Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Liguria spiagge perse e la pesca di Stefano
Legambiente: canoni demaniali bassi e guadagni alti. I risarcimenti? Ai pescatori


Riprendiamo ed ampliamo quanto scritto in “Trucioli” 11 novembre 2018. Quarantatrè per cento: è il tasso di erosione delle coste della Liguria secondo recenti calcoli dell’Università di Genova. Una percentuale che non sembra preoccupare, inferiore a quella di altre regioni, ma a rendere invece la situazione delicata è il fatto che in Liguria l’80% della popolazione vive sulla costa.

La spiaggia di Bergeggi prima della costruzione dei pennelli
La spiaggia di Bergeggi dopo la costruzione dei pennelli

Negli ultimi cinquant’anni si sono perse decine di spiagge in Liguria, e solo la memoria storica dei paesi (e gli archivi fotografici) ridisegnano un andamento della costa molto differente dall’attuale. Come accaduto alla spiaggia “sotto la ginestra“, scomparsa a Bogliasco, o a quella tra Ceriale e Albenga. La Regione Liguria ha accelerato il piano di salvataggio delle coste, raddoppiando la posta di bilancio, destinata ai Comuni e finalizzata proprio al ripascimento e alla messa in sicurezza di coste e arenili. Purtroppo le intenzioni della Regione, dopo quanto successo, sono rimaste solo come piano d’intento.

L’assessore regionale all’Ambiente e al Demanio e Tutela del Paesaggio, Marco Scajola, afferma «Stiamo preparando un progetto, per attingere a fondi Ue, per ripristinare la spiaggia tra Ceriale e Albenga, scomparsa. Questo tipo di interventi è costosissimo perché tutto deve essere progettato nei minimi particolari. Spesso, intervenendo su un arenile si rischia di distruggere, intercettando correnti, quelli accanto». «Tanto che i funzionari dell’assessorato stanno valutando i curriculum di alcune aziende olandesi specializzate in nuove tecniche di ripascimento»

Altra spiaggia perduta e che potrebbe essere ricreata proprio grazie a un intervento di manutenzione è a Bogliasco, nel levante genovese. “Sotto la ginestra” era una spiaggia popolare tra l’attuale “sotto chiesa” e il castello di Bogliasco. Uno spiaggione di sassi dove, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, generazioni di secchielli e palette si sono avvicendati. Tre furiose mareggiate negli anni Ottanta l’hanno completamente cancellata. Ed ora, in pericolo, c’è pure la passeggiata a mare, che corre proprio lì sopra. «Abbiamo costruito un pennello di massi in corrispondenza dell’antica spiaggia – spiega Luca Pastorino, presidente del consiglio comunale di Bogliasco (ex sindaco e parlamentare di Possibile) – per salvare la passeggiata. I geologi ci avevano spiegato che in cinque anni sarebbe crollata. Ma questa barriera di massi potrebbe rompere le correnti erosive e pure favorire un accumulo di detriti, che potrebbero anche portare alla formazione di una nuova spiaggia». La Liguria è una terra delicatissima, esposta a mareggiate in ogni momento dell’anno, dove l’erosione toglie centimetri di costa antropizzata ogni anno.

Come si presentava la spiaggia di levante a Bergeggi

Tra i borghi liguri più belli, cancellati dalla furia dei marosi c’è Boca d’azë o Bocadâze. La spiaggia non esiste più, al suo posto rocce sbattute da una violenza indicibile. Boccadasse, il borgo tanto amato dai genovesi e non solo, ha vissuto una notte davvero difficile a causa della mareggiata storica che si è abbattuta sulla costa ligure, nella notte non sono stati solo gli arredi urbani, la spiaggia e le barche a vedersela brutta. Praticamente distrutto il moletto di Ponente, le barche sono state sbattute ovunque. Allagate le attività al piano terra. Sulla spiaggia era tipico vedere alcune barche di pescatori che proprio da qui partono per le varie battute di pesca giornaliere. Tra tutte poi, la barca denominata GE8317, pare sia una delle più fotografate: oltre a portare il nome di una attività che propone ittiturismo tuttora presente a Genova, si dice sia presente proprio sulla spiaggia di Boccadasse da più di sessant’anni

I RISARCIMENTI – I balneari piangono e chiedono lo stato di calamità naturale ed il risarcimento del danno subito. Ciò, però, è aleatorio. Il risarcimento spetterebbe più alle cooperative dei pescatori, quelli dotati di gozzi e non di motopeschereggi d’altura.

