercando di trovare delle corrispondenze tra mondo oggettivo e sensazioni soggettive. I primi artisti romantici invece consideravano semplicemente la natura come forza creatrice ed in essa desideravano rifugiarsi per sfuggire ai disastri creati dalla nuova società; Mariani affronta la natura con un sublime intento descrittivo ed il suo paesaggio viene 129)generalmente rappresentato senza figure umane, senza mai soggiacere ad uno spirito visionario che traeva origine peraltro dall’estetica settecentesca del sublime. Come molti artisti romantici partecipa attivamente alle vicende del suo tempo sempre attento agli scenari sociali del presente soprattutto legato agli ambienti dell’alta borghesia imprenditoriale e della belle epoque anche se l’approccio privilegiato è sempre quello con la realtà.

MARIANI FEDELE ALLA RAPPRESENTAZIONE DI PAESAII- Mariani come Constable rimane fedele in tutte le sue opere alla rappresentazione di paesaggi che richiamano la vita nel suo tranquillo divenire. La freschezza della sua ispirazione si osserva soprattutto nei suoi schizzi e disegni dove annota inquadrature quasi a voler cogliere lo scorcio nel momento migliore della rappresentazione per poter rappresentare nel tutto dell’universo naturale, la sua bellezza. Il rapporto speciale però fra l’uomo e la natura, tipico del Romanticismo, nel quale la natura, con la sua perfezione, stimola nell’uomo sentimenti talmente intensi da devastarlo, a volte spaventandolo, a volte rasserenandolo, ma sempre tenendolo in pugno, determinando i suoi umori e le sue vicende esistenziali, facendolo vivere in modo totale, panico, nel Nostro s’è affievolito. Tuttavia arriva ancora a cogliere nel tutto dell’universo, la bellezza, e in lui pare realizzarsi ancora una volta il concetto di sublime, teorizzato da Edmund Burke. Figlia di questo aspetto della sensibilità dell’uomo romantico fu, l’aspirazione all’infinito, che in filosofia coincide con l’idealismo. E la capacità di cogliere il senso d’infinito nelle splendide marine del pittore monzese, richiama per forza di cose la tensione perennemente romantica verso la perfezione.

FOSCOLO E LA MATRICE POETICA DI MARIANI – ….Mi viene alla mente il Foscolo e le sue : “Ultime lettere di Jacopo Ortis“, quando solo, disperato, disamorato Ortis /Foscolo corre a gridare alla natura i suoi patimenti, lasciandosi accarezzare dall’idea, dolce, ma irrevocabile del suicidio. Quanti viaggiatori angosciati a quei tempi, quanti uomini soli con loro stessi, con il loro bagaglio carico di emozioni, paure, pensieri si affacciavano sui panorami incontaminati della natura, cercandovi la risposta eterna, immutabile alle mille domande senza soluzione che li spingevano a partire. In tale ottica possiamo cominciare a comprendere la matrice poetica di Pompeo Mariani. Anch’egli dipinse se stesso, il suo mondo solitario, ma chiese in qualche modo ai suoi contemporanei di immedesimarsi nelle sue opere, di creare quel solidale, innato contatto tra uomini che la sua pittura, così sincera, così emozionale, generava. I toni dipinti sono quelli dell’epoca romantica ma lo spirito umano, quello più profondo, è rimasto immutato.

Il genere che Mariani scelse di praticare, in prevalenza, fu la pittura di paesaggio. Prende spunto proprio dalla natura, prima confidente per una sensibilità come la sua. E’ doveroso il riferimento alla poesia di Leopardi. Per un animo introspettivo, solitario, la natura può essere approdo felice; a volte anche crudele e matrigna ma sempre imprescindibile punto di riferimento. In pittura, il genere del paesaggio comincia proprio con il Romanticismo ad acquistare dignità ed autonomia., essendo prima solo relegato agli sfondi dei fatti sacri, storici o mitologici. Il poeta tedesco Schiller nel 1794, scriveva. ” Vogliamo che l’arte del paesaggio eserciti su di noi lo stesso effetto della musica. Il sentimento è in essa risvegliato dall’analogia fra i suoni o i colori e i moti dell’animo.”
ALTRI ARTISTI CONTEMPORANEI DI POMPEO MARIANI – I compagni di strada di Pompeo Mariani in Lombardia furono molti nel campo della ricerca artistica. Proviamo a conoscerne alcuni in ordine cronologico. Luigi Sabatelli era nato a Firenze nel 1772 e si formò all’Accademia di Belle Arti della sua città. Il suo stile era pienamente neoclassico ma è sensibile anche anche alle novità di tipo romantico. Il suo modello innovativo era Ingres.. Come pittore di corte di Maria Luisa di Borbone – Spagna, regina d’ Etruria e duchessa di Lucca decorò alcuni ambienti di Palazzo Pitti come il Concilio degli Dei del 1803 e altre pitture nella sala dell’Iliade. Altre sue opere si trovano nella Chiesa di san Girolamo a Fiesole (l’affresco di San Girolamo)e nella cappella della Madonna del Conforto del Duomo di Arezzo. Luigi Sabatelli fu anche un apprezzato incisore e produsse una serie di stampe della Via Crucis che ancora oggi si trovano in numerose parrocchiali toscane. Altre sue celebri incisioni all’acquaforte sono <La peste di Firenze> e la serie dell’Apocalisse. Sabatelli incontra l’ambiente artistico milanese perché dal 1808 fino alla morte nel 1850 insegnò all’Accademia di Brera. Ebbe dieci figli, tra cui Marino Sabatelli Formenti, Francesco Sabatelli e Gaetano Sabatelli. Questi ultimi due divennero anche loro rinomati pittori, specializzati in paesaggi e soprattutto in ritratti. Di origine puramente lombarda è Andrea Appiani che nasce a Milano il 31 maggio del 1754. Proveniente da una famiglia modesta, apprese i primi rudimenti della pittura da un maestro che non era in auge. Apprezzando le sue prime prove il padre lo avviò dal 1769 alla Scuola Ambrosiana di Milano. Dal noto pittore e scultore Carlo Maria De Giudici, apprese l’arte dell’affresco. All’Ospedale Maggiore studiò anatomia con Gaetano Monti, poi con il De Giorgi studia Leonardo, Raffaello e il Luini. Dal 1776 inizia a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Brera con Giuliano Traballesi e con Martin Knoller, approfondendo le tecniche dell’affresco.

POMPEO MARIANI: LA VITA  – Pompeo Mariani è nato a Monza il 9 Settembre 1857. Viene alla luce in una casa di Borgo Como presso la chiesa di San Biagio, da Martino Mariani e Giulia Bianchi. Il padre (1826-1886) dirigeva, in società con Gaetano Pellegrino, la scuola commerciale Mariani- Pellegrino di Monza. In tale istituto, importanti generazioni di industriali lombardi ebbero i primi fondamentali insegnamenti per avviarsi sullastrada dell’imprenditoria e consolidare quella classe borghese che ha connotato anche culturalmente tutto l’800 italiano. La madre Giulia (1834 -1914) era figlia primogenita del pittore Giosuè (1803 -1875) e sorella del più noto artista della famiglia Bianchi, Mosè (1840-1904), il quale ebbe un ruolo molto importante nella vita del Nostro. Mosè Bianchi era figlio dell’insegnante di disegno e pittore di maniera, Giosué e di Luigia Meani. Compiuti gli studi tecnici, s’iscrive nel 1856 all’Accademia di Brera di Milano dove è allievo di Schmidt, Bisi, Zimmermann , Sogni e del direttore Giuseppe Bestini, avendo per compagni di corso Federico Faruffini, Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni e Filippo Carcano con i quali dividerà per qualche anno lo studio milanese in via San Primo.

UN GIOVANE CHE SENTE IL RICHIAMO DELLA PATRIA – E’ un giovane che sente il richiamo della patria e partecipa alla Prima Guerra di Indipendenza nel 1859. I suoi primi quadri appartengono al filone romantico, sulla scorta delle indicazioni del Bestini…si intitolano:<Il ritratto di Simonetta Galimberti> e il <Ritratto di Giacinta Galimberti> del 1861, collocati nei Musei Civici di Monza; <L’arciprete Stafano Guandeca accusa l’arcivescovo di Milano Anselmo Posterla di tradimento sacrilego>, del 1862, apparentemente ad una collezione privata, e <La congiura di Pontida> del 1862, esposta a Brera nel 1862 e nel 1863. Finisce gli studi nel 1864 e ottiene la commissione della <Comunione di San Luigi> per la parrocchiale di Sant’Albino, presso Monza. Evolve la sua poetica orientandosi verso la rappresentazione naturalistica nell’ambito del gusto narrativo dei fratelli Domenico e Gerolamo Induno in opere quali< Una lezione di canto corale>, <La vigilia della sagra,> 1864 ; <Lo spauracchio dell’altare>, del 1865 che attirano l’attenzione dei critici sulla sua pittura, ma con <Cleopatra> e <La signora di Monza>, del 1865, ricade nel genere melodrammatico del dipinto romantico pseudo storico.

Nella seconda metà dell’800 a Monza si forma una piccola <scuola> che gravita intorno alla figura di Mosè Bianchi. Tema privilegiato di questi pittori sarà la campagna brianzola e in particolare il Parco di Monza. Artisti come Mosé Bianchi, suo padre Giosué e il fratello Gerardo, sono presenti nelle raccolte con dipinti che illustrarono con sufficiente chiarezza i motivi della loro pittura, divisi tra scene di genere, ritratti e paesaggi tra i quali non mancano le marine dipinte a Chioggia da Mosé. Sul finire dell’Ottocento la borghesia delle fabbriche e dei commerci diventa un importante committenza e dà grande impulso alla ritrattistica. Emilio Borsa e Pompeo Mariani, in particolare, sono due pittori molto attivi sul versante delle scene all’aperto e paesaggi naturali. Molto legato alla descrizione ambientale è anche il pittore Giuseppe Spreafico, nelle cui opere oltre il dato naturalistico, viene evocato il contesto sociale ed economico dell’epoca.

Tornando a Mosè Bianchi ricordiamo ancora che nel 1867 vince con <L’ombra di Samuele appare a Saul>, una borsa di studio del pensionato Oggioni, che gli finanzia due anni di soggiorno a Venezia, dove studia la pittura del Settecento; a Roma e a Parigi dove rimane profondamente impressionato dalla pittura di Meissonier e Fortuny. Nel 1869 ritorna a Milano dove presenta l’opera dal titolo :<I fratelli sono al campo>, a Brera nel quale, rappresentando alcune giovani donne enfaticamente prostrate in preghiera per la salvezza dei fratelli combattenti nella III Guerra d’Indipendenza, unisce il verismo dell’immagine alla retorica del sentimento patriottico e religioso, riscuotendo grande successo presso la borghesia milanese.

CONSIGLIERE DELL’ACCADEMIA DI BRERA – Consigliere dal 1871 dell’Accademia di Brera e ormai pittore alla moda, ne <La benedizione delle case> del 1870, esprime, come nella <Una buona fumata> del 1872, che vince nel 1877 il Premio Principe Umberto, un bozzettino di genere; ne <La pittrice>, del 1874, come ne <I convenevoli> e nella <Una lezione di musica> , di dà alla leziosità del genere neosettecentesco mentre ha modo di mostrare il suo talento di ritrattista nel <Ritratto di nobile signora>, che vince il Premio Principe Umberto, nel < Ritratto dell’Ingegner Carlo Mura> e nel < Ritratto di Luigi Galbiati>, del 1876. Inizia alla fine degli Anni Settanta la sua attività di pittore d’affresco, assimilata allo stile del Tiepolo. Del 1877 è il ciclo di affreschi nella Villa Giovanelli a Lonigo, presso Vicenza; dal 1883 al 1884 realizza la decorazione della Stazione Reale di Monza con <Il genio dei Savoia> e nel 1885 abbellisce con la sua opera, Palazzo Turati a Milano. In ripetuti viaggi a Venezia produce vedute lagunari che gli procurano grande popolarità, tanto da ripetere numerose versioni di una delle tele di maggior successo: <La laguna in burrasca>, 1879, nel Museo Godi Valmarana di Lugo Vicentino.

LA TELA LA PAROLA DI DIO – E’ stimato ed ammirato dai contemporanei dai contemporanei Antonio Fontanesi e Domenico Morelli che considerano la sua pittura di straordinaria modernità; la tela <La parola di Dio> del 1887 mostra l’ausilio della fotografia nella sua pittura e con <Le Lavandaie>, del 1894, dà il suo contributo alla rappresentazione della vita degli <umili>. Dopo una breve attività di consigliere comunale a Milano e aver tentato invano di ottenere una cattedra di insegnante all’Accademia di Belle Arti di Torino, nel 1890 dipinge a Gignese, sopra il Lago Maggiore, una serie di vedute alpine, che sono un omaggio al naturalismo lombardo; fra i tanti dipinti ricordiamo: <Casa del Pastore> e <Pecore al ruscello> dove, dato un taglio fotografico dell’immagine, indugia sul rapporto luministico tra l’acqua e i grandi massi di pietra. Allo stesso anno appartengono una serie di vedute di Milano, come<Milano sotto la neve>, <Periferia milanese lungo il naviglio> e <Cavalcando>, un tramonto sulla darsena di Porta Ticinese.

PREMIATO AL CONCORSO DELLA CALCOGRAFIA NAZIONALE – Si dedica anche all’acquaforte e nel 1896 è premiato al Concorso della Calcografia Nazionale. Nel 1989 è nominato insegnante e direttore dell’Accademia Cignaroli di Verona, ma una malattia insorta nel dicembre 1899 lo costringe a ritornare a Monza e ad abbandonare la pittura. L’artista muore nel 1904 ed è sepolto nel Cimitero di Monza. Ci siamo soffermati sulla vita di Mosè Bianchi per comprendere meglio le radici culturali che hanno nutrito il giovane Mariani. Leggiamo un brano critico del Colasanti sull’opera del Bianchi: “Fu saldo disegnatore, compositore disordinato, schiettissimo pittore, succoso, fresco, vario in quel suo cromatismo in cui il colore dei veneziani riecheggia senza affievolirsi, esperto in ogni segreto dell’arte nel rendere la finezza dell’atmosfera e nel modellare con efficacia della pennellata nervosa”. Queste parole si attagliano almeno in parte anche alla pittura di Mariani….

E la luce delle ore estreme sarà una forte attrazione anche per il nipote Pompeo Mariani, soprattutto quando si stempera sul mare sia cheto che in tempesta. In Mosè Bianchi la fuga idillica verso le sane occupazioni agricole, nel duro regime degli Scapigliati è appena una parentesi. Per il nipote il fascino del paesaggio di natura, velato da un lirismo puro è sempre presente anche se non disdice l’inurbarsi negli ambienti raffinati della Belle Epoque., lontano dal calpestio delle anime comuni. Entrambi amano dunque le condizioni estreme di natura, lontano dalla calma olimpica del mezzogiorno e affrontano con grande maestria gli effetti luminosi delle sere o delle notti, ammaliati dall’incanto di natura, espresso con sentire romantico. Occorre osservare che il Romanticismo, a differenza del Neoclassicismo, non è uno stile in quanto non si fonda su dei principi formali definiti. Esso può essere invece considerato una poetica, in quanto più che all’omogeneità stilistica, tende alla omogeneità dei contenuti: il primo fra tutti contempla l’armonia dell’uomo nella natura la quale non produce il bello, ma immagini che possono ispirare due sentimenti fondamentali: il pittoresco o il sublime. Ebbene possiamo affermare che anche Pompeo Mariani è nutrito da quella linfa poetica e la sua maturazione espressiva produrrà poi quegli attimi di luce, tipici dell’Impressionismo e le sue ombre scaturiranno da una privazione della luce stessa. Pensando alla luce come prima fonte della verità per gli Impressionisti, si potrebbe affermare, sfiorando l’iperbole, che la loro pittura segue il dettato della ricerca evangelica. Ma torniamo alla vita del pittore.

IL DONO DI MANZONI A MARTINO MARIANI – La sua casa di famiglia era spesso frequentata da Alessandro Manzoni il quale donò a Martino Mariani una delle prime copie dei Promessi Sposi. Questo denota la rilevanza sociale della famiglia. Il giovane Pompeo trascorre l’infanzia nella cittadina natale insieme alla sorella maggiore Anna (1856 -1937). Dopo aver frequentato il Ginnasio viene avviato dal padre alla carriera di impiegato di banca e mandato quindi a lavorare presso al Banca Cavagliani e Oneto a Milano. Qui conosce Aldo Noseda che lo introduce nei circoli culturali ed artistici del tempo dove conosce Arrigo Boito, Gaetano Braga e Luigi Gualdo, frequentatori del Cova e della Scala, ed i pittori Luigi Conconi e Vespasiano Bignami. In quel periodo si interessa di musica e si dedica come passatempo alle caricature rivelando uno spirito arguto, ma uno schizzo raffigurante il direttore della banca gli fa perdere il posto ed è costretto a ritornare a Monza. Correva l’anno 1878. Già nella prima giovinezza il Nostro si sentiva libero di esprimere il proprio mondo interiore e di dare spazio nelle sue opere, seppur in nuce, ai suoi sentimenti più genuini per comunicarli all’osservatore. Sempre nel 1878 è di nuovo a Milano; grazie all’amico Umberto Dell’Orto conosce il pittore Eleuterio Pagliaro, e attratto dalla pittura, si rivolge a lui per ottenere delle lezioni, pregandolo però di non farlo sapere ai familiari.

Desiderava mettersi alla prova e scoprire se avesse veramente talento per dedicare così tutte le sue energie migliori alla pittura. Magliaro lo invita a dipingere all’aperto facendogli poi ricostruire anche nello studio, a memoria, quanto avesse visto. Nel frattempo pare che il Bianchi fosse venuto a sapere del nipote da Giuseppe De Nittis che nel 1878 aveva visitato l’atelier di Magliaro, notando i lavori del giovane Mariani. De Nittis, per inciso, è il pittore italiano che tra i primi colse l’importanza della ricerca atmosferica del plein air e dei temi tratti dalla vita mondana, senza mai rinunciare però agli impasti di colore della pittura d’atelier ottocentesca, legata al realismo melodrammatico, proprio di un particolare gusto tardottocentesco E i tratti più validi della sua pittura restano i paesaggi e le vedute, quella parte della sua produzione di più facile successo. Il suo percorso artistico è simile a quello del Mariani, il cui zio intercedette per lui presso la famiglia che non era favorevole alla carriera pittorica e lo invitò ad ispirarsi liberamente nel Parco di Monza e nei dintorni, seguendo da vicino la sua formazione.

