Si preannuncia un incontro davvero interessante, anche perché si dimostra che la sentenza di assoluzione per 4 tecnici dell’Acna era errata o quantomeno poggiava su premesse strampalate. Il ‘vulcano’ Acna ormai destinato agli annali storici, ma sempre attuale. Ex operai e impiegati ancora in vita, i famigliari di chi se ne è andato, un bagaglio di conoscenza per le giovani generazioni e quelle a venire. L’Acna che era definita la ‘fabbrica della morte o dei velini’ , ha avuto un costo di vite umane, malattie ed indicibili sofferenze, inquinamento di acque, interminabili strascichi in provincia di Savona, nell’alessandrino, nel cuneese. Falde acquifere inquinate, oltre alle conseguenze più gravi nel fiume Bormida. Ci furono inchieste, indagini, alternarsi di pretori, magistrati inquirenti, giudici istruttori, tribunali giudicanti, perizie d’ufficio e di parte, un maxi processo soprattutto (con molte partici civili, Comuni e Province compresi), ingenti spese legali. Il tutto finito in bolla di sapone alla Suprema Corte penale di Roma.
Oltre ai costi in vite umane, ai danni ambientali su un vasto territorio, servirono prima miliardi di lire, poi milioni di € per disinquinare il sottosuolo dove sorgeva la fabbrica. Oggi il dossier inedito che può essere motivo di riflessione pure per i cronisti che nel corso dei decenni, ora da corrispondente della Val Bormida, ora da redattore, sono stati a loro volta testimoni dei tempi. Cosa scrivevano, cosa si riusciva a sapere dell’attività in fabbrica, quali erano i rapporti con la direzione, con il Consiglio di fabbrica, con le tre maggiori sigle sindacali. Migliaia di articoli nelle pagine locali, inviati speciali dei quotidiani liguri e a volte nazionali. Decine di locandine cubitali davanti alle edicole. Servizi della radio e della Tv pubblica. Non si ricorda, tuttavia, un’inchiesta giornalistica approfondita, puntuale, a 360 gradi si direbbe, dai quattro maggiori settimanali di allora: Panorama (ora Mondadori – famiglia Berlusconi e in via di cessione), l’Espresso, l’Europeo, Epoca. Alcuni dei loro direttori sono in vita ed hanno ricoperto ruoli pubblici importanti nella politica o nella storia editoriale e giornalistica del Paese.
Tanti organi di informazione se ne occuparono, ma come dimostra l’inchiesta svelata dopo 40 anni, l’Acna story ha ‘nascosto altre esplosioni’. Non solo, quanto accaduto alle 3,15 del mattino al forno 4 (cloruro di alluminio) con un ‘botto’ avvertito fino a Ceva, con 11 addetti presenti al lavoro, la morte di Aurelio Moro e Alberto Poggio, fu persino attribuito, tra le ipotesi dell’azienda, ad un attentato e a cause esterne. Negli interrogatori dell’epoca la paura, quasi l’omertà. Testimonianze, nell’indagine interna del sindacato, che si contraddicono. C’è chi riferisce di scarsa manutenzione, di reparto allo sbando, gravi carenza della sicurezza. O addirittura di un operaio rimasto ignoto che avrebbe chiuso (per errore?) la valvola by pass del cloro causando la tremenda deflagrazione.
IL COMUNICATO STAMPA DELL’ISTITUTO PATETTA
REDATTO DAL PROF. MASSIMO MACCIO’
ECCO L’IMMAGINE DEL FORNO SALTATO IN ARIA DOPO L’ESPLOSIONE