Stefano, un pescatore ligure verace, con gozzo proprio, illustra il mestiere: “Ami, esche, lenze, canne, fiocine, reti, nasse. Bolentino, gozzo, lampara e sagola. Ci siamo cresciuti in mezzo a questi termini, ce li insegnavano a scuola durante le immancabili uscite didattiche; eppure che cosa sappiamo, noi liguri, del pesce, che a volte ci dimentichiamo persino di comprarlo, e finiamo per cercarlo solo al ristorante?  Molta parte del nostro essere liguri, entroterra e monti compresi, attinge essenza ed unicità proprio dalle acque che abbiamo di fronte, e noi, che non siamo molto disponibili a farci carico “anche” dei problemi del mare, alla fine non sappiamo bene cosa c’è dietro quelle onde e come succede che i suoi frutti, cioè il pesce, arrivino sulla nostra tavola.«Nella nostra regione –  prosegue Stefano – il mercato del pesce più esclusivo spesso non passa neanche dalle pescherie, ma si conclude fra il pescatore ed il diretto acquirente, che sia un privato o un ristoratore. Io, ad esempio, ho una lista di persone che aspettano solo di essere chiamate: quindi se oggi pesco totani chiamo il cliente che mi ha detto che li vorrebbe, o quello che comunque li prende sempre; se pesco, che so, la ricciola, chiamo chi ho in lista per quello e così via. Non vado neanche a vedere i prezzi che fa il mercato per quei pesci, io voglio vendere il pescato e so che, avendo una bella lista di clienti, difficilmente mi rimarrà invenduto. Ecco, il milanese, il torinese, una cosa così non possono averla, devono passare comunque attraverso gli intermediari e non trattando direttamente con chi pesca è ovvio che molto spesso devono prendersi pesce di vivaio o proveniente dall’estero, spesso da Croazia e Grecia»

A NOLI BALNEARI E PESCATORI IN GINOCCHIO – Danni ingenti a Noli. «Il maltempo ha spazzato via totalmente le due economie locali di Noli: i pescatori e i balneari, che hanno subito danni ingenti. La situazione è molto critica, è tutto da ricostruire” , scrivono i giornali locali.

La  “Cooperativa Luigi Defferrari “, fra i pescatori”, risale al 1941 e segue le precedenti sin dal 1909 e costituisce un raro esempio di reciproco aiuto concreto tra i soci, allo svolgimento di un’attività artigianale tanto complessa quanto difficile, alla quale garantisce un indispensabile livello di sicurezza e di praticabilità. La piccola flotta di pescatori è sempre stata un’ icona della vita sociale del borgo tanto che in occasione della festa di S. Eugenio, si realizzava una processione marina fino all’isolotto di Bergeggi, mentre il borgo era addobbato con una infiorata diffusa e una luminaria di candele ad ogni finestra. Oggi purtroppo, mentre i passati fasti sono ancora nitidi nella memoria di molti, i pescatori associati diminuiscono causa il limitato ricambio generazionale, sebbene le barche escano in mare con equipaggi multipli, con alcuni giovani e anche quella che era stata, fino ad un anno fa, una coraggiosa, ma unica presenza femminile.

IL PESCATO DI NOLI A CHILOMETRO ZERO – La situazione attuale è molto cambiata e se da un lato conserva le difficoltà e i rischi tipici dell’attività, sebbene un po’ mitigati dai moderni strumenti tecnologici di bordo, tuttavia i benefici economici e le condizioni generali dei pescatori artigianali sono insoddisfacenti. Poi pesano molto da un lato le limitazioni normative e dall’altro quelle ambientali marine, accanto ai notevoli costi di esercizio. Inoltre, risaputa e persistente è la diminuzione del pescato del Mediterraneo, afflitto da criticità ecologiche connesse ad una pressione antropica inquinante notevolissima che incide sull’equilibrio dell’ecosistema marino. Da qui le conseguenti limitazioni Europee, dei periodi di pesca e delle tipologie, alcune certamente discutibili, altre non rispettate da tutti i Paesi. Sta di fatto che non si vedono più le “lampare”notturne ed è vietata la “sciabica”. Quest’ultima, una pesca storica con reti tirate da terra e l’assistenza in mare delle barche, è stata equiparata erroneamente a quella a strascico effettuata dai grandi pescherecci, questi si capaci di produrre danni ai fondali marini, mentre non pare possibile che ciò sia fattibile dalle ridotte reti dei pescatori Nolesi. Infine sono cresciuti in modo esponenziale i costi per l’acquisto dei gozzi, per la loro manutenzione e per quella dei motori, per l’ecoscandaglio e le attrezzature per la navigazione sicura, i costi del carburante, le assicurazioni. E’ poi venuto a mancare l’aiuto per la riparazione delle reti che tradizionalmente era svolto dalle “pescelle” le donne che preparavano anche il pesce per la conservazione. Dunque si sta profilando una prospettiva inquietante di un futuro di Noli senza i pescatori. Eppure essi svolgono una funzione importante rifornendo di pesce a km zero almeno in parte i ristoranti e i cittadini oltre a giocare ancora un ruolo irripetibile per la promozione turistica più qualificata.