IL VIAGGIO IN EGITTO – Nel 1880 viene proposto a Mariani, dall’amico dell’Orto con il quale aveva compiuto un’escursione al Gottardo nel 1878 da lui illustrata in due album, un viaggio in Egitto per arricchire le proprie esperienze pittoriche insieme a Sallustio Fornara. I tre alla fine dell’autunno di quell’anno si recano a Brindisi e da qui partono per Alessandria d’Egitto. Nell’aprile dell’anno seguente, mentre sta dipingendo all’aperto, Pompeo viene investito da una raffica di sabbia che lo ferisce all’occhio destro; pertanto è costretto 129)a fare ritorno in Italia. Le esperienze del viaggio e del soggiorno in Oriente sono riportate in alcune vivaci lettere inviate alla famiglia e pubblicate da M. Viscardini su <Il Cittadino> nel 1954. Le opere eseguite durante questo periodo, presentate alle esposizioni di Belle Arti a Milano nel 1881 e nel 1882 e l’anno successivo a Roma e a Nizza (in questa occasione viene premiato con una medaglia d’oro), vengono vendute subito segnando la fortuna del pittore. Negli anni successivi, le sue opere compariranno in numerosissime mostre italiane e straniere, nazionali e internazionali. Nei primi anni Ottanta, il pittore si reca sulla Riviera Ligure, che frequentava già dal 1875, e viene ospitato dalla sorella che, sposata con Ignazio Pitschider, viveva Genova in via Fieschi (in seguito si trasferirà a Palazzo Doria, in un appartamento vicino a quello di Giuseppe Verdi). Qui Mariani realizzerà numerose vedute dello scalo marittimo; con una di esse, <Il saluto del sole morente>, vincerà nel 1884 <il premio principe Umberto> all’esposizione di Belle arti di Milano, (l’opera viene acquistata dal conte Edoardo Amman, insieme ad un’altra dal titolo<Guardie notturne>. Il dipinto intitolato <Vaporino rimorchiatore>, viene comprato dal Ministero della Pubblica Istruzione e viene in seguito collocato al ministero dei Trasporti e della Navigazione.

MEDAGLIA D’ARGENTO CON ‘LA NOTTE NEL PORTO DI GENOVA’ – Nell’anno seguente ottiene la medaglia d’argento all’Esposizione Internazionale di Londra con l’opera intitolata: <La notte nel porto di Genova> e appronterà il suo primo studio a Villa Sala, lungo la strada per Lecco. In quei luoghi mai dispersi nella memoria frequenta il parco dove si recavano a dipingere lo zio Mosè Bianchi e il cugino Emilio Borsa, figlio di Regina, sorella della Madre di Pompeo. Dipinge qui il <Cantuccio di primavera> che esposto a Brera nello stesso anno, insieme al <Saluto>, viene acquistato dal Commendator De Angeli. Nel 1885 il Nostro espone a Parigi, ove ha un recapito da Goup il Boussod e Valadon, alcune opere di soggetto egiziano e delle marine, vincendo una medaglia d’oro, ripresentando il <Saluto al sole morente>. A nostro avviso è il dipinto: <La notte nel porto di Genova>, però l’opera – manifesto dell’Impressionismo Italiano.(Ricordo in proposito che il quadro di Claude Monet <Impressioni al Sol Levante> di Monet è del 1872 ed è esposto per la prima volta nell’Atelier del Fotografo Nadar, nel 1874). Sempre nel 1885, proponendo il dipinto: <L’onda>, Mariani ottiene il diploma di socio – onorario dell’Accademia di Brera di cui diverrà consigliere nel 1897. Rassegnerà le dimissioni nel 1905. Re Umberto acquisterà nel 1886 un’altra veduta del porto, intitolata la <Sera>, esposta a Brera nel 1885. Di questo periodo è <Il veliero> che oltre ad evidenziare l’interesse per il tema del mare, in tali anni denota dal punto di vista tecnico la preferenza accordata nell’acquarello all’uso di tinte piuttosto diluite.

LA MEDAGLIA A LIVERPOOL CON IL QUADRO ‘ACQUA SALATA’ – Nel 1886 gli viene conferita la medaglia d’argento a Liverpool per il quadro <Acqua salsa>, ma la sua gioia viene offuscata dalla scomparsa del padre. Si trasferisce con la madre nella casa del Principe Porcia 8 ora Via Volta 4, ove risiederà fino al 1899) e lavora assiduamente, presentando i suoi dipinti a varie rassegne artistiche ove vengono subito vendute. Oltre alle opere ambientate nella campagna monzese, ai porti e alle marine realizzate in Liguria, esegue alcuni ritratti tra i quali si segnalano quello di donna del 1883, appartenente ai Musei Civici di Monza, quello di Garibaldi, riprodotto sull’ <Illustrazione Italiana> nel 1885, quello del capitano degli alpini Uboldo Dè Capei del 1887 e di vari personaggi della media e alta borghesia monzese e milanese. Sempre nel 1887 l’artista partecipava con alcune opere alle esposizioni di Liverpool, Londra e Venezia. L’anno seguente inviava dipinti dipinti al tema del paesaggio a Monaco, Amburgo, Vienna e Londra. Negli anni successivi si presenterà con i propri quadri, sia alle varie manifestazioni artistiche italiane che mostre e gallerie d’arte a New York, Monaco, Berlino, Chicago, Lucerna, Nizza, Zurigo, Tolone, Pietroburgo e Montecarlo. In questi anni eseguiva anche <L’alba del 6 maggio 1860 dallo Scoglio di Quarto> (1889),una delle rare opere di soggetto storico, che rievocava la partenza di Garibaldi e dei Mille dalla Scogliera di Quarto che viene inviato nel 1892 all’ Esposizione di Belle Arti di Roma, dove viene acquistato dal ministero della Pubblica Istruzione per ornare il Palazzo del Senato. Nel frattempo viene premiato nel 1888 con una medaglia d’oro alla III Mostra Internazionale Kunstausstellung di Monaco per il dipinto <Tramonto nel porto di Genova>; qui veniva presentata anche l’opera dal titolo <Sorge la luna> . Nel 1889 gli giunge la commissione per un ritratto di re Umberto per la Cappella Palatina di Palermo e il pittore si reca a Roma per ritrarre dal vero il sovrano.

IL DIPLOMA ‘MENTION HORABLE’ – Ottiene il diploma per la <Mention Honorable> all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. La vena paesaggistica comunque non si inaridisce, anzi è sempre fiorente di nuove opere, realizzate nella campagna lombarda e nel Parco di Monza dove Mariani si recava a dipingere dal vero e nei pressi del quale ebbe il suo primo studio (1884) I ritratti di natura campestre vengono arricchiti con nuovi motivi, ispirati dal soggiorno,attorno al 1890, a Gignese, un paese nei pressi del Lago Maggiore, già frequentato oltre che dallo zio Mosè Bianchi al quale era sempre legato da profondo affetto e con il quale condivideva l’interesse per alcuni temi in campo pittorico, da Gignous, Carcano, Dell’Orto del quale era spesso ospite e Gola. Qui Mariani realizzò vari dipinti che descrivevano i pascoli della zona, i casolari e le baite; tali composizioni erano talvolta ravvivate dalla presenza di contadine o pastorelle che indossavano semplici vesti e portavano i capelli raccolti nel fazzoletto annodato sulla nuca, motivo presenze anche nelle scene, ambientate negli Anni’ 80nella campagna lombarda e nel Parco di Monza. A questo filone pittorico appartengono la <Contadina a Gignese>, <Galline< e <Galline e tacchino> della donazione Lomazzi Scevak, opere tratteggiate con un tocco scorrevole che delinea rapidamente le forme. Sempre nel 1890, il quadro, intitolato <D’autunno al cader delle foglie>, viene acquistato dal re. In quell’anno l’artista iniziava a recarsi alla Zelata nel Pavese e qui eseguì numerosi dipinti che descrivevano le tranquille lanche del Ticino, scene di caccia tra i canneti delle zone paludose del fiume e successivamente affrontò anche il tema del lavoro delle mondine che lo attraeva però soprattutto da un punto di vista paesaggistico. Tali opere presentate alle varie manifestazioni artistiche ottennero successo e vennero vendute quasi tutte. Un dipinto eseguito a Gignese, denominato <Il Torrente>, fu presentato a Palermo nel 1891 e venne premiato con una medaglia d’argento all’Esposizione Generale Nazionale di Palermo e acquistato da Casa Reale. Nel medesimo anno G. Macchi, direttore insieme a A. Bersellini della<Cronaca delle Arti Belle>, commentando la contemporanea esposizione di Brera nella quale il pittore aveva presentato alcuni studi e disegni, ritiene che “la grande raccolta di studia a carbone, all’acquarello, a pastello, all’acquaforte ritoccata che Pompeo Mariani ha esposto quest’anno alla Triennale di Brera, dimostra come egli, in mezzo alle molteplici nuove tendenze che dividono il campo dei giovani, non abbia provata esitanza alcuna sulla via da seguirsi. In questi studi, più che mai, egli si abbonda al godimento di rendere più rapidamente e on la maggiore preoccupazione tecnica possibile le sue sensazioni davanti al vero. E la sensazione sua appare quasi sempre sintetica riassunta nel renderla in pochi contrapposti di chiaroscuro o di linee o di colore.”
LA LIGURIA, IL PRINCIPATO DI MONACO E LA PADANIA : TRE LUOGHI DELL’ INCANTO
La Liguria e la Brianza sono stati due luoghi dell’incanto per Mariani., terre felici che hanno ispirato e alimentato la vita interiore dell’artista, fornendo non solo elementi confortanti ma abbandoni a momenti di estatica bellezza. Sensibilità e affetto si sposano mirabilmente in quegli ambienti di natura incontaminati e generano impressioni di stupore fissati prima in uno sguardo illuminato e poi in una pittura fluida, rutilante, decisamente mediterranea. Dapprima l’abbacinante paesaggio brianzolo e poi l’incontro con l’onda sempre fragrante del mare solatio o in burrasca, immillata di lustri opalescenti Mariani sostava con una tensione febbricitante sulle spiagge liguri, quale vivo, fremente confine tra il cielo infinito e una terra liquefatta, riverberata dal gorgoglio fermentante dell’acqua. Quella del pittore è una continua abluzione nella purezza intimistica, tutta intrisa della poetica specchiata e meditativa dell’acqua, catturata come per incanto. Dai paesaggi fluviali lirici e interiorizzati, al mare in tempesta descritto con una pittura che prelude all’astratto è un continuo baluginio della stessa luce catturata magicamente. che impedisce al pensiero di fuggire verso lidi ancor più consolanti. La sua arte non è solo pura <consolazione metafisica> come affermavano Schopenahauer e Nietzsche ma contribuisce all’invenzione essenziale di nuove visioni del mondo, favorisce non poco l’evoluzione del processo artistico italiano. Ciò che l’occhio percepisce in lui è l’impressione visiva di un insieme di colori, ma questo muta con il variare delle condizioni di luce. La vocazione di Mariani alla pittura <en plein air>, lo porta dove la luce non è più unica, verificandone effetti multipli sull’ambiente di natura. Dalle opere del pittore monzese inoltre come in quelle degli impressionisti francesi, traspare un grande amore per la vita. Il mondo di allora era sotto molti aspetti assai più manifestamente duro ed ingiusto del nostro, eppure dalle tele di Mariani si percepisce spesso la sensazione di un atteggiamento entusiastico ed un vigore eccezionale, tali da renderle capaci di cogliere il lato di estatica bellezza della realtà. Mariani ha consacrato tutte le sue energie alla pittura,macerandosi di continuo nel problema del colore. Con questo suo impegno continuo contribuisce all’evoluzione stilistica dell’arte italiana con la realizzazione appunto di una pittura dal vero, basata sull’impressione individuale di fronte al paesaggio di natura Il suo passaggio a Montecarlo resta infine come riferimento imprescindibile di quel passaggio storico tra la Belle Epoque e la Modernità….

MARIANI E LA RIVIERA LIGURE – Pompeo Mariani non trascura neppure di frequentare la Riviera Ligure che tanto amava: nel 1892 è nuovamente a Genova dove si svolgono le feste colombiane e qui si intrattiene nei mesi di agosto, settembre e ottobre, eseguendo vari dipinti ispirati a questo soggetto, presentati in seguito a diverse manifestazioni, ove ottengono apprezzamenti e riconoscimenti di pubblico e di critica. Vince la medaglia d’argento all’esposizione italo-americana del 1892. Agli anni immediatamente successivi appartiene il disegno :<Al capo nord> nel quale Mariani raffigurando una nave nel porto genovese utilizza un fitto tratteggio per rendere le ombreggiature. E’ stato realizzato per ricordare una serata trascorsa sull’imbarcazione. Lo scafo, nella composizione viene tagliato dal lato sinistro del foglio per rendere più immediata la scena che appare scorta da un punto di vista ravvicinato, secondo un’ inquadratura che era già stata utilizzata dal Mariani nella serie di dipinti eseguiti durante la celebrazione delle Feste Colombiane a Genova. E’ datato 1893 il dipinto :<Intrattenimento musicale>, appartenente alla raccolta Lomazzi Scevak nel quale è raffigurata una giovane donna mentre suona la chitarra seduta su una panchina; di fianco a lei, in posizione leggermente arretrata un’ altra suonatrice è posta in analoga posizione. La definizione plastica della figura in primo piano è data dall’inchiostro sfumato entro sottili contorni a penna, mentre quella dell’altra donna è solo vagamente accennata da rapidi profili e richiama il fare bozzettistico degli schizzi giovanili. Sempre nel 1893 si reca nuovamente a Roma per un altro ritratto di re Umberto, commissionatogli per l’Ambasciata Italiana di Berlino.

ESPOSIZIONE MONDIALE DI CHICAGO – Partecipa in quell’anno all’Esposizione Mondiale di Chicago, importante manifestazione internazionale pubblica, grazie alla quale si fa maggiormente conoscere anche Oltreoceano. Nel 1890 aveva già inviato alcune opere a New York. Con nuovi temi espositivi, si presenta alla II Esposizione Triennale di Milano nel 1894. Presenta una serie di opere di soggetto venatorio eseguite alla Zelata nei pressi di Pavia. L’opera dal titolo: <Buon colpo di spingarda>, partecipa al Premio Principe Umberto; il quadro che ha come soggetto: “Una lancia del Ticino”, viene acquistato da Re Umberto; <Nei boschi della Zelata> è venduto al Conte Ernesto Turati; <Un doppietto alle anitre>, a Emma Vonwiller. In Padania verranno realizzati anche dipinti che descrivono il lavoro delle mondine nelle risaie della zona. Invia opere a varie Esposizioni nazionali e internazionali ove ottiene sempre buoni risultati e apprezzabili riconoscimenti. Gli acquisti delle sue opere si susseguono numerosi. Tra il 1897 e 1898 Mariani realizza un importante serie di otto tele per decorare il salone del Palazzo del Dottor Grossi di Genova, ora conservate alla Galleria d’Arte Moderna del capoluogo ligure.

IL SOGGIORNO A BORDIGHERA – Nel 1898 soggiorna a Bordighera, località che il pittore frequenta dal 1889 e nella quale si trasferirà negli ultimi anni, descritta in varie opere. Come si è già accennato, l’incontro tra Mariani e il paesaggio della Riviera risale infatti almeno al 1875 . La consuetudine familiare era quella di trascorrere l’estate in Liguria, mentre dal 1882 ebbero inizio i frequenti soggiorni dell’artista a Genova, ospite della sorella Anna che in quell’anno si sposò e andò ad abitare nel quartiere di Carignano, in quella via Fieschi che subito si tramuta in motivo decorativo per il fratello pittore. Da Palazzo Doria, dove abitava il fratello del cognato e dal 1890 si trasferirà anche la sorella del pittore, Mariani eseguirà alcune delle sue opere più riuscite e famose riferite al porto della città, ripreso anche da altre angolazioni e specie in lontananza, da Cornigliano, o dalla collina di Granarolo dov’era un’altra residenza della famiglia. Il giovane nipote di Mosè Bianchi espone i suoi primi dipinti di soggetto ligure nel 1883, a Firenze, a Genova e all’Esposizione annuale di Brera; qui presenta <Tempo grigio> (Riviera Ligure) e due vedute del porto genovese,<Genova>, <dal Palazzo Doria> e Il porto di Genova in tempo di pioggia> Scrive 129) ancora Giovanna Ginex nel pregevole volume: <Scoperta del mare ; Pittori lombardi in Liguria tra’ 800 e’900>. In corsa per il premio Principe Umberto, proposto lo stesso anno anche all’Esposizione di Nizza e l’anno seguente alla Promotrice di Genova. Quest’ultima veduta venne notata con favore da Luigi Chirtani mentre sulle pagine de <La perseveranza>, Filippo Filippi le trovava entrambe un po’ farraginose, e quella con effetto di pioggia troppo uniforme, monocromatica”. L’affermatissimo marinista francese Felix Ziem, presidente della commissione di Giuria a Nizza nel 1883, premiò il nostro giovane Mariani per una delle sue marine, contribuendo alla sua precoce fama di <marinista> anche con con l’acquisto di una tela.

Nel 1884, a Brera, fu la volta di altre vedute del porto tra cui <Saluto al sol morente! Con il quale Mariani ottenne il premio Principe Umberto, allora massimo riconoscimento ufficiale cui poteva ambire un artista presentandosi alle mostre braidesi. Al dipinto Chirtani dedicò un appassionato elogio, replicato anche l’anno seguente: <A Genova ammirò il porto al chiaro di luna; vide dei tramonti di fuoco e delle aurore infiorate di rosa come nei canti del Tasso, e lì sulla tolda dovette pensare che quelle splendide scene non sono meno vere e reali del ruscelletto alpino che scende mormorando tra i sassi, né più rettoriche delle fronde e dei prati fioriti. Volle essere il pittore di alcuni aspetto straordinari del vero, delle marine che rispecchiano gli incendi delle nubi al tramonto del sole, dei chiari di luna spettacolosi , dei colpi di vento che pare debbano sradicare i bastioni dei porti; solo che invece di dipingere queste cose colla ricetta delle convenzioni correnti, cercò nella natura ogni colpo di pennello, ogni arditezza di tavolozza”. Sempre nel 1884 l’artista ottenne all’Esposizione Universale di Londra una medaglia d’argento per <L’onda>, dipinto di grande virtuosismo in cui il mare è assoluto protagonista, soggetto replicato nell 1891 per la 39° Esposizione di Belle Arti della Promotrice Genovese nel <Mare procelloso> di Danza delle onde; anche Gustavo Macchi intervenne a proposito de <L’onda>, presentata a Brera nel 1885: >Come si vede, lasciando le tinte fosche, i fiumi e i bagliori del porto, il Mariani ha affrontato quel terribile elemento pittorico che è l’acqua marina, non cacciata in seconda linea, e come fondo, ma come elemento essenziale del dipinto. E si scorge uno sforzo immane, in quella tela, per strappare al vero il suo segreto; una tendenza al fare solido, forte…”.

