Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Bordighera, i primi turisti dell’800 leggevano 4 giornali locali in quattro lingue e Esperanto
Con nobili, alta borghesia e l’unico centro tennistico in Italia. Il soggiorno di Monet


Pompeo Mariani inizia a frequentare Bordighera attratto dalle sue invidiabili bellezze naturali ed in particolare la macchia mediterranea che impreziosiva la sua costa ed era conosciuta in tutta Europa. Non a caso la Riviera di Ponente era visitata da una folta colonia di stranieri che contribuivano fattivamente ad arricchire il suo ambiente culturale. Nell’ 800 ai primi viaggiatori erano subentrati i primi turisti che, ammaliati dal luogo, incominciarono a soggiornarvi. La nazionalità dei presenti era varia: principalmente inglesi, francesi, tedeschi, russi ed anche italiani. Sorsero i primi alberghi lussuosi, unitamente a filiali bancarie, agenzie di viaggio, giornali. La vita culturale prende un respiro internazionale e nascono settimanali di pregio quali:<La via Aurelia>, edito da Frederick F.Hamilton,<L’Indipendente di Bordighera>, la< Voce di Bordighera>, il <Journal de Bordighera>, diretto da Miss. M. de Burg Dale, stampato nello stabilimento tipografico di Giuseppe Bessone.

di Gianfranco Barcella

Questi giornali sono scritti in Inglese, Italiano, Francese, tedesco ed Esperanto e relazionavano sulle presenze degli ospiti di prestigio nelle ville e negli alberghi. Bordighera si rivela così come un centro di incontro del bel mondo internazionale soprattutto tra gli ultimi decenni dell’Ottocento ed i primi del Novecento nelle stagioni invernali. Soprattutto gli Inglesi sono affascinati dalla bellezza della Liguria, cantata dai loro poeti romantici. Ma anche altri scrittori e pittori di altre nazionalità restano ammaliati dall’incanto della natura ligure. La pittura naturalistica romantica ben si concilia con la bellezza del paesaggio rivierasco. Perfino un esule come Giovanni Ruffini pubblicò nel 1855 ad Amburgo il romanzo intitolato:<Il dottor Antonio>. L’opera fu accolta con grande favore dal pubblico e richiamò l’attenzione del mondo anglosassone su un litorale sino ad allora sconosciuto, dalle strade impervie, tracciate principalmente dai Romani, pieno di esotismo e abbellito del fascino di una verzura lussureggiante.

LA COMUNITA’ PRINCIPE ERANO INGLESI NOBILI E BORGHESI- La comunità principe ospitata da Bordighera fu quella inglese. Era formata da nobili ed alto borghesi legati alla monarchia ed hanno ricostituito quel patrimonio di civiltà ritenuto fondamentale in Patria. Quell’oasi di macchia mediterranea incastonata sulla costa del Ponente Ligure viene punteggiata da ville e cottages, unitamente ad una piccola chiesa(la All Saints Church),per le funzioni religiose. Ed ancora la Victoria Hall, l’ Union Club, il Chess Club per la vita di sicietà, i concerti, le rappresentazioni teatrali, la lettura, i giochi del biliardo, del bridge, degli scacchi e nel 1878, il Lawn Tennis Club, primo centro tennistico in Italia come ha osservato Mario Marcenaro, conservatore del Museo- Biblioteca C. Bicknell nella prefazione al pregevole volumetto a cura di Anna Ranzi sui disegni, i bozzetti, gli acquarelli della donazione Lomazzi -Scevak di Bordighera, edito a cura dell’Istituto Internazionale di Studi liguri di Bordighera.

Attratte da questo fervore di vita culturale furono molti gli intellettuali che soggiornarono o vissero A Bordighera. Ricordiamo tra gli altri George Mac Donald che abitò nel 1870 <Casa Coraggio< edificata per essere <insieme un tempio, un teatro, un museo, un circolo, un’accademia, una locanda>; nella stessa <Casa>, dopo la trasformazione in albergo, soggiornò lungamente, scrivendo bellissime pagine su Bordighera, Edmondo De Amicis e pure Ludovico Winter che realizzò per Thomas Hambury i celebri giardini della Mortola, e Charles Garnier, il famoso architetto della Nouvel Opera di Parigi, il quale tra l’altro, nel 1873, progettò la sua splendida villa in località Arziglia, a picco sul mare e poi villa Bischofsheim sulla Via Romana ed ancora il Palazzo scolastico, ora Municipio, e la Chiesa di Terra Santa alla Marina, terminata alla sua morte.

