Obiettivamente non era dato sapere se anche l’uomo fosse in attesa di una risposta alla nostra incapacità a recepire anche un solo pensiero superficiale, uno sbocco di beatitudine credibile, in quello stato apparente, da scrutare meglio e approfondire.Qualcuno di noi ben presto cominciò a ipotizzare che l’uomo avesse costruito da tempo la sua piramide capovolta, immersa parzialmente nella terra e stesse edificando sulla sua base ben solida palazzi di pregevole fattura e giardini, piantando numerosi pioppi tremuli. Avremmo potuto sostenere psicologicamente a lungo il permanere dei pioppi nei giardini pensili e guardarli crescere tutto l’anno.
Magari qualcuno di noi avrebbe potuto stendersi sul pavimento e, strisciando piano, avvicinarsi all’uomo per vedere meglio di chi si trattava oppure decidere tutti assieme di uscire dalle nostre traettorie consuete, di sbilanciarsi e finire sbalzati fuori, rovinando lungo il percorso accidentato. Nel riprenderci avremmo potuto scrutare meglio verso la figura dell’uomo, la sua faccia e gli occhi che avremmo potuto scorgere come due forme più chiare.
La faccenda si faceva più spessa: si andava verosimilmente verso la fine della questione. Ipotizzammo così di trovarci proprio davanti alla figura di un uomo di mezza età, in attesa del sonno notturno, seduto accanto al tavolo in un momento di attesa più o meno in quiete, da solo ma non triste né allegro.
C’era ancora molto (direi tutto) da approfondire, soprattutto da capire.
Intrufolarci nelle pieghe del non detto, un silenzio eloquente che prospettava più di quello che l’uomo voleva tacere, uno iato di contenimento che presto avrebbe ceduto o che sarebbe stato scavalcato con un minimo dispendio di energie.
Solo un pensiero superficiale poteva credere che nessun mistero, nessun fatto recondito fosse alla base di questo caso insolubile: immaginare che si trattasse della pura normalità di una tarda sera in cui il sonno non arriva.
La nostra storia non era già finita prima di nascere, obiettivamente non si poteva caricarla di risposte fantasiose, ma un approfondimento accurato andava finalmente compiuto. Ci attardavamo attorno alle difficoltà quasi per inerzia. Capivamo che era diventata una storia letteraria e solamente le numerose risorse del linguaggio avrebbero permesso la sua spiegazione.
Ma il fatto che neanche i suoi pensieri si potessero percepire o immaginare faceva sì che chiunque poteva credere che l’uomo fosse a piedi scalzi e mani nude mentre i pensieri ruotavano tranquillamente nel nostro perimetro abituale e si poteva concludere che la nostra storia fosse molto complicata più che altro per la nostra imperizia nel sondare.
La cosa più grave era che accettavamo ogni risposta senza bilanciarla con qualche valutazione, nessun ragionamento accompagnava il senso di quanto emergeva.
Bruno Chiarlone Debenedetti