A PARIGI IL SALUTO AL SOL MORENTE – Ancora nel 1885, ripresentato il <Saluto al sol morente!> a Parigi nell’Exposition du Travail, gli venne assegnata una medaglia d’oro. Nello stesso anno espone a Brera, <La sera<, acquistato da re Umberto I, e a Londra, Milano, Firenze <Di notte nel porto di Genova>, fu proposto in mostra. Da allora, ricorderà un critico nel 1906, <il mare egli continuò a studiare con intenso amore, in Riviera e ritrasse a più riprese la vita e il movimento del grandioso porto di Genova, allora poco curato dai pittori, e ne ritrasse la poesia dell’abbandono nella solennità delle ore notturne, sotto il grande vigile occhio dell’alto faro, nei chiari pleniluni e nell’interlunio misterioso.”. mariani dipinge tele in cui lo stesso soggetto è indagato in diverse condizioni di luce e atmosfera, opere impegnative , spesso di grandi dimensioni, che presentate alle mostre pubbliche colpivano il pubblico e la critica. Nel III Quadriennale d’Arte del 1939 a pag.42 si legge in proposito: ” Pompeo Mariani continua a dare sé stesso nella foga della prima impressione artistica. Egli ha mandato forse più dio venti quadri di marina, di costumi orientali e italiani, porti di mare e selve di bastimenti, tramonti e cieli accesi, cieli oscuri o solcati da strisce luminose, il mare a tutte le ore, e notti cupe con qualche sprazzo di luna, tutte impressioni vive dal vero, sincere, subitanee, franche. Tra questi <più di venti quadri”, proposti alla Esposizione nazionale di Torino, non tutti riportati nel catalogo ufficiale a stampa, era forse compreso anche <Il mercato di Genova> rara divagazione poetica del pittore sul tessuto urbano e popolare della città. Da questa data e almeno sino alla fine del decennio si susseguono diverse versioni dei soggetti premiati, sollecitate anche dal successo di mercato anche internazionale. Nel 1886, ormai famoso e socio onorario dell’Accademia, l’artista propone a Brera <Burrasca> e <Era già l’ora che volge il disio/ A’naviganti, e intenerisce il cuore…” L’opera però non fu apprezzata dal quotidiano milanese: <Il secolo> sul quale fu scritto.

<Pompeo Mariani credette affidarsi all’inspirazione col rappresentante in forma sensibile le due terzine più soavemente meste del divino Aldighieri…ma pare impossibile che la poesia melanconica della quale riboccano i versi, non abbia suggerito a un artista di tanto valore che un quadro bruno bruno, che par disegnato col carbone”. Testimonia la fortuna del suo genere pittorico in patria ed oltre confine già negli Anni Ottanta il fatto che l’opera dal titolo: <Il Tramonto nel porto di Genova>, presentato alla III Esposizione internazionale d’arte di Monaco nel 1888, fu premiato con una medaglia d’oro. La genovese esposizione Colombiana del 1892, dove Mariani ottenne una medaglia d’argento, gli diede l’occasione di tornare alla Superba e di riprendere gli antichi soggetti marinareschi ora affiancati ai paesaggi. A quella data Mariani, cui viene ormai riconosciuto un ruolo primario tra i ‘marinisti’, si era infatti già da qualche anno allontanato dall’esclusività delle marine per accostarsi ad un nuovo soggetto paesaggistico nel quale ancora può liberare la sua magica capacità di raffigurazione dell’acqua; dal 1890 inizia infatti a dipingere i paesaggi di Gignese e della Zelata, plaga inondata dalle acque del Ticino nei pressi di Bereguardo, vicino a Pavia.

Si susseguono i successi espositivi, le commissioni e gli acquisti di prestigio, li lodi della critica, non solo in Italia. Nel 1895 Virgilio Colombo sottolineava come la sua pittura sia strettamente legata alla raffinata personalità dell’uomo: “Mariani vuol dire signorile; la distinzione è la dote predominante ne’ suoi valori di paesista pensoso e marinista risoluto e arditissimo”. Dagli Anni Novanta del secolo diciannovesimo,inoltre,si ampliano anche le tematiche della sua pittura di mare, che tocca ora le corde del sentimento; accanto alle collaudate vedute del porto di Genova, alle burrasche e ai pescatori che vanno o tornano dalla pesca Mariani accosta infatti tele in cui il mare non è più il protagonista della composizione, spostando il centro emotivo della scena sulle figure dolenti di coppie o figure femminili scosse da passioni rese esplicite dai titoli delle opere.

Il filone si rivela di successo e viene più volte replicato dal maestro, ormai stabilitosi definitivamente a Bordighera dove gli giungono varie commissioni per ritratti da parte degli inglesi e altri stranieri che soggiornano sulla Riviera: esegue il ritratto dell’Ammiraglio Conybeare e quello per la signora Buddicomb con la figlia, che verrà esposto alla Royal Academy nel 1899, e vari altri. Nel 1899 lo zio Mosè è colpito da un ictus cerebrale a Verona dove da un anno dirigeva l’Accademia Cignaroli; Pompeo prenderà il suo posto per qualche tempo. Nel 1900 è di ritorno a Milano e qui lavora in uno studio in corso Magenta 88, in casa del Barone Laugier, che terrà fino al 1903. In questo periodo l’interesse dell’artista si rivolge alle varie manifestazioni sportive milanesi e ai luoghi di ritrovo mondano della città: esegue alcuni dipinti ambientati a San Siro, nei Caffè e nei teatri cittadini. Si dedica intensamente in tali anni anche al monotipo oltre che all’acquaforte, passione quest’ultima che coltiva già dal 1879.

LA MORTE DELLO ZIO MOSE’ – Nel Marzo del 1904, come già accennato in precedenza, perde per sempre lo zio Mosè e quell’evento luttuoso lo addolora moltissimo perché era profondamente legato a quel padre artistico. Pompeo organizza allora in suo onore, una mostra commemorativa accolta all’Esposizione Nazionale, allestita a Milano per l’inaugurazione del traforo del Sempione nel 1906. In quell’occasione presenta anche alcune sue opere con nuovi soggetti, ottenendo un diploma di benemerenza. Nel giugno del 1907 si unisce in matrimonio con la cantante lirica Marcellina Caronni, soprannominata Nana, conosciuta a Bordighera tramite l’amico e collega Giuseppe Ferdinando Piana. Nel frattempo aveva trasferito lo studio e la sua abitazione milanese in un vasto appartamento in via Montenapoleone 42, nella casa parrocchiale dell’attigua chiesa di San Francesco da Paola, arredandola con gli oggetti ed i dipinti antichi e moderni della sua collezione. Terrà quell’ubicazione fino al 1918 quando trasferirà il suo atelier in Piazza sant’Alessandro. Per la precisione nel periodo della guerra dimorò sia Milano che a Bordighera dove negli anni successivi si stabilì definitivamente. Appartengono a questo periodo i disegni della Donazione Lomazzi- Scevak che raffigurano i giocatori al tavolo della roulette di Montecarlo con un taglio compositivo molto ravvicinato. Il primo si intitola proprio: <Al tavolo da gioco a Montecarlo> (matita su carta, cm9,5 x 15,5). Si delinea la consueta inquadratura ravvicinata, utilizzata nelle composizioni dedicate alla raffigurazione del gioco al Casinò di Montecarlo negli Anni ’20 e si rappresenta con tratto rapido ma sfumato alcuni giocatori, intenti al tavolo della roulette. Il secondo disegno presenta lo stesso titolo: <Al tavolo da gioco a Montecarlo> (matita su carta, cm 11,7×8,5), Vi è apposta la sigla P.M. In basso a destra; luogo e data in basso a sinistra. Si tratta di uno degli ultimi disegni realizzati da Mariani e dedicato alla raffigurazione del Casinò di Montecarlo. Le sagome delle figure sono appena accennate con un contorno essenziale, senza ripensamenti. Le fisionomie dei personaggi sono tratteggiate sommariamente in modo espressionistico. Poche linee determinano il piano del tavolo e la sedia alla quale sono appoggiate le due donne che si scambiano impressioni sul gioco ed indossano cappellini alla moda. Ancora una volta Mariani riesce a riprodurre con immediatezza l’attimo che lo ha colpito.

Più in generale le opere di questi anni rivelano l’interesse del pittore per l’intensa vita cittadina: descrive le vie affollate, i caffè eleganti, i teatri e l’ippodromo di San Siro in composizioni di gusto impressionistico, sia nella tecnica rapida a piccoli tocchi guizzanti che nell’uso di colori puri e tinte vivaci che vengono accostate con eleganza. Tali dipinti comparivano nelle esposizioni contemporanee di Milano, Roma, Firenze, Torino e Venezia ed ottenevano molto successo. Alcuni di loro appartengono alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Frutto di questi anni sono i disegni della Donazione Lomazzi-Scevak che delineano con rapidi tratti e sottili ombreggiature le vie milanesi ed i luoghi di ritrovo, frequentati da eleganti signori e gentiluomini. Citiamo per tutte le seguenti opere: <In una via di Milano>, matita su carta (cm.9,5×12) e <Ritrovo elegante>, matita su carta (cm.21,5 x13,3). La prima appartiene all’epoca milanese del pittore. Nel disegno è delineata una via del centro con il motivo del tram a cavalli, che rivela l’evidente influsso dei Carrobbi milanesi di Mosè Bianchi. Per l’impostazione della scena con la figurette di piccole dimensioni ed il modo di rendere le ombre con le svirgolature, questo raro disegno che presenta una resa a tratteggi verticali ben amalgamati risulta databile intorno al 1905. E’ interessante in quanto documenta l’interesse dell’artista per questo tema di derivazione dal Bianchi che non è presente in nessuna opera pittorica nota. La seconda opera citata raffigura una raffinata scena mondana ambientata in un caffè alla moda o forse più precisamente al Casinò di Montecarlo che Mariani inizia a frequentare nel 1901. Essa presenta il taglio compositivo con le due figure tagliate in primo piano di gusto denittisiano, consueto a partire dai primi anni del ‘900. Si può collocare negli anni tra il 1909 e 1912. La resa appare assai curata: la signora ed il suo cavaliere che sembrano sopraggiungere in quel momento, vengono delineati con tratti veloci, poco chiaroscurati che rendono pienamente l’idea dell’istantaneità della scena. L’ambiente è descritto per cenni ma con precisione: si distinguono nello sfondo alcuni particolari architettonici, gli specchi con le ricche cornici, le appliques disposte lungo le pareti. Le altre figure che affollano lo spazio nella metà superiore del disegno sono solamente profilate. Questo motivo verrà ripreso sovente nelle opere realizzate intorno al 1910.(Si vedano ad esempio le <Cene eleganti> della Galleria d’Arte Moderna di Milano). Un cospicuo numero di dipinti dedicati a questo soggetto verrà presentato nel 1913 all’Esposizione allestita alla Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma e qui, tali quadri otterranno un grande successo di pubblico e di critica.

Nel 1922 aveva soggiornato per qualche tempo a Viggiù sulle alture del Lago di Lugano e qui creò delle piccole raffinate composizioni ad acquarello che descrivevano questa località. Citiamo il primo acquarello su carta: <Contadina con gerla a Viggiù>. Questa piccola opera è interessante perché denota un ritorno all’inizio del terzo decennio del Novecento a temi trattati negli Anni ’80 e ’90 a Monza e Gignese sui quali era già tornato attorno al 1914 nelle opere ambientate a Limone Piemonte. Il motivo della contadina che procede sulla via, recando sulle spalle una gerla colma di fieno è comune in molti pittori lombardi della seconda metà dell’800, dallo stesso Mosè Bianchi a Carcano, Filippini, Gignous, Dell’Orto. La composizione di modeste dimensioni appare costruita con cura secondo un’attenta definizione prospettica con il dilatarsi dello spazio nello scorcio di paese in alto a sinistra. La gamma cromatica appare basata su pochi toni di bruno, di verde, di giallo e qualche tocco d’azzurro per lumeggiare il cielo. La resa della figura è essenziale ma incisiva: La posizione della testa un poco inclinata e delle spalle incurvate, lasciano intuire lo sforzo compiuto dalla donna. Il secondo si intitola.<Viggiù> (matita, acquarello, pastello su cartoncino cm10x13) ed è una piccola ma intensa veduta del paesino di Viggiù, colta dall’alto con la chiesa, il campanile ed i tetti delle case in primo piano, i profili dei monti appena accennati nello sfondo e l’inserto delle fronde degli alberi che inquadrano la composizione a sinistra, rivela il linguaggio maturo di questi anni che con pochi tocchi essenziali delinea edifici, paesaggio e vegetazione. Altre opere di quegli anni verranno proposte nelle sezioni <Ricordi vari> di Milano e Studi ed impressioni di Montecarlo nell’ultima mostra personale nel 1923 alla Galleria Pesaro di Milano che raccoglieva trecentoquarantotto 129)dipinti, illustranti l’intera sua opera: vi erano anche soggetti ambientati al Cairo, ricordi di Monza, scene di caccia alla Zelata, studi ed impressioni di Genova, scene di vita di Bordighera ed alcuni ritratti.

MARIANI A BORDIGHERA IERI – Pompeo Mariani inizia a frequentare Bordighera attratto dalle sue invidiabili bellezze naturali ed in particolare la macchia mediterranea che impreziosiva la sua costa ed era conosciuta in tutta Europa. Non a caso la Riviera di Ponente era visitata da una folta colonia di stranieri che contribuivano fattivamente ad arricchire il suo ambiente culturale. Nell’ 800 ai primi viaggiatori erano subentrati i primi turisti che, ammaliati dal luogo, incominciarono a soggiornarvi. La nazionalità dei presenti era varia: principalmente inglesi, francesi, tedeschi, russi ed anche italiani. Sorsero i primi alberghi lussuosi, unitamente a filiali bancarie, agenzie di viaggio, giornali. La vita culturale prende un respiro internazionale e nascono settimanali di pregio quali:<La via Aurelia>, edito da Frederick F.Hamilton,<L’Indipendente di Bordighera>, la< Voce di Bordighera>, il <Journal de Bordighera>, diretto da Miss. M. de Burg Dale, stampato nello stabilimento tipografico di Giuseppe Bessone. Questi giornali sono scritti in Inglese, Italiano, Francese, tedesco ed Esperanto e relazionavano sulle presenze degli ospiti di prestigio nelle ville e negli alberghi. Bordighera si rivela così come un centro di incontro del bel mondo internazionale soprattutto tra gli ultimi decenni dell’Ottocento ed i primi del Novecento nelle stagioni invernali. Soprattutto gli Inglesi sono affascinati dalla bellezza della Liguria, cantata dai loro poeti romantici. Ma anche altri scrittori e pittori di altre nazionalità restano ammaliati dall’incanto della natura ligure. La pittura naturalistica romantica ben si concilia con la bellezza del paesaggio rivierasco. Perfino un esule come Giovanni Ruffini pubblicò nel 1855 ad Amburgo il romanzo intitolato:<Il dottor Antonio>. L’opera fu accolta con grande favore dal pubblico e richiamò l’attenzione del mondo anglosassone su un litorale sino ad allora sconosciuto, dalle strade impervie, tracciate principalmente dai Romani, pieno di esotismo e abbellito del fascino di una verzura lussureggiante. La comunità principe ospitata da Bordighera fu quella inglese. Era formata da nobili ed alto borghesi legati alla monarchia ed hanno ricostituito quel patrimonio di civiltà ritenuto fondamentale in Patria. Quell’oasi di macchia mediterranea incastonata sulla costa del Ponente Ligure viene punteggiata da ville e cottages, unitamente ad una piccola chiesa(la All Saints Church),per le funzioni religiose. Ed ancora la Victoria Hall, l’ Union Club, il Chess Club per la vita di sicietà,i concerti,le rappresentazioni teatrali, la lettura,i giochi del biliardo, del bridge, degli scacchi e nel 1878,il Lawn Tennis Club, primo centro tennistico in Italia come ha osservato Mario Marcenaro, conservatore del Museo- Biblioteca C. Bicknell nella prefazione al pregevole volumetto a cura di Anna Ranzi sui disegni, i bozzetti, gli acquarelli della donazione Lomazzi -Scevak di Bordighera, edito a cura dell’Istituto Internazionale di Studi liguri di Bordighera. Attratte da questo fervore di vita culturale furono molti gli intellettuali che soggiornarono o vissero A Bordighera. Ricordiamo tra gli altri George Mac Donald che abitò nel 1870 <Casa Coraggio< edificata per essere <insieme un tempio, un teatro, un museo, un circolo, un’accademia, una locanda>; nella stessa <Casa>, dopo la trasformazione in albergo, soggiornò lungamente, scrivendo bellissime pagine su Bordighera, Edmondo De Amicis e pure Ludovico Winter che realizzò per Thomas Hambury i celebri giardini della Mortola, e Charles Garnier, il famoso architetto della Nouvel Opera di Parigi, il quale tra l’altro, nel 1873, progettò la sua splendida villa in località Arziglia, a picco sul mare e poi villa Bischofsheim sulla Via Romana ed ancora il Palazzo scolastico, ora Municipio, e la Chiesa di Terra Santa alla Marina, terminata alla sua morte. Nel 1888 Bordighera si dotò anche di un museo per opera del pastore anglicano Clarence Bicknell che, dopo aver esercitato il suo ministero in Inghilterra e dopo aver molto viaggiato, attratto dalle sue bellezze paesaggiste, aveva deciso di soggiornare a Bordighera. Sorse così il primo museo privato della Liguria Occidentale, ma a completa disposizione del pubblico (oggi il Museo- Biblioteca Clarence Bicknell, cuore dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri). Ben presto venne affiancata la Biblioteca Internazionale, anche 129)questa voluta dalla comunità inglese. Pompeo Mariani che soggiornò in Riviera a partire dal 1892 trovò anche una folta schiera di pittori che lasciarono preziosi <documenti> dei loro soggiorni bordigotti. Ricordiamo tra gli altri: Anna de Buchère de l’Epinois ed i suoi figli, Henri ed Aurélie, che dipinsero la Riviera attorno al 1840, attenti alle presenze naturalistiche e paesaggistiche che avevano attratto i primi viaggiatori; percorsero la Riviera anche Luigi Varese, nativo di Porto Maurizio, il <grigio> Federico Pastoris, il paesaggista svizzero Alexandre Calame, Hercule Trachel, Corinth Lovis e persino Claude Monet.. Quest’ultimo, ospite della Pension Anglaise nel 1884, scelse la Città delle Palme per dipingere alcuni paesaggi naturalistici, cercando di penetrare i suoi <diabolici> colori. (Approfondiremo in capito a parte questa affinità non solo <spaziale> tra Monet e Mariani) Ci lasciò incantevoli raffigurazioni dei Giardini Moreno, del Vallone del Sasso, di Borghetto e Vallebona, della Strada Romana con le ville Goffin e Bischoffsheim, la Casa Rossa, paesaggi con palme,limoni, aranci e olivi. Dedicarono ancora tele a Bordighera, Pasquale Domenico Cambiaso, Filippo Minozzi, andrea Marchisio e naturalmente,i bordigotti Luigi Allavena e Giuseppe Ferdinando Piana, che avevano visto operare Hermann Nestel e Federico von Kleudgen, da tempo residenti nella Città delle Palme. Pompeo Mariani, nel 1889 recandosi per la prima volta a Bordighera, vi trasse ispirazione, come do cumenta il dipinto <Signora con levriero>, che dà l’avvio alla serie di figure femminili colte nel loro elegante passeggiare sulla spiaggia, con campiture laghe accostate ai tocchi più densi di colore. Dal 1898 frequenta sempre più spesso la cittadina ligure e proprio nel 1898 vi organizza una mostra con i pittori Hermann Nestel e Piana. Nel taccuino di Mariani, conservato preso la Fondazione di Bordighera che porta il suo nome, vengono meticolosamente riportate in ordine cronologico, fra il il1880 ed il 1927, tutte le opere da lui vendute, con indicazioni del prezzo di vendita e del nome dell’acquirente. Fra i vari dipinti è opportuno citare <La sciabica>(o la calma), che si richiama ad un singolare tipo di pesca ormai andato in disuso che si ritrova menzionata nel romanzo .<Il dottor Antonio> di Ruffini, in cui si dice che <le donne tirano le loro reti a terra e accompagnano ciascuna tirata con un grido simile ad un lamento>.Uno dei più suggestivi ritratti concepiti a Bordighera è senz’altro un dipinto di quell’anno, raffigurante una giovane turista britannica, Mrs. Buddicomb con la figlioletta. Lo studio relativo all’opera si trova a Bordighera, presso l’ Istituto internazionale di studi liguri. Il quadro venne esposto nel 1899 alla Royal Academy di Londra e fece conoscere ad un sempre più vasto pubblico le doti del pittore. A Bordighera Mariani ebbe contatti con molti famosi personaggi italiani e stranieri. Egli frequentò l’architetto Luigi Broggi, autore della villa in stile barocco che la regina Margherita, grande ammiratrice di Mariani, era fatta costruire. Attento osservatore della vita di Bordighera, Mariani dipinse i suoi luoghi di ritrovo mondano, i ristoranti, gli alberghi, la passeggiata a mare, sorta nel 1901, parallelamente alla Cornice e denominata poi Lungomare Argentina in omaggio ad Evita Peròn, che la visitò nel 1947. Rappresentò inoltre il Casinò, sorto nel 1911 e demolito nel 1954, perché danneggiato da una violentissima mareggiata. Innumerevoli tracce del suo lavoro e delle sue passio- ni rimangono alla <Specola>. Dopo un periodo di relativo abbandono, negli ultimi anni, grazie ad un alacre ricerca e ad un massiccio e lungo lavoro di restauro, con l’aiuto della Soprintendenza per i Beni Architettonici della Liguria e dello <Studio Architetti Alborno> di Bordighera, la Specola puà oggi essere ammirata in tutto il suo splendore. L’Istituto Nazionale di Studi Liguri di Bordighera custodisce uno spaccato della vita artistica di Pompeo Mariani Nel 1908 e negli anni seguenti Mariani si reca spesso a Bordighera con la moglie Marcellina e qui soggiorna in via Garnier nella case Pallanca e Risciard. Negli anni precedenti aveva risieduto all’Hotel Inghilterra.