Nel 1888 Bordighera si dotò anche di un museo per opera del pastore anglicano Clarence Bicknell che, dopo aver esercitato il suo ministero in Inghilterra e dopo aver molto viaggiato, attratto dalle sue bellezze paesaggiste, aveva deciso di soggiornare a Bordighera. Sorse così il primo museo privato della Liguria Occidentale, ma a completa disposizione del pubblico (oggi il Museo- Biblioteca Clarence Bicknell, cuore dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri). Ben presto venne affiancata la Biblioteca Internazionale, anche 129)questa voluta dalla comunità inglese. Pompeo Mariani che soggiornò in Riviera a partire dal 1892 trovò anche una folta schiera di pittori che lasciarono preziosi <documenti> dei loro soggiorni bordigotti.

Ricordiamo tra gli altri: Anna de Buchère de l’Epinois ed i suoi figli, Henri ed Aurélie, che dipinsero la Riviera attorno al 1840, attenti alle presenze naturalistiche e paesaggistiche che avevano attratto i primi viaggiatori; percorsero la Riviera anche Luigi Varese, nativo di Porto Maurizio, il <grigio> Federico Pastoris, il paesaggista svizzero Alexandre Calame, Hercule Trachel, Corinth Lovis e persino Claude Monet. Quest’ultimo, ospite della Pension Anglaise nel 1884, scelse la Città delle Palme per dipingere alcuni paesaggi naturalistici, cercando di penetrare i suoi <diabolici> colori. (Approfondiremo in capito a parte questa affinità non solo <spaziale> tra Monet e Mariani). Ci lasciò incantevoli raffigurazioni dei Giardini Moreno, del Vallone del Sasso, di Borghetto e Vallebona, della Strada Romana con le ville Goffin e Bischoffsheim, la Casa Rossa, paesaggi con palme, limoni, aranci e olivi. Dedicarono ancora tele a Bordighera, Pasquale Domenico Cambiaso, Filippo Minozzi, Andrea Marchisio e naturalmente, i bordigotti Luigi Allavena e Giuseppe Ferdinando Piana, che avevano visto operare Hermann Nestel e Federico von Kleudgen, da tempo residenti nella Città delle Palme.

Pompeo Mariani, nel 1889 recandosi per la prima volta a Bordighera, vi trasse ispirazione, come documenta il dipinto <Signora con levriero>, che dà l’avvio alla serie di figure femminili colte nel loro elegante passeggiare sulla spiaggia, con campiture larghe accostate ai tocchi più densi di colore. Dal 1898 frequenta sempre più spesso la cittadina ligure e proprio nel 1898 vi organizza una mostra con i pittori Hermann Nestel e Piana. Nel taccuino di Mariani, conservato preso la Fondazione di Bordighera che porta il suo nome, vengono meticolosamente riportate in ordine cronologico, fra il il1880 ed il 1927, tutte le opere da lui vendute, con indicazioni del prezzo di vendita e del nome dell’acquirente. Fra i vari dipinti è opportuno citare <La sciabica>(o la calma), che si richiama ad un singolare tipo di pesca ormai andato in disuso che si ritrova menzionata nel romanzo .<Il dottor Antonio> di Ruffini, in cui si dice che <le donne tirano le loro reti a terra e accompagnano ciascuna tirata con un grido simile ad un lamento>.Uno dei più suggestivi ritratti concepiti a Bordighera è senz’altro un dipinto di quell’anno, raffigurante una giovane turista britannica, Mrs. Buddicomb con la figlioletta.

Lo studio relativo all’opera si trova a Bordighera, presso l’ Istituto internazionale di studi liguri. Il quadro venne esposto nel 1899 alla Royal Academy di Londra e fece conoscere ad un sempre più vasto pubblico le doti del pittore. A Bordighera Mariani ebbe contatti con molti famosi personaggi italiani e stranieri. Egli frequentò l’architetto Luigi Broggi, autore della villa in stile barocco che la regina Margherita, grande ammiratrice di Mariani, era fatta costruire. Attento osservatore della vita di Bordighera, Mariani dipinse i suoi luoghi di ritrovo mondano, i ristoranti, gli alberghi, la passeggiata a mare, sorta nel 1901, parallelamente alla Cornice e denominata poi Lungomare Argentina in omaggio ad Evita Peròn, che la visitò nel 1947. Rappresentò inoltre il Casinò, sorto nel 1911 e demolito nel 1954, perché danneggiato da una violentissima mareggiata. Innumerevoli tracce del suo lavoro e delle sue passioni rimangono alla <Specola>. Dopo un periodo di relativo abbandono, negli ultimi anni, grazie ad un alacre ricerca e ad un massiccio e lungo lavoro di restauro, con l’aiuto della Soprintendenza per i Beni Architettonici della Liguria e dello <Studio Architetti Alborno> di Bordighera, la Specola può oggi essere ammirata in tutto il suo splendore. L’Istituto Nazionale di Studi Liguri di Bordighera custodisce uno spaccato della vita artistica di Pompeo Mariani.

