“Da quando è mancato il prof. Arecco mi chiedo cosa possiamo fare per ricordarlo, da questo incontro mi rendo conto che dobbiamo fare qualcosa che debba essere graduato in ambito culturale e nel tempo: far rivivere il ricordo nelle sue opere principali, ristampare il volume dei toponimi, ultimare e limare il libro sui soprannomi loanesi di cui ho letto le prime stesure e credo sia possibile recuperare il testo, ma soprattutto bisogna dare vita ad una Fondazione dedicata al nostro Antonio Arecco, per seguire le sue orme attraverso tesi di laurea, borse di studio. Un modo efficace e concreto, realizzabile, per non disperdere l’enorme patrimonio che ci ha lasciato”. Non capita spesso, anzi è una vera e propria eccezione ascoltare il notaio Matteo Lavagna che partecipando all’incontro ‘Libri sotto l’Albero’ e ‘Barchezandu in te Loa’, fa un accorato e caloroso appello ai loanesi. A tutti, senza distinzione, affinché la comunità faccia tesoro dell’eredità culturale, umana, sociale, lasciata da un personaggio al quale è già stata dedicata la biblioteca civica.
Non c’era folla, la sala non era gremita, sabato 22 dicembre, nei locali del Kursaal. Non sono tuttavia i numeri che contano, è la qualità del messaggio, degli argomenti, delle testimonianze, della lezione e dell’informazione che si ascolta. Non è il numero dei partecipanti che potrà scalfire la vita di un uomo che alla comunità loanese e a quella della diocesi di Albenga – Imperia ha profuso impegno, anni di ricerche storiche, di studi senza alcun tornaconto personale, se non quello di arricchire la storia locale, la conoscenza di Loano, delle usanze, tradizioni, del suo dialetto, dei personaggi che meritano di essere ricordati.
Il dialetto tanto caro al prof. Antonio Arecco, origini in quel di Celle Ligure, frazione Sanda (non in quel di Ceriale come si continua a sbagliare nei comunicati stampa del
Comune), preparatissimo insegnante di lettere, dunque di italiano. Ebbene il notaio Lavagna propone che sul tema ‘dialetto’ sia quantomeno utile organizzare incontri semestrali. Ha ricordato che “il dialetto non si insegna a scuola…non avrà mai successo e mi fanno ridere le iniziative della Regione Liguria…il dialetto si impara per strada, in famiglia, nei giochi….non viviamo più l’ambiente ristretto di un tempo, tuttalpiù possiamo cercare di rallentarne l’estinzione….”.
Il notaio Lavagna dall’alto della sua veneranda età, dal pulpito della sua esperienza, propone di raccogliere in un’antologia da lasciare alle future generazioni tutto ciò che il prof. Arecco ha prodotto in tema di storia e di cultura. Ci sono tracce inedite ed interessanti. Ad esempio il suo studio sui Monte di Pietà ed il loro funzionamento ben diverso da quello che comunemente abbiamo appreso. E riguarda il ruolo che avevano i benefattori.
Lavagna che ha ripercorso i ricordi di una vita. “L’ho conosciuto per decenni, apprezzavo il suo carattere schivo, con un’aperta ritrosia ad ogni forma di esaltazione. Non era un esibizionista contrariamente a tanti politici dei nostri giorni, una persona ricca di modestia ed un ineguagliabile bagaglio storico che ci ha tramandato con le sue opere. Apparteneva ad una famiglia numerosa, ha vissuto infanzia e gioventù nelle case di regione Fornace dove gli Arecco sono arrivati nei primi anni del dopoguerra. Ha studiato in Seminario. Uno zio paterno era padre agostiniano, a lungo priore del convento di Sant’Agostino. Un sacerdote dotato di intelligenza eccezionale e che ha lasciato, a sua volta, un ricordo impressionante. Antonio – ha proseguito il notaio Lavagna – si è integrato bene nella nostra comunità, ha frequentato il ginnasio, il liceo, poi l’Università e lavorava per pagarsi gli studi, ricordo che dopo la laurea ha fatto das insegnante varie supplenze alle scuole medie di Savona. Con lui tornavamo sullo stesso treno, credo per due anni, io facevo pratica in uno studio notarile di Savona. Ricordo che in lui spiccava l’interesse per le tradizioni popolari, il dialetto, ed una delle sue grandi doti che però non emergeva ancora, era la dedizione totale alla ricerca, dai proverbi a quanto riusciva a ricostruire di storico con assoluta precisione. Un topo d’archivio potremmo definirlo. Arecco che con Antonio Scarmagnani, oggi assente per motivi di salute, ha scritto il volume sulla Storia di Loano. Arecco che ha trascorso buona parte della sua vita negli archivi storici, da Savona, a Roma, a Genova. Mentre io prendevo possesso della prima sede notarile in Basilicata, lui faceva volontariato ed aiutava persone anziane anche nelle pratiche dell’Inps, svolgeva il ruolo che è praticato dal Patronato. I suoi allievi lo ricordano insegnante paziente, schivo, mai arrogante. Da cattolico praticante Arecco ha aderito alla Democrazia Cristiana ai suoi albori, e non sempre le nostre idee collimavano, ma le ho sempre rispettate e lui rispettava le mie che spesso dissentivano. E’ stato candidato alle comunali nel 1954, eletto consigliere e poi assessore alla Pubblica istruzione nella giunta del sindaco Pietro Ciarlo, è grazie a lui se Loano ha avuto il primo porto turistico”.