Nel 1909, acquista a Bordighera dalla contessa Fanshawe, una villetta sui colli in via della Madonnetta, dove trascorrerà buona parte dell’anno; qui poco dopo nel 1911, sorgerà per opera dell’architetto R. Winter il nuovo studio del pittore, la cosiddetta Specola che verrà arredata con le sue opere, e con quelle numerose dei colleghi, raccolte durante tutta la vita. Nella parte superiore al camino avrà una grande vetrata per irrorare di luce anche la parte terminale dell’ambiente. Un grande soppalco verrà creato sopra l’ingresso per ospitare eventuali ospiti desiderosi di prendere visione delle opere dell’artista, tra cui a partire dal 1913 la Regina Margherita di Savoia. (1851 -1926), i Rotschild, i Bernasconi, l’attore Max Linder, 129)Ugo Ometti, Edoardo Ximenes ed Emilio treves, gli amici pittori Piana, Previati, Kleudgen e tanti altri. Nel piccolo salone d’ingresso sul lato destro, venne collocata una libreria a muro, opera di Eugenio Quarti, mentre dalla parte opposta venne sistemato un grande tavolo in mogano proveniente dalla sala nautica di un veliero inglese di fine ‘800. La struttura interna fu completata da una bellissima vetrata che serviva da divisione tra l’ingresso e lo studio vero e proprio, adornato da belle lampade di Giovanni Lo Mazzi. Tutti gli accessori all’interno verranno scelti personalmente dal pittore il quale inoltre predilesse sei bellissimi termosifoni in ghisa, di gusto floreale e della grande caldaia proveniente dalla Germania. All’esterno, sopra la porta d’ingresso, è stata posta una bellissima inferriata in ferro battuto, opera del Mazzucotelli. In tempi successivi fu collocato un pinnacolo del Duomo di Milano sul lato sinistro, un bel lampioncino sul lato destro e sempre sul lato sinistro un presepe in terracotta. A Bordighera, Mariani trascorreva periodi piacevoli e la sua vena pittorica si amplio con nuovi motivi: descrisse il mare e le spiagge sassose della costa, la vita intensa dei pescatori che si svolgeva nelle baie lungo il litorale o in alto mare, ma si dedicò anche alla raffigurazione delle coltivazioni ad ulivo, diffuse lungo i colli rivieraschi. In questi anni si recava spesso a Montecarlo ed anche qui traeva spunti per arricchire la sua produzione pittorica: rappresentò in vari dipinti le sale da gioco del Casinò e gli ambienti affollati dei Caffè alla moda. Nel 1909 al Salon d’Automne, perfino la critica francese, sebbene la più tradizionalista, apprezzava opere di Mariani quali <l’Addio al marinaio> e<Lagrime d’addio>, soggetti che risalivano alla metà degli Anni Novanta e che erano ormai alla terza o quarta replica, a olio, acquarello e a monotipo. La partecipazione alla prestigiosa esposizione era stata commentata con toni che declinavano ogni corda del sentimentalismo fin de siècle: < Auprès d’un barque amarrèe à quai, un matelot serre les mains d’une femme; les flota calmes viennent mourir au port et le ciel, d’une pureté laiteause, épand la lueur diffuse dans laquelle des voiles courent à l’orizon: c’est l’addio del Marinaio, une des plus ravissantes aquarelles que je connaisse”. Così precisa De Micheli in un suo scritto. Intanto una ricca serie delle opere ambientate a Montecarlo venne presentata all’Esposizione della Società e Cultori di Belle Arti di Roma del 1913. Molti di questi quadri furono venduti ed entrarono in varie raccolte straniere. Le riproduzioni di alcuni di essi vennero conservate dal pittore nel suo archivio. A partire dal 1919 confluiranno nello studio di Bordighera gran parte degli arredi dei due studi di Milano, tanto da rendere necessaria una sopraelevazione dello stesso. La Specola diverrà così l’unico riferimento artistico del pittore e si uniformerà ai grandi atelier degli artisti europei dell’epoca. Sarà atelier, punto d’incontro per gli amici, luogo dove porre le collezioni e talvolta sede di piccole mostre personali. Purtroppo nel 1925 di fronte al lato della sud della Specola, verrà eretta un’enorme struttura per ospitare delle suore francesi. Mariani tenterà invano di opporvisi, tanto che questo evento forse sarà una concausa della sua dipartita. E’ doveroso sottolineare come la Specola rappresenti una delle più significative opere degli inizi del ‘900 in ambito locale, ed è per questo che si ritiene doverosa una rivalutazione delle opere di Rodolfo Winter nell’ambito dell’Architettura Nazionale. E’ oltremodo interessante constatare come l’artista abbia concepito l’atelier : <un’officina> in senso dannunziano anch’essa plasmata dal senso artistico oltre a quello dell’accoglienza. E doveva essere fornita d’ogni mezzo per ben operare. Si sono ritrovati infatti i cataloghi e i buoni d’ordine di numerose case fornitrici quali la Calcaterra di Milano, la Lorilleux di Parigi, la Roweny e Sons di Londra, la Lefranc & C di Parigi, la Ditta Michele Huber di Monaco di Baviera, Luigi Veneziani di milano, la J.G. Mùller di Stoccarda ecc. Nell’atelier alla fine del 1920 troveranno posto ben 19 cavalletti di varie misure, una bellissima scala pieghevole per dipinti di grande dimensione, tre grandi argani per sollevare tali opere, una serie infinita di accessori per la pulitura dei pennelli, un grandissimo torchio per la produzione di incisioni e di monotipi, mobili d’epoca e di vario genere,stampe giapponesi e cinesi, stoffe pregiate per fare da sfondo alle modelle, un’importante collezione di abiti antichi del ‘600 e del ‘700, di armi, alcune provenienti dallo studio di Mosè Bianchi, una serie di foto degli atelier dei suoi amici pittori: Muzzioli, Tito Conti, Farabutti Visconti, Aleardo Villa ecc, le casse originali delle biennali di Venezia del 1907 e 1914 con le quali aveva inviato le sue opere, il busto di bronzo di Cristoforo Colombo che la città di Genova gli donò nel 1892, in occasione della sua premiazione 129)con medaglia d’argento durante le feste colombiane e ancora tanti e tanti altri oggetti. Pompeo Mariani si inserì nell’effervescente clima culturale della Riviera ed anche mondano e dalla località di Bordighera raggiunge spesso Montecarlo, attratto dalla sua vita a la page ed elegante che si riuniva nei saloni del Casinò e dei Caffè . Da tali luogo, fulcro della <belle epoque > e dalla lussureggiante natura mediterranea che faceva loro da splendida cornice, trae nuovi spunti pittorici: descrive in parecchi dipinti l’ambiente affascinante del Casinò, rappresenta instancabilmente la bellezza del mare nei pressi di Bordighera, unitamente alla vita dei pescatori e delle estensioni di ulivi della zona. Nel 1910 partecipa all’Esposizione Internazionale di Buenos Aires e nell’11 a quella di New York. Nel 1913 una ricca serie di questi nuovi temi, tradotti in opere di grande pregio pittorico,, viene inviata alla società Amatori e Cultori delle Belle arti di Roma per una mostra personale che avrà molto successo. Il Ministero della Pubblica Istruzione acquista in tale occasione un soggetto ambientato a Montecarlo : <La sala dei passi perduti>, ora conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Il 1914 è l’anno della morte della madre, lutto che lo addolora moltissimo. Trascorre gli anni della Prima guerra mondiale tra Milano e Bordighera, città che riconosce ed apprezza le sue opere. I suoi dipinti, in particolare vengono acquistati da importanti personaggi stranieri che frequentano la Riviera. Non dimentichiamo che Bordighera è stata meta di un importante turismo nazionale e internazionale Nel 1918 Mariani trasferisce lo studio e l’abitazione milanesi a Palazzo Trivulzio in Piazza Sant’Alessandro 4, ma trascorre gran parte del suo tempo in Liguria. In questi ultimi anni non si cura più di partecipare a mostre ed esposizioni, ma si concentra sulla sua opera, dipingendo con assiduità. Esegue numerosi appunti di tutto quanto lo colpisce che riempiono le pagine di vari album, come era solito fare anche in passato. Continua da utilizzare varie tecniche espressive con grande passione. Riceve le visite di colleghi ed amici. Tra questi ricordiamo la Regina Margherita di Savoia che andava a trovarlo nella sua residenza, e di lei compie un bozzetto, ora conservato all’Istituto Internazionale di studi liguri di Bordighera. Non dipinge opere di soggetto religioso, eccetto un Cristo Risorto eseguito per la Cappella Araldi di Uscio come ex – voto per la guarigione della moglie che qui era stata curata. Nel 1919 ricevette la Regina Margherita di Savoia e di Lei, Mariani realizzò un piccolo ritratto conservato, insieme allo studio per quello di Re Umberto, presso l’Istituto Internazionale di Studi Liguri insieme agli altri dipinti della donazione Lomazzi- Scevak di cui fa parte. Il pittore ricompare in pubblico nel 1923 con una mostra personale alla Galleria Pesaro di Milano che riunisce 348 dipinti realizzati in varie epoche: <Ricordi del Cairo>, risalenti al 1881, <Studi ed impressioni di Genova> , realizzati dal 1886 al 1917, <Ricordi Monza> , dipinti dal 1884 al 1918, <Impressioni di caccia alla Zelata>, opere compiute dal 1890 al 1904, <Ricordi di Milano>, impressi sulla tela dal 1898 al 1917, <Vita di Bordighera> quadri che possono essere datati dal 1898 al 1922, <Studi e impressioni di Montecarlo> , dal 1901 al 1919 ed ancora ritratti e studi diversi….

SUBLIME, IL MERAVIGLIOSO E L’INCANTO NELLA PITTURA DI POMPEO MARIANI – Non nega il vero ma lo interpreta liberamente sempre rispettoso dei canoni romantici della bellezza. Lontano da ogni materialismo dogmatico e chiuso, come la maggior parte dei <macchiaioli> ed i <realisti>, il Mariani era spinto a mantenere circoscritti i suoi temi nell’ambito dei suoi affetti e del suo mondo immediatamente tangibile e definibile e per quella via il suo realismo tornava ad essere nient’altro che un aspetto ed una forma dell’individualismo romantico. I limiti individualistici del realismo del Mariani non lo spingono mai verso un provincialismo stucchevole. Spinto dall’amore per l’arte, nonché da quelli per il vero cerca di cogliere in ogni sua opera l’incanto di natura, la sua sorpresa più bella. Il Mariani è dunque portato a ridurre i limiti del vero e della natura, all’aneddoto quotidiano che ne riveli le sue forme più genuine. E qui sfiora la poetica impressionista che risalendo alla sensazione pura, fondano un nuovo sistema di visione del reale. Non risente a nostro avviso della lezione dei Macchiaioli che semplificano per bisogno di chiarezza la visione tradizionale, cioè la visione e le struttura prospettica. Eliminando le abituali applicazioni scenografiche della prospettiva pur rispettandone la formulazione originaria, compiono una scelta storica. Non si dimentichi che la riforma artistica dei Macchiaioli vuol assumere il carattere della primogenitura. Anche nell’arte <il toscano> rivendica il diritto storico di diventare la lingua italiana unificatrice. Con i Macchiaioli, il Mariani conserva l’apporto del disegno accademico che consisteva nel delineare l’oggetto fissandone i contorni sulla tela senza amplificazione intellettuale. La luce in Pompeo Mariani ricorda quella universale di Piero della Francesca. Quasi miracolosa- mente riesce a cogliere ed a fissare il primo bagliore dell’alba sul mare. E’ proprio nelle tele dove la figura è coniugata alla veduta di mare, riconosciamo l’eco della produzione marinista, principalmente chioggiotta, dello zio Mosè Bianchi, l’influenza del quale non va però sopravvalutata: penso soprattutto alle<invenzioni> di Mariani e alla vastità e varietà dei temi affrontati. Questo vale anche per le grandi, più tarde composizioni di puro paesaggio marino eseguite dopo il 1898, anno nel quale il pittore iniziò a frequentare Bordighera, nelle quali affronta ancora una volta, ma su un altro soggetto, l’impegno del grande formato rinunciando alle lusinghe narrative dell’inserimento della figura, riservate ora alla produzione su temi <mondani>, ispirategli dal turismo elegante della Riviera e dalla frequentazioni di Montecarlo Nel 1966,i n occasione di una commemorazione celebrativa del Principato di Monaco Pompeo Mariani espone le sue opere in una personale. L’evento viene anche recensito da un foglio culturale dell’epoca con critiche lusinghiere. Per la sua opera pittorica celebrativa dei fasti del Principato di Monaco ha ricevuto in dono anche una onorificenza in oro. La sua opera che illustra il Bel Mondo della Costa Azzurra che sostava nella sua perla naturale, il Principato di Monaco,consta di circa trecento quadri di diverso formato.

OLTRE LA POETICA DEL VERO  Dobbiamo ancora a Mariani alcune tra le prime marine liguri trasfigurate in paesaggi simbolici: <Sorge la luna>, <impressione notturna>, premiata a Monaco nel 1888, apre precocemente almeno nella scelta del soggetto alla sensibilità antinaturalista di fine secolo, che proprio attraverso la pittura di paesaggio <estrema> , vedute di mare e di alta montagna, filtra anche nella produzione pittorica di alcuni degli esponenti storici del naturalismo lombardo. Anche un altro maestro del naturalismo, il milanese Filippo Carcano, paga infatti alla fine degli Anni Novanta il suo tributo alla <pittura delle idee>, a un simbolismo che si fa terreno pericoloso quando non sorretto dalla forza dell’invenzione pittorica e poetica, e dimentico della libertà di creare le proprie opere d’arte,senza avere vincoli, tipica del Romanticismo. Ma l’opera di Mariani si esprime al meglio abbracciando i canoni dell’Impressionismo, nel senso vero e largo della parola. Il suo è un 129)Impressionismo genuino e nel contempo spregiudicato, realizzato grazie ad un sensibilissimo temperamento d’artista unitamente alla prontezza instancabile della mano. Ciò che sente, filtrato dalla sua retina facilmente impressionabile dall’armonia dei colori ci offre per nulla preoccupato dalla ricerca di formule tecniche. Tutto quello che lo impressionava meritava di essere riportato su un foglio o su una tela. E la bellezza, poeticamente espressa con i colori più morbidi e le sfumature più vaporose diventa il suo fine ultimo da immortalare con una febbre indomabile. Soprattutto nel campo della ritrattistica, si rivela il massimo del suo talento, capace di indagare i sentimenti umani, riproducendo con mirabile abilità tecnica i tratti somatici dei personaggi da immortalare sulla tela. Trionfa così l’idealizzazione della bellezza . Già dagli Anni ’80, il pittore aveva effigiato importanti personaggi.

Entro il 1885 realizzò il ritratto di Giuseppe Garibaldi per la Colonia Italiana di Valparaiso; verso la fine del penultimo decennio dell’ 800, eseguì quello del colonnello Chiodini ospitato dalla galleria Giannoni di Novara, unitamente ad altri personaggi maschili situati nei Musei Civici di Monza. Agli Anni’90 appartengono i ritratti di re Umberto, commissionati per la Cappella palatina di Palermo (’89-’90) e per l’ambasciata di Berlino (’93). rappresentò anche vari personaggi appartenenti alla borghesia ed alla nobiltà monzesi e milanesi, ma anche conoscenti, amici e familiari. Nel 1896 compì il ritratto di Uberto dell’Orto, conservato alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, quello della Madre in giardino, presentato nel 1893 all’Esposizione Internazionale d’Arte di Monaco e nel 1900 a quella di Milano ed ora collocato anch’esso alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Nel 1898 eseguì a Bordighera il ritratto della signora Buddicomb , di cui la donazione Lomazzi-Scevak conserva uno studio ed effigiò numerosi personaggi italiani e stranieri che soggiornavano sulla Riviera Ligure. Eseguì anche vari ritratti di Marcellina Caronni, la cantante lirica che l’artista conobbe a Bordighera, ed in seguito impalmò nel 1907. Citiamo tra gli altri un disegno della consorte, matita su carta, eseguito a Venezia dal 19 al 28 ottobre 1910; con un tocco morbido con il quale delinea l’ovale del viso, gli occhi un poco sporgenti e la bocca sorridente, mentre il cappello e l’abito, appena accennati, sono definiti con sottili tratteggi. Questa opera in particolare rivela l’affetto profondo che legava Mariani a questa donna dal carattere aperto e gioviale. Citiamo inoltre le due bellissime testine ad acquarello appartenenti sempre alla raccolta Lomazzi- Scevak. <La testa di fanciullo> è databile alla fine degli Anni ’80 mentre <La testa femminile con cappello viola> è ascrivibile alla fine degli anni’90 e rivelano come Mariani avesse raggiunto una notevole padronanza in questa tecnica e possedesse un raffinato senso cromatico che gli consentì di trovare infinite tonalità modulando uno stesso colore. In particolare<La testa di fanciullo>, acquarello su carta (cm.18,2 x 13,1), raffigura una deliziosa testina posta di profilo, che appare illuminata da una fonte di luce proveniente da sinistra , resa con una pennellata sfumata. Essa crea piccole ombre sul viso. …….

