Nei paesi dell’entroterra c’è un momento in cui la coesione sociale da il meglio di se: le sagre. Spesso ci si divide su inezie, mentre prosegue la saggia pratica di fusioni tra piccoli comuni a vantaggio della comunità e delle casse comunali. Quando c’è di mezzo la sagra del paese l’unione e lo spirito di gruppo fanno faville, miracoli. Cosio d’Arroscia è l’esempio classico. Domenica scorsa ha coronato la XIII edizione della Festa delle Erbe e della Lavanda, con il vecchio borgo ‘preso d’assalto’ dai ‘foresti’ o da chi è tornato a rivedere il paese. Non esiste la media dei clienti che ritornano, non è noto quante siano le vendite mobiliari da un anno all’altro, frutto della promozione enogastronomica. Non è ancora sbocciato l’amore di un ‘benefattore’ imprenditore che sceglie di investire, magari in un albergo, per incentivare il turismo. Intanto resistono, da valorosi, un ristorante dei fine settimana, l’agriturismo, bar- negozio -tabacchi, arredatore di mobili, grossista di miele, pastore che produce formaggi di mucca.
Tanto impegno, amore, passione, altruismo, orgoglio di far rivivere per un giorno il proprio paese, vestito con gli ‘abiti da festa’. Abbellito, reso quasi magico nella sua atmosfera da vecchi tempi. Se ne fanno interpreti con Imperia Tv – sempre presente sia con la redazione, sia con l’ufficio pubblicità – il sindaco Danilo Gravagno ed il presidente della Pro Loco, Antonio Galante, con un Andrea Pomati, caporedattore e principe dell’informazione del ponente ligure (collabora con la Stampa ed Il Secolo XIX), popolare quanto autorevole e che ha fatto egregiamente il telecronista di sagra montana. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono presente. “Tutto buono, tutto accogliente, meglio di così non poteva andare – commenta in tv un sorridente ed entusiasta primo cittadino – “. E il ‘direttore d’orchestra’ della Pro Loco: “I giovani hanno voglia di mantenere le tradizioni, un buon segno. Sono meravigliosi. I nostri borghi sono persino poco valorizzati“.
In paese si racconta che la sagra di Cosio sia nata dopo il successo della ‘Festa della Cucina Bianca’ di Mendatica che scivola verso un evento di massa e mette a dura prova la povera rete stradale vecchia di un paio di secoli. A Cosio che in quanto a strade non sta meglio, volevano far qualcosa di simile, non essere da meno, in questa caso la buona rivalità spesso è salutare. Ed ecco l’idea di valorizzare i piatti di una volta, “i piatti rustici” li definisce lo chef più promozionato dell’entroterra e della costa: Renato Grasso, origini di Mendatica, mamma di Montegrosso Pian Latte, ristorante di lungo corso a Varazze, ospite fisso ai programmi di Imperia Tv, insegnante di cucina all’alberghiero e ai master, chiamato da un magnate russo, a Mosca, per organizzare la cucina di tre ristoranti. “Avrei dovuto essere ancora a Mosca – dice Grasso -, ma le condizioni di salute di mia moglie che ora sta molto meglio, mi hanno consigliato di interrompere e tornare a casa, ho anche approfittato di trascorrere qualche giorno a Mendatica e sono stato alla Sagra di Cosio, tutto ottimo, perfetto, magnifico”. Qualche piatto avrà fatto la differenza ? Grasso: ” Diciamo che ho trovato squisite le Turle di patate con un eccezionale sugo di funghi, mica male le Rajore anche se io preferisco quelle di Montegrosso e i nostri mitici ‘turteli’. Nel complesso fa enorme piacere vedere l’impegno dei giovani e lo sforzo, la passione dei più anziani, coinvolge il loro entusiasmo. Bravi e complimenti per il buon esempio“.
Tutto bene, tutto perfetto, forse al cronista che fa la fila, ascolta, vede, osserva può non sfuggire una scenetta curiosa. Sulla piazza della Chiesa si trovavano le postazioni 1 e 2 per l’aperitivo, comprese patatine sfogliate industriali, pistacchi e Agliè di Montegrosso. Sulla piazza c’era pure una delle due casse per l’acquisto del ‘biglietto’ percorso di degustazione, 16 euro, una bottiglia d’acqua. Un costo onesto, alla portata di tutti che consente di utilizzare ed accedere ad 11 postazioni; dall’aperitivo al digestivo che è opera di un volenteroso di Ceriale, sposato a Cosio e sponsor convinto del paese.