Costituiscono una componente del patrimonio culturale del borgo, che per le valenze positive indotte sulla collettività, è doveroso rivitalizzare e riqualificare mediante un quadro di iniziative di sostegno capaci di mitigare le difficoltà e incentivare la fondamentale funzione della Cooperativa Luigi Defferrari al fine di invertire un percorso generale regressivo, persistente da troppo tempo su Noli.

La spiaggia centrale di Noli in una foto di qualche anno fa

I BALNEARI E LA DIFESA DELLA COSTA  – Tornando ai balneari, non è che concedere l’arenile ai privati si preservino e/o si favoriscono le difese della costa anzi l’utilizzo della spiaggia, oggi come oggi, peggiora le condizioni naturali di difesa.  I litorali italiani sono di proprietà dello Statoe come tali sono sotto la tutela del Demanio marittimo; non solo i costoni più o meno alti ma anche gli arenili. Il mare territoriale, così come il suo fondo e sottofondo, é soggetto alla sovranità dello Stato che, sebbene sottoposta ad alcune limitazioni, è analoga a quella esercitata nello spazio aereo, sul territorio e sulle acque interne. In particolare, sul mare territoriale lo Stato esercita la polizia della navigazione latu sensu, la vigilanza doganale, il diritto d’esclusione delle navi da guerra straniere dalla navigazione nazionale e la giurisdizione civile e penale. Nel mare territoriale è inoltre consentito il transito inoffensivo alle navi mercantili straniere, tuttavia, in casi particolari, le acque interne possono anche essere dichiarate chiuse al traffico, mentre per le navi da guerra straniere il transito inoffensivo presuppone una richiesta d’autorizzazione alle autorità centrali. Con L. n. 359/1974 l’estensione del limite delle acque territoriali italiane è stato ampliato a 12 miglia.

I beni facenti parte del demanio marittimo sono elencati nell’art. 28 c.n. (generalmente considerato come una specificazione integrativa dell’art. 822 del Codice Civile) che cita testualmente: “Fanno parte del demanio marittimo: a) il lido, la spiaggia, i porti, le rade; b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno una parte dell’anno comunicano col mare; c) i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo”. Il lido del mare che, per definizione, è quella porzione di litorale che si trova ad immediato contatto con il mare e che si estende fin dove arrivano le massime mareggiate invernali, con esclusione dei momenti di tempesta. Nella nozione di lido rientrano anche le scogliere, gli scogli, i massi scogliosi, le dighe naturali, i promontori e le punte, in quanto si presentano in aderenza con il mare. Per giurisprudenza ormai consolidata (Cass. n. 2417, Sez. II 23 aprile 1981), ai fini dell’appartenenza di un’area rivierasca al demanio marittimo, si ritengono essenziali i seguenti requisiti: a) che l’area sia normalmente coperta dalle mareggiate ordinarie; b) che almeno in passato sia stata sommersa e che tuttora sia utilizzabile per uso marittimo; c) che, comunque, il bene sia necessariamente adibito ad usi attinenti alla navigazione, anche solo potenzialmente.

Gli arenili sono tratti di terraferma “relitti” del naturale ritirarsi delle acque che pur avendo perso un’immediata idoneità ai pubblici usi del mare ne conservano la potenzialità. Essi hanno natura demaniale marittima fino a quando non intervenga un decreto di sdemanializzazione da parte del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con quello per le Finanze, su proposta del Capo del Compartimento marittimo, come previsto dall’art. 35 c.n..