Nel 1908 e negli anni seguenti Mariani si reca spesso a Bordighera con la moglie Marcellina e qui soggiorna in via Garnier nella case Pallanca e Risciard. Negli anni precedenti aveva risieduto all’Hotel Inghilterra. Nel 1909, acquista a Bordighera dalla contessa Fanshawe, una villetta sui colli in via della Madonnetta, dove trascorrerà buona parte dell’anno; qui poco dopo nel 1911, sorgerà per opera dell’architetto R. Winter il nuovo studio del pittore, la cosiddetta Specola che verrà arredata con le sue opere, e con quelle numerose dei colleghi, raccolte durante tutta la vita. Nella parte superiore al camino avrà una grande vetrata per irrorare di luce anche la parte terminale dell’ambiente. Un grande soppalco verrà creato sopra l’ingresso per ospitare eventuali ospiti desiderosi di prendere visione delle opere dell’artista, tra cui a partire dal 1913 la Regina Margherita di Savoia. (1851 -1926), i Rotschild, i Bernasconi, l’attore Max Linder, Ugo Ometti, Edoardo Ximenes ed Emilio Treves, gli amici pittori Piana, Previati, Kleudgen e tanti altri. Nel piccolo salone d’ingresso sul lato destro, venne collocata una libreria a muro, opera di Eugenio Quarti, mentre dalla parte opposta venne sistemato un grande tavolo in mogano proveniente dalla sala nautica di un veliero inglese di fine ‘800.

La struttura interna fu completata da una bellissima vetrata che serviva da divisione tra l’ingresso e lo studio vero e proprio, adornato da belle lampade di Giovanni Lo Mazzi. Tutti gli accessori all’interno verranno scelti personalmente dal pittore il quale inoltre predilesse sei bellissimi termosifoni in ghisa, di gusto floreale e della grande caldaia proveniente dalla Germania. All’esterno, sopra la porta d’ingresso, è stata posta una bellissima inferriata in ferro battuto, opera del Mazzucotelli. In tempi successivi fu collocato un pinnacolo del Duomo di Milano sul lato sinistro, un bel lampioncino sul lato destro e sempre sul lato sinistro un presepe in terracotta.

A Bordighera, Mariani trascorreva periodi piacevoli e la sua vena pittorica si amplio con nuovi motivi: descrisse il mare e le spiagge sassose della costa, la vita intensa dei pescatori che si svolgeva nelle baie lungo il litorale o in alto mare, ma si dedicò anche alla raffigurazione delle coltivazioni ad ulivo, diffuse lungo i colli rivieraschi. In questi anni si recava spesso a Montecarlo ed anche qui traeva spunti per arricchire la sua produzione pittorica: rappresentò in vari dipinti le sale da gioco del Casinò e gli ambienti affollati dei Caffè alla moda.

Nel 1909 al Salon d’Automne, perfino la critica francese, sebbene la più tradizionalista, apprezzava opere di Mariani quali <l’Addio al marinaio> e<Lagrime d’addio>, soggetti che risalivano alla metà degli Anni Novanta e che erano ormai alla terza o quarta replica, a olio, acquarello e a monotipo. La partecipazione alla prestigiosa esposizione era stata commentata con toni che declinavano ogni corda del sentimentalismo fin de siècle: < Auprès d’un barque amarrèe à quai, un matelot serre les mains d’une femme; les flota calmes viennent mourir au port et le ciel, d’une pureté laiteause, épand la lueur diffuse dans laquelle des voiles courent à l’orizon: c’est l’addio del Marinaio, une des plus ravissantes aquarelles que je connaisse”. Così precisa De Micheli in un suo scritto. Intanto una ricca serie delle opere ambientate a Montecarlo venne presentata all’Esposizione della Società e Cultori di Belle Arti di Roma del 1913. Molti di questi quadri furono venduti ed entrarono in varie raccolte straniere. Le riproduzioni di alcuni di essi vennero conservate dal pittore nel suo archivio.