Siamo in compagnia di due colleghi giornalisti tedeschi, uno del primo canale Tv (cronaca e politica), l’altra del primo quotidiano economico di quel paese. Sulla piazza notano un vistoso cartello indicante WC, si ritirano, entrano (è il primo piano del palazzo Municipale) e ritornano dopo pochi istanti. Ci spiegano che deve essere successo qualcosa…. Entriamo, ecco la scenetta. Dal bagno esce prima un signore che riempie d’acqua un pentolino e torno nel vano WC per uscire subito dopo. Si sente l’acqua scorrere. Stessa scena con una signora, piuttosto robustella: “Venivo qui da giovane, Cosio è ancora più bella….peccato che deve essersi rotto il gabinetto proprio oggi….”. E un signore le spiega: “Nulla di irreparabile, non arriva l’acqua e così hanno messo questo pentolino per versare….io torno ai tempi del militare”. Manco a dirlo non tutti si trovano a proprio agio, siamo nella sede del Comune, luogo simbolo di una comunità. Ma l’imprevisto è dietro l’angolo.
Proseguiamo l’itinerario numerico. La stand più affollato ed indaffarato ? Più o meno tutti, forse il top l’ha raggiunto il ‘Pan Fritu’, a ruota seguito dai dolci misti, compresi due pezzetti di pane nostrano con gelatina di rosa e di lavanda. Ottimo e bilanciatissimo nei gusti, nel palato, il Broddu d’òvu. Una oculata tecnica commerciale è stata quella di tenere basso il prezzo complessivo ed iniziale (solitamente in altre manifestazioni similari si aggira sui 25-27 euro) per poi ‘tentare’ il consumatore con proposte tipo ‘birra’, menta e wodka, spumante e così via.b Fare il bis culinario, se piace. Un pezzetto di torta di patate di Mendatica, 3 €. Corretti i prezzi dei due bar lungo il percorso, con caffè ad un euro. Come pure per un botoglietta di minerale.
Una giornata che ha visto la lodevole collaborazione intercomunale, con gli uomini della protezione civile di Ormea a dar man forte alla pattuglia di carabinieri, con il pulmino comprensoriale di Pontedassio a fare la spola lungo l’arteria principale da ponente a levante del paese. Auto parcheggiate in un raggio di tre chilometri.
Senza dimenticare l’inaugurazione, forse non proprio reclamizzata dai media come meriterebbe, del grande murales realizzato dagli alunni dell’artistico di Imperia e di cui abbiamo scritto già la scorsa settimaa. Un capolavoro molto significativo, di contenuto culturale, storico, educativo.
Dimenticavamo un piccolo particolare. Capita spesso di recarsi a sagre e vedersi offrire prodotti che col territorio hanno poco a che fare, almeno sul fronte della produzione e dell’indotto. A Cosio il punto di ‘ristoro’ 4 offriva Patate e Brussu (in realtà a noi ed altri vicini è toccata mezza patata). Ad Andrea Pomati l’addetto dice: “ Patate a chilometro zero, autoctone….”. Peccato che poco prima alla stessa domanda, un altro addetto dello stand abbia riferito che non ci sono ancora le nuove patate di Cosio, è troppo presto e queste “dovrebbero arrivare da Albenga“. Già ma sul mercato di Albenga dicono: qui la produzione è molto limitata, i negozi e le sagre si riforniscono di patate che in questo periodo arrivano dalla Puglia, più avanti ci sono quelle Venete e Piemontesi.
Piccoli ‘travicelli’ che anche ai colleghi tedeschi non lasciano una cattiva impressione di Cosio d’Arroscia che si fa in quattro per organizzare un evento che attrae tantissimi italiani della costa, dell’entroterra, ma pure commensali stranieri, come dimostravano le targhe tedesche, francesi, inglesi, danesi, finlandesi. Mancavano gli svizzeri. (L.Cor.)