I beni appartenenti allo Stato, per legge, dunque, sono gestiti dal demanio marittimo, che spesso è oggetto di concessioni nei confronti di determinate imprese specializzate nel settore. Dette imprese, possono gestire – su una determinata spiaggia e su un determinato lido – attività turistiche, attività ricreative e possono, dunque, creare degli stabilimenti dotati di bar, ristoranti, ombrelloni, sdraio: insomma, tutto ciò che siamo abituati a vedere quanto andiamo al mare e non sostiamo in una spiaggia libera.

DOSSIER DI LEGAMBIENTE E L’INCHIESTA

DI PRIMOCANALE TV SULLE SPIAGGE LIBERE IN LIGURIA – Oltre il 60% delle coste sabbiose in Italia è occupato da stabilimenti balneari “con concessioni senza controlli e canoni bassissimi a fronte di guadagni enormi”. A rivelarlo i numeri che Legambiente ha raccolto nel dossier “Le spiagge sono di tutti!“, che denuncia il fenomeno della privatizzazione delle coste italiane, delle concessioni senza controlli e dei canoni bassissimi a fronte di guadagni enormi per gli stabilimenti e di un misero introito per lo Stato (nel 2016 ha incassato poco più di 103 milioni). In Italia trovare un pezzo di costa libera è diventata una vera e propria impresa per turisti e cittadini. “Le poche spiagge libere – secondo il dossier – si trovano spesso vicino a foci di fiumi o su tratti di costa dove la balneazione è vietata” insomma spesso porzioni di costa di ‘serie B’. Primocanale all’inizio dell’estate si era occupato della situazione delle spiagge libere liguri con ‘Live Road‘ ed Elisabetta  Biancalani andando proprio a verificare se nella nostra regione venisse rispettato il limite del 40% di spiagge libere in ogni comune, limite rispettato in soli pochissimi casi. “In Liguria solo il 14% della costa presenta spiagge libere, in Emilia Romagna il 23%, ma i dati sono molto differenti tra le regioni e nessun ministero si occupa di monitorare quanto sta avvenendo.”

In Italia sono ben 52.619 le concessioni demaniali marittime, di cui 27.335, sono per uso “turistico ricreativo” e le altre distribuite su vari utilizzi, da pesca e acquacoltura a diporto, produttivo (dati del MIT). Si tratta di 19,2 milioni di metri quadri di spiagge sottratti alla libera fruizione. Se si considera un dato medio (sottostimato) di 100 metri lineari per ognuna delle 27mila concessioni esistenti, si può stimare che oltre il 60% delle coste sabbiose in Italia è occupato da stabilimenti balneari. In alcuni Comuni si arriva al 90% di spiagge occupate da concessioni balneari. In tema di concessioni del demanio marittimo, per troppo tempo il sistema italiano è stato contrario alle previsioni europee. Dal 2020 si cambierà davvero rotta ?.

Attualmente, il nostro ordinamento prevede il rinnovo automatico delle concessioni. Rinnovo predisposto generalmente in favore del concessionario uscente e, dunque, sempre nei confronti della medesima impresa. Circa l’origine storica della vicenda, deve precisarsi che l’utilizzabilità del demanio marittimo per finalità turistiche e commerciali ha avuto il suo primo riconoscimento ufficiale nel 1977. Poi, in considerazione dell’enorme potenziale economico e lavorativo che dava lo sfruttamento del litorale, si scelse un sistema di rinnovo automatico senza limiti temporali. Così i gestori degli stabilimenti balneari considerano il litorale come una sorta di proprietà privata ed allo stesso tempo iniziano a fare investimenti e opere per il suo massimo sfruttamento economico. Si stima, infatti, che le imprese turistiche del settore siano oltre 30mila. Il sistema di rinnovo automatico delle concessioni può creare ingiustificate situazioni di privilegio nei confronti di chi sia già in possesso di una concessione ed, allo stesso tempo, impedisca di effettuare una selezione imparziale e trasparente dei potenziali candidati all’ottenimento di analoga concessione, violando i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento.

