Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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L’ultimo killer spietato delle piante
come combattere il tarlo asiatico


Virus e parassiti un tempo sconosciuti, provenienti dai continenti extra europei, hanno colpito in questi ultimi anni gli alberi della Liguria. Lungo la riviera ligure, dove è ancora emergenza per il «punteruolo rosso», parassita asiatico che da tempo ha messo radici in Italia, nella stessa zona, è spuntato anche l’allarme per la cosiddetta «farfalla killer» del Sud America, la Paysandisia archon E ora la ANOPLOPHORA CHINENSIS MALASIACA.

ANOPLOPHORA CHINENSIS MALASIACA

Il lepidottero minatore, dall’apertura alare tra i 9 e gli 11 centimetri, che distrugge le palme. Alto è l’allarme per il cinipede del castagno, un parassita cinese, che da Cuneo si è diffuso in numerose regioni e adesso i castagneti nazionali sono da tenere sotto stretto controllo. Proviene dall’Asia anche il tarlo asiatico 2, finito in Europa attraverso l’esportazione di piante malate. E’ uno spietato killer di alberi in grado di colpire tra gli altri quelli di agrumi, e poi il melo, il pero, il fico. La Lombardia è la zona più colpita. Ma non è tutto. Perché tra i parassiti giunti dall’altra parte del mondo ci sono anche i cosiddetti «moscerini dei piccoli frutti»: il nome scientifico è Drosophila suzukii.  Insetto di origine asiatica che non risparmia ciliegi, fichi, albicocche, uva. Nel 2009 è stato segnalato in Toscana e in Trentino. Non la passano liscia neanche i pomodori, infestati dalla tignola, insetto originario del Sud America: si nascondono tra le foglie, devastano anche i raccolti di melenzane e peperoni.

Nel n° 16 di “Trucioli”, abbiamo parlato di Anoplophora glabripennis, dicendo: “Dunque dopo il punteruolo rosso, il punteruolo nero ora il tarlo nero maculato bianco, tutti provenienti dall’est asiatico [Cina], come il cimice marrone, quello che ha soppiattato il verde. Se la prevenzione verso il tarlo è simile alla prevenzione verso il punteruolo rosso, avremo una regione “pelata”: aceri e carpini sono le essenze che per il 50 % popolano i boschi immediatamente dopo la fascia costiera ligure”.

Ora, proveniente dalla Lombardia prima e dai vivai della Toscana dopo, arriva “Gastone” il “gemello”. Esistono due specie di Tarlo asiatico: Anoplophora glabripennis e Anoplophora chinensis. Queste due specie sono molto simili tra loro, entrambe di colore nero lucido con macchie bianche o giallo-arancio. Sono lunghi 25-35 mm e hanno delle lunghe antenne.

L’Anoplophora chinensis malasiaca Thomson, 1865, è un  coleottero appartenente alla famiglia dei cerambicidi, sottofamiglia Lamiinae e tribù dei Lamiini, originario dell’Estremo Oriente. Venne avvistato in Italia per la prima volta nel 2000, all’interno del territorio comunale di Parabiago e fu poi rinvenuto in una ventina di altri comuni : CanegrateCardano al CampoCasorezzoCerro MaggioreGallarateInverunoLainateLegnanoMeseroNervianoParabiagoPogliano MilaneseSan Vittore OlonaSan Giorgio su LegnanoSaronno e Villa Cortese, più di altri comuni lombardi.

La caratteristica che li distingue maggiormente è il tipo di danno che arrecano alle colture arboree. L’A. chinensis attacca soprattutto la parte bassa della pianta, cioè il colletto e le radici esposte, mentre l’A. glabripennis attacca maggiormente la parte alta, composta da tronco e rami principali. Sono specie molto adattabili e nel nostro Paese hanno trovato un habitat quasi ideale. A seconda delle temperature e dell’andamento climatico, la comparsa degli adulti avviene da aprile a dicembre, con picchi nei mesi di maggio, giugno e luglio.

