In Val Bormida si è letto poco, ma sarebbe l’argomento dell’estate. Dopo il maresciallo Marco Chiarlone, anche Alberto Spitaleri è finito ko al termine di un’inchiesta della Procura della Repubblica. Se il sottufficiale è in attesa di giudizio e trasferito a Imperia, il collega ha gettato la spugna a gennaio e le ultime di notizie (condanna in primo grado) sono recenti. Entrambi protagonisti della prima indagine sui rifiuti tossici e la ‘famigerata’ vecchia discarica di Magliolo. Spitaleri ha fatto parte della squadra di polizia giudiziaria ai tempi del procuratore capo Renato Acquarone. Poi 4 anni nel Raggruppamento Difesa Reparto Informazioni e Sicurezza nella ex Jugoslavia. Agente sotto copertura. E’ stato in servizio a Millesimo, Cairo, ha seguito omicidi di prostitute ad Albenga. Erano rimasti i militari di una lunga stagione che da fine anni ’90 era iniziata con il giovane brillante capitano Michele Riccio.
Un gruppo di uomini ‘scelti’, considerati la punta di diamante della Benemerita, prima in Provincia di Savona, poi a Genova e in Liguria, quindi a livello nazionale. In Calabria, in Campania, in Sicilia dove lo stesso Riccio, quando era colonnello, si è trovato al centro di un clamoroso caso per anni a risonanza nazionale: strascichi, processi, storie di mafia. Coinvolto l’allora comandante dei Ross, generale Mori che dopo tante traversie giudiziarie è stato assolto. Tra gli accusatori c’era lo stesso Riccio, al centro della vicenda per la mancata cattura del boss Provenzano. Con brani di testimonianza nell’aula di Palermo di questo tenore: “Provenzano? Era un confidente ad alto livello con le istituzioni. Questo me lo disse Luigi Ilardo”. Così ha riferito Michele Riccio, ex colonnello dei carabinieri, sentito oggi come teste al processo d’appello Mori-Obinu. “Ilardo – ha aggiunto – mi disse anche che Provenzano parlava con vecchi esponenti della DC: Andreotti, Ligresti e altri. Inoltre aggiunse che mentre Provenzano privilegiava questo rapporto dall’altra parte c’era Riina che parlava con il Psi. Un rapporto che si era saldato con l’attentato a Carlo Palermo. E’ in un’altra occasione che invece mi ha parlato di Peppino Farinella come il terzo esponente di Cosa nostra che aveva portato avanti questa strategia stragista, assieme a Riina e Provenzano. Ilardo definiva Farinella come il terzo mandante delle stragi”. Parlando di Provenzano, Riccio ha ricordato che Ilardo gli aveva riferito che la “la disposizione di cambiare anche la strategia operativa della mafia, senza più azioni eclatanti ma tornando all’antico, veniva dal mondo politico”.
Altri uomini della ‘squadra di Riccio’ seguirono il comandante finito nel macero di inchieste giudiziarie, già nate all’epoca in cui operava in Liguria; fece scalpore la bruttissima vicenda di droga sottratta dopo un maxi sequestro. Chi opera con la criminalità organizzata, pur senza avere un tornaconto personale, deve ‘sporcarsi le mani’, scendere a compromessi per raggiungere obiettivi più ‘alti’, come sosteneva un sottufficiale della squadra ? che per ingiusta detenzione ha citato lo Stato italiano ed è stato risarcito con oltre 100 mila euro. E cosa avrebbe messo in moto, per tornare ai nostri giorni, il tritacarne in cui pare sia finito Alberto Spitaleri ? Valbormidese e tanti conoscenti, amici, nemici . E’ vero che una querela da lui presentata nei confronti di colleghi per falsa testimonianza in udienza è stata ‘liquidata’ in un giorno, con l’archiviazione chiesta e concessa ? Quale priorità assoluta ? C’era del marcio nella ‘mitica squadra‘ ? Cosa raccontano dei personaggi gli archivi stampa e di avvocati difensori ? Atti di inchieste e procedimenti penali ? Chi ricorda la clamorosa denuncia del prof. A. Gramegna, chirurgo, per un concorso truccato di primariato in cui c’era lo zampino di una certa massoneria genovese ? Il processo, le udienze, le rivelazioni scomode, i rapporti trasversali nella politica e nelle istituzioni. ?Abbiamo chiesto un’intervista ad Alberto Spitaleri, ma sostiene che deve consultarsi col suo avvocato, che avrebbe tantissime verità da raccontare, molte vicende di cui non si è mai scritto, che i giornali non hanno saputo o hanno taciuto. Vorrebbe domande scritte, in modo da potersi preparare, documentare con atti ufficiali e giudiziari, querele, interrogatori, sentenze, archiviazioni. Non ‘contrattiamo’ interviste, non si tratta di soldi, ma di fare il lavoro di giornalista, seppure decano e rottamato, uguale per tutti. Se poi ci sono motivi particolari di prudenza, di personaggi da chiamare in causa, non abbiamo nulla da temere, da nascondere, siamo alla fine della ‘missione’ di cronisti di strada, gli anni pesano. Non temiamo ritorsioni, nè avvertimenti.
L’appuntamento con la narrazione della sorte, della storia della ‘squadra speciale’ è solo rimandata alla ripresa delle pubblicazioni, a settembre. Per quella data anche Alberto Spitaleri avrà deciso ? Non ha nulla da temere, non abbiamo nulla da temere. Tuttalpiù chiederemo aiuto ed assistenza ai reparti d’èlite della Seconda brigata mobile dei carabinieri che a Bagdad ed Erbil addestrano l’antiterrorismo iracheno alla contro- insurrezione. Anche l’assai più meritevole e valoroso ministro Paolo Emilio Taviani confidava agli amici che quando era in difficoltà ‘seria’ si rivolgeva al comando di un reparto speciale dell’Arma. Avrà avuto buone ragioni. Lui che era un Uomo dello Stato ed è morto senza ricchezza, con i figli, i nipoti senza impieghi statali o in aziende parastatali. Taviani che a Roma viveva in un appartamento di 120 mq e che non aveva donna di servizio, al telefono di casa rispondeva lui e che nel paese natio dell’entroterra ligure di Levante non ha lasciato altre proprietà se non il podere di famiglia. Che da parlamentare trascorreva le vacanze estive all’albergo Redentore di Monesi, senza scorte e senza lussi e prima ancora, con i cinque figli, all’albergo delle Corriere di Bardineto. Altro che cinque stelle e alberghi di lusso ! Vacanze dorate nei paesi esotici.
L.C.