Ebbene a volte la riconoscenza non è di casa, si suole dire. Al sindaco Ciarlo non hanno neppure intitolato il molo che invece porta il nome della città gemellata: Francheville. Il giorno del funerale era assente il gonfalone del Comune, qualcuno ha dimenticato il suo passato di pubblico amministratore, stesso dimenticanza per i manifesti funebri. Ciarlo, ha osservato il notaio Lavagna, era sicuramente un sindaco che qualche critica la meritava, era piuttosto autoritario, accentratore, insofferente alle critiche, avrà pure lasciato costruire corso Europa ma non per tornaconto personale o amici degli amici. E quando doveva recarsi a Roma per conto del Comune si pagava il viaggio e si faceva ospitare dalla figlia.
Antonio Arecco, da assessore, chiese di intervenire durante una riunione del consiglio comunale sollevando alcune problematiche che non erano oggetto dell’ordine del giorno. Fu maltrattato dal sindaco che prese in malo modo le osservazioni di un assessore diligente, scrupoloso ed attento. Fu l’ultima volta in cui Arecco scelse di parlare in consiglio comunale. Lasciò tra gli impiegati del Comune, tra i dirigenti un ottimo ricordo ed il suo lavoro di assessore è stato apprezzato moltissimo”.
A Loano ha insegnato per 4 decenni nelle scuole medie già quando avevano la sede nel convento di Sant’Agostino. E’ stato corrispondente del Secolo XIX fino al 1970, per un decennio, ha collaborato a Savona Economica della Camera di Commercio, con il Vocabolario delle Parlate liguri e diversi periodici. In particolare aveva l’appuntamento mensile (terza pagina) con la Gazzetta di Loano edita dall’Associazione Vecchia Loano e che riceve un contributo annuo dal Comune. Ha scritto di Loano ma anche di Borghetto S. Spirito e Boissano. Ha scritto nel 1986 i Proverbi di Liguria, con Scarmagnani ‘Loano Città dei Doria’. Forse la sua opera maggiore e che ha richiesto un lungo e non facile impegno, tra il 2003 e 2007, i primi due volumi della storia della diocesi di Albenga – Imperia e dei suoi vescovi (mentre è in stampa il terzo ed ultimo volume). L’ultima sua opera di scrittore di grandi talenti ed eccezionale precisione è ‘Convenzione tra Raffo Doria e i loanesi 19 luglio 1309 e Statuto di Loano 1461’ curato in occasione del settimo centenario della fondazione di Loano sul mare, con testo latino e traduzione italiana.
ARECCO NEL RICORDO DELL’AVVOCATO STEFANO CARRARA SUTOUR – “Una persona di estrema correttezza, era professore di italiano ed ho pensato di rendergli onere con una brano della Divina Commedia”. E non solo ha letto, ha ‘incantato’, entusiasmato, i presenti recitando a memoria versi della Divina Commedia di Dante Alighieri.
ARECCO NEL RICORDO DI PIERO CERRUTI, PRESIDENTE DEL MUSEO NAVALE – Il Museo l’ha voluto in modo particolare proprio Arecco L’associazione è nata per dare vita e creare il museo, si era partiti con un folto gruppo,
molti ci hanno lasciato e ne sentiamo la mancanza. Di Arecco conserviamo una collezioni di ricordi e scritti. Ha continuato negli anni a frequentare il museo come socio fondatore ed era felice quando poteva tenere lezione alle scolaresche, ben due o tre in settimana. Felice quando, con il bel tempo, poteva ‘narrare’ all’aperto, seduti a circolo, affacciati sul mare, nei giardini pubblici.
ARECCO NEL RICORDO DI TOMMASINO DELBALZO – Ho avuto un lungo rapporto di stima e collaborazione con il prof. Arecco. Soprattutto per il Cine Club. Per me era un punto di riferimento. E’ tra le prime persone che ho consultato quando si proiettavano film classici Ci siamo rivisti altre volte. Da ultimo gli avevo chiesto nuove informazioni e mi disse di andarlo a trovare che avrebbe cercato nel suo archivio informatico e sono pentito di aver sempre rinviato la visita.
IL RICORDO DI PIA ALBA – Sono cittadina di Loano dall’età di nove mesi, nata in Lombardia. Ho conosciuto Arecco solo dopo aver iniziato a scrivere per la Gazzetta di Loano.