Le larve trascorrono l’inverno all’interno delle gallerie e, nella primavera successiva dopo una fase intermedia detta “pupa” o “crisalide”, si trasformano in adulti. Gli adulti fuoriescono dal tronco tramite dei fori perfettamente circolari aventi un diametro di circa 1-2 cm e si dirigono verso la chioma della pianta per alimentarsi a spese della corteccia dei rametti più giovani e delle foglie. Questo coleottero xilofago [] è risultato essere un gravissimo problema; la sua pericolosità è dovuta al fatto che può nutrirsi di numerose specie di piante arboree ed arbustive, portandole a morte. Le piante più attaccate appartengono a numerose famiglie vegetali, in particolare sono soggetti a rischio di attacco le piante ornamentali in vivaio e le piante di latifoglie, che contraddistinguono la flora tipica del nord Italia ed in particolare delle zone boschive protette, dato che allo stato larvale, la maggior fonte di sostentamento è proprio il legno di tali piante. Sono oltre 50 le piante arboree colpite, tra le quali: Acer spp. (acero), Aesculus hippocastanum (ippocastano), Alnus spp. (ontano), Betula spp.(betulla), Carpinus spp. (carpino), Corylus spp. (nocciolo), Cotoneaster spp. (cotonastro), Crataegus spp. (biancospino), Fagus spp. (faggio), Ficus carica (fico), Lagestroemia spp. (Lillà delle Indie) , Malus spp. (melo), Platanus spp. (platano), Populus spp. (pioppo), Prunus spp. (pruno), Pyrus spp. (pero), Rhododendron spp. (rododendro), Rosa spp. (rosa), Salix spp. (salice), Quercus spp. (quercia), Ulmus spp. (olmo), Citrus spp. (agrumi). L’insetto non si presenta invece, contrariamente ad altre specie di Anoplophora, sulle conifere.

Colonizza piante sane di tutte le dimensioni ed età, anche quelle che hanno un diametro del tronco di 2-3 cm. E’ una minaccia enorme, non solo per gli agricoltori di alberi da frutto, ma anche per il patrimonio verde urbano, per i boschi di latifoglie e per i vivai di piante ornamentali. Tra i parchi e le aree protette, risultano essere gravemente minacciate il Parco Altomilanese, il Parco del Roccolo ed il Parco dei Mulini, per la quantità di comuni adiacenti colpiti, mentre sono a rischio d’infestazione il Parco della Pineta di Appiano Gentile e Tradate, il Parco naturale lombardo della Valle del Ticino, il Parco Agricolo Sud Milano e tutta la provincia di Pistoia. Nel luglio del 2008, il Servizio Fitosanitario Regionale del Lazio ha accertato la presenza dell’insetto xilofago anche su alcune alberature presenti nel Parco Comunale di Via Porta S. Sebastiano a Roma.

L’Unione Europea, vista la gravità dei possibili danni arrecati, ha dichiarato il Tarlo asiatico “organismo da quarantena” e quindi, come tale, l’ha inserito nell’Allegato I Parte A del Decreto Legislativo n. 214 del 19 agosto 2005 e ne ha resa obbligatoria la lotta su tutto il territorio nazionale (Fonte: Servizio Fitosanitario Regionale della Regione Toscana). Direttiva 2009/7/CE della Commissione, del 10 febbraio 2009, che modifica gli allegati I, II, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente: “misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità”, inserendo la Paysandisia archon nell’allegato II, parte A, sezione II, lettera a) punto 10; Decreto del MIPAAF del 07/09/2009 di recepimento della Direttiva 2009/7/CE della Commissione del 10 febbraio 2009, che modifica gli allegati I, II, IV e V del Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 214, inserendo dell’allegato II, parte A, sezione II: “organismi nocivi di cui deve essere vietata l’introduzione e la diffusione in tutti gli stati membri se presenti su determinati vegetali o prodotti vegetali”, alla lettera a) punto 10, la Paysandisia archon.

