Purtroppo, non posso che confermare la deplorevole tendenza a copiare l’infame modello sociale Statunitense: da quelle parti, tutto è mercato e deve generare utili economici (business, per usare un lugubre albionismo), anche i servizi pubblici essenziali ad alta rilevanza sociale. L’organizzazione del servizio pubblico, ma anche la maniera d’intendere e di gestire l’economia delle Nazioni esistente in Europa è cominciata a vacillare con l’avvento di quella Margaret Thatcher, la quale ha importato da Ovest le deplorevoli usanze che, in oggi, a molte menti non proprio sane e dalle quali è lontano ogni concetto di moralità, pare essere il normale svolgimento delle cose, come se il liberismo, specie se estremo, fosse l’unica maniera di gestire la cosa pubblica o, meglio, di non gestirla, lasciando fare a quel mercato, il quale, pur essendo il miglior allocatore di risorse è, contemporaneamente, il peggior distributore di ricchezze, con tutte le conseguenze negative che questo comporta.
Avendo come obiettivo il mero pareggio di bilancio ed avendo financo privatizzato, alcuni servizi da un punto di vista solo formale, ma altri anche da un punto di vista sostanziale, con la Pubblica Amministrazione che compera questi servizi dalle aziende – termine quanto mai fuori luogo nel contesto sanitario! – che lo erogano, in nome di criteri provenienti da oltre Atlantico, si operano tagli di organico, accorpamenti di strutture, in nome di un miglioramento delle prestazioni derivante da un aumento della casistica, ma, in realtà, andando ad intasare strutture già insufficienti o, meglio, dimensionate per un certo bacino di utenza, fatti salvi gli accessi impropri segnalati dall’illustre Collega Valsania, il quale, altrettanto lodevolmente, segnala il sovraccarico di lavoro cui sono sottoposti organici ridotti ai minimi termini (leggi….).
A tutto questo, si aggiunga il disagio subito dai Pazienti, costretti a sobbarcarsi inutili trasferimenti quando, in altre epoche, potevano contare sui servizi, non solo sanitari, quasi sotto casa, nonché, almeno in alcuni Reparti, la sospensione estiva di qualsiasi attività da svolgersi i regime d’elezione, dovendosi consentire al personale di godere delle meritatissime ferie, ma, essendo sottonumerario, questo comporta, inevitabilmente, una riduzione delle attività.
Nemmeno tanto velatamente, voci che dovrebbero tacere, parlano colpevolmente di Previdenza complementare, invero cosa ben diversa dalla Previdenza, trattandosi di piani d’accumulo di tipo bancario, finanziario, assicurativo, ma anche di Sanità complementare, spingendo l’utenza alla stipula di un’assicurazione che copra le prestazioni più comuni. Superfluo osservare che, specie in questi tempi di crisi, la maggior parte della popolazione si ritroverebbe con pensioni da fame e senza la possibilità di curarsi.
Roberto Borri