L’adeguamento alla direttiva europea è un procedimento legislativo abbastanza complesso perché richiede la modifica e/o abrogazione delle norme con essa incompatibili, l’adozione di quelle mancanti, la tutela di diritti nel frattempo sorti ecc. Allo stesso tempo trova anche l’ostilità di quelle categorie professionali – i gestori degli stabilimenti balneari nel caso di specie – contrarie alla perdita di un diritto oramai acquisito e consolidato. Si tratta, dunque, di un percorso graduale che è iniziato nel 2010 e che dal 2020 cambierà in modo definitivo il modello delle concessioni del demanio marittimo.

L’adeguamento alla normativa europea ha condotto ad un sistema di liberalizzazioni prorogando le concessioni in essere fino al 31 dicembre 2020. Da quella data la concessione delle spiagge e del demanio marittimo saranno messe all’asta. Dunque, la selezione – imparziale e trasparente  – avverrà tra tutti i candidati e non solo tra coloro che, ormai da tempo, gestiscono lo stesso lido in forza di rinnovi automatici e tali da creare ingiustificati privilegi. Si aprirà, quindi, una gara nella quale potranno “risultare vincitori”, in base a determinati requisiti e criteri, tanto i “concessionari abituali” che le nuove imprese specializzate nel settore.

Il BOLLETTINO UFFICIALE REGIONALE 30/05/2012 n. 11, ha pubblicato l’attuale legge in vigore “LEGGE N.21 del 2012 – Modifiche alla legge regionale 28 aprile 1999, n. 13 (Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa, ripascimento degli arenili, protezione e osservazione dell’ambiente marino e costiero, demanio marittimo e porti)”, dove l’art. 11 recita:

Articolo 11 quinquies 1 – (Tipologia di opere ammesse in area demaniale)

1. Fatto salvo il rispetto della pianificazione di tutela dell’ambiente marino e costiero attuativa dell’articolo 41 della legge regionale 4 agosto 2006, n. 20 (Nuovo ordinamento dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure e riorganizzazione delle attività e degli organismi di pianificazione, programmazione, gestione e controllo in campo ambientale) e successive modificazioni ed integrazioni, sulle spiagge e sulle scogliere è ammessa:

a) la realizzazione di nuove costruzioni e manufatti non in muratura che devono essere smontati e rimossi dal sedime demaniale qualora al di fuori della stagione balneare non svolgano l’attività oggetto della concessione demaniale marittima; a garanzia dell’effettivo smontaggio e rimozione, il concessionario è tenuto a depositare idonea fidejussione al Comune;

b) la realizzazione di nuove costruzioni e manufatti in muratura o interrati solo quando si tratti di:

1 – opere pubbliche;

2 – opere di adeguamento tecnologico e igienico-sanitario interrate derivanti da obblighi di legge;

3 – opere di rilevante interesse pubblico connesse all’attuazione di interventi previsti nella pianificazione urbanistico-territoriale che conseguano la positiva pronuncia di valutazione di impatto ambientale.”.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Liguria. – Datata Genova addì 29 maggio 2012. Ordunque, tutti gli stabilimenti balneari dovrebbero essere smontati a fine stagione o a fine cure elioterapiche, per dare corso all’ordinanza. Purtroppo sono in un numero esiguo o per lo meno non vengono completamente smontati; i gestori di tali stabilimenti dovrebbero smontare non solo le cabine ma anche il chiosco che insiste sull’arenile. Non viene fatto in quanto considerano il litorale come una sorta di proprietà privata e in forza di rinnovi automatici pensano che sia un loro sacrosanto diritto quello di giustificare i privilegi acquisiti.

LA SORTE DEI CHIOSCHI BAR – Il chiosco, al di fuori della stagione, viene adibito a magazzino; a secondo della superficie si accalcano al suo interno: sedie, tavolini, giochi bimbi, attrezzature di pronto soccorso, gavitelli, natte, frigoriferi vari, banconi, friggitrici, macchine per il caffè, oltre a qualsiasi strumento di utilinseria metallica che serva per la stagione successiva. Sul litorale di Bergeggi, da un chiosco la cui parete fronte mare è stata demolita dalla furia delle onde e del vento, in bella mostra si osserva che sono accatastate le pareti smontate delle cabine. Nei filmati e/o fotografie, trasmesse dalle varie testate giornaliste, il giornalista commentatore, attribuisce all’onda anomala tali “aggroviglio” di suppellettili all’interno di tali chioschi; prima di dire “fesserie” sarebbe opportuno che si facesse un aggiornamento.

Alesben B.



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