….Di fatto Mariani è il primo a incarnarlo con la sua opera. In Lombardia tra il ’50 e il ’60 circolava già qualche notizia delle novità francesi in campo di pittura. Si vede da alcuni spunti realistici di origine courbettiana nell’opera di Eleuterio Pagliani (1826- 1903) e di Federico Faruffini (1831-1869). Ma specialmente in quest’ultimo la tematica <nobile> vuol essere riscatto o superamento del Realismo, invertendo così il processo storico per cui, in Francia, il realismo era sorto come superamento del Romanticismo. Il medesimo processo che dipende dall’insufficiente approfondimento dell’esperienza romantica, si nota in quello che può considerarsi il maggior paesaggista italiano dell’ 800, Antonio Fontanesi (1818 -1882): un artista che sia accosta dapprima al paesaggio romantico dello svizzero Calame,e dopo il ’55 ha rapporti frequenti ed intensi con i pittori di Barbizon e con Corot. In tutta la sua pittura vi è una continua tensione tra l’esigenza realista e la tendenza romantica all’interpretazione poetica del motivo. E’ questa alfine che prevale specialmente dopo un viaggio in Inghilterra (1865) che gli fa scoprire in Turner il <pittore-poeta> per cui tutto si trasforma e si trasfigura in luce Nelle giuste proporzioni, questa caratteristica pittorica è anche dell’opera di Mariani. Le province dell’Italia settentrionale sono le prime in cui, alla fine del secolo, comincia a svilupparsi un’economia industriale: ciò che spiega il determinarsi, anche nell’arte, di interessi tecno-scientifici, di slanci progressisti e, nello stesso tempo di preoccupazioni sociali. Mariani pare non lasciarsi influenzare da queste nuove tendenze storiche L’ultimo decennio del secolo. A Milano, l’ultimo decennio del secolo è caratterizzato dal Divisionismo di Gaetano Previati (1852-1920), di Giovanni Segantini (1858 -1899), di Victor Grubicy (1851-1920) di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907) e di molti altri ancora.

Si tratta di un ‘evidente ripercussione del neo-impressionismo francese di cui Previati riprende i fondamenti teorico-scientifici ma, purtroppo, soltanto questi. Il guaio, infatti, è che non si tratta di vero interesse, ma di entusiasmo per al scienza, e l’entusiasmo diventa ideologia romantica della scienza e del progresso. Né Previati,Segantini né gli altri accettano l’idea di un’arte ricerca, come quella di Seurat o di Signac. Ciò che è più grave, non hanno compiuto l’esperienza dell’impressionismo che è appunto l’oggetto della ricerca scientifica del neo-impressionismo. Il divisionismo rimane così una tecnica al servizio dello spirito, della retorica storico-allegorica di Previati, dello spiritualismo e simbolismo di Segantini, dell’ideologia politico-sociale di Pellizza. Così,ancora una volta, il romanticismo non assimilato compromette quello che pure poteva essere il primo concreto impulso progressivo della cultura artistica italiana. Mariani è direttamente collegato al Romanticismo lombardo del Piccio, Cremona e Ranzoni che hanno conosciuto il Romaticismo francese soprattutto attraverso i bene informati letterati della <Scapigliatura> quali Praga e Rovani; e di netto stampo romantico è l’ardore con cui Cremona, malgrado il sentimentalismo lezioso della sua pittura, si è dedicato,sull’esempio dei disegnatori francesi, alla caricatura politica. Mariani respira l’atmosfera romantica e ne assimila i valori fondamentali dei maestri: le sue prime prove di disegno contemplano non a caso anche la caricatura ed alla fine del suo iter artistico a volte esagera con i toni espressivi fino al quasi disfacimento della forma e del colore, (atteggiamento tipico della formula romantica), ma il tutto filtrato dal crogiolo della sua personalità creativa assolutamente originale..Il paesaggio di natura viene così descritto mirabilmente con tutte le sue gradazioni di luce, le sue dolcezze e le sue asperità, i suoi miracolosi e imprevedibili equilibri tra l’opera dell’uomo e i ritmi delle stagioni. Con un talento geniale, il pittore ci ha dimostrato che l’arte può essere una via d’accesso privilegiata al cuore umano per gratificarlo del più sublime godimento estetico. Attraverso l’opera di Mariani ci accorgiamo che esiste pur sempre intorno a noi una realtà visiva, fatta di sfumature di colori, chiaroscuri mirabili, che la <ruggine> della vita quotidiana ricopre di una patina uniforme, fino a renderla invisibile. Ed ecco che lo stile compositivo dei grandi artisti, come il Nostro, rieduca come per incanto la nostra capacità visiva,donandoci oltre a quella filosofica, la percezione estetica del nostro esistere, riscattandoci, come affermava Robero Longhi <dal caos accasciante, mutevole, doloroso del mondo >. Sempre parafrasando Longhi possiamo affermare che l’arte di Mariani è originata dall’Italia, riprendendo forse inconsapevolmente la grande lezione dei maestri impressionisti francesi. Di certo è un grande esempio di libertà e passione creativa.

Pompeo Mariani e il rinnovamento della pittura italiana dell’ 800 – In Lombardia, seppur esile fiorisce un autentico filone della pittura romantica. Muove da G.B. Carnovali detto il Piccio e passa poi nella Scapigliatura Lombarda di Tranquillo Cremona, di Daniele Ranzoni, dello scultore Giuseppe Grandi, raggiungendo così il primo artista italiano che riesca a far sentire la sua voce nel concerto europeo, lo scultore Medardo Rosso.(
La fama di Mariani, per inciso, raggiungerà anche gli Stati Uniti). I paesaggi del Piccio tra il 1840 e il 1850 sono i soli, a onor del vero, che dimostrino una conoscenza non superficiale della poetica illuministica del <pittoresco>.Hanno la macchia dei disegni di Cozens e talvolta, la densità pittorica di Constable, Ma invece di portare avanti la ricerca, il Piccio si volta indietro a rintracciarne le premesse, in una storia tutta italiana, anzi per la precisione veneta e lombarda. Mariani persegue il suo intento artistico senza sosta alcuna,mirando avanti, avendo come modello principe la sua originale ispirazione, nutrita dagli ambienti di natura, in veste puramente lirica. Piccio risale ai veneti del Settecento, ai bolognesi del Seicento
al Correggio ed al Parmigianino, studiati nel ’31, ritornando dall’obbligatorio ma inutile pellegrinaggio a Roma. Nei piccoli quadri di soggetto biblico e mitologico, dipinti con agile scioltezza cerca di rianimare la spenta nozione storica di <scuola lombarda>: una tradizione che comprendeva veneti, lombardi emiliani ed in cui,molto più dell’invenzione, contava la qualità raffinata, la squisitezza dell’esecuzione. In Mariani si sposa mirabilmente la qualità raffinata, la squisitezza dell’esecuzione e lo spirito dell’innovazione Pare naturalmente votato alla modernità

…Per Mariani la meta agognata, il fine ultimo del suo operare è la bellezza ideale che viene prima della condizione esistenziale e pertanto non sente il bisogno di denunciare la sofferenza come simbolo superiore di dignità morale. Incastona sulla tela l’armonia, che è il fine ultimo della natura, attraverso la tinta base ed un insieme di velature. In altre parole usa una particolare maniera di riprodurre i colori che in termini di rigorosa fisica ottica si direbbe per sintesi additiva(fusione di radiazioni diverse con conseguente accrescimento di luminosità). Rinuncia pertanto alla sintesi sottrattiva (impasto di diverse materie coloranti con conseguente abbassamento di luminosità) Questa maniera di procedere era la stessa con la quale si erano avviati alla pittura gli impressionisti francesi. Le Dejeuner sur l’erbe di Manet è infatti del 1863 e Zola, che scriveva nel 1867 una biografia dell’artista, definiva la sua pittura <d’ una pallidezza solida e consistente. La luce cade bianca e larga rischiarando gli oggetti dolcemente>. L’impressionismo abolisce i contorni del disegno in quanto non esistenti in natura e conseguentemente distingue i valori <ottici> dai valori <tattili>. Anche Mariani è giunto poco alla volta a decomporre la luce solare nei suoi raggi, nei suoi elementi per poi ricomporre la sua unità. Così come per incanto, l’armonia generale delle irradiazioni si spande sulle sue tele e l’unità luminosa fonde i suoi sete raggi prismatici in un solo splendore. Il Verismo in Francia e in Italia durante l’epoca risorgimentale, andava sviluppandosi ormai in due direzioni separate e già divergenti. da un lato verso una <verità> filosofica o morale-politica, dall’altro verso una <verità> di forma, cioè una verità ottico-fisica, puramente visiva. Sviluppare il principio di verità in direzione di una verità filosofica o morale-politica equivaleva a orientarsi nel senso del simbolismo o del neoromanticismo. E’ questa, in sintesi la strada percorsa da Pompeo Mariani il quale diverge dalla direzione ottico-fisica che lo induceva ad uscire dalla pittura per entrare nella fotografia. In Francia ognuna di queste direzioni poteva assumere una chiara configurazione poiché implicava una varietà di stimoli e di controlli culturali di estrema complessità e rigore. Tanto per dirne una, le ricerche fisiche e chimiche sulla luce e sul colore hanno il loro centro in Francia proprio nel momento in cui si sviluppano l’impressionismo e il divisionismo. E’ importante anche se ancora sottostimata la figura di Charles Cros, enunciatore fin dal 1867 dei principi delle due sintesi additiva e sottrattiva. In Italia invece non facevano argine alle malattie del commercialismo e del più banale sfruttamento del successo la pressoché inesistente letteratura critica e scientifica e lo stesso gusto del pubblico, appena avvezzo a riconoscersi e a riconoscere le proprie esigenze delle mostre ufficiali del neonato Stato italiano.

Così avevano il sopravvento i sottoprodotti della cultura artistica europea: il cattivo gusto per la pittura in costume, degenerazione della pittura storico-romantica, che nella stessa Francia si riassumeva in un curioso settecentismo e nel nome di Meissonier; e la moda della pittura virtuosa, sorprendente per le trovate, piacevole per il tocco abile e spavaldo che ancora in Francia e in Spagna, oltre che in Italia, si riassumeva nel nome di Fortuny. Pompeo Mariani, dopo la sua dipartita, viene travolto da un dissenso critico che lo etichetta come pittore di genere che alletta il pubblico con una pittura leziosa di retroguardia. Non si è scorto nel suo tocco di pennello rapido e leggero la ricerca di maggiore verità ottica che non si fermava alla realtà fotografica, nutrita di un colore <più vero> come sosteneva il Netti. Tutta l’opera di Mariani è una continua ricerca di verità luministica e cromatica. L’artista. Come abbiamo giù accennato in un’opera instancabile tramuta la sua analisi dell’ambiente di natura, in verità luministica e cromatica non con una tecnica verista da 129)macchiaiolo ma da impressionista. Il pittore amò l’incanto di natura e cercò con il suo pennello mai stanco di fissare il suo afflato poetico sulla tela. A volte ricorda De Nittis nella sua virtuosa e mai vacua felicità di tocco e per la sua eleganza pittorica Anche quando si reca in Egitto Pompeo Mariani non svolge un reportage, ammantato di esotismo puro e semplice alla maniera di Alberto Pasini che con tecnica verista, da macchiaiolo,, andava viaggiando e informando il grande pubblico sugli aspetti di una sosta di carovane nel deserto o nell’accattonaggio di fronte ad una moschea..La pittura di Mariani è un passo avanti, rispetto alla mitizzazione del semplice folclore nord-africano ma rivelazione di una civiltà che ha scritto una pagine immortale attraverso una pennellata sgargiante e virtuosistica. In sintesi impegna l’arte con la storia antica, invece di cimentarla e metterla in rapporto con la natura vivente, come ha fatto sempre. Inoltre in un clima di verismo moraleggiante o didascalico si poteva perdere facilmente di vista la verità del rapporto umano tra l’artista e le cose. Tutto questo in Mariani non è mai accaduto. Ha preferito sempre cimentare la sua arte, mettendola i rapporto con la natura vivente piuttosto che con le pagine di storia antica. E’ evidente che l’intento dell’artista era quello di scattare un istantanea alla vita di natura, catturandone a sorpresa i suoi aspetti più salienti. E’ retorico a questo punto chiedersi se la sua fosse <un’ arte per l’arte> o un’arte per l’uomo. Cogliamo tra le righe delle sue opere una spinta fortissima costruire forme in base al loro effetto luministico e cromatico. E’ il problema della luce che s’impone aprioristicamente al suo sguardo. E’ queso che afferra il petto dell’osservatore e sussume in sé tutti gli altri fini soprattutto quelli <eroici> del movimento verista-risorgimentale. E’ per quanto affermato in precedenza non mi sento di affermare che Mariani non possa più essere etichettato esclusivamente come interprete del verismo lombardo ma è un artista di primo piano dell’Impressionismo Europeo tra l’Ottocento e il Novecento.. Mariani fu un felice interprete della società di cui fece parte,ne seppe cogliere l’eleganza e le sfumature più vive e vitali; attraverso una tecnica coloristica vivace e armoniosa, rappresenta nei suoi quadri una molteplicità di soggetti. Mariani, in proporzione alla miriade delle opere, si dedica con parsimonia ai soggetti di impegno sociale. Di tutto rilevo è il ciclo pittorico dedicato alla lavoro delle mondine a partire dal 1895. Citiamo per tutte l’opera intitolata:< Temporale in risaia>, un dipinto ad olio su tela eseguito nel 1896, ma anche queste opere sono più intrise di un soffuso lirismo che di una volontà di acclarare una condizione umana di disagio e sfruttamento; Potremmo affiliarle al filone del romanticismo popolare. Per altri versi non possiamo associarlo compiutamente alla pittura divisionista.. Non dimentichiamo che il Divisionismo, proprio a Milano vide la luce, nel 1891 a Brera, in occasione della prima Triennale organizzata dall’Accademia. Non fu il debutto organizzato da una nuova corrente: Segantini, Morbelli, Previati si trovarono ad esporre uno accanto all’altro, certo condividendo stile ed obiettivi, ma non animati da un programma comune. Il Divisionismo infatti non si dette mai un progetto estetico, tanto che al suo interno si possono individuare filoni per distinti. Milano rimase comunque per il trentennio in cui la pittura divisionista rappresentò l’avanguardia, il centro principale. Il Divisionismo nacque su principi scientifici, importati dalla Francia: la scomposizione dei colori, applicati a puntini sulla tavolozza, così da costringere l’occhio dell’osservatore a fonderli, traendone un’impressione di inedita lucentezza, di molte luminosità.. Da noi però come ha scritto di recente Stefano Bosi:< anche se è sempre il potenziale luministico a dominare, i Divisionisti italiani considerano la nuova tecnica uno strumento attraverso cui reinterpretare la realtà e ridare nuova linfa al mezzo pittorico>. Per quanto riguarda gli effetti sorprendenti r squisiti sentimentali e cerebrali, tipici della pittura degli Scapigliati assurgono a volte a manifestazioni genialoidi, capaci di <epater le bourgeois> e di ribellismo di tipo anarchico con presunzione di <progresso>. Mariani non ha bisogno di abbassarsi a certi livelli deteriori , tipici del movimento della scapigliatura milanese con le sue associazioni artistiche a carattere antiufficiale e antiaccademico. Ricordiamo la Società de la confusion del 1860 alla quale partecipano Cremona, Bignami,De Albertis e Pagliaro fino alla <Artistica e Patriottica>, costituita nel ’75 e annotiamo in proposito che Mariani assume un atteggiamento abbastanza defilato rispetto all’atteggiamento ribelle, innovatore  e antiufficiale della Scapigliatura.
Mariani non sente come suo il curioso qualunquismo sociale e artistico-culturale degli Scapigliati, ben denunciato dalla canzonetta scritta dal Bignami per i suoi amici: “Noi siamo artisti/ siamo antecristi /dei tempi tristi/ ce ne infischiam/..Venga il purismo/ l’idealismo/ e il realismo/tutto accettiamo. Forse aveva compreso ciò che denunciò con amarezza uno dei più sensibili critici e storici dell’arte moderna, Raffaello Giolli: “L’arte moderna italiana è piena di grandezze dignitose e non periture. Ma i suoi desideri, le sue tendenze, le sue speranze non trovano mai nella vita del paese né riposta, né aiuto: anzi ostacoli r schemi. Tutto quello che oggi resta a testimoniare nella storia è già stato fatto contro corrente, come per rispetto…”Mariani vuole astrarsi da questo contesto forse per non rientrare tra le vittime in campo artistico, frutto delle prime crudeli contraddizioni dell’esordiente stato nazionale. E poi è errato anche filologicamente affermare che la Scapigliatura sia stato una specie di movimento <impressionista> italiano. Mariani segue per intima vocazione i dettami poetici dell’Impressionismo e desidera solo essere obbediente ai propri dettami interiori. Pertanto possiamo concludere che Mariani ci appare immune dalla tara maggiore della scapigliatura con le sue <pennellate arieggianti> e crea un melange optique chiaroscurale di grande pregio….

…Non bastano più le sciabolate violente del colore che accentuano i ritmi dinamici. Anche l’atmosfera sfumata di grigio e di argento di Corot appare sorpassata perché il pittore impressionista va escludendo il grigio dalla tavolozza. La forma dell’immagine è la stessa di quella della luce. È il colore può essere così variato all’infinito. In conseguenza di ciò Mariani, pur ricavando dalla natura ogni sensazione, giunge in definitiva ad una colorazione autonoma, che può coincidere o meno con il colore naturale ma giunge a conseguenze estreme sotto il profilo estetico. Van Gogh è stato maestro di questa pratica innovativa. Mariani ha sempre bisogno di ricavare dalla realtà la prima sensazione luminosa e perciò per lui, la scelta del motivo naturale è di particolare importanza..I riflessi dell’acqua del Mar Ligure hanno influito notevolmente nella decomposizione del tono cromatico. E’ indubbio inoltre che la luminosità tipicamente diffusa del mare ì stata per Mariani una notevole fonte di ispirazione. Già dai quadri composti nel Gignese, l’artista esprime il bisogno di ricevere dalla realtà la prima sensazione luminosa. Si è già detto che i riflessi dell’ acqua hanno influito sulla decomposizione del tocco cromatico ma è indubbio che anche la calda luminosità della luce mediterranea è stata una notevole fonte di ispirazione. Mariani che si rivela proprio un poeta della luce, ricercata ovunque si sia recato.

