Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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C’era una volta il Cantone di Noli
e a Vezzi… la sborgnistica… e Riccardo


Dal logo del Comune di Vezzi, il sunto del riassunto, si dice:“Nel Medioevo Vezzi divenne un feudo costituito da S. Giorgio e parte di S. Filippo e si trova citato per la prima volta in documenti del 1192, come possedimento del Comune di Savona con un ruolo militare di rilievo.

LA STORIA – Tra la metà del 1200 e gli inizi del 1500 passò alla potente famiglia genovese dei Cigala che, come per ogni feudo che si rispetti, fece qui costruire un castello: in fraz. S. Giorgio, a monte della parrocchiale, sono ancora visibili alcuni muri originari del castello fatto costruire da Nicola Cigala; oggi inglobati in una casa privata.

Di Portio e Magnone è noto che, in questo periodo, fecero parte delle “compagne” fedeli dei marchesi Del Carretto, fino al 1598, anno in cui tutto Finale passò sotto la dominazione spagnola.

Testimonianza di quel periodo storico sono i resti di una costruzione architettonica: le cosiddette “Porte di Spagna” . Esse vennero erette nel 1649, in occasione del passaggio di Maria Anna d’Austria, futura sposa del re di Spagna Filippo IV, e rappresentavano una delle porte di accesso al Finalese.”

Dal “Manoscritto inedito di storia locale / Don Carlo Rebagliati e S.S. Salvatore di Magnone alle spalle di Noli – Spotorno. Il marchesato”, pubblicato il 19 GENNAIO 2016 • NUMERO 62 DEL 21 GENNAIO 2016 • BY ALESBEN B.”

Storia del marchesato luoghi e strade – Nel “Codice della Liguria” edito in Genova nel 1850, lo storico Garoni scrive nel suo Codice della Liguria che “nelle falde del Montalto, a duemila metri dalla foce della Sciusa sta la Villa di Verzi, a cinquemila trecento quella di Portio, e a seimila quella di Magnone”. L’Imperatore Antonino, nel suo “Itinerarium Maritimum” ci dice che dal romano Municipium di Vado Sabatia, al Municipinm di Albingaunum, non esistono porti di attracco, nessuna stazione e nessun luogo abitato. Strabone narra di gente dedite alla pastorizia da cui traevano il loro sostentamento, bevevano orzo e latte e vivevano sparse sui monti dove avevano i loro pascoli.

E’ probabile che alle falde del monte Montalto sorgessero le abitazioni di queste gente, antiche tribù Liguri che male accettavano il processo di romanizzazione che lentamente avanzava, processo che era iniziato verso il 230 a.C. Nel 181 a.C. il Console romano Emilio Paolo, dopo l’assedio di Albenga ed una battaglia nei pressi di Finale, riuscì ad assoggettarli, ma, questa vittoria, portò solo all’occupazione del territorio, perché in effetti le popolazioni furono domate solamente dopo il I sec. a.C. dall’Imperatore Augusto. Vicino a Portio passano le antiche vie di comunicazione romane su due direttrici: la via Julia che passa in prossimità della costa, scende dall’altopiano delle Manie, raggiunge Pia passando per il Monte, quindi salendo al Gottardo ed alla Caprazoppa raggiunge Gorra.

L’altra via romana, la via Julia Augusta (Aurelia), partendo da Roma, attraverso Rimini, Piacenza, Tortona, il Passo di Cadibona, raggiungeva il Mar Ligure nei pressi di Vado Sabatia, poi per superare le asperità del Capo di Noli, passava sui monti, raggiungeva Magnone, passava nei pressi di Portio e per la Valle dei Cornei proseguiva per Orco e la Valle dell’Aquila, risalendo la montagna di Perti, raggiungeva Gorra e da qui per la Valle del Bottasano si inoltrava verso ponente per raggiungere la Gallia. (**)

La descrizione di questo tronco stradale e la volontà dell’Imperatore Aureliano di volere importare degli schiavi per far coltivare a vigneto questi luoghi ci è tramandata da Flavio Volpisco.

A garantirci la veracità di quanto ci hanno tramandato gli antichi cronisti rimangono a testimonianza i ponti romani a cavallo del Rio Ponci e dei suoi affluenti: il ponte detto “delle Fate”, ancora in buon stato di conservazione: il ponte detto Ponte Sordo”, distrutto, nelle cui vicinanze si vedono ancora i resti dell’antico argine stradale; il ponte detto “delle Voze” o più comunemente Ponte Muto” ben conservato; il ponte detto “dell’Acqua” o “Ponte Vecchio” o ancora più comunemente “ponte di Portio” in parte interrato, scavalca il rio Ponci in prossimità della strada che conduce alla Madonnina, una cappella votiva sul giogo dove, passando per Portio si accede in
Val Pia; infine il quinto ponte tra i boschi quasi in testa alla vallata detto “ponte di Ponci”.

Ancora un ponte era gettato a congiungere le due sponde della Fiumara di Pia, era il Ponte dell’Acquaviva o di Cornei, sostituito nel quattrocento dall’attuale, esso immetteva nella stretta gola che porta il fantastico nome di Colpo di Orlando. La leggenda vuole che il paladino Orlando, all’inseguimento dei Mori, creasse una spaccatura nella montagna con dei poderosi colpi della sua durlindana. Il territorio appartenne alla grande Marca Aleramica come risulta dai diplomi regi del 25 luglio 935 e del 6 febbraio 940, dati a Pavia dai Re Ugo e Lotario, godette della gloria, dei benefici e dei privilegi del grande Bonifacio di Vasto e fu possesso per diritto di discendenza della famiglia marchionale savonese dei Del Carretto di stirpe Alemarica.

Secondo il testamento redatto nel Castello di Loreto il 12 dicembre 1142, alla presenza dei Vescovi di Savona e di Asti, quali autorevoli testimoni, il Marchese ereditava tutta la parte del Marchesato di Savona, comprendente pure le terre del Finale, di Perti, di Orco, di Vezzi e i diritti sul Castello di Noli, ma nel 1192, cedeva i suoi diritti sui castelli di Noli e di Segno alla Città di Noli erettasi a Libero Comune. Queste vendite non furono molto gradite, anzi preoccuparono il Comune, giovane, di Savona che vedeva un’intromissione genovese, rappresentata dalla presenza di Noli nel Castello di Segno e di conseguenza nella rada di Vado e sui territori verso i quali aveva mire espansionistiche. Per queste ragioni il Consiglio Savonese deliberò l’acquisto della Castellania di Quiliano, delle Terre di Vezzi e dei Boschi di Consevola, obbligandosi a darli in feudo ai vecchi signori aleramici.

Nell’archivio di Savona esiste la pergamena originale del Diploma di Federico II, dato da Brindisi nell’aprile del 1222 che conferma la proprietà sul territorio di Vezzi, con tutte le sue pertinenze, a Ottone Del Carretto, figlio di Enrico I Del Carretto, soprannominato il Guercio: …”emptionem quam cives eius fecerunt de pedagio porte et ripe Saone et de Legino et Lavagnola et Quiliano et Vezio et Cossegola et eorum Pertinentiis ab Ottone Marchione de Carreto”.

Gli storici savonesi lamentano la mancanza di documenti ed il Verzellino afferma che le terre di Vezzi furono acquistate dal Comune di Savona nel 1132, ma l’atto di questo acquisto non è depositato nell’archivio. Nascono dei contrasti tra il Gastaldo di Vezzi, Raimondo, che fino all’ora si era dimostrato fedele alla politica savonese ed al Comune, tanto che per sua sicurezza, questi, nel 1256, lo costrinse a giurare fedeltà. Mai dal tempo che seguì vi furono contrasti tra l’Università degli uomini di Vezzi ed il Comune di Savona, tanto che il l’ 11 novembre 1254 gli uomini di Vezzi giurarono fedeltà al giudice Bertolino Bonifacio, rappresentante del Comune, retto da Simone d’Oria. I nomi di questi uomini si riscontrano nel secondo volume dei Registri a catena ed alcuni di questi si tramandano ancora oggigiorno, o per patronimico di famiglia o per indicazione di località.

Essi sono: Io de Telesio, Ioh.iudex Riccardus de Campedo, Guillelmus de Campedo, Iacobus Bertaldus, Cbertus Gallerus, Obertus de Lore, Anselmus de Campedo, Enricus de Monte, Iacobus Rauscius, Iacobus de Lombarda, Raymondus de Telayo, Iaccibinus Rauscius, Toh de Calvis, Rufinus Buchinus, Nicholosus de Quercu, Enricus de Vassallo, Bonavia Collegius, Gullelmus de Costa, Ugo de Fascia, Iacobus Calumbus, Enricus de Fascia, ….”

Nel 1260 Raimondo di Quiliano giura al Podestà di Savona di tenere come feudo del Comune tutto ciò che possiede nei territori di Quiliano e di Vezzi, mai suoi discendenti vengono considerati decaduti dalla successione. Nel 1261 una parte del territorio di Vezzi venne ceduto in feudo alla famiglia genovese dei Cigala nella persona di Nicola Cigala, che nello stesso anno lo restituisce, in presenza di Jacopo Fornari e dei cittadini di Vezzi, al Comune, tuttavia il podestà di Savona, Jacopo Boccanegra, lo reinveste del feudo e ne riceve giuramento, assicurando al Comune il mantenimento dei suoi diritti e la restituzione delle terre qualora ne fosse fatta richiesta e l’obbligo di reclutare armati, quanti più ne possa raccogliere. In quest’occasione anche gli uomini di Vezzi, riuniti nella Chiesa di S. Giorgio giurano fedeltà al Comune savonese.

Queste cessioni e questi acquisti celavano senz’altro manovre politiche. Un giuramento simile era stato fatto da Enrico II Del Carretto allorché Marchese di Savona governava la città.Trascorrendo il tempo in pace, e poiché le terre di Vezzi erano care al Comune ed il governo dei Cigala era improntato sulla giustizia e sulla rettitudine, il giudice di Savona, Simone Cancellieri, ritenne utile per il bene del Comune dare investitura al casato di tutto il territorio di Vezzi in feudo nobile ed onorificato.

Per ben due secoli la famiglia Cigala fu feudataria delle terre di Vezzi. 1261 Nicola Cigala è investito dei 3/4 del territorio,1270 Nicola Cigala è investito del restante 1/4 del territorio,1293 Corrado Cigala e i suoi due nipoti, figli di Guglielmo Cigala, sono investiti dei 2/5 del territorio,1302 Corrado Cigala e Anselmo, figlio di Lanfranco Cigala, sono investiti di 1/5 del territorio, Corrado giura fedeltà al Comune di Savona rappresentato dal Podestà Giorgio De Mari.1309 Corradino e Melania figli di Corrado, sono investiti dei 4/5 del territorio.

Dopo questa data non si trovano altri documenti riguardanti la famiglia, fino al 1518, anno in cui Battistina Squarciafico, vedova di Bartolomeo Cigala reclama il resto della sua dote in 1400 lire genovesi. Tuttavia già dal 1456 sono operanti gli Statuti della terra di Vezzi del tutto simili agli Statuti di Quiliano del 1407. Il nome di Portio appare in alcuni documenti testamentari duecenteschi, il primo documento ufficiale di appartenenza al Marchesato di Finale è l’atto di divisione ereditaria rogato dal notaio Siccardi nell’ottobre del 1253 a Millesimo. La spartizione della grande Marca lasciata da Giacomo Del Carretto, Universale Signore e Marchese di tutto il territorio carrettesco, Marchese di Savona e Signore del Finale, fermi restando i diritti di giurisdizione ed i proventi di acqua, di bosco, di pascolo e di pesca, toccò, per il territorio del Finale, al primogenito Antonio, che in effetti governava la Marca dal 1263.

In questo atto di spartizione si riscontra la dicitura “Castra et Villas et campagna vidolecit…item campagnam mediam de Portius et Vosis”, vale a dire la metà del territorio di Portio. Quest’atto ci dà la certezza che, mai nominata prima d’ora in atti ufficiali, Portio costituisce Campagna, governata da un Rettore e legata, politicamente ed economicamente al marchesato. Pochissime e frammentarie sono le notizie che sono giunte fino ai nostri giorni: inverta è la presenza dei Padri Domenicani nel XV secolo nella Chiesa del S. Sepolcro. Una fitta documentazione tra il 1432 ed il 1452, si può così riassumere: Cristoforo de Marcho, cittadino savonese, aveva acquistato dai Sindaci dell’Oratorio un bosco di castagni, sito in “Villa Portui in Contracta Ecclesie Sancti Sepulchri”.

Nel suo testamento nominava eredi per i suoi beni in Portio il Convento dei Padri Domenicani di Savona affinché tenessero un frate ad effettuare il servizio religioso: se questi non avessero assunto tale onere, altri li avrebbero sostituiti nell’eredità e per ultimo sarebbe stato un sacerdote secolare designato dal Vescovo di Noli; ma nel 1451 i Domenicani del Convento di Santa Caterina di Finalborgo appoggiati dal Marchese, rivendicano presso la Santa Sede l’eredità. Questa richiesta non appare molto chiara, per cui si apre un inchiesta portata avanti da un canonico della diocesi di Savona. incaricato di controllare il testamento; i Domenicani di Santa Caterina non ottennero il legato.

Da documenti successivi si viene a sapere che, nelle feste di precetto, si celebrava il rito alternativamente nella Chiesa del S. Sepolcro e nella Chiesa di S. Salvatore
(Magnone). In mancanza dell’officiante i redditi del lascito erano percepiti dalla Comunità. 
In località “Ca de Bo” la tradizione ci tramanda la “Cappella dei Frati”, conglomerata ad una antico edificio ora residenza privata, ed un pozzo attiguo ad un orto che porta il nome di “Orto del Frate”. Poiché si riscontra tra i documenti del 1557 una tassa sui mulini di 49 scudi, la più alta del Marchesato in proporzione alla popolazione, si può in qualche modo pensare ad un commercio del macinato in super produzione. Dissidi campanilistici sorsero tra gli abitanti dei due rioni: Magnone, così chiamata perché secondo la tradizione popolare fu abitata per la prima volta dall’antica famiglia dei “Magnonsis” che aspirava ad autogoverno.

Molte furono le liti per ragioni di confine, tanto che nel 1553 dovette intervenire il Vescovo per sedare una rissa prima che degenerasse in una faida. Ogni piccola motivazione era colta per litigare: nel 1590 Portio e Magnone sostennero una lite causata dalla rottura della campana della Chiesa del Santo Sepolcro. Magnone non voleva partecipare alla spesa per la riparazione, intervenne nuovamente il Vescovo ma neppure Lui riuscì ad ottenere la pace; questo litigio durò senza tregua fino al 1614 e fu la causa della separazione in eterno delle due parrocchie, sentenza che divenne esecutiva il 7 marzo 1615.

Poiché la delimitazione dei confini tra il Marchesato ed il Comune di Noli erano sempre stati incerti, in una sentenza del 1411 essi vennero posti tra il cimitero di
Voze e la proprietà del finalese Chiesa, ma, Noli, insoddisfatta di tale decisione, con l’appoggio di Genova, che non mancava mai alle opportunità per ledere agli interessi del Marchesato, ottenne la revisione e lo spostamento dei confini in coincidenza con la strada per Voze. Questa incertezza sulla delimitazione dei confini darà spunto ad altre dispute ed ad altri litigi: uno di questi avvenne a causa di furti commessi a danno di cittadini nolesi, dai soldati spagnoli che erano di presso in Voze; altra lite scoppiò nel 1652 quando furono fatti prigionieri nell’entroterra di Noli di alcuni conducenti di muli di Mallare che trasportavano le loro mercanzie.

In atti nel 1562 si riscontrano alcune vendite di alberi di ciliegio, alcuni litigi sulla raccolta dei frutti lungo i confini ed ancora altre dispute sull’uso dell’acqua irrigua. Si trovano ancora dispute sul taglio delle piante e sull’invasione da parte degli animali nel seminato. I territori di Vezzi e di Portio appartennero dal 1798 al mandamento di Noli, ma il territorio di Portio fece parte a se e nel 1804 fu unito al Comune di Magnone per fare un unico Comune e per essere nuovamente diviso dal 1814. Durante la dominazione francese, nel periodo di Napoleone Bonaparte, troviamo il Comune di Magnone, comprendente anche la frazione di Portio e il Comune di Vezzi per S. Giorgio e S. Filippo, entrambi appartenenti al Cantone di Noli.

Il Generale Chabrol annotava che gli abitanti erano in totale 852, tutti agricoltori e le donne si occupano del taglio e della vendita della legna. Nel 1815 Portio fu nuovamente legato a Magnone e nel 1854 fu Portio a dare il nome al Comune. Nel 1871 i Comuni di Vezzi e di Portio furono uniti in un unico Comune, ma solo il decreto reale del 27 luglio 1895 autorizzò e sancì l’effettiva unione.

Cantone di Noli – dipartimento di Montenotte

Il Territorio agricolo e la conurbazione


L’attività agricola si basa soprattutto sulla produzione di vino e olio di oliva. Tra i vini più pregiati il Lumassina, prodotto nelle valli tra Noli e Finale Ligure. Da notare inoltre la produzione di Cicciarelli, pietanza a base di pesce che ha ottenuto il riconoscimento di “Presidio di Slow Food“. L’agricoltura ligure ha da sempre avuto quale punto di forza il clima molto favorevole, che consentiva produzioni anticipate rispetto ad altre zone situate alla medesima latitudine, soprattutto come primizie orticole e produzioni floricole nel periodo invernale.

Tuttavia, in queste zone si è verificata, negli ultimi decenni, una forte contrazione delle attività agricole più valide a favore dello sviluppo abitativo, turistico, artigianale e delle grandi infrastrutture, in modo particolare nelle zone vicine alle aree urbanizzate.

Vezzi, ai tempi del Mandamento Di Montenotte, con ogni probabilità, apparteneva, come classificazione morfologica, ad una via di mezzo tra case isolate e villaggio; il villaggio che si distingue per l’esistenza di punti di ritrovo ed un certo numero di servizi quali chiesa, scuola, posta, batteghe, bar, Esso costituisce un organismo già capace di svolgere, sia pure a livello elementare, una serie di funzioni che riguardano anche il territorio circostante, più o meno ampio.

Nelle zone montane più interne, il declino rurale è dovuto alle condizioni fisiche e ambientali che non consentono una conduzione economica dell’azienda agricola, a meno di costanti integrazioni di reddito. Nonostante ciò, il territorio ligure ha ancora un legame strettissimo con l’agricoltura, che ne caratterizza fortemente gli aspetti ambientali. La salvaguardia degli elementi di ruralità del territorio ha anche lo scopo di conservare la qualità dell’ambiente, inoltre la conservazione delle attività agricole influisce sulle di vita e di lavoro sia per i residenti in determinate zone sia sul mantenimento e sullo sviluppo dei flussi turistici.

Il progressivo abbandono della montagna da parte delle persone attive sta contribuendo al degrado del territorio; ne consegue un peggioramento delle condizioni di stabilità dell’assetto territoriale. Ha contribuito a ciò anche la conurbazione degli agglomerati costieri e della vicina città di Savona. L’insediamento delle attività artigianali ed industriali e delle Valli di Vado e dell’asse della Val Bormida, hanno determinato il progressivo spostamento della popolazione attiva. Ciò ha portato alla riduzione della popolazione residente cui si somma la mancanza di scolarizzazione per effetto dell’invecchiamento della dei pochi che sono rimasti.

Le botteghe sono sparite, ai lavoratori impiegati nelle industrie e nelle attività commerciali della costa, è più consono approvvigionarsi nei centri quali super mercati dove, tra l’altro, la “roba” costa meno. Una colazione al “Bar” al mattino, fa risparmiare tempo ed è più comodo per studenti ed impiegati. L’impiego forma molto comoda per guadagnare uno stipendio fisso dopo sei – otto ore di lavoro e che risparmia la fatica di “spaccarsi la schiena” per zappare un terreno che da “frutti” non sempre apprezzabili. L’evento delle multinazionali agricole fanno si che il “piccolo” a poco poco sparisca.

L’aumento dei terreni incolti, l’abbandono delle sistemazioni agro-forestale e idraulica di tipo intensivo ed estensivo, la mancata manutenzione delle opere idrauliche in alveo dei torrenti montani, nonché i danni causati al patrimonio forestale dai ripetuti incendi boschivi, concorrono a favorire l’erosione dei versanti collinari o montani. I pochi rimasti agricoltori puntano il dito, per i mancati raccolti, all’incremento abnorme della fauna selvatica, vedi cinghiali; ma è doveroso dire che la fauna selvatica dei tempi passati era più equilibrata; coesistevano cinghiali, daini, caprioli ma erano presenti anche lupi il cui piatto forte di alimentazione era proprio il cinghiale.

Il Comune di Vezzi Portio, oggi, sta tentando di ridare “vita” agli antichi agglomerati, si cerca di sfatare il luogo comune di “paesi dormitorio” attraverso l’istituzione di varie Associazioni come punto di aggregazione sociale in grado non solo di fare conoscere e frequentare il territorio ma, anche di invogliare i cittadini a far parte della popolazione residente.

A.S.V.S.G. Associazione “Sborgnistica Vezzi San Giorgio

Il 30 luglio 2016 l’associazione “Sborgnistica Vezzi San Giorgio” compie 40 anni, e si perché la A.S.V.S.G. è nata nel 1976, cofondata da Riccardo Miliardo, genovese, come altri vezzesi che rientravano da Genova ed anche da qualche nativo autoctono.

Era un giorno di fine estate del 1992, il vicino di casa, Salvatore Scandariato, originario di Calatafimi [Sicano], tanto è vero che scherzosamente gli dicevo che era salito al nord con Garibaldi, ma mentre lui si era fermato a Teano, l’altro era arrivato a Savona. Salvatore che non apparteneva alla “gens” Musoni&Mugugni [1] [vedi Gens saonensis a Noli del 18 OTTOBRE 2016 •
NUMERO 96 DEL 20 OTTOBRE 2016
• BY
ALESBEN B], ci portò in quel di Vezzi San Giorgio nei locali dell’associazione Sborgnistica; punto di aggregazione dello “spatarato” [form. Dialettale] comune di Vezzi Portio.

Ed è lì che conoscemmo RICCARDO, gestore della Associazione il cui Presidente era il Compagno Angelo Vernazza. Erano gli anni in “auge” dell’associazione, che non si identificava con la partitica di governo del Comune ma che era portata alla integrazione tra i residenti e “li foresti” nel segno dell’amicizia e della coesistenza pacifica.

Non è il “colore” che fa un’associazione ma sono gli uomini che la compongono, sopra tutto quelli eletti a governarla.

Sul necrologio del Comune l’Amministrazione attuale, ricordando RICCARDO M. cita una frase che ne riassume la figura: SI È SEMPRE ADOPERATO AD INIZIATIVE PER IL BENE DELLA COMUNITÁ

G.B.Traverso, presidente dell’Associazione Sborgnistica, proprio con la “g”, nel suo elogio funebre, officiato nella Chiesa di San Dalmazzo, lo scorso 15 marzo, ricorda: “Ricordi, quarant’anni fa? Quando tu astemio o quasi, hai riunito tante persone schiette, con voglia di fare ed anche estimatori di Bacco, ed insieme avete fondato la Sborgnistica”Tante cose sono state fatte: le prime sagre a Vezzi, le corse ciclistiche, le tante partite di calcio con i nostri ragazzi, oggi uomini e padri di famiglia”

Ed ancora un elogio funebre di una persona che lo conosceva molto bene e che ha di speciale; il motivo….

“In memoria di Riccardo

“Caro Riccardo, hai fatto una lunga strada, e non l’hai fatta da solo. Questa è stata la tua peculiarità: essere sempre preoccupato degli altri che incontravi nel tuo cammino.

La strada, come tu raccontavi, è stata tortuosa fin dall’infanzia-adolescenza. Dove sei stato messo alla prova che hai superato con tenacia. Per questo la tua attenzione è sempre stata molto rticolare per i ragazzi per i quali ritenevi necessario trovare un luogo dove si potessero incontrare e star assieme. È questo uno dei motivi per cui assieme ad altri compagni, dopo esserti trasferito da Genova a Vezzi quasi 45 anni fa, avete ritenuto necessario trovare e creare una struttura stabile che fosse luogo di accoglienza. Struttura che è diventata nel tempo aperta a tutti, anche agli anziani, dove si poteva stare insieme, gustare pranzi e cene, ballare, giocare, ma anche discutere e approfondire di volta in volta vari argomenti, che fosse anche luogo di analisi culturali e politiche.

Hai partecipato con attenzione alla vita della comunità di Vezzi, ma hai ostentato il tuo impegno silenzioso ma determinante per la vita della Società. Hai sempre in prima fila fatto memoria del 25 Aprile che ritenevi, insieme alla Costituzione, elementi da ravvivare e tramandare alle nuove generazioni. Da ultimo il tuo impegno nel lavoro, che ritenevi necessario e da svolgere con scrupolo, e che tu stesso hai condotto, nonostante la malattia, fino all’ultimo con Antonella. Comunità di Vezzzi ti è molto grata, e se piange la tua perdita, è sicura che quello che hai seminato col tuo sorriso e con la tua bontà, non verrà disperso, ma anzi sarà di stimolo per molti di noi. Grazie Riccardo e penso che si possa affermare che sei stato un vedo Laico Cristiano

….che ha di speciale; il motivo, che ai più sfugge, ma che è presente in modo eclatante è l’analogia con Don Giovanni Ghilardi

Una vita per aiutare gli altri quando ‘Savona faceva paura’. Un carattere forte e caparbietà gli hanno permesso di superare i giorni difficili, dolorosi. Il ‘pestaggio’ mediatico di un’inchiesta, un’imputazione, titoli e locandine. Infine un’assoluzione liberatoria, con la grave malattia ormai al capolinea. Don Giovanni sempre a fianco dei ragazzi di strada, disadattati e che grazie al suo aiuto materiale, morale, educativo sono usciti dal tunnel della droga, del carcere. E’ stato il primo, a Savona, ad occuparsi del disagio giovanile in città. Contro tutti o quasi. Una storia di successi ed insuccessi come testimonia il libro che ha scritto: ‘Rimettersi in gioco’.-19 SETTEMBRE 2016•NUMERO 92 DEL 22 SETTEMBRE 2016• BY Alesben

…….e dopo

Negli ultimi anni della fine secolo nacquero altre Associazioni e varie attività. La Pro Loco – presidente Viglietti – con sede prima presso il così detto “campetto” e successivamente presso il locale ACLI di Portio.

A Vezzi San Giorgio viene istituito il Museo del Miele a cura dei Padri Benedettini di Final Pia; a Borghi vengono aperti la Farmacia e l’Ufficio Postale. La scuola elementare diventa unica per tutto il Comune, ma a causa di carenza [per il M.P.I] di materia prima, rimane solo la scuola materna. Sempre a Borghi, nel nuovo edificio scuola, c’è lo studio medico per i medici di base che hanno voglia di operare nel Comune. Si rinnova il “negozietto” di prodotti alimentari e non solo; insomma si assiste a quanto che è successo dopo l’anno mille, la rinascita di un paese che “Nostro Signore aveva perso quando ha creato il mondo”. Anche la popolazione residente cresce, aumentano i vani abitativi [Villaggio Wilmar], vengono ristrutturati vecchi casali e abitazioni nei vari nuclei storici. Aumenta la disponibilità ricettiva, infatti prendono corpo vari B&B come “Cà de Rusitta”, “il Melograno”, tanto per citarne alcuni. Quando il Generale Chabrol annotava che gli abitanti erano in totale 852, tutti agricoltori e le donne si occupano del taglio e della vendita della legna, dell’antico mestiere è rimasto solo un rappresentante, in località Costa.

Alesben B.

 Bibliografia:

a) A.Barberis – L.Bertolotto: Vezzi – Portio cenni storici, 1989

b) S.A.S. Giorgio I° Principe di Seborga – I Documenti parlano – gennaio 2000

c) “Archeo” – Le grandi strade dell’Impero n° 39,1988

d) Archivio parrocchiale

Bibliografia da Barberis-Bertolotto

Arch.Com.Sv.    Registro a Catena 2 c.XII – Instrumentum fidelitatis hominum de vecio

Filippi    Una contesa tra Genova e Savona del XV secolo

Garoni            Codice della Liguria – Genova 1870

Strabone        Geog. Parisiis Didot – 1863

Verzellino    Delle memorie particolari e specialmente degli uomini illustri della città di Savona – Bertolotto 1885 Vol. I

Volpisco         Aurelianus in Hist. Aug. Se

Registro a Catena 2 c. xxviiii

    Instrumentum sicut dominus Nichola Cigala redidit et consignavit castrum et villam Vecii comuni Saone

Instrumentum feudi et fidelitatis domini Nichola Cigala facta de castro et villa Vecii

Registro a Catena 2 c. xxxi

            Instrumentum fidelitatis hominum de Vecio

Registro a Catena 2 c. xxxii

Instrumentum fidelitatis quarte partis Vecii facta per comune Saone et concesso domino Nichola Cigala

Registro a Catena 2 c. cxxxxv

Instrumentum nobilis et honorifici feudi illorum de Cialis pro villa et castro Vecii et de promissione ipsorum facta comuni

Registro a Catena 2 c. cxxxxviii

Instrumentum nobilis et gentilis feudi dati et facti per comune Saone certis de Cigalis pro quinte parte castri et villa Vecii

              Registro a Catena 2 c. clxix

            Iura villa Vecii

               Registro a Catena 2 c. clxx

            Instrumentum investictionis feudi et iurium de castro et villa Vecii

    [1] “gens” Mu&Mu – Popolazione mugugnosa e musona ovvero chi non da confidenza ad alcuno, foresti sopra tutto.



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