A partire dal 1919 confluiranno nello studio di Bordighera gran parte degli arredi dei due studi di Milano, tanto da rendere necessaria una sopraelevazione dello stesso. La Specola diverrà così l’unico riferimento artistico del pittore e si uniformerà ai grandi atelier degli artisti europei dell’epoca. Sarà atelier, punto d’incontro per gli amici, luogo dove porre le collezioni e talvolta sede di piccole mostre personali. Purtroppo nel 1925 di fronte al lato della sud della Specola, verrà eretta un’enorme struttura per ospitare delle suore francesi. Mariani tenterà invano di opporvisi, tanto che questo evento forse sarà una concausa della sua dipartita. E’ doveroso sottolineare come la Specola rappresenti una delle più significative opere degli inizi del ‘900 in ambito locale, ed è per questo che si ritiene doverosa una rivalutazione delle opere di Rodolfo Winter nell’ambito dell’Architettura Nazionale. E’ oltremodo interessante constatare come l’artista abbia concepito l’atelier : <un’officina> in senso dannunziano anch’essa plasmata dal senso artistico oltre a quello dell’accoglienza. E doveva essere fornita d’ogni mezzo per ben operare.

Si sono ritrovati infatti i cataloghi e i buoni d’ordine di numerose case fornitrici quali la Calcaterra di Milano, la Lorilleux di Parigi, la Roweny e Sons di Londra, la Lefranc & C di Parigi, la  Ditta Michele Huberi Monaco di Baviera, Luigi Veneziani di Milano, la J.G.,  Mùller di Stoccarda ecc. Nell’atelier alla fine del 1920 troveranno posto ben 19 cavalletti di varie misure, una bellissima scala pieghevole per dipinti di grande dimensione, tre grandi argani per sollevare tali opere, una serie infinita di accessori per la pulitura dei pennelli, un grandissimo torchio per la produzione di incisioni e di monotipi, mobili d’epoca e di vario genere,stampe giapponesi e cinesi, stoffe pregiate per fare da sfondo alle modelle, un’importante collezione di abiti antichi del ‘600 e del ‘700, di armi, alcune provenienti dallo studio di Mosè Bianchi, una serie di foto degli atelier dei suoi amici pittori: Muzzioli, Tito Conti, Farabutti Visconti, Aleardo Villa ecc, le casse originali delle biennali di Venezia del 1907 e 1914 con le quali aveva inviato le sue opere, il busto di bronzo di Cristoforo Colombo che la città di Genova gli donò nel 1892, in occasione della sua premiazione con medaglia d’argento durante le feste colombiane e ancora tanti e tanti altri oggetti.

Pompeo Mariani si inserì nell’effervescente clima culturale della Riviera ed anche mondano e dalla località di Bordighera raggiunge spesso Montecarlo, attratto dalla sua vita a la page ed elegante che si riuniva nei saloni del Casinò e dei Caffè . Da tali luogo, fulcro della <belle epoque > e dalla lussureggiante natura mediterranea che faceva loro da splendida cornice, trae nuovi spunti pittorici: descrive in parecchi dipinti l’ambiente affascinante del Casinò, rappresenta instancabilmente la bellezza del mare nei pressi di Bordighera, unitamente alla vita dei pescatori e delle estensioni di ulivi della zona. Nel 1910 partecipa all‘Esposizione Internazionale di Buenos Aires e nell’11 a quella di New York.

Nel 1913 una ricca serie di questi nuovi temi, tradotti in opere di grande pregio pittorico,, viene inviata alla società Amatori e Cultori delle Belle arti di Roma per una mostra personale che avrà molto successo. Il Ministero della Pubblica Istruzione acquista in tale occasione un soggetto ambientato a Montecarlo : <La sala dei passi perduti>, ora conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Il 1914 è l’anno della morte della madre, lutto che lo addolora moltissimo. Trascorre gli anni della Prima guerra mondiale tra Milano e Bordighera, città che riconosce ed apprezza le sue opere. I suoi dipinti, in particolare vengono acquistati da importanti personaggi stranieri che frequentano la Riviera. Non dimentichiamo che Bordighera è stata meta di un importante turismo nazionale e internazionale Nel 1918 Mariani trasferisce lo studio e l’abitazione milanesi a Palazzo Trivulzio in Piazza Sant’Alessandro 4, ma trascorre gran parte del suo tempo in Liguria. In questi ultimi anni non si cura più di partecipare a mostre ed esposizioni, ma si concentra sulla sua opera, dipingendo con assiduità. Esegue numerosi appunti di tutto quanto lo colpisce che riempiono le pagine di vari album, come era solito fare anche in passato. Continua da utilizzare varie tecniche espressive con grande passione. Riceve le visite di colleghi ed amici. Tra questi ricordiamo la Regina Margherita di Savoia che andava a trovarlo nella sua residenza, e di lei compie un bozzetto, ora conservato all’Istituto Internazionale di studi liguri di Bordighera. Non dipinge opere di soggetto religioso, eccetto un Cristo Risorto eseguito per la Cappella Araldi di Uscio come ex – voto per la guarigione della moglie che qui era stata curata.