Per decodificare il linguaggio luminoso non è mai esistita una regola comune ma di certo ha trasformato essenzialmente la realtà pittorica. Infatti il movimento impressionista inerisce sistematicamente alle singole personalità degli artisti L’atmosfera luminosa pertanto esiste nel rapporto continuo tra colori primari e colori complementari. e la forma dell’immagine è la stessa di quella della luce; pertanto la sua componente di base può essere variata all’infinito. In conseguenza di ciò Mariani pur ricavando dalla natura ogni sensazione, giunge in definitiva ad una colorazione autonoma che può coincidere o meno con la realtà. In conseguenza di ciò è impossibile considerare la sua pittura come una continuazione dei motivi pittorici che apparvero ad un dato momento nella cultura artistica europea. Anche la musica, la letteratura e la critica di un certo periodo si dissero impressioniste; in realtà esse parteciparono del gusto simbolista che seguì immediatamente quello naturalista. In pittura invece,il realismo seguì l’Impressionismo prima ancora del simbolismo. In Francia occorre pertanto limitare nel tempo il periodo impressionista, in quanto dopo il 1880 circa, gli artisti si dispersero, La fioritura impressionista si ebbe dopo la data del 1867-69 fino al 1880 appunto. Il giudizio di valore pertanto va portato principalmente sulle opere dei singoli artisti e tutto questo ci fornisce soltanto la possibilità di analisi di alcuni elementi della visione denuncianti una delle più grandi rivoluzioni del gusto. Le opere dei pittori impressionisti, nei Salons prima e nelle mostre dopo, hanno sconcertato il pubblico e la critica. Doveva essere la pittura che faceva <male agli occhi>, e invece per contro <ha fatto molto bene>. E’ questo è il pregio della pittura di Mariani. I critici avversari subito si accorsero dell’attentato alla fedeltà della riproduzione naturalistica. I pittori impressionisti diminuiscono l’importanza del soggetto, si rifiutano di accreditare la tradizione dell’importanza dei generi sottomettendo tutto al vaglio della propria personalità. Ed è questa la vocazione estetica di Mariani. Va notato inoltre che al di là dell’Accademismo e del Romanticismo, e al di là anche di certe mitologie moderne, care a Courbet, gli Impressionisti trascurarono del tutto i quadri di storia e così farà puntualmente Mariani….

….La vicinanza a Degas , con il quale Zandomeneghi condivideva l’amore per il disegno, per i valori lineari e per il pastello, si esprime nelle scene di nudo che colgono giovani donne nei gesti quotidiani del risveglio e della toilette. Mariani forse ha avuto il torto di frequentare Parigi in modo episodico (il soggiorno più duraturo è stato di tre mesi, affidando le sue opere principalmente al gallerista Goupil ma non ha avuto l’imprimatur ufficiale di Impressionista di primo piano nella storiografia ufficiale anche se è fuor di dubbio che sia stato un pittore che ha improntato la sua opera alla celebrazione delle infinite varianti della luce con un vero trionfo del colore. E le ombre non più nere, erano composte da colori per lo più complementari. Era pienamente cosciente di tutto questo ed è per tale motivo che è riuscito a dare una straordinaria luminosità ai suoi quadri. Anche nella storia dell’Impressionismo lombardo, Mariani è citato appena citato. Per una forma di ossequio provinciale si ricordano coloro che hanno avuto .in un certo senso, l’imprimatur dei Francesi. Oltre il già citato Zandomeneghi, Giovanni Boldini e Giuseppe De Nittis. “Monsignor Boldini, lei è un mostro, fu questa l’espressione di Edgar Degas, all’epoca pittore affermato,per definire Giovanni Boldini, pittore italiano approdato nella Parigi di metà Ottocento….

…Nel 1869 espone per la prima volta al Salon, ma la pedissequa imitazione dei colleghi parigini fece infuriare Cecioni. che gli ricordò come il suo talento avesse bisogno di essere espresso con tratti affatto specifici. De Nittis ritrovò immediatamente la propria indipendenza artistica e riscosse grande successo al Salon del ’72 con una tela <Una strada da Brindisi a Barletta. Nel ’74 ebbe ancora elogi per <Che freddo!>, in cui l’abituale raffinatezza di esecuzione dell’artista pugliese aveva come soggetto le giovani dame parigine, tema che seppe integrare molto bene nella pittura di paesaggio, meritandosi l’appellativo di peintre des Parisiennes (pittore delle parigine). Toccò il culmine della sua fama all’esposizione del 1874, tenutasi nello studio del fotografo Nadar e comunemente indicata come data di nascita dell’Impressionismo. Vi espone undici tele. Dell’Impressionismo,De Nittis colse la ricerca atmosferica del plein air e l’interesse ai temi trattati della vita moderna,ma non rinunciò agli impasti di colore e al bitume della pittura d’atelier ottocentesca specie in quella parte della sua produzione di più facile successo, legata al realismo melodrammatico, proprio di un particolare gusto tardottocentesca. Forse maggiore è stata maggiore la raffinatezza di esecuzione di Mariani ma ancora viene praticamente ignorato. E’ acclarato dunque che nomi come Giovanni Boldini, Federico Zandomeneghi e Giuseppe De Nittis furono i pittori italiani più legati alle esperienze degli Impressionisti Francesi. Anche i pittori come i macchiaioli e gli scapigliati fecero tesoro di interessanti<suggerimenti> dai quadri esposti nei Salons parigini….

….Pompeo Mariani e il post – impressionismo – Generalmente <l’Art impressioniste>, pubblicata nel 1892 da Georges Lecomte, è considerata la prima storia della pittura impressionista. In realtà essa presenta dei saggi su alcuni pittori, alcuni dei quali, però, non hanno nulla a che fare con l’impressionismo; in un capitolo introduttivo. In realtà essa presenta dei saggi sui pittori, alcuni dei quali, però, non hanno nulla a che fare con l’Impressionismo; in un capitolo introduttivo si ripete la definizione, ormai acquisita, della sensibilità particolare dell’artista davanti alla natura, della resa delle impressioni,della luce come elemento costruttivo nella composizione. Nel 1894 un’altra Histoire de l’Imressionisme appare nella Vie artistique di Gustave Geffroy. Essa contiene i profili di numerosi pittori, ed anche un tentativo di definizione piuttosto letteraria.<L’impressionismo,nelle sue opere che meglio lo rappresentano, è una pittura che va verso il fenomenismo, verso l’apparizione e il significato di cose nello spazio, e che vuole ottenere la sintesi di queste cose nellì apparizione di un momento:> Nonostante la nebulosità,la definizione ha la sua importanza nell’accento che, pur superficialmente, Geffroy pone nel problema dello spazio,fino ad allora trascurato in ogni interpretazione. Inoltre Goffrey pone l’Impressionismo nell’ambito dell’evoluzione francese. Purtroppo queste due opere, quella di Lecomte e quella di Geffroy, pur essendo state scritte in anni ormai avanzati non si pongono il problema della definizione cronologica ed universale dell’Impressionismo, senza neppure fissare i limiti del tempo e dello spazio in cui si svolge e si afferma il gusto impressionista, e senza individuare il momento in cui questo gusto viene superato dall’esperienza personale di ogni singolo artista. Geffroy dedica, per esempio, un ampio saggio a Jean Francois Raffaelli la cui mediocre qualità pittorica non ha nulla a che fare con l’Impressionismo. Questa mancanza di sistemazione cronologica e spaziale e quindi storica grava da lungo tempo sulla critica della pittura impressionista. E” di nocumento soprattutto quando dall’ l’esperienza di pittori come Pissarro e Monet o di qualsiasi altro del gruppo si passa a considerare l’evoluzione di altri pittori che, pur presumendo l’impressionismo come una necessità imprescindibile, tuttavia se ne allontanano, modificandone il linguaggio e gli intenti, soprattutto variando il tipo di rapporto con la realtà.

La situazione italiana nel periodo post-unitario non favorisce lo sviluppo della nuova corrente artistica francese. E’ frammentaria e cammina a passi lenti. Alcuni pittori italiani però, fra cui Pompeo Mariani furono affascinati dal nuovo stile pittorico proposto dall’Impressionismo nel quale riscontrano una modernità introvabile nella loro patria. Nondimeno il lavoro di Macchiaioli come Sernesi, Cabianca, Borrani e poi Fattori degli anni’60 e 70 dell’Ottocento, in contemporanea agli albori dell’impressionismo è paragonabile nei metodi,nelle tematiche di attualità e nello stile che persegue la luminosità naturale attraverso l’uso della macchia, e ne costituisce il movimento parallelo, con le dovute differenze di contesto sociale e di territorio. I macchiaioli italiani conoscono Delacroix, Corot, Courbet e i Barbizonniers e come gli Impressionisti partono dalla ricerca di questi pittori. Dopo la stagione dei Boldini, degli Zandomenighi e dei De Nittis, che potremmo definire a questo punto impressionisti franco – italiani viste le loro lunghe permanenze parigine,permane in Italia una tradizione tardo- impressionista che si protrae nei primi tre- quattro decenni del Novecento, legata ora a Monet, ora a Renoir ora Cesanne, espressa nell’opera dipittori come Emilio Gola, Arturo Tosi, Armando Spadini. Ancora una volta si omette il nome di Pompeo Mariani il quale diviene in Italia anche il punto di partenza per le ricerche successive degli Impressionisti. Si deve però ricordare che, nonostante l’allontanamento dalla tradizione, restava il punto fermo della copia delle opere dei grandi del passato, custodita al Louvre. Infine importanti novità vennero dalle scoperte delle scienze, come la macchina fotografica e le <Leggi sull’accostamento dei colori> di Eugène Chevreul:     queste furono alla base della teoria impressionista sul colore, che suggeriva di accostare i colori senza mescolarli, in modo tale da ottenere non superfici uniformi ma <vibranti> e vive. Pompeo Mariani continua il suo lavoro dipingendo <en plein air> con il cavalletto portatile, con una tecnica rapida che permetteva di completare l’opera in poche ore, ma nell’ultima parte della sua vita, con l’ausilio della fotografia si rifugia molte volte nella suo atelier per realizzare quadri a olio anche di dimensioni notevoli, con un impegno infaticabile. Il paesaggio viene riprodotto con una pennellata sempre più ampia e 129)decisa senza perdere la naturalezza di quando riproduceva sulla tela le sensazioni visive immediate che la natura gli comunicava nelle varie ore del giorno e in particolari condizioni di luce. Lo studio dal vero del cielo, dell’atmosfera, delle acque lo conduce sovente al chiuso per completare l’opera. Se noi analizziamo il quadro intitolato: < Cascina Zelata>, dipinto nel 1896, un olio su tavola di cm.48,7×75 apprezziamo la raffigurazione di uno dei temi grazie ai quali, dalla metà degli Anni Novanta, Mariani diventa uno degli esponenti della pittura di paesaggio più amati dal collezionismo borghese lombardo: la Zelata appunto e la Riviera Ligure.

Gli scorci colti nella località situata lungo il corso del Tiicino in prossimità di Breguardo, compiano nel repertorio del pittore monzese all’inizio degli anni Novanta, imponendosi all’attenzione del pubblico e della critica in occasione della II Esposizione Triennale di Milano (1894),alla quale Mariani partecipa con cinque ampie composizioni di paesaggio ispirate proprio alla Zelata:<Nei boschi della Zelata>,< Un doppietto alle anitre selvatiche>, < Erba nuova d’aprile>,<In una lanca di Ticino>,<Un buon colpo di spingarda>.  Sia il pubblico che la critica si dimostrano estremamente favorevoli a questo filone che racchiude in sé la quintessenza del paesaggio lombardo, ricorrendo a un naturalismo elegantemente controllato e contenuto .Così scrive Anna Ranzi il critico più avveduto del Nostro. A mio modesto avviso in queste opere si intravvede già il tratto del neo-impressionista: massima luminosità coloristica in ogni quadro, procedendo alla giustapposizione sistematica e alla mescolanza ottica dei toni, delle tinte e dei pigmenti unici puri, rifiutando la miscela dei colori sulla tela. I diversi elementi sono stati equilibrati fra loro secondo le leggi dell’irradiamento, del contrasto e della degradazione; la dimensione del quadro ha determinato anche la scelta del tocco; i vari elementi del dipinto (toni, linee, tinte complementari) sono sempre in armonia tra loro; soprattutto Pompeo Mariani punta prima di tutto all’emozione ottica piuttosto che a quella soggettiva. Ancora una ci tocca ribadire che il pubblico e la critica, ancora il Maestro in vita, si dimostrano estremamente favorevoli alle sue opere che racchiudono in loro stesse la quintessenza del paesaggio lombardo, specchio di un naturalismo elegante e sobrio, espresso in chiave modernissima.. Le collezioni d’arte più prestigiose ospitarono da subito le opere di Mariani come quelle di Umberto di Savoia, del conte Ernesto Turati e di Emma Vonwiller. In <Cascina Zelada>. Mariani sviluppa la composizione in senso orizzontale, privilegiando un’inquadratura della scena centralizzata, con il canale in fuga prospettica nelle acque del quale si rispecchiano le nubi. Il dipinto risulta vicinissimo ad altre tele ambientate nello stesso luogo ed eseguite nello stesso 1896 come<Lo stagno delle anatre d’autunno> e <Sera di marzo>.

..Pompeo Mariani e Claude Monet – Il talento artistico di Oscar Claude Monet si manifesta precocemente come quello di Pompeo Mariani. Durante le lezioni al ginnasio di Le Havre, lo studente francese, annoiato, si divertì a tracciare caricature dei suoi insegnanti. Così fece il giovane studente monzese. Ben presto Claude diventò così bravo da trovare tra i compagni di scuola acquirenti entusiasti. Probabilmente Pompeo Mariani le regala così come molti suoi disegni. Monet utilizza uno schema collaudato e gli viene permesso addirittura di esporre i propri disegni nella vetrina di un corniciaio. Grazie a queste favorevoli circostanze, il giovane parigino diventa ben presto un caricaturista famoso in tutta Parigi. Pompeo Mariani non cerca neppure gloria con le caricature che le considera solo come uno sfogo di libertà; infatti la sua vocazione artistica non è stata ben accolta in famiglia. Il padre infatti aveva previsto per lui un impiego bancario. Troverà per fortuna comprensione ed ascolto nello zio Mosè Bianchi. Occorre ancora precisare che la caricatura, pur non essendo un genere artistico autonomo, aveva iniziato a diventare una componente quotidiana e assai popolare dei giornali a partire dal 1830, grazie alla tecnica della rotocalcografia, pur praticata già da secoli. Nei primi anni Trenta dell’Ottocento la caricatura divenne un genere assai popolare in Francia, grazie anche alla nascita e alla notevole diffusione di fogli e giornali satirici. Monet conosce i disegni di caricaturisti come Carjat, Hadol e Nadar che oltretutto è stato un celebre fotografo e il suo stile ne fu fortemente influenzato. In ogni caso pare che i suoi disegni satirici incontrino il gusto del pubblico, perché in breve, il giovane artista guadagna duemila franchi:un successo commerciale e una notorietà che l’ambizioso e intraprendente disegnatore riconosce più che soddisfatto, come avvio di una promettente carriera. Come già accennato in precedenza, questa attività non fu affatto remunerativa per Pompeo Mariani ma gli permise di dar libero sfogo al suo precoce talento artistico, quando ancora neppure si prospettava la fruttuosa carriera di pittore. Monet comincia ad usare il pennello distrattamente ma ben presto impara ad apprezzare i paesaggi sereni e semplici di Boudin e si lascia guidare da lui.

Nei primi schizzi ad olio di piccole dimensioni si esercita nella resa dei particolari ed impara a trasferire sulla tela i colori e le forme della natura Il suo maestro lo istruisce, in particolare, nella resa della luce atmosferica e delle nubi, perché Boudin è interessato alla raffigurazione della natura, in se stessa e rinuncia alle ninfe e alle figure storiche e mitologiche, caratteristiche dei paesaggi della tradizione come mera imitazione della natura, non carica di significati reconditi. Con la sua tavolozza chiara egli coglie le variazioni della luce; ottiene un effetto particolare tenendo molto bassa la linea dell’orizzonte, creando così dipinti dai cieli molto ampi. I suoi quadri si caratterizzano perciò per la chiarezza che deriva dalla luce fredda ed argentata. Questa atmosfera immobile è animata da accenti fugaci come macchie di colori sulle vesti oppure nubi modellate dal vento. Nella pratica pittorica possiamo dire che è simile il percorso intrapreso da Pompeo Mariani nella campagna brianzola, incoraggiato dai primi insegnamenti dello zio, Mosè Bianchi. Quando Eugenio Boudin indirizza il giovane Monet alla pittura di paesaggio, l’introduzione della pittura en plein air (ovvero all’aria aperta), è già consolidata da tempo ed acquisterà una posizione di ulteriore rilievo nei decenni successivi, grazie soprattutto alle opere degli Impressionisti. A partire dal XVI e XVII secolo, quando i pittori europei inaugurarono la consuetudine di lavorare all’aperto, l’importanza di questa pratica si era costantemente accresciuta. Gli artisti tuttavia non si trasferivano all’aperto con tutta la loro attrezzatura: realizzavano dal vero solo schizzi o bozzetti ad acquarello che successivamente rielaboravano e perfezionavano nei loro atelier, realizzando dipinti di grande formato. Nella prima metà dell’Ottocento, i pittori inglesi Jonhn Constable e Joseph Mallord William Turner avevano portato nelle opere di atelier novità sostanziali e rivoluzionarie; proprio grazie allo studio diretto della luce naturale essi mostravano la natura nei suoi aspetti atmosferici e in diversi momenti della giornata. In pochi decenni questa nuova consapevolezza e concezione della natura per Monet diventeranno esemplari come per Pompeo Mariani, tra i primi pittori in Italia.

In Francia la pittura en plein air aveva conosciuto un notevole sviluppo a partire all’incirca, dal 1830, grazie anche ad un gruppo di pittori tra i quali Camille Corot , Charles Francois Daubigny, Theodoré Rousseau e Jean Francois Millet. Imitando i loro predecessori anch’essi si dedicavano allo studio diretto del paesaggio. Riunitisi a Barbizon presso la foresta di Fontainebleau, vicino a Parigi, dipingevano la natura così come la vedevano, evitando ogni riferimento storico o mitologico. Nascevano così paesaggi di piccole dimensioni realizzati ad olio, i cosiddetti <paysages initimes>. Corot e gli altri, noti come scuola di Barbizon, non erano soliti completare i loro dipinti all’aperto anche se l’invenzione dei maneggevoli tubetti ad olio, intorno al 1840, facilitava molto la pittura en plein air. Anche i primi maestri di Monet, Boudin e l’olandese Johan Barthold Jongking che Monet conoscerà nel 1862 dipingono soloin parte all’aperto….