Il ciclo biologico dell’insetto è caratterizzato da: Adulto, lungo da 21 a 37 mm (esemplare femminile più grande del maschile) presenta una livrea nera brillante con 10 – 20 macchie chiare sulle elitre e lunghe antenne bluastre striate, che nel maschio possono raggiungere una lunghezza doppia rispetto a quella del corpo; Le larve sono apode, di colore da bianco-crema crema con disegni marroni sul cranio, hanno una lunghezza fino a 60 mm ed uno spessore fino a 10 mm; L’uovo, lungo 5 – 6 mm, con colorazione crema, che prima della schiusa diviene giallo-marrone, somiglia ad un chicco di riso.

L’intero ciclo di sviluppo si compie generalmente in due anni. Gli adulti volano da fine maggio a fine agosto. Una femmina può deporre fino a 200 uova singole alla base del tronco o sulle radici affioranti, che in precedenza ha inciso con una caratteristica “T” rovesciata. Una-due settimane dopo l’ovodeposizione avviene la fuoriuscita delle larve che, inizialmente, penetrano la corteccia, per svilupparsi poi in gallerie di alimentazione scavate verso il basso nell’alburno e nel duramen. Oltre il 90% delle popolazioni larvali si trovano nell’interno dell’apparato radicale delle piante. In caso di forte infestazione si possono osservare i tipici fori di uscita degli adulti anche in posizioni superiori delle piante.

Le piante attaccate mostrano deperimenti, ingiallimenti precoci, seccumi della chioma e rallentamento della crescita. Talvolta l’infestazione può passare inosservata e gli alberi attaccati possono sopravvivere anche per diversi anni senza che ce ne accorgiamo. ll danno maggiore è provocato dall’attività trofica delle larve. Le gallerie scavate penetrano profondamente nel legno e causano la rottura dei tessuti vascolari della pianta, quindi avviene un suo indebolimento, sia dal punto di vista sanitario che strutturale. con le cavità prodotte alla base del tronco riducono la stabilità delle piante ed interrompono il trasporto della linfa e dei nutrienti. Di conseguenza causano la morte dapprima della chioma ed in seguito dell’intera pianta. I fori prodotti dall’insetto rappresentano inoltre vie di penetrazione per funghi xilofagi.

Inoltre l’attività trofica degli adulti sulle foglie, sui peduncoli e sulla corteccia dei rami porta ad un loro avvizzimento. Spesso i primi sintomi dell’attacco si riconoscono dai trucioli presenti alla base del tronco e nella zona dell’apparato radicale (causati dall’attività trofica delle larve) e dai fori di fuoriuscita degli adulti, attraverso i quali essi raggiungono l’esterno della pianta.

Le modalità con cui si compie il ciclo vitale dell’insetto ne rendono difficoltoso il ritrovamento, dal momento che il suo ciclo vitale si svolge per la maggior parte nella zona radicale. Inoltre le larve conducono la propria vita, per uno-due anni, nascoste all’interno della pianta. Di conseguenza l’attacco si riconosce per lo più dai fori circolari di 1-1,5 cm, la cui presenza si riscontra nella zona radicale. Le possibili piante ospiti dovrebbero dunque essere regolarmente tenute sotto controllo per la presenza di trucioli, fori di fuoriuscita ed adulti.

Poiché una difesa diretta dall’insetto non risulta praticabile a causa del suo ciclo biologico, le piante colpite devono essere assolutamente estirpate ed eliminate. Un attacco può essere limitato con successo soltanto se lo stesso viene riconosciuto per tempo. Se questo succede, le piante possono perdere l’equilibrio e cadere improvvisamente: un grave pericolo per le persone, se ciò avvenisse in città.

Alesben B.



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