Nel 1919 ricevette la Regina Margherita di Savoia e di Lei, Mariani, realizzò un piccolo ritratto conservato, insieme allo studio per quello di Re Umberto, presso l’Istituto Internazionale di Studi Liguri insieme agli altri dipinti della donazione Lomazzi- Scevak di cui fa parte. Il pittore ricompare in pubblico nel 1923 con una mostra personale alla Galleria Pesaro di Milano che riunisce 348 dipinti realizzati in varie epoche: <Ricordi del Cairo>, risalenti al 1881, <Studi ed impressioni di Genova> , realizzati dal 1886 al 1917, <Ricordi Monza> , dipinti dal 1884 al 1918, <Impressioni di caccia alla Zelata>, opere compiute dal 1890 al 1904, <Ricordi di Milano>, impressi sulla tela dal 1898 al 1917, <Vita di Bordighera> quadri che possono essere datati dal 1898 al 1922, <Studi e impressioni di Montecarlo> , dal 1901 al 1919 ed ancora Ritratti e studi diversi.

Nel 1925 sposta la residenza definitivamente a Bordighera. Trascorsero altri due anni di lavoro, durante i quali il pittore non si allontanò più da Bordighera. Qui i momenti operosi e creativi venivano alternati a quelli in cui riceveva visite di amici e di conoscenti che vivevano in Riviera: Pippo Piana, il barone Kleudgen, Hermann Nestel, Luigi Allavena, Lodovico Winter e Padre Giacomo Viale. Il mattino del 25 Gennaio 1927, Mariani si spegne in seguito ad una broncopolmonite acuta con il conforto della moglie e della figlia di questa, Maria Caronni Lo Mazzi. La salma venne tumulata nel cimitero di Monza, sua cittadina, con una solenne cerimonia. Nel 1956 fu allestita una mostra postuma nel Palazzo del Parco di Bordighera, mentre due anni dopo, nel 1958, il comune di Monza organizza una personale commemorativa per celebrare il centenario della nascita del pittore, cui fece seguito nel 1978 quella per la commemorazione del cinquantenario della scomparsa.

Pompeo Mariani in vita, ha esposto in ben 480 mostre di altissimo livello (Biennale di Venezia, Promotrici di Genova, Firenze, Torino, Milano Brera e Permanente, Monaco di Baviera, Londra, Parigi, Budapest, Berlino, Lugano, Lucerna, Zurigo, San Pietroburgo, Bruxelles, Gand, Sant Louis, Montecarlo), ottenendo ben quattordici medaglie d’oro con relative menzioni onorevoli e nove medaglie d’argento. Per ben nove volte partecipò alla biennale di Venezia, sin dalla prima manifestazione del 1895. A Venezia aveva già esposto nel 1887, all’ 129)Esposizione di Belle Arti, propedeutica alla futura biennale. Nel 1885 espose a Parigi, nello stesso anno ad Anversa; nel 1886 a Liverpool, nel 1887 a Londra, nel 1888 a Vienna, Londra ed Amburgo, nel 1889 a Monaco, a Varsavia, a Parigi, ad Amburgo e a Budapest. Nel 1890 tenne una personale a New York, Triste, Vienna e Londra. Nel 1891 espose a Roma, Palermo e poi tante e tante altre mostre ancora. Senza possibilità di smentita alcuna, sulla base della documentazione consultata, possiamo affermare che nessun artista italiano o straniero della seconda metà dell’ 800 ha il curriculum espositivi di Pompeo Mariani. Spesso e volentieri i suoi quadri furono posti accanto a quelli di Boldini, Degas, Monet, Sargent, Sorolla, Zorn, Stevens ecc e furono premiati.

Pompeo Mariani può essere definito a mio avviso come il Monet italiano, o meglio come ebbero a dire rispettivamente Ugo Ojetti ed Enrico Piceni il grande impressionista lombardo, il Toulouse Lautrec italiano. Per il suo tratto distintivo, la sua personalità artistica, il suo stile pittorico non confondibile con altri artisti, spesso in mostre collettive sulla pittura dell’ 800 si è sentito esclamare: “Quello è Pompeo Mariani!“anche da persone non esperte del settore. Pompeo Mariani fu oltre che un notissimo pittore, un grande ed importante collezionista. Dall’archivio e inventario della sua raccolta (oggi in possesso della Fondazione Pompeo Mariani), si possono enumerare più di ventimila oggetti dei generi più disparati. Ci limitiamo ad elencare i più importanti: la <Maddalena del Gianpietrino>,<Madonna con Bambino>, attribuita a Gherardo delle Notti, <Ritratto di notaio> di Gustave Courbet, <Ballerina> di Edgar Degas, incisioni di Francisco Goya, di Tiepolo, Rembrandt; studio dell’anatomia di Jean Louis David, importanti sculture di artisti ottocenteschi, quali Grandi, Butti, Alberti, Secchi, Pandiani.