IL RICORDO DI GIOBATTA DE FRANCESCO – Ci siamo frequentati dal 1955, insieme nell’Azione Cattolica, io andavo a lezione quando abitava nelle Case popolari dei Gazzi alti, via Enrico Toti. Non era l’uomo da far rettorica, una persona che definire eccezionale non rende l’idea di doti e virtù. Suo fratello Domenico è stato dipendente nella nostra impresa edile. Il prof. Arecco fondatore del Centro turistico giovanile, dell’Associazione Monte Carmo. La sua modestia era ineguagliabile. In una circostanza appariva il suo nome il calce ad un manifesto, quale presidente; ebbene di suo pugno scelse di cancellare, non voleva mai apparire. Con papà Cencin ha fatto parte della Fondazione don Leone Grossi e della Commissione per la toponomastica cittadina. Arecco era presidente, il papà consigliere. L’ho citato nel libro che ho scritto in cui si parla anche dell’origine del nome dato al Monte Carmo, la battaglia tra Albenga e l’esercito romano che era sceso da Bardineto e si era appostato sulle alture di Loano, dato che le aree di Borghetto S. Spirito e Ceriale erano di fatto ricoperte da paludi.
IL RICORDO DI BRUNA MERLO – Sono un’artigiana della penna e della poesia, ma non sono poetessa, mi diletto a scrivere qualcosa in dialetto. Soprattutto ricordi antichi, della mia infanzia, da sempre cittadina di Verzi, anche se non sto né da una parte, ne dall’altra, sono neutrale.
L’INTERVENTO DI RICCARDO FERRARI – E’ stato Ferrari, presidente della Fondazione Stella Grossi, ad organizzare l’evento anche quale amico personale della famiglia Arecco e tra i primi a proporre l’intitolazione della Biblioteca civica. “Insieme ad Arecco ed al compianto Francesco Gallo – ha ricordato – avevamo promosso una serie di incontri pubblici per la divulgazione del dialetto loanese e delle tradizioni cittadine. A distanza di anni mi è sembrato opportuno dedicare un pomeriggio alla vita e all’esperienza culturale del professore, autentica memoria storica della città e del comprensorio.” E ancora Ferrari: “Passeggiando con il compianto prof. Antonio Arecco lungo i viali del cimitero monumentale di Loano per riscoprire le tombe di illustri loanesi, le epitaffi e gli artistici monumenti, mi fermavo per colloquiare sulla storia, gli avvenimenti, le vicende vissute in paesi lontani dai capitani e naviganti loanesi nei mari del mondo. Il professore, profondo conoscitore della storia loanese e dei paesi limitrofi, mi aveva esternato quella che divenne più recentemente una idea, o forse un’opera da realizzare: stilare un elenco delle tombe di insigni famiglie e/o personaggi loanesi che, non erano mai state restaurate, le scritte ormai illeggibili, le tombe stesse corrose dalla salsedine. Iniziai, dopo la morte del professore, un percorso che è “in itinere” per redigere un elenco delle tombe che avrei potuto, con l’aiuto di qualche volontario, iniziare a restaurare per rendere leggibili gli epitaffi e le frasi fatte incidere sulle lapidi. Ho preso contatti con l’Amministrazione comunale ed ho iniziato a riportare in luce una piccola parte della scritta posta sul monumento marmoreo di un illustre loanese, benefattore e grande studioso: Simone Stella. Inizieremo il rifacimento del muretto, ormai distrutto, che circonda l’aiuola della tomba e successivamente inizierò a stilare l’elenco che avevamo programmato con il prof. Arecco. Ritengo possa essere un ricordo alla sua memoria e contemporaneamente un messaggio affinchè le tombe dei nostri illustri avi possano tornare allo splendore che meritano.”
La famiglia di Riccardo risale al 1333, come De Ferraius, gli avi parlavano latino, poi italiano maccheronico, il dialetto. “Ho letto – ha ricordato Ferrari – che spariscono dalla terra settemila dialetti all’anno. E vorrei che il dialetto loanese non fosse sepolto, con immutato impegno e passione per questa causa posso dire che con il mio nipotino preferisco parlare dialetto piuttosto che italiano, a questo ci pensano già i genitori.” E ancora Ferrari ha citato l’iniziativa delle targhe ‘dialettali’ in angoli storici della città. “Siamo in tre che ci facciamo carico anche delle spese”.
Ferrari ha fatto presente che l’assenza della vedova Ada Arecco era causata da motivi di salute. Sono stati citati, con riconoscenza, il dr. Arturo Germano e Francesco Gallo. La presentazione è stata fatta da Graziella Frasca Gallo, con intervalli musicali di Sinito, Merlo e Sciutto, chitarra, canto e fisarmonica. L’appuntamento nell’ambito dell’iniziativa ‘Barchezzandu in te Loano’ con il saluto dell’assessore Remo Zaccaria che ha fatto le veci anche del sindaco impegnato in una manifestazione al palazzetto dello Sport.