Nascono in questo modo dipinti di paesaggio nuovi, di carattere meno documentario, che colgono piuttosto l’atmosfera particolare di un luogo. In questa nuova ricerca espressiva anche Pompeo Mariani sarà maestro. Monet si <avvicina anche fisicamente> a Pompeo Mariani, seppur in senso metaforico (Si può affermare che Mariani e Monet abbiano ritratto i medesimi ulivi nel parco della villa del pittore monzese. Foto di archivio lo documentano). Alla fine del 1883, con Renoir raggiungono Genova passando per Marsiglia. I due pittori si accorgono tutta via, ben presto, che l’epoca delle escursioni comuni è ormai trascorsa. Entrambi hanno trovato un proprio stile pittorico e inoltre si interessano a soggetti diversi tanto che lavorare insieme non è più fonte di ispirazione ed è spesso tecnicamente irrealizzabile. I due artisti inoltre si preoccupano più che mai, di non intrecciare i propri motivi per non perdere nulla delle rispettive originalità, di 129)fronte ad un mercato che, sebbene più libero, è anche dominato da una concorrenza più massiccia. Questo fatto sta a cuore in particolare a Monet che dopo il 1882 non ha più preso parte né al Salon né a le mostre impressioniste ed è quindi più che mai vincolato al proprio successo presso critici e collezionisti. (Così pure accade per Pompeo Mariani). Nel gennaio del 1884 Monet tornò da solo in Italia e si stabilì tra l’altro a Bordighera sulla Riviera Ligure. Da qui compì escursioni nei borghi vicini nella valle del Nervia a Dolceacqua. Egli restò affascinato da questo paesaggio esotico e sconosciuto, ma dovette prima abituarsi all’intenso cromatismo mediterraneo. La sua tavolozza acquista così colori che finora le sono stati del tutto estranei: blu tendente al viola come nota di fondo per il cielo e l’atmosfera, rosa o albicocca per i fiori, verde smeraldo per l’acqua del mare, il tutto di una luminosa frenesia. I nuovi colori e le atmosfere, che mutano più rapidamente di quelle delle coste settentrionali, lo fanno quasi disperare. Teme di non riuscire a cogliere il carattere di questo paesaggio e nelle lettere ad Alice esprime ripetutamente le proprie difficoltà nella scelta dei colori.….

Goupil si occuperà invece di <rappresentare> Pompeo Mariani, curando non solo la vendita delle sue opere a Parigi ma inviandole a Londra, a Liverpool, a Monaco, ad Amburgo ed a Vienna. Mariani non riesce però a cogliere a Parigi il medesimo successo ottenuto da Nettis. Occorre precisare però che la produzione impressionista. è posteriore. Successiva è la serie della Zelata, delle vedute della riserva di caccia vicino a Breguardo. Sono opere datate intorno agli Anni Novanta, indubbiamente nuove nella produzione paesaggistica lombarda: con luminose macchie di colore sono raffigurate le paludi ed i piccoli stagni dove nuotano le anatre, le sponde perimetrate dagli alberi, inframezzate da cespugli e canneti. Per contro, rafforzati dalla propria consapevolezza, alla fine del 1873, anticipando i tempi, gli impressionisti francesi decidono di finanziare e allestire una propria mostra. Monet , Renoir, Cézanne, Sisley e Pissarro si uniscono a Manet, Jongking e altri e creano una società per azioni, annunciando le proprie intenzioni sulle riviste artistiche parigine, appellandosi nel contempo a tutti gli artisti seri perché si uniscano a loro. ….

Pompeo Mariani e la ritrattistica – Basta dare uno sguardo alle foto custodite nell’archivio fotografico della Fondazione Pompeo Mariani, una sorta di mostra virtuale per comprendere anche il grande talento del Maestro come ritrattista che lo annoverano tra i grandi maestri dell’Ottocento non solo italiano. Mariani fu felice interprete della società di cui fece parte; ne seppe cogliere l’eleganza e le sfumature più vive e vitali; attraverso un tecnica coloristica vivace e armoniosa, rappresentò nei suoi quadri una molteplicità di soggetti. La ricchezza iconografica di Mariani spazia dalle vedute cittadine di Monza al mare di Genova, sino alle sconfinate distese verdi della compagna pavese. Tra i soggetti dipinti dall’artista vi furono anche i teatri, i caffè, le corse dei cavalli; luoghi preposti alla vita sociale, palpitanti di volti umani e ricolmi della vita d’epoca. Le tecniche predilette da Mariani furono l’olio, l’acquarello, talvolta il pastello, infine il disegno, Molti di questi ultimi sono stati recentemente ritrovati ed hanno messo in luce una tecnica con cui spesso l’artista esprimeva modelli iconografici successivi A ben vedere i suoi ritratti possono essere accostati per la qualità della fattura alle opere del molto più celebrato Joshua Reynolds a partire dal suo <ritratto di Anna contessa di Albemarle >, e il <ritratto di Nelly O’Brian. Nella sua carriera artistica Joshua Reynolds si trovò a far fronte alle richieste di una committenza interessata soprattutto al ritratto, un genere che meglio si adattava alle ispirazioni della classe media, in quanto economicamente vantaggioso e più consono, di quanto non lo fosse un quadro di storia, all’inserimento in ambienti di case borghesi della seconda metà del ‘700. Il genere venne definito dall’artista <volgare e limitato>, in quanto privo di nobili ideali, incapace di restituire , al di là dell’immagine di un singolo uomo, l’idea stessa dell’Uomo.

Reynoldds, per giustificare la sua attività passata e futura, fece appello alla qualità dell’artista che poteva astrarsi da particolare per cogliere la verità ideale che un volto può comunicare: “Sebbene la figura umana, un animale o qualche oggetto inanimato non siano soggetti nobili,possono acquisire maggiore dignità, comunicare un sentimento e produrre e mozioni”. Datato al 1773 è il ritratto di Lady Cockburn con tre dei suoi figli, nel quale l’artista inglese riprende lo schema iconografico rinascimentale della Madonna con Bambino e San Giovannino: al centro è Lady Cockburn, con indosso un abito vagamente antico, con in braccio uno dei suoi figli e intorno gli altri due; fa da sfondo una tenda rossa annodata su una colonna , un riferimento alla pittura classicista del’600 Mariani invece avvolge le donne ritratte in una atmosfera densa di lirismo. Le forme tendono a perdere consistenza per dissolversi attraverso graduali passaggi, in limpidi toni atmosferici e luministici. L’essere umano pare riflettersi nell’atmosfera di natura Se nel Romanticismo la poetica dell’assoluto,il sublime si contrappone al pittoresco, alla poetica del relativo,nella ritrattistica di Mariani pare volersi fondere in nome di un’ originale esigenza creativa fedele solo a sé stessa e libera da schemi classici Anche nei ritratti di anziani, l’artista manifesta questa propensione artistica. Citiamo il< Ritratto di Mosè Bianchi> , un dipinto ad olio su tela eseguito nel 1900, nel <Ritratto di Vecchia>, eseguito nel 1888, durante uno dei suoi numerosi viaggi a Genova e soprattutto nel suo <Autoritratto>, dipinto ad olio su tela, eseguito nel 1912 e conservato nei musei civici di Monza., opera di grande impatto visivo che mai declina al sentimentalismo Giovanni.

Il marinismo di Pompeo Mariani – Il mare è sempre stato un soggetto privilegiato da artisti di ieri e di oggi, sia per le sue infinite e profonde suggestioni, sia per essere sempre stato teatro di attività inscindibili dal percorso dell’uomo: è stato uno scenario di guerra, di conquista, di commercio, di indagine scientifica, e quindi ha ispirato opere che vanno dalla celebrazione pittorica di eventi politici e militari, ai documenti cartografici, agli oggetti votivi come gli ex voto marinari o i modelli di navi, alla rappresentazione dell’ambiente marino, all’iconografia navale. I pittori olandesi furono i primi a fare della pittura del mare e delle coste un tema autonomo, riflesso dell’enorme peso dell’egemonia di quel popolo sulle vie d’acqua che gli ha fruttato un’enorme ricchezza culturale ed economica. Scrive Giovanna Ginex in un breve saggio dal titolo :<l mare dei lombardi> che correda il 129)volume :<Scoperta del mare.Pittori lombardi in Liguria tra ‘800 e’ 900>, Mazzotta editore: <L’artista olandese Hendrick Cornelius Vroom è considerato dalla critica l’iniziatore della moderna pittura di mare; a lui l’alto ammiraglio della flotta inglese commissionò il dipinto che doveva raffigurare l’attacco dell’Invincibile armata spagnola da parte della più agile flotta inglese commissionò il dipinto che doveva raffigurare l’attacco dell’Invincibile armata spagnola da parte della più agile flotta inglese. Più tardi, Carlo II invitò a Londra i pittori Van de Veldes, padre e figlio perché diventassero i pittori ufficiali di marine del regno, seguiti nella fama di marinisti da Jacob Ruysdael, del quale i nostri artisti potevano ammirare agli Uffizi un cupo mare in tempesta,; un secolo dopo Giorgio III affidò lo stesso compito a Dominic Serres. L’egemonia degli artisti olandesi cessò solo nel XVIII secolo, allorché esplosero le guerre dei mari per lo sfruttamento delle e delle Americhe tra Francia, Spagna, Olanda e Gran Bretagna; aumentò allora esponenzialmente la richiesta di marine, ma i soggetti più richiesti divennero le scene di battaglie, o meglio di vittorie, spesso commissionate dagli stessi comandanti che, vittoriosi, le avevano condotte. La Liguria, in particolare è una terra ricca di chiaroscuri, che nascono essenzialmente da una giustapposizione di finito e infinito, che caratterizza appunto questa regione, dove <gli scogli e gli orizzonti stretti>, che custodiscono <vite ancora /umane/ e gesti conoscibili/>, si aprono verso l’immenso, sostanziato dal pensiero e dalla fantasia creatrice, ma suggerito dal desiderio di ampi spazi, che si traduce in ansia di mare. I due termini, apparentemente contrapposti, finito e infinito, ma in realtà binomio inscindibile caratterizzante il nostro esistere, sono state tematiche di fondo nell’arte. Ecco perché la Liguria è stata ricca di suggestioni per l’artista. Pompeo Mariani La complessa trama di luci, di riverberi, di trafitture di sole, che dà vita all’idea di mediterraneità, percorre la Liguria, anzi la penetra scaldando le sue pietre, le rocce brune, accendendo il mare di bagliori guizzanti, penetrando nei vicoli anelanti al chiarore. Questo intensità luminosa del giorno, nella stagione estiva, si salda nella notte, che continua a vibrare di chiarore diffuso E questo forse vuole esprimere Dino Campana, con pregnanza unica e irripetibile, quando dice: “Crepuscolo mediterraneo perpetuato di voci che nella sera si esaltano, di lampade che si accendono, chi t’inscenò nel cielo più vasta più ardente del sole notturna estate mediterranea?”Questo ha voluto descrivere con le sue tele Pompeo Mariani che parte proprio dal sentimento della natura nell’accezione resa popolare dai versi di Byron, Keats e Coleridge che vedeva nel mare un misterioso elemento nel quale si univa la forza, il pericolo e la bellezza della natura. …

….. Nessun pittore nativo della Riviera Ligure ha prodotto opere del livello qualitativo dell’artista monzese. Citiamo per tutti il pur grande Rubaldo Merello (1872-1922), pittore innamorato dell’azzurro ed utilizzato, scrive Roberto Tassi,<come se l’aria fosse diventata serale o notturna e tingesse ogni cosa:erbe, rocce, case, fichi d’India, muri, oltre le acque e il cielo che all’azzurro competono> La matrice naturalista impegna Mariani a meditare lungamente a contatto con l’ambiente marino, cn le su ombre e le sue luci che l’artista osserva analizza e traduce .in una pittura viva, ricca di risorse nella forma e nei contenuti. Dal suo <atelier senza confini>, l’artista stimolato anche interiormente da un vedere<profondo>, diffonde nelle sue opere tutta la passione che gli permette di inseguire la vastità del cielo, sposata a quella del mare, la freschezza dell’aria e la potenza delle onde, orchestrate in un altissima sinfonia, nutrita di non comuni energie cromatiche e di un gradevole ritmo poetico. Quello di Mariani è un lungo e meditato dialogo con la natura, vissuto <en plein air> senza che mai l’osservazione perda d’intensità, né l’analisi visiva cada nel generico..Infatti l’artista monzese non è un pittore d’occasione e la sua pittura non costituisce un banale esercizio illustrativo, affidato a regole convenzionali. Mariani conosce perfettamente le regole della composizione e fra il vedere e il sentire, fra il guardare e il tradurre, è sempre dominante quell’equilibrio, quella misura, quella trasmissione di sentimenti che sono attributi ricorrenti dei suoi silenziosi paesaggi dove i rumori non giungono e si può udire solo l’intraducibile voce del mare. Lionello Venturi eminente storico dell’arte, ha scritto che < pittura vuol dire cosa ben fatta> e in tale asserzione si situa la ricerca personale dell’artista adottato dalla Liguria nella quale si incrociano le esigenze di affermare i valori della bellezza, e non secondaria, la possibilità 129)di alimentare un dialogo con le persone e con le cose, che fa appunto dell’arte, una significativa espressione dell’intelligenza dell’uomo, uno strumento finissimo di comunicazione, un linguaggio universale. Non esiste a mio avviso, almeno come marinista, un Pompeo Mariani del prima e del dopo: esiste un pittore che intuisce la via dell’infinito e come il poeta, predilige di far provare emozioni, liberandole dai laccioli formali che la comprimono. Ecco così si spiega la sua vocazione <naturale> all’Impressionismo. Ancora molto si dovrà scrivere sulla carica poetica del nostro pittore..E’ questo un tratto immediatamente riconoscibile nei suoi lavori, come quello di una ricerca che esula dalla memoria,ma che opera nella realtà. I momenti lirici e i momenti reali sono costanti e unitari in ogni sua composizione. La trasposizione figurativa è sempre oggettiva, fuori dalla incertezza della memoria e si anima e si fonda con la vibrante interiorizzazione del sentimento. Le sue raffigurazioni sono soggette al filtro di una coscienza attenta, portatrice di scoperte di forme concrete che, a volte, si avvicinano ad un sogno di bellezza sublime. Mariani incontra il colore e solo a lui si affida e tutto in lui, diviene racconto. Il panorama del mare si solidifica nei sui struggenti particolari. Il disegno preparatorio fu subito soffocato dal colore per definire meglio spazi e temi. La visione diviene subito chiara senza esitazioni. Le sagome della natura aderiscono perfettamente alle diverse intuizioni appena intuite. Si formano piani diversi dove dominano gli accordi cromatici, i contrasti limitati alla luce, a cui rispondono macchie di colore mutate dalla lentezza dell’acqua. Scriveva John Hollander che parlare di pittura è quantomeno pericolo, in parte perché la più forte interpretazione di un dipinto è spesso un altro dipinto, creato da un artista che ha in sé qualche cosa che il pittore originale aveva ma che non aveva neppure<visto> in se stesso..Sembra un concetto tortuoso, ma sta invece ad indicare come i veri artisti, e questo è il caso di Mariani, affrontino costantemente la natura in una amichevole contesa. Diceva Wallace Stevens: “Le cose viste – forse solo nella pittura- sono come li vediamo, chiedendoci così di pensare sempre a come si possa rendere visibile la splendida identità di quel come”. Pompeo Mariani è il cantore del mare, nella sua limpida trasparenza d’acqua e si avverte nei suoi lavori proprio la contemplazione serena del silenzio dell’acqua, grazie alla tavolozza che fa rivivere un ipotetico giorno infinito, nelle sue delicatissime variabilità cromatiche. Non descrive ma trascrive il mare in contrappunti caldi di luci e di ombre quasi in trasparenza, quasi ne conoscesse l’anima misteriosa, incostante, contraddittoria. Tutto questo è un segno di un profondo legame affettivo con la Liguria e con lei ha raggiunto un sodalizio strettissimo Tutte le sue opere non solo hanno il mare come protagonista ma sono un omaggio al mare ed alle sue acque-verdi-azzurre. Per questo ha deciso di finire la sua vita tra gli scogli e le spume lambiti dai ritagli eterni e fluttuanti della natura infinita, conoscendo tutto del mare, compreso la sua anima misteriosa, incostante contraddittoria. Lo ha scoperto nei suoi momenti lenti ma anche e soprattutto nelle sue giocosità e nelle sue incessanti curiosità, volta a volta carezzevoli o violenti, verso gli amici scogli ed i più diversi arenili. Per lui la solidarietà verso l’affascinante e maestoso <spazio mobile> ove si immergono le sue più limpide emozioni di uomo già maturo che divengono una delle più importanti ragioni di vita dell’uomo e dell’artista. Non è possibile affermare che le sue composizioni <in onore del mare>, siano il risultato pittorico di una mera volontà di <proposta realista>. Rappresentano incanti singoli e diversi, tipici della pittura impressionista. C’è sempre una collocazione fisica di Mariani di fronte allo <stupendo mostro> dal colore sempre cangiante a seconda dei riflessi di luce che lo accarezzano e la sua pittura en plein air lo colloca a pieno titolo tra i pittori impressionisti e c’ è sempre tanta imprevedibilità nel suo approccio a quei ritmi ed a quelle limpidezze. Tutto questo riesce a comunicarci ogni volta qualcosa di diverso che da un lato procura gioia e dall’altro un senso di estatica meraviglia. E se il colore, vario di luci sontuose e di soavi sapienze espressive, rimanda l’occhio alla memoria di certi aggrumati e sensuali barocchismi, varrà sempre rammentare che non è della pittura moderna, illustrare le cose del mondo visibile ma semmai esprimere una loro visione analoga nella quale è maturata la percezione lucida del meccanismo conoscitivo. Il che ci conduce a un’altra riflessione. La pittura di Mariani è quanto mai moderna perché rivela in sé la sapienza di quegli accadimenti storici che hanno mutato il confluire del clima moderno, dall’Impressionismo, all’Espressionismo, dal Simbolismo naturalista 129)all’Informale in un contrappunto di movimenti risolti dalla disposizione gestuale e dalla esplicita verità plastica restituita dall’accoglimento interiore.

POMPEO MARIANI E LA FOTOGRAFIA-  Pompeo Mariani entra in contatto con il mondo della fotografia in famiglia. Già lo zio Mosè Bianchi gli confida in alcune lettere (1887- 1889) il fascino e l’ambiguità della <macchinetta>. Così con deliziosa ironia chiama la fotocamera acquistata a Milano. L’altro zio Gerardo(1845-1922) era fotografo professionista a Monza e gli svela i segreti della sala di posa e quelli non meno complessi, della camera oscura. Gerardo si dedica con successo non solo al ritratto , ma anche a documentare la bachicoltura della campagna, lo spazio del Parco e della Villa Reale, il tesoro del Duomo di Monza.. Si può affermare che la sua professione di pittore è stata alimentata costantemente dalla fotografia. Limitandoci ai confini italiani si può ricordare l’attenzione tecnica ai processi fotografici e l’applicazione della fotografia in campo pittorico ammessa da maestri quali Telemaco Signorini, Federico Faruffini, Giulio Aristide Sartorio. In seguito si sono serviti dell’immagine fotografica,pittori Angelo Morbelli, Giovanni Segantini,Giuseppe Pelizza da Volpedo, Giacomo Grosso e da Francesco Paolo Michetti in modo ancora più puntuale e massivo. “La possibilità di fruire e produrre immagini fotografiche in modo immediato e risevato– scrive Cesare Colombo– diventa abituale solo dopo il 1880 quando i materiali sensibili <a secco> (lastre e poi pellicole) confezionati dall’industria e immediatamente disponibili alle riprese, liberano chi le esegue dall’assistenza tecnica di un operatore professionista.

