I baci di Millesimo, Millesini, molto apprezzati da Remo Fresia…
Essendo stato sempre goloso di dolci appena ebbi un lavoro fisso, alla sera, due o tre volte alla settimana, uscivo ed andavo al bar; il mio preferito era quello di Merli & Pastorino, dove diventai ben presto cliente fisso. Questo locale era ed è anche una rinomata pasticceria e vi regnava costantemente un ottimo profumo di paste dolci. Le più apprezzate erano, e lo sono tuttora, le squisite “bignole”, nei vari tipi e sapori. Merli & Pastorino erano due distinti pasticceri e barman, successori del fu, conosciutissimo e distinto, signor Sasso, il quale aveva due figli: Dirce e Remo. Questo elegante signore, un uomo piccolino e minuto, si creò una fama memorabile che ancora oggi regge, tanto è vero che le persone più anziane continuano a dire: “Andiamo al bar Sasso” che oggi è il bar pasticceria dei Fratelli Pastorino.
Renato Pastorino, classe 1925, era addetto al banco del bar mentre Merli (classe 1919) era il pasticcere. Renato dagli amici più assidui era chiamato Renato d’Meta, una persona molto bonacciona, semplice, gentile e familiare, socievole, serio e di ottima compagnia, allegro al momento giusto. Verso la fine degli anni ’50 – primi anni ’60, crearono uno squisito, gustoso e gradevole pasticcino confezionato con pasta di cioccolato, meringa e il tutto avvolto nel cioccolato impregnato di buon rum. Al principio questi cioccolatini al liquore vennero chiamati “Baci di Millesimo” e poi chiamati semplicemente “Millesini” per la sua dimensione. Questo pasticcino (cioccolatino) originale ebbe un buon progresso di fabbricazione perché io credo che sia il vero genuino e squisito inebriante pasticcino; chi lo assaggia senza dubbio fa il bis e ritorna a comprarlo. Se ne sono fatte varie imitazioni, ma quello dei F.lli Pastorino rimane senza dubbio il primo ed il migliore di tutti gli altri prodotti dalla concorrenza, perché è il vero Millesino originale.
Nelle mie innumerevoli gite annuali nella vasta e affascinante terra Iberica ed in particolar modo in quell’ubertoso ed ammaliante suolo catalano dove approdai per la prima volta nell’afoso “verano” (estate) del 1962. Ivi alloggiai con il fu Franco Zucchino nella familiare “Pension Roca” situata in calle Juan Maragall n. 8, in Figueras (in catalano Figueres), nella provincia di Girona. Ebbi già modo di scrivere su questa semplice e familiare pensione, molto accogliente, piena di allegria con ottimo e fragrante profumo di cucina catalana, diretta dal più sincero ed affettuoso amico mio, il segnor José Martì Roca, classe 1920. La Spagna per me è sempre stata un forte incentivo, un’ancora di salvezza, dove ho incontrato sempre il vero sentimento e valore umano: amicizia, allegria, affetto ed amore… sentimenti che dalle nostre parti sono solamente superficiali ed ambigue.
La mia gioventù si avvicinava all’età giusta per cercare di formare una famiglia ed era giunta l’ora di fare le cose seriamente. Lavoravo alacremente, cercando di fare sempre delle ore di straordinario per arrotondare il mio esile mensile. Nel 1964, per motivi di salute, non andai in Spagna così l’anno dopo pensai bene di andarci due volte, d’intesa con il fu, buon amico, Antonio Achille Cavallero di Roccavignale, mancato alcuni anni addietro, mi fu compagno di mille e mille allegre avventure italiane e spagnole. La nostra vera e fissa base era la meravigliosa e stupenda cittadina di Figueras, dove l’amico Roca mi fu maestro nell’insegnamento della vera lingua castellana, lingua madre della Spagna, a volte come un fratello maggiore ed un padre, inculcandomi sempre ottimi principi.
Il primo viaggio del 1965 fu dal 25 aprile al 12 maggio; in questa lunga vacanza ci spingevamo fino in Andalusia, nelle città di Granada e Malaga. Al ritorno si faceva tappa base e rampa di lancio in Barcellona da dove poi ripartivamo per visitare il Principato de Andorra. Fatto rientro a Figueras, nelle nostre uscite serali passavamo di bar in bar e in uno di questi, il Nido, incontrai una giovane e carina “entreneuse” di nome Maria Guerra (si pronuncia Gherra) con la quale allacciai un lungo “feeling” amoroso che Maria ricambiava a tono. La sera prima della partenza ci salutammo molto amorevolmente ed affettuosamente con la promessa di rivederci ancora nello stesso anno.
Bruno Chiarlone Debenedetti