Il 2 luglio, festa dei santi Ottone e Sviturno, San Bernardino Reralino, S. Longino, S. Gonda, S. Dorico, il ‘catastrofista’ (?) NiNiN (indomito blog di Savona) pubblica un allarmante servizio – approfondimento sul progetto di variante Maersk a Vado Ligure (vedi….). Con una sorprendente e tragica ipotesi: ” Se il geologo Mimmo Filippi (leggi…) avesse malauguratamente ragione, una lenta, progressiva ma inesorabile erosione delle nostre spiagge. Fino alla loro scomparsa. E l’ultimo definitivo sfregio al Paesaggio. Vien voglia di dire: chi da i numeri ! No, parlano i fatti. Il governo della Liguria, del presidente Toti e di Marco Scajola, indiscusso paladino dell’industria balneare, col suo capogruppo Angelo Vaccarezza, è il caso che accendano un faro. Leggi anche il comunicato stampa di Noi per Savona.
Uno scempio che non può essere barattato né con posti di lavoro, né con la legge che risparmiare si deve. Oggi più che mai il potente sindacato dei Bagni Marini dovrebbe assumere il ruolo di capofila per un saggio ‘boia chi molla’ al paventato riempimento – basamento a mare (anzichè piattaforma su palafitte). Ci hanno già pensato, in molti casi i porti turistici, manufatti in mare, a violentare, fare danni con l’erosione delle spiagge. Il mare, come accade nei torrenti e nei fiumi ingabbiati, cementati, in qualche caso deviati, prima o poi prende la sua rivincita. La natura si ribella.
Cosa si sostiene nel servizio firmato Ninin? Che non è certo alla ricerca di clamore, scandalismo, disfattismo, populismo, visto che non vive di pubblicità e di vendite, non è schierato per questo o quel gruppo di potere. Un battitore libero. ” Ti ricordi il Vajont? Anche lassù gli ingegneri erano sicuri, come il monte Toc. Qui sul livello del mare non ci saranno inondazioni imputabili all’ecomostro di Vado, ma se il geologo Mimmo Filippi avesse malauguratamente ragione, una lenta progressiva ma inesorabile erosione delle nostre spiagge. Fino alla loro scomparsa. Oltre all’ultimo definitivo sfregio al Paesaggio.
Anche quaggiù, lungo questa farsa di inchiesta pubblica sulla piattaforma Maersk, gli ingegneri pagati dal costruttore del M.O.S.E. di Venezia e dalla locale autorità portuale sono sicuri, e dichiarano: “nessunissima differenza tra una soluzione chiusa e una soluzione aperta” …
Semplifichiamo: la “soluzione chiusa” consisterebbe in un’autentica montagna di terre da discarica riversate in mare a formare il basamento pieno della piattaforma. Sotto di essa l’acqua e il moto ondoso non circolerebbero più.
La “soluzione aperta” era ed è quella approvata, formata da un insieme di cassoni e piloni sommersi, sui quali poggerebbe il piastrone Maersk. Sotto, le correnti ed il moto ondoso continuerebbero a circolare, forse, con qualche rischio in meno. Questa soluzione, quella approvata, sarebbe la “meno impattante” ma la più costosa.
Quel che non si sapeva e non si sa – certo ignoranza nostra – sono gli effetti e la durata della struttura “chiusa” invece, proprio quella oggetto della variante in corso d’opera che i proponenti, come un sol uomo, stanno disperatamente cercando di far autorizzare in corsa. Sembra follia, ma gli ingegneri in pubblico si mostrano sicuri.
Come lo erano a Longarone.
Ecco allora pronta la richiesta di variante in corso d’opera: riempiamo tutto. Risparmiamo e dura di più, come avrebbe detto loro il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che ad oggi – curiosamente – non ha ancora pubblicato nulla in merito.
Ma all’ineffabile ingegnere Technital nel corso della seconda e penultima tappa dell’ “inchiesta pubblica” scappa una parolina, una parolina inglese: Wallingford.
L’inglese HR Wallingford Ltd. si occupa di “consulenza nel campo dell’ ingegneria idraulica specialistica, distribuzione di software di simulazione idraulica”.
Nonostante il suo responsabile per l’Italia ing. Alessandro Gallina non ne sappia niente, sono quelli che la piattaforma APM di Vado Ligure l’hanno studiata davvero, ovviamente su incarico del proponente. Non solo, l’hanno anche costruita, in scala.
Un modello fisico, reale, che è stato sottoposto alle simulate sollecitazioni del mare, fino ad una durata di tutto rispetto: 500 anni. Il modello studiato è solo quello su cassoni però, quello aperto. Lo prova una pubblicazione scientifica “riservata”, consultabile solo a pagamento, e assai poco diffusa in rete. Eccola: http://www.worldscientific.com/doi/abs/10.1142/9789814412216_0048?queryID=%24%7BresultBean.queryID%7D….
Di studi comparabili condotti sul modello chiuso e più economico ed impattante – spinto oggi da costruttori, progettisti e autorità portuale di Savona – non vi è notizia.
Ci siamo presi perciò la briga di consultare un poco lo studio Wallingford, pubblicato nel 2011, incappando subito in un colossale svarione che speriamo mero errore di battitura. La piattaforma collaudata infatti viene indicata di una larghezza di 250m e una lunghezza di 350m: quella vera sarebbe lunga 700. Il doppio….”
COMUNICATO STAMPA NOI PER SAVONA di Giovanna Servettaz
Ieri, nel corso della terza seduta dell’inchiesta pubblica sulla piattaforma Maersk, sono state ribadite le criticità del progetto, se possibile con ancora maggiore gravità di quanto già non sapessimo. A parte la evidente inadeguatezza delle risposte fornite ai cittadini comprensibilmente preoccupati, è stato rilevato senza più ombra di dubbio l’influsso che l’opera avrà sul litorale savonese. Si tratterà di una devastazione della spiaggia fino al Priamar e di una diffusione di inquinanti in un mare già abbastanza maltrattato. Molto probabili le conseguenze negative sull’economia del territorio, sulla tutela del paesaggio e sulla salute degli abitanti. Dalle denunce emerse l’unica conclusione logica sarebbe uno stop ai lavori e un ripensamento globale dell’opera.