A Mendatica non è un triller, non c’è trama, nè ombra di scandalo. Semplicemente la presa d’atto, dopo un colloquio con i rappresentanti dell’amministrazione comunale, che il giovane parroco indiano era ormai entrato in rotta di collisione non solo col sindaco, con gran parte della comunità, anche con ‘azioni dimostrative’ che in una città avrebbero fatto clamore. Il Comune voleva utilizzare un’area attigua alla canonica per installare un bombolone ? Il don ha piantato tre zucche per rafforzare il diniego. Eppure in paese non manca chi lo difende a spada tratta:”Hanno fatto una cosa ignobile ! Un bravo ragazzo che studia ancora a Roma, di cuore, ma qui comandano in quattro e bisogna tacere”. Il vescovo Borghetti ha deciso l’esonero.
Forse non farebbe neