Ai funerali di Maxin Amandola (trucioli.it ha pubblicato il fotoservizio di Silvio Fasano) due assenze hanno meravigliato: Alberto Teardo e il dr. Paolo Caviglia, ex presidente Camera di Commercio, ex vice sindaco di Savona, ex deputato nell’VIII legislatura. Presenti, invece, due compagni socialisti della vecchia guardia che con Maxin uscirono ‘immacolati’ del ciclone giudiziario del giugno 1983: Lorenzo Ivaldo e Riccardo Borgo neppure convocati tra i 153 testimoni. L’ex presidente della Regione pare non si sia neppure fatto vivo per le condoglianze ai famigliari di chi era stato vice segretario regionale del partito, segretario della Federazione Provinciale, assessore anziano a Pietra Ligure con il sindaco dr. Nicolò Tortarolo. Storia e personalità diverse quella del socialista dr. Mario Robutti, ex sindaco, ex presidente della Provincia, ex arbitro di calcio, deceduto a 73 anni nei giorni scorsi dopo una folgorante malattia.
Maxin Amandola e Mario Robutti, esponenti di spicco della storia politico – amministrativa pietrese, a cui si dovrebbe aggiungere quella del dr. Andrea Robutti che è stato cardiologo al Santa Corona, assessore e consigliere comunale negli anni del cav. Salvatore Caltavituro sindaco democristiano. I Robutti origini piemontesi da parte paterna. I genitori di Andrea e Mario, entrambi medici e della sorella Angela, gestivano un’avviata macelleria nella centralissima via Garibaldi. Il cognome Robutti si intreccia, attraverso parentele, con la famiglia dell’ex sindaco Luigi De Vincenzi, come gli Amandola con l’ex sindaco geom. Paolo Palmarini e uno zio monsignor Nicolò Palmarini che fu Vicario generale della diocesi, docente di Sacra Scrittura e Teologia nel Seminario Vescovile di Albenga, studioso, quattro lingue parlate e scritte, oltre latino, greco e aramaico parlato da Gesù Cristo, lingua di ceppo semitico, come l’ebraico, al tempo molto diffuso in tutta la Palestina, ancora usato soltanto in alcuni villaggi della Siria.
TOMASO AMANDOLA NEI RICORDI DEL VECCHIO CRONISTA – Breve premessa, nel corso degli anni c’è chi scriveva Tomaso con una sola ‘m’, altri con due, in particolare negli articoli
di giornale, in documenti ufficiali, verbali di interrogatorio. Tra le notizie inedite la vena e la passione giornalistica che lo animava prima ancora del suo esordio – carriera nell’agone della politica. Nel 1967 scrisse alcuni articoli su La Settimana Ligure (oggi compare sulla testatina di trucioli.it al settimo anno di vita), dopo la scissione da “Risveglio” (primo numero l’8 dicembre 1963) che vedeva direttore il giovane avvocato Giorgio Finocchio di Borgio Verezzi, redattore capo Gianni Traverso, Cencin Manfredi per le notizie da Loano, al quale si aggiunsero Gilberto Costanza e Aldo Dompè; da Albenga Romano Strizioli, Aldo Ghidetti, Giampiero Mentil, Giancarlo Lupini, Nico Sgarlato. Poi la scissione e la nascita della Settimana Ligure con Strizioli, Costanza, Dompè (quali soci editori).
Seguì la Nuova Liguria.
La cronaca savonese riporta notizie su Tomaso
Amandola agli albori della vita pubblica, assessore comunale. Un carattere battagliero, per nulla remissivo, fermo e tenace, persino altezzoso quando si trattava di difendere il suo operato e la sua onorabilità. Per alcuni riusciva ad apparire persino prepotente. In realtà aveva il suo bagaglio socio – culturale, si era diplomato Capitano di Lungo Corso al Nautico di Savona. Si racconta viaggiasse in treno con il concittadino e liceale Mario Robutti, l’operatore turistico di Ranzi e studioso di storia locale, Renato Rembado tra le ‘memorie’ viventi e scrittore, così come l’ing. Pino Josi, Mario Forni, il prof. Stefano Monti Bragadin (docenza al dipartimento di Scienze Politiche e Sociali).
Tomaso Amandola che fu inquisito e scagionato, durante indagini preliminari e istruttoria del maxi processo a Teardo ed altri 17 imputati detenuti. E dire che dopo i primi articoli del Secolo XIX (ottobre – novembre 1981), a firma di Luciano Corrado, il presidente della Regione reagiva con comunicati trancianti: “Contro di me solo calunnie, con l’avv. Silvio Romanelli ho già presentato querela contro il giornale, il suo direttore e l’estensore degli articoli diffamatori…”. Negli stessi giorni la notizia che il big politico risultava iscritto alla P 2 di Licio Gelli, affiliazione sempre negata, mentre emergeva, sempre dagli articoli di Corrado, l’iscrizione di Teardo a due logge massoniche savonesi: una all’obbedienza di Piazza del Gesù, l’altra di Palazzo Giustiniani. Annotazione interessante: né Maxin Amandola, né Riccardo Borgo per oltre un ventennio sindaco di Bergeggi, presidente provinciale, regionale e nazionale dei Bagni Marini, incarico a cui ha rinunciato pochi mesi fa, risultavano iscritti alla massoneria o in sonno. Neppure ad Cad 2 di Savona, la cui esistenza fu portata alla ribalta, con una lettera aperta al Secolo XIX, da Carlo Trivelloni, laurea in giurisprudenza, consigliere comunale indipendente a Savona, componente del Cda della Carisa; Trivelloni interrogato dall’allora giovane Pm, Filippo Maffeo, ex consigliere comunale eletto nella lista Dc a Loano e il primo ad indagare sulla rete di logge (una dozzina) operanti nel savonese,;successivamente l’indagine, con la presenza anche di personaggi di spicco, si estese nelle provincie di Imperia, Genova e La Spezia. Il magistrato fu subito oggetto, a tamburo battente con indagini in corso, di un esposto denuncia al Procuratore generale della Repubblica di Genova, incolpato di un sfilza di presunti abusi commessi nella sua attività investigativa, tra cui aver utilizzato agenti armati di mitra per irrompere nelle sede di logge, con interrogatori da ‘inquisizione’.
Amandola che nel servizio sul settimanale Il Buongiorno – vicino ad ambienti socialisti liguri – veniva così descritto dal giornalista pubblicista Maurizio Parodi (il fratello Alberto è redattore al Secolo XIX edizione della provincia di Savona ed ha scritto un documentato ricordo alla morte di Mario Robutti): “….Attuale vice segretario regionale, già segretario delle Federazione, risiede a Pietra Ligure, sposato, quattro figli…Tifoso del Genova. E’ capitano di lungo corso, ha navigato per tre anni. Infaticabile organizzatore e accanito fumatori di sigari. Fra gli hobby la bicicletta, accompagna nel momenti liberi il figlio Francesco che è già un piccolo campione “. Francesco assessore ai Lavori Pubblici, dopo aver rinunciato all’Edilizia privata e all’Urbanistica, laurea in Scienze geologiche, iscritto all’albo degli esperti in Bellezze Naturali e dei consulenti tecnici del Tribunale di Savona. Ha fatto parte della Commissione edilizia integrata o del Paesaggio a Savona, Bergeggi, Borgio Verezzi, Borghetto S. Spirito, Boissano, Toirano, Magliolo e dal 2011 a Loano.
Il primo interrogatorio del papà nell’ambito dell’inchiesta Teardo 1 (seguirà la Teardo bis, ma con risultati irrilevanti e con altri magistrati inquirenti) porta la data del 11 marzo 1982, il blitz con gli arresti (18)in tre tempi, a giugno 2013. Maxin, pochi lo ricordano, due volte interrogato come teste (la seconda volta il 25 settembre 1982); due volte nella veste di imputato, reati minori e collaterali all’indagine principale: il 5 febbraio 1983, il 9 marzo 1984, nell’udienza del mega processo in un’aula blindatissima. Maxin scagionato con formule diverse. Nove, invece, gli interrogatori cui fu sottoposto Teardo, il primo il 5 giugno 1982, l’8 novembre 1982, il 22 maggio 1983 ( 20 giorni dopo il diluvio di manette), primo interrogatorio da arrestato il 2 luglio 1983, il 28 luglio, il 6 agosto, il 13 dicembre, al dibattimento il 13 marzo ed il 16 aprile. Altri interrogatori – dichiarazioni spontanee in appello a Genova e con la Teardo bis (Depuratore Consortile, Palazzo di Giustizia, consulenze, progetti, operazioni edilizie anche fuori la provincia, rapporti di denaro con la famiglia Marcianò calabro – imperiese. Giovanni e Francesco Marcianò interrogati come testi rispettivamente il 5 marzo ed il 24 febbraio 1984, durante le udienze processuali.
COSA DICHIARO’ TEARDO SUL RUOLO DI AMANDOLA – Chi seguì o ricorda quelle vicende lontane e dimenticate sa che fu scoperta una baracca sulle alture di Spotorno, a disposizione di Leo Capello (cassiere del clan secondo accuse e condanna passata in giudicato), dove era nascosta la ‘contabilità segreta’, incassi e pagamenti. Il giudice Michele Del Gaudio chiese in un interrogatorio: “….Risulta…funerale papà Mirella, 700 mila lire….”. Risposta di Teardo: ” Senza dubbio si tratta delle spese per il funerale del papà di mia moglie Mirella Schmid, anticipate da Capello con i fondi comuni e da me restituiti….”. Il giudice:…” E le somme a nome di Amandola ‘…..Teardo: ” Era funzionario del Psi e prendeva uno stipendio ufficiale. Non so però se aveva un secondo stipendio da Capello per il partito o per la nostra corrente….lui doveva anche spostarsi quasi ogni giorno da Pietra Ligure a Savona, spesso a Genova….”.
Maxin tra i savonesi che poteva contare su ‘porte aperte’ a casa Pertini e al Quirinale quando era presidente prima della Camera e poi della Repubblica e che per primo ‘chiuse’ ogni rapporto con il ‘gran capo di Liguria e suoi adepti’ con un annuncio stampa. E che doveva apprendere dai verbali di interrogatorio (finì in carcere pure un suo stretto collaboratore) di Teardo notizie stravaganti. Damanda dei giudici:…“Cosa risponde a chi l’accusa di aver strumentalizzato la figura di Pertini ?.” Risposta: ” Falso, io solo a Savona prendevo più voti di quanti lui ne raccoglieva in tutta la provincia. E questa mia forza dava fastidio. Alle elezioni europee del 1979 uscirono 40 mila schede con il mio nome…a Calizzano, a Loano avevo un largo seguito, così come a Alassio, Ceriale, Albenga, Albisola….Dopo sei anni di mio impegno politico in provincia di Savona abbiamo raggiunto 400 amministratori pubblici, mentre prima ce n’erano una sessantina. Un partito in piena salute con tre mila iscritti e 41 sezioni. Avevo creato le condizioni di sviluppo a questa provincia, c’erano molti progetti importanti all’orizzonte….mi hanno voluto colpire con la complicità di certi giornali e qualche giornalista….”.
Teardo intervistato nell’agosto 1985, mentre era in attesa del giudizio d’appello, a Franco Manzitti rispose: “Aspetto la sentenza con serenità. Sono sospeso dal partito ed è giusto che il Psi si cauteli. Dovrò decidere cosa fare nella vita, la politica per me è solo un ricordo. Ma ho pazienza e tanta voglia di fare. I giudici lavorano con la Teardo bis, una nuova montatura, io non mi arrendo perché sono innocente e ne vedrete delle belle…”. Si poteva ancora essere socialisti alla Pietro Nenni ? Alla Bettino Craxi, alla Gianni De Michelis, altro big del partito e del potere, ritenuti molto vicini a Teardo ?
Maxin, con il quale ci siamo confrontati più di una volta, anche duramente, riteneva che non era l’unico nel Psi savonese a camminare a testa alta: ‘Io non debbo abbassare gli occhi davanti a nessuno, semmai dovrebbero dirmi dove prendono i soldi i compagni comunisti di via Paleocapa (sede della Federazione allora ben introdotta, con una ventina e più di dipendenti) e chi finanziano in campagna elettorale i vari imprenditori della Riviera e della Vabormida….”. Leggi esponenti parlamentari della Dc.
Maxin che si sarebbe poi avvicinato al partito democratico. Negò al cronista di essere stato lui l’ideatore di rimuovere dalla parete della Federazione il ritratto del presidente Pertini (lo documentava una foto pubblicata dal Secolo XIX) ed il premio internazionale di disegno infantile “Sandro Pertini“, giunto all’11 esima edizione, e ribattezzato ‘Premio Edmondo De Amicis’. Invano avevamo cercato di capire chi furono i ‘coraggiosi’.
Solo successivamente si seppe che quando i giudici Francantonio Granero e Michele Del Gaudio finirono per chiedere il trasferimento, uno dei loro primi obiettivi vanificati, tenuti nascosti forse non a tutti, era di scoperchiare il pentolone del ‘malaffare’ di via Del Corso a Roma (sede nazionale del partito), assai prima dell’esplosione della stagione di ‘Mani Pulite’. Del resto, come accade per le ‘Bombe di Savona’, mai elencate quando si parla della strategia della tensione e delle stragi in Italia, ben presto il ‘ caso Savona – Teardo ‘ finì nel dimenticatoio della stampa nazionale e della Tv. Nonostante si trattasse della prima associazione a delinquere di stampo mafioso (accusa che poi cadde perchè non era ancora stata varata la legge) formata da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Del Gaudio, incolpato dall’avvocato e senatore socialista Gaetano Scamarcio di ‘fare politica giudiziaria per aiutare il compaesano Ciriaco De Mita‘, ma anche da un massone socialista di Savona (Aldo Chiarle) di ‘essersi comprato un attico da un dirigente del Pci’.
Una città capoluogo dove era nato il Cad 1 (poi Cad 2), con tanto di certificato notarile (Mario Zanobini) sottoscritto da Teardo, Giovanni Carega, Angelo Benazzo (per un periodo autista del presidente), Luigi Leo Capello, Roberto Bordero, Marcello Borghi, Giovanni Pozzo.
IL GIALLO DI TELETRILL: DA CERIALE A SAVONA – Si era accertato, con la polizia giudiziaria e le dichiarazioni rese da Pietro (Nanni) Patrone che è stato assessore e consigliere comunale a Pietra Ligure in una lista indipendente, che l’operazione consisteva nella concessione in uso di una parte di un immobile delle Opere Sociali all’emittente privata Teletrill per un canone mensile di 700 mila lire, contro le 200 mila corrisposte alle Opere Sociali.
Non erano fatti di ‘questa pasta’ Amandola, Mario Robutti e tanti altri socialisti, pietresi e non. Non si sono arricchiti, non hanno fatto carriera per ‘grazia ricevuta’. Maxin aveva abbandonato la militanza attiva quando Mario Robutti arrivò alla presidenza della Provincia per un biennio (1989 -1990). Il Secolo XIX, con Alberto Parodi, ricorda che nella Seconda Repubblica si avvicinò a Forza Italia del presidente Berlusconi, impegnandosi nel ‘Movimento per Pietra‘ di cui fu artefice con Rasavio Bellasio, già esponente della sinistra democristiana, ex assessore regionale e consigliere comunale, ricandidato alle regionale con Il Popolo della Libertà – Berlusconi per Biasotti presidente. Il motto: ” c’è voglia di cambiare”. Da ultimo, nel 2009, Robutti ha fatto parte della lista che sosteneva la candidatura di Angelo Vaccarezza presidente della Provincia.
Maxin e Mario uniti nell’ultimo viaggio per riposare accanto ai propri cari. Gli annali di storia ricordano che per il cristiano del primo secolo dopo Cristo, la morte non suscitava alcun turbamento, ma era anzi attesa nell’anelito e nelle certezza serena di passare dall’effimero all’eterno.
Luciano Corrado
MAXIN E MARIO QUANDO ERANO UNITI NELLA POLITICA E A PALAZZO GOLLI