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Liguria e Basso Piemonte

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‘Sblocca Italia’ con 42 inceneritori ? Incostituzionale. Requiem bitume a Savona


La riforma più distruttiva e regressiva ordita dal governo, che ormai da oltre un anno sta scardinando le tutele della salute, del territorio e del paesaggio, è stata respinta in quanto essa viola l’articolo 117 della Costituzione.

 

Quindi la Consulta, accogliendo il ricorso della Regione Puglia, ha dichiarato illegittima l’esclusione dalle decisioni sulle grandi opere, delle Istituzioni delle comunità locali. Tuttavia, la vittoria della partecipazione democratica alle decisioni più importanti, quelle incidenti sullo sviluppo e la qualità della vita della gente, potrebbe essere effimera se il parlamento approverà la riforma Boschi che ha riscritto proprio l’articolo 117, in modo da legittimare la legge Sblocca Italia. Se questo avvenisse, ai cittadini per difendersi rimarrebbe solamente l’ultima possibilità costituita dal referendum, previsto al termine delle riforme Costituzionali.

Ora, definito sinteticamente l’iter possibile della legge, è opportuno analizzare nel dettaglio le rilevanti ripercussioni connesse all’intero procedimento di riforma. Il respinto decreto legge, giustificato dai buoni propositi di accelerare lo sviluppo del paese, che accentra fortemente nelle mani del governo le decisioni delle grandi opere nazionali, fu immediatamente contestato da eminenti giuristi, urbanisti, uomini di cultura ambientalisti e giornalisti, che ne rilevarono la notevole distanza tra i buoni propositi e la realtà degli effetti previsti. Infatti esso elimina la necessità di “intesa” ora prevista tra Stato e Regioni, liberalizzando così le impattanti costruzioni delle infrastrutture ferroviarie e stradali, di porti e aeroporti, oltre a 42 inceneritori, depositi di materiali inquinanti e pericolosi, come nel caso dell’impianto di bitume liquido nel porto di Savona, (che ha raccolto 15 mila firme contro, circa la metà degli elettori savonesi) e altro ancora come gallerie e le trivellazioni petrolifere nel mare e nei territori di grande pregio ambientale e paesaggistico.

Qualcosa di paragonabile all’impatto prodotto dai decenni di cementificazione selvaggia del passato. Insomma una sicura aggressione all’ambiente e alla salute dei cittadini, in sfregio alle norme di tutela costituzionali e agli accordi internazionali sull’ambiente, a beneficio dei grandi gruppi privati, piuttosto che per il bene di tutti. Ad esempio gli inceneritori sono al bando nella Unione Europea , che al contrario prescrive una normativa tendente all’azzeramento dei rifiuti, con la riduzione alla fonte e il riuso, la raccolta differenziata e il riciclo, il compostaggio e il trattamento dell’indifferenziato. E’ confortante peraltro constatare che vi è stata una sollevazione generale non soltanto da parte delle regioni sotto forma di ricorso alla Consulta, ma anche mediante petizioni popolari, che hanno portato, sia a questa sentenza di principio, sia anche al referedum sulle trivellazioni petrolifere.

Ma la considerazione più rilevante, riguarda il metodo che sta alla base della riforma costituzionale del Capitolo V°, che mira a tacitare la volontà dei cittadini eliminando o stravolgendo tutte le leggi di tutela ora esistenti, così come negli ultimi decenni furono approvate le leggi “ad personam” per consentire le libere iniziative di interesse privato e impopolari. Dunque sarà bene ponderare a fondo nel merito, riguardo a tutte le nuove norme costituzionali riformate, per utilizzare nel modo più appropriato il referendun confermativo previsto dopo la conclusione dell’iter parlamentare in corso, al fine di impedire che siano depotenziati i principi democratici della nostra Costituzione vigente, ritenuta esemplare nel mondo.

 

Giovannni Maina

 

 



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