Molto importante fu anche la collezione di tabacchiere in oro e argento risalenti al XVIII e al XIX secolo nonché i gioielli a firma Cartier e Tiffany. Le sue notevoli capacità finanziarie dovute alle sempre crescenti vendite delle sue opere lo portarono a partecipare alle più importanti vendite di oggetti antichi dell’epoca, una su tutte la vendita a Parigi dell’Atelier di Edgar Degas. La Fondazione Pompeo Mariani sta svolgendo un attento lavoro di archiviazione degli oggetti posseduti dal Maestro. Dopo la morte dell’artista, nel 1942, una parte delle sue opere venne donata dagli eredi al Comune di Monza ed è ora conservata presso i Musei Civici di Monza. Altri suoi dipinti sono presenti in alcuni musei italiani: Galleria d’arte Moderna di Milano, Genova, Roma, Piacenza, Novara, Venezia, Vigevano, Bologna, Pinacoteca Ambrosiana e Museo della Scienza e della Tecnica di Milano

Pompeo Mariani a Bordighera oggi – Philippe Pergola, già direttore dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, venne a sapere da Monica Pozzar della possibilità di acquisire, per l’Istituto, alcuni dipinti di Pompeo Mariani. Dopo un primo incontro di Pergola con la signora Scevak, alla fine del 1995, venne incaricato di occuparsi dell’eventuale lascito e fece una visita a Villa Mariani ed alla <Specola>, ormai quasi del tutto spoglia non solo dei quadri ma di quanto vi aveva raccolto l’artista: mobili, arredi, tende, tappeti, costumi, oggetti preziosi e curiosi e quant’altro aveva collezionato Pompeo Mariani durante i suoi viaggi in Italia e in Egitto.

La signora Scevak spiegò subito quali fossero le sue intenzioni: lasciare alcune opere a Bordighera, scelte con l’intelligente consulenza di Anna Ranzi che aveva in corso di stampa, con Marilisa Di Giovani dell’Università di Pavia, una monografia su Pompeo Mariani. Il pittore aveva soggiornato e poi trascorso una gran parte della sua vita a Bordighera ed alla città era legato da profondi sentimenti, e per questi motivi Stefania Scevak, desiderava lasciare una visiva memoria di Mariani alla cittadina rivierasca. Spiegò poi con grande generosità, che l’idea non fosse sua ma del notaio Pompeo Lomazzi che aveva sposato Mary Scevak, sorella di Stefania, figlia di Maria Lomazzi a sua volta figlia di Marcellina Cantoni, la <Nana>, a moglie di Pompeo Mariani.  Alla morte del pittore, tutte le sue proprietà, in particolare un gran numero di splendidi quadri, erano passati proprio a Pompeo Lomazzi e poi, essendo già deceduta Mary, a Stefania Scevak. I quadri scelti per la donazione abbracciano un arco notevole della vita di Pompeo Mariani ed erano quindi significativi dell’intera sua produzione.

Tra le opere si potevano individuare due precisi filoni tematici. Il primo, e forse il più importante, riguardava la famiglia del pittore: vi erano il ritratto della Madre, quelli della <Nana>, quelli del piccolo Pompeo Lomazzi: quasi tutti questi ritratti erano nella quiete del giardino della villa Mariani o tra le protettiva mura domestiche. La seconda sezione dei dipinti era invece dedicata a Bordighera, con la sua spiaggia battuta dalla burrasca o nella calma del tramonto, la chiesetta di Sant’Ampelio sugli scogli, il casinò della Città delle Palme del quale oggi resta solo memoria in dipinti e fotografie. La collezione era bella e significativa; non restava che sentire il parere di altri esperti. Anche Maria Flora Giubilei, conservatore della Galleria d’arte Moderna di Genova, aveva espresso il suo apprezzamento per i quadri, ed ancor più per gli splendidi bozzetti che nel frattempo si erano aggiunti alla donazione. Fu deciso che la collezione non solo dovesse essere accettata ma valorizzata, mettendola a disposizione del pubblico e degli studiosi. Si prese coscienza, però che al tempo era impossibile poter esporre degnamente le importanti opere per l’impossibilità di far fronte alle onerose opere di ristrutturazione. Stefania Scevak decise allora di realizzare all’interno del centro Nino Lamboglia, sede dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, a sue spese , una grande sala dove poter esporre i dipinti che avrebbe donato.