….Il materiale fotografico della Fondazione Pompeo Mariani – Le immagini custodite a Bordighera presso la Fondazione Mariani sono circa 1500, quasi tutte stampe su carta all’albumina e al bromuro. A esse si aggiungono 140 diapositive su vetro nel vecchio formato 82×82 mm, per proiezioni didattiche, con soggetti geografici riferiti all’Egitto, agli Stati Uniti e alla città di Parigi. Tra le stampe positive è agevole riconoscere quelle che Pompeo Mariani ha ricavato per contatto dalle proprie lastre negative 9×12 cm. Sono circa 450. Un altro gruppo, circa 50, sono state invece ingrandite, sempre dall’artista, su cartoncino fotografico al bromuro, in vari formati tra il 18×24 e il 30×40 cm. Le lastre superstiti, dopo traslochi, danneggiamenti e probabili distruzioni per incuria negli anni seguenti, sono pochissime:circa 200. Appaiono tuttora contenute nelle originarie scatole di vendita ma in condizioni tali da render difficile il ricavo di ulteriori copie positive. Le fotografie provenienti da autori o studi diversi, e quelle anonime sono circa 870: i formati variano dal 10×15 al 30×40 cm. Molte sono montate su supporti in cartone: altre appaiono scollate da album, altre ancora (senza cartonatura).sono irrimediabilmente arrotolate. Nel complesso però, quasi tutte le emulsioni e i supporti appaiono in buone condizioni. Al fondo fotografico sono poi da annettere almeno 130 cartoline litografiche e fotografiche, illustranti località italiane e della Costa Azzurra e due collage di circa 35×50 cm eseguiti da Mariani, assemblando piccole riproduzioni litografiche di volti e figure femminili. Per maggior parte delle fotografie riprese dall’artista, è stata usata una fotocamera 0x12 che non reca marca, contrassegnata da una targhetta dell’ottico De Bernardi di Genova.

Si tratta di un’apparecchio Alba <folding, a spiegamento rapido>,prodotto a Milano dalla Ganzini, Namias & C,nel primo decennio del Novecento. E’ dotata di otturatore a tre tempi, ma manca l’elemento anteriore dell’obiettivo. Un’altra più antica fotocamera di Mariani, di cui tuttavia non ci sono più le riprese su lastra, è un apparecchio da campagna formato 13×18 a soffietto in legno, fabbricato a fine Ottocento dalla ditta svizzera Rauser / Geneve. E’ dotata di ottica francese Rouget Paris con focale di circa 200 mm. E’ vi è poi una terza grande fotocamera, che Mariani certo non usò mai da solo, anch’essa di legno, a soffietto, e prevista per il formato di lastra 30×40. Dotata di doppio tiraggio, con ottica francese, anonima ma certamente fabbricata dalla milanese Lamperti e Grbagnati, era prevista per le riproduzioni dei dipinti di Mariani, forse da parte di operatori specializzati, appositamente convocati a Bordighera. Infine sono conservati quattro pantascopi, in legno finemente decorato, di produzione inglese di fine Ottocento, dotati di visore stereoscopico, con aggiunta di una grande lente singola soprastante, per l’osservazione di piccole stampe e 129)l’esecuzione di miniature. Nella cantina dello studio la Specola di Bordighera è rimasta una traccia della camera oscura di Mariani. Una vaschetta di ferro smaltato, per il lavaggio rapido delle copie, con scarico, fissata al muro sotto la presa di d’acqua corrente. Da ricordare infine sono gli studiosi che hanno analizzato con ricerche specifiche il lavoro dei pittori – fotografi, dalle quali che tra l’altro abbiamo tratto queste note. Citiamo per primo l’antesignano Lamberto Vitali che iniziò le sue preziose ricerche a partire dagli anni Quaranta. Nel secondo dopoguerra si apprezzano i saggi. Di Piero Becchetti, Italo Zannier, Marina Miraglia, Carlo Bertelli. Poi dagli anni Ottanta a oggi, tra gli altri si mettono in luce Paolo Biscottini, Giovanna Ginex., Elisabetta Papone, Silvia Paoli, Roberto Cassinelli.

…Pompeo Mariani e il suo piccolo regno:<La Specola>- Abbiamo già accennato che Pompeo Mariani trascorse il suo ultimo tempo artistico nel sua piccola oasi di bellezza e di armonia, voluta nel giardino della sua villa a Bordighera. Il suo studio dove ha lavorato alacremente fino all’ultimo fu chiamato:<La specola>.. All’esterno sopra la porta d’ingresso verrà posta una bellissima inferriata in ferro battuto, opera del Mazzucotelli;in tempi successivi un pinnacolo del duomo di Milano sul lato sinistro, un bel lampione sul lato destro e sempre sul lato sinistro, un presepe in terracotta. A partire dal 1919 confluiranno nello studio di Bordighera gran pare degli arredi dei due studi di Milano, tanto da rendere necessaria una sopraelevazione dello stesso. La Specola diverrà così l’unico riferimento artistico del pittore e si uniformerà ai grandi atelier degli artisti europei dell’epoca. Sarà atelier, punto d’incontro per gli amici, luogo dove porre le collezioni e talvolta sede di piccole mostre personali. Purtroppo nel 1925 di fronte al lato sud della Specola verrà eretta una enorme struttura per ospitare delle suore francesi. Mariani tenterà invano di opporvisi, tanto che questo evento lo rattristerà fino alla sua dipartita. E’ doveroso sottolineare come la Specola rappresenti una delle più significative opere degli inizi del’900 in ambito locale ed è per questo che si parsa opportuna una rivalutazione delle opere di Rodolfo Winter nell’ambito dell’architettura nazionale. E’ oltre modo interessante constatare come l’artista abbia concepito l’atelier e essere venuti a conoscenza delle ditte che gli fornivano i materiali da dipingere. Infatti si sono ritrovati cataloghi e buoni d’ordine di numerose case fornitrici quali la Calcaterra diMilano, la Lorilleux di Parigi, la Roweny e Sons di Londra, la Lefranc 6 C. di Parigi, la Ditta Michele Huber Monaco Baviera, Luigi Veneziani Milano, la J.G. Muller di Stoccarda ecc. Nell’atelier alla fine del 1920 troveranno posto ben 19 cavalletti di varie misure, una bellissima scala pieghevole per i dipinti di grandi dimensioni., 3 grandi argani per sollevare tali opere, una serie infinita di accessori per la pulitura dei pennelli, un grandissimo torchio per la produzione di incisioni e monotipi, mobili d’epoca di vario genere, stampe giapponesi e cinesi, stoffe pregiate per fare da sfondo alle modelle, un importante collezione di abiti antichi del’600 e del ‘700, di armi. Alcuni reperti provengono provengono dallo studio di Mosè Bianchi., una serie di fotto degli atelier dei suoi amici pittori. Muzzioli, Tito Conti, Feragutti Visconti, Aleandro Villa ecc, le casse originali delle biennali di Venezia del 1907 e del 1014 con le quali aveva inviato le sue opere.. Ancora è stato rinvenuto il busto in bronzo di Cristoforo Colombo che la città di Genova gli donò nel 1892 in occasione della sua prestazione con medaglia d’argento durante le Feste Colombiane unitamente a tanti altri oggetti. L’abbondanza di materiali rinvenuti ha reso difficile la reso difficile la scelta da attuare nella disposizione degli oggetti.

Nel 1960 il Notaio Pompeo Lomazzi, erede dell’artista, aveva eseguito una ricostruzione, forse un po’ fantasiosa. Infatti lo studio si presentava quasi come un grande salotto, adornato da bellissimi quadri; la ricostruzione odierna, rifacendosi a foto d’epoca rende l’ambiente più realistico e più vicino alla realtà storica. La catalogazione degli oggetti rinvenuti unitamente alla grande biblioteca di circa seimila volumi è molto importante per rivelare pienamente la personalità di Pompeo Mariani. Una parte a sé merita il parco-giardino che circonda l’atelier e la villa, un appezzamento di rara bellezza; vi sono ben 120 piante d’ulivo secolari, ancora facenti parte dei seicentesco uliveto del giardino Moreno Quando Mariani acquistò la proprietà,il parco era circa un ettaro, tra il 1912 e il 1913 diverrà di tre ettari e infine attraverso varie cessioni tornerà gradualmente alle dimensioni iniziali. La contessa Fanshave ha fatto abbattere gli ulivi a favore delle palme e delle piante tropicali come la moda del tempo esigeva.. Questo angolo di paradiso si è potuto conservare insieme alle palme e alle piante esotiche collocate da Pompeo Mariani, per di più si possono ancora ammirare gli ulivi dipinti da Monet nel 1884 e gli scorci di Ventimiglia e della città vecchia. All’interno del Parco vi è anche una grande vasca in cemento di bella fattura, profonda circa cinque metri descritta nel 1883, coronata da una bella panca in stile pompeiano Nel 1998 venne creata molto opportunamente la Fondazione Pompeo Mariani con pieno consenso, l’approvazione e l’entusiasmo di Stefania Scevak, l’ultima erede diretta dell’artista, che ha fortemente voluto questa 129)soluzione , memore della volontà del cognato notaio Pompeo Lomazzi (1914 -1944). La fondazione intende divulgare le opere del pittore, renderle ancor più note al pubblico nazionale internazionale e valorizzare la sua figura di intellettuale, benefattore, grande collezionista, amante del <bello> e inserito, come sta già avvenendo, tra i grandi nomi della pittura. Recenti studi critici hanno fatto venire alla luce, un Mariani di alta statura artistica, il primo impressionista lombardo (come la prima critica lo aveva appellato perché aveva conosciuto la pittura degli impressionisti francesi molto probabilmente con un contatto diretto) ed ora anche italiano. Villa Mariani, la Specola, e tutto il suo splendido contesto sono aperti al pubblico da 1998. Sempre maggiore deve essere l’interesse tributato a questa struttura, custode degli incanti della bellezza perchè ancora vive mille contrasti e impedimenti.

… Un piacevole ricordo è quello scritto da Aldo Carpi, che lo conobbe e lo visitò varie volte in occasione dello scoprimento del busto nei giardini di Bordighera: <Era Pompeo Marini un grande lavoratore, instancabile e metodico, sapeva bene, essendo amato nipote di Mosè Bianchi e allievo di Bertini, che l’opera d’arte non è fatta di chiacchiere, ma di costante studio e applicazione. Era un pittore di tavolozza raffinata e viva, con una pennellata giovanile, sempre decisa, anche quando doveva ripeterla mille volte. Di fatto certe sue semplificazioni nelle figure femminili, nei bozzetti di Montecarlo in specie, sono dovute a questa elaborazione, attraverso la quale il colore riassunto delle sue donne diventava perla e gemme, l’ambiente si riscaldava e diventava denso e vissuto, trasformando così la realtà in lirica pura, in pittura pura”. Nella prima opera monografica Giorgio Nicodemi nel 1966 redige un utile primo catalogo delle opere di Mariani che oggi deve essere aggiornato e completato. Infatti nell’opera citata, si fa soprattutto riferimento alla collezione conservata dal nipote ed erede a Bordighera.

…..Nicodemi, a nostro avviso con grande avvedutezza critica, considera Mariani tra gli autori più significativi a cavallo dei due secoli, capace di prendere le distanze da ogni imitazione da Mosè Bianchi. Cita due opere del primo periodo che da sole dimostrano le sue capacità:< Ritratto al Sol morente> (oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Milano) e <Il saluto al Sol morente>, evidenziando l’importanza del breve alunnato presso il Pagliano. Sottolinea la capacità di riproporre con un forte senso del colore e di lavorare di memoria, con sensibilità, vena facile e al tempo stesso inesauribile. Rileva ancora che una grande curiosità lo spinge verso temi tanto diversi, dal porto di Genova, ai ricordi dell”Egitto, dalla Zelata alle vedute di paesi di montagna quali Gignese, Limone Piemonte, Miazzina per approdare infine a Montecarlo. Nicodemi definisce anche il disegno del pittore monzese <guizzante di avvolgimenti, di apparizioni e dissolvenze in viluppi di linee sinuose> e lo accosta idealmente al genovese Magnasco, per la pennellata fluida. Ancora sottolinea Marilisa: Di Giovanni: “Mariani, avviato alla pittura per virtù d’intuito, educato da un maestro coscienzioso e preciso come il Pagliano, naturalmente portato a vedere ciò che faceva il suo grande zio Mosè Bianchi senza desiderare di emularlo, procedette nelle sue opere per conquiste successive, seguendo le ispirazioni che gli erano offerte dai diversi temi che destavano le sue attenzioni. Conoscitore di quanto si produceva in campo internazionale, rimane ancorato all’uso della macchia elaborata attraverso un segno guizzante che accentuava quell’aspetto di <evocazione>, di apparizione e di dissolvimento in un moto di linee sinuose. Nicodemi coglie con molto acume il senso del vero. Che nasce dall’immediata impressione maturata dalla memoria e vissuto attraverso la <commozione visiva>.”.

….Gli appunti focalizzano la libera volontà del suo spirito di osservazione capace di cogliere la realtà e di catalizzarla nel ricordo con il reagente della luce.. Come Ungaretti fisserà le idee poetiche sui pacchetti delle sigaretti, frammenti di carta di fortuna, recuperata al fronte della I Guerra Mondiale, Mariani cattura l’istante di natura da fermare per un impulso irrefrenabile su qualsiasi supporto gli capiti sottomano. Per esempio una scena di movimento nel porto di Genova è disegnata sul retro di una piccola scatola di formaggini. La velocità di questi appunti di viaggio testimonia come Mariani fosse attratto dal movimento, dal brulicare della folla o dall’ondeggiare delle barche e il lento avanzare dei bastimenti, il tutto avvolto da un’atmosfera pulsante e dinamica. Essi hanno inoltre chiarito il meccanismo che guidava la mano del pittore dall’osservazione della realtà, focalizzata e medita attraverso la costruzione di una immagine fissata nei disegni e nell’uso della fotografia. Questo processo creativo spiega il riproporre in serie di uno stesso soggetto su cui ritorna a tanti anni di distanza. <Sfruttamento seriale>, scrive Rebora, ritrovando lo stesso procedimento in altri artisti quali Grubicy, Spreafico, Gignous, spesso dovuto alle richieste dei committenti. Occorre precisare che Mariani ci ha lasciato dei veri e propri taccuini di viaggio, di piccolo e di medio formato, comprati presso una ditta inglese, rilegati con il nome della località dove l’artista li ha disegnati con inciso l’anno e spesso anche i giorni e il mese. Questa <pignoleria> per un artista come Mariani che ritorna spesso su temi di anni precedenti, costituisce una preziosa chiave d’accesso per lo studioso perché permette di ricostruire il percorso umano e creativo del pittore…

…. Per tutti gli anni Ottanta le sue vedute del mare Ligure risentono della suggestione e dei suggerimenti dello zio Mosè nelle marine di Chioggia, e particolarmente <Laguna in burrasca> per il tono livido della luce e per la tecnica che si serve di lumeggiature sulla cresta dell’onda che vengono a sovrapporsi al colore dell’acqua sottostante, creando quell’effetto di moto continuo o ancora nella resa attenta delle trasparenze e dei riflessi dell”acqua calma come come nelle<Lavandaie>. Importane è l’opera <L’onda>, realizzata nel 1885 ed esposta a Firenze e venduta successivamente a Londra all’Esposizione italiana del 1888, dal tagli verticale allungato che segue il frangersi dell’onda sugli scogli e gli spruzzi:il formato delle opere in Mariani è molto vario e asseconda la composizione. La presenza dello zio, la sua personalità d’artista e l’affetto vero il nipote sarà continua in questi anni e ispira i quadri ambientali nel <Parco di Monza> del 1884,<Figura nel Parco>.<Ritorno dai campi>, <Campagna monzese in inverno>, <Paesaggio con borgo in Brianza>. E’ vicino allo zio ma significativa è la consuetudine di lavoro comune con i monzesi Spreafico e Borsa, ma anche con il più anziano Gignous e con Gola. Uno dei quadri più noti di Mariani di questi anni è<Siesta nel Parco di Monza>. La tecnica, la composizione su linee orizzontali e verticali, l’uso dei colori puri, (tipico degli Impressionisti), la stessa postura delle figure, una seduta sull’erba e due in piedi a passeggio, e gli stessi colori degli abiti (si veda la gonna a righe della donna seduta), fanno ritenere logica una conoscenza non mediata ma diretta della contemporanea pittura francese e anche degli italiani che vivono in Francia con De Nittis, in modo specifico nel dipinto <Sull’erba> . L’occasione per accostarsi alla pittura dei maestri impressionisti l’aveva avuta all’Esposizione di Nizza e in quella di Parigi del 1883 aveva conosciuto De Nittis nello studio di Pagliano e sappiamo che si serviva delle stesse ditte di colori francesi, in particolare la Casa Pereira di Parigi. Altrettanto noto e significativo nel percorso pittorico è <Cantuccio di primavera> (della Galleria d’Arte Moderna di Milano), veduta di Monza del 1884, con una descrizione attenta e ravvicinata, con un tocco leggero che rivela l’influenza di Carcano a cui lui stesso fa riferimento.

……Per completare infine la panoramica sull’argomento, che come si è visto risulta assai variegato, un ultimo utile contributo è costituito dai cataloghi delle aste di collezioni private tenutesi presso le varie case d’ aste e gallerie private, tenutesi presso le varie case d’ aste e gallerie private soprattutto nella prima metà del’900, on particolare riferimento alla Lombardia e alla Liguria. L’indagine condotta su tale materia conferma l’ampio consenso nei confronti della pittura del Nostro ed ha rilevato la presenza di opere del pittore , praticamente in quasi tutti i cataloghi consultati. Nel complesso si può dunque ribadire che il pittore venne meglio compreso dai contemporanei dopo la sua morte nel 1927 il suo nome è stato quasi dimenticato. Solo negli ultimi anni Mariani ha cominciato a tornare alla ribalta e con questa opera monografica abbiamo voluto modestamente aiutarlo ad ottenere il giusto ed adeguato apprezzamento sia da parte del pubblico che della critica. Mi torna alla mente ciò che ha scritto Gustave Courbet: “Ho cinquant’anni ed ho sempre vissuto libero, lasciatemi finire libero la mia vita;quando sarò morto voglio che questo si dica di me:<Non ho fatto parte di alcuna scuola, di alcuna chiesa, di alcuna istituzione, di alcuna accademia e men che meno di alcun sistema:l’unica cosa a cui è appartenuta è stata la libertà>. Questo epitaffio ben si attaglia all’esistenza di Pompeo Mariani.

Gianfranco Barcella


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G.F. Barcella

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