Iniziarono i lunghi e difficili lavori in quelle che erano state le sale di rappresentanza dell’antico hotel Scandinavia. Il risultato fu splendido grazie all’ingegno operativo di Gian Piero Arnaudo e Mauro Maccario: un unico grande salone si apriva, pieno di luce, dalla via romana al giardino del museo e della biblioteca, voluti da Clarence Bicknell. Anche grazie a Franco Boggero, ispettore della Soprintendenza ai beni artistici e storici della Liguria, si approvò subito l’idea di conservare un nucleo consistente di opere di Pompeo Mariani a Bordighera. Lieta del risultato ottenuto, la signora Scevak decise di aggiungere ai quadri destinati all’esposizione altre due opere ad olio su tavola: il <ritratto della Madre>, con la scritta di Pompeo Mariani: “A mia madre”, datato 1879 e l<Alabardiere del duomo di Monza>, datato 1888. Poi vennero donati quattro bozzetti ad acquarello del ritratto del cavalier Cambiaghi ed infine, per meglio ricordare ed illustrare il pittore, il lascito vene completato con una statuetta in bronzo, realizzata da Luigi Secchi, raffigurante Pompeo Mariani.

Si giunse finalmente all’inaugurazione del piccolo museo il 18 Maggio 1996. Dopo un’interessante conferenza di Anna Ranzi sulla vita del pittore, il vescovo di Ventimiglia mons. Giacomo Barabino, benedisse la sala espositiva alla presenza tra gli altri, di Stefania Scevak, del prefetto d’Imperia, Emilio D’Acunto e di Giovanna Rotondi Terminiello e di Liliana Pittarello, soprintendenti ai beni artistici, storici, ambientali ed architettonici della Liguria, di Mario Mercenaro, conservatore della raccolta e Cosimo Costa e Philippe Pergola, presidente e direttore dell’Istituto. Al momento dell’allestimento, ai quadri ed alla scultura in bronzo si erano aggiunti ben 64 bozzetti e alcuni oggetti appartenuti al pittore o alla <Nana>: occhiali, piccole fotografie contenute in un portafogli, alcuni pennelli e boccette per i colori,un cavalletto ed un bellissimo espositore per disegni, donato probabilmente a Mariani nel 1882 da un artigiano che si chiamava forse Angelo Pioltelli.

Ricostruire l’intero corpus dei disegni realizzati a partire dal 1878 fino al 1926 è cosa assai ardua. Mariani era solito annotare a schizzare sui propri album ciò che lo colpiva: i suoi disegni hanno quasi sempre la caratteristica di appunti tratti dalla realtà oppure di schizzi realizzati nello studio, riproponendo ciò che aveva attratto la sua attenzione. Pertanto parte della sua produzione grafica è a tutt’oggi di difficile reperibilità. Attualmente è possibile consultare un discreto numero di incisioni e monotipi conservati nella raccolta Bertarelli delle civiche raccolte d’arte di Milano. Per quanto riguarda i disegni essi sono collocati quasi tutti in collezioni private; solo quelli che provengono dalla donazione Lomazzi – Scevak sono patrimonio di una raccolta pubblica. Pompeo Mariani utilizzava per i suoi disegni dei piccoli album composti da trentadue pagine dal formato di centimetri 10,2×14,5 oppure centimetri 9,3×14,3 o centimetri 15,8×23,5 , ma venivano adoperati anche fogli sciolti di misure differenti. Solitamente usava matite di diverse gradazioni e durezza; in taluni casi comparivano profilature a penna, in altri si procedeva alla colorazione ad acquarello. I disegni che compongono la raccolta Lomazzi-Scevak sono in parte tratti da tali album, in parte sono fogli singoli.

Come sottolinea la studiosa e biografa Anna Ranzi sono realizzati in gran numero di getto dal vero, ad eccezione di due studi. Il loro stato di conservazione è piuttosto buono. Si tratta di opere inedite che affrontano i vari tempi trattati anche nella produzione pittorica dell’artista. Se molti di essi sono siglati con le iniziali del pittore purtroppo solo un esiguo numero risulta datato. E’ stato possibile comunque trovare un riferimento cronologico adeguato ed abbastanza preciso per quasi tutti, ponendoli in relazione con le opere pittoriche di analogo soggetto datate dall’autore stesso. Nel catalogo sono stati disposti in ordine cronologico e quando possibile sono stati raggruppati per soggetti. Per avere un idea del numero di disegni realizzati dall’artista i pensi che egli produceva mensilmente,soprattutto a partire dagli ultimi anni dell’800 e nei primi due decenni del ‘900 almeno un album al mese. Un numero cospicuo di questi, alcuni dei quali a pastello o acquarellati venne trovato nel 1968 in un armadio dello studio Mariani di Bordighera, mentre si stava preparando la mostra sul pittore, allestita presso la galleria Cocorocchia di Milano.

Così Enrico Piceni ricorda l’avvenimento: “La preparazione della mostra condusse a una provvidenziale scoperta. Mentre si stavano scegliendo le opere da esporre e i documenti per i cataloghi e la monografia, le ricerche ci indussero ad aprire ed esplorare a fondo un gigantesco armadio da sagrestia del’700, che troneggia sulla parete destra dello studio. Il desiderio e lo scrupolo del dott. Pompeo Lomazzi, nipote del Maestro, di lasciare ogni cosa nella Specola (lo studio del pittore)com’era e dov’era, quasi che il nonno avesse allora deposto i pennelli, avevano fatto sì che alcuni pacchi sperduti nelle viscere del mobile monumentale, fossero rimasti intatti là dove il pittore,uomo ordinatissimo, li aveva disposti. Apertili per quell’occasione che autorizzava ogni ragionevole curiosità, ne uscirono pile di album preziosi costituenti il <giornale> più autentico e valido che un pittore potesse lasciare: su ogni pagina un disegno sempre notevole, spesso finitissimo e datato, talvolta anche ravvivato da tocchi di pastello o d’acquarello.

Tutti i momenti , tutti i temi, tutte le <maniere> che sono poi le vere avventure di una vita di pittore, erano racchiusi in quei notes. Come Boldini, Mariani viveva con la matita in mano. Quante volte Mariani avrà schizzato i suoi boschi, le sue spiagge,le sue donnine? Sì, un diario vasto e prezioso da paragonarsi in sede letteraria alle <Note azzurre> di Carlo Dossi, se vogliamo restare nella Scapigliatura Lombarda, o al <Journal litteraire> di Paul Leautaud”. Una parte di tale materiale venne esposto alla Galleria Cocorocchia e venduto per corrispondenza tramite un annuncio sulla rivista <Grazia>. Così un cospicuo numero di disegni venne disperso ed entrò a far parte di varie collezioni private. La serie non venne interamente venduta ed una parte rimase agli eredi del pittore e fu donata per allestire una mostra permanente all’Istituto Internazionale di studi Liguri di Bordighera come già descritto in precedenza. Questa località tanto amata da Mariani, sede di lunghi soggiorni e sua dimora definitiva, conserva così un suo ricordo perenne. Particolarmente significativi ed interessanti per capire il modo di lavorare di un artista, i disegni consentono di cogliere l’essenza stessa della sua arte e di instaurare un rapporto più intimo con questa.

Come notava giustamente A.G. Bianchi nella prefazione della mostra :<Disegni di artisti italiani>, tenutasi nel 1919 alla Famiglia Artistica di Milano nella quale comparivano alcune opere su carta di Pompeo Mariani, <il disegno è infatti l’espressione più intima e spontanea di un artista sia che essa balbetti un idea o abbozzi una forma è un documento di sincerità. Il non essere prodotto a scopo commerciale gli dà l’impagabile purezza di ciò che è creato unicamente a servizio dell’arte. Spesso essa rivela la lunga elaborazione e spesso invece l’impulsività di una creazione. Vi sono disegni che superano per bellezza e concettosità, le opere d’arte cui hanno dato vita e vi sono fogli d’album che rivelano tutto un vagabondaggio dell’artista attraverso il mondo delle sensazioni fugaci. Ma in ogni caso, un disegno è sempre un elemento essenziale per farci conoscere l’artista nell’intimità della sua vera natura>.

Vogliamo inoltre sottolineare che nella mostra sopraccitata, accanto alle opere grafiche di Pompeo Mariani, comparivano anche quelle di V. Alciati, V. Bignami, G. Bertini, G.Belloni, M.Bianchi, E. Borsa, L. Bistolfi, R.Borsa, L. Bazzaro, A Bucci, T. Cremona, G. Campi, L.Conconi, S.De Albertis, S.e C. Fornara, E. Gignous, V. Grubicy de Dragon, E. Gola, F. Hayez, D. e G. Induno, A. Morbelli, G.Previati.

Gianfranco Barcella

 


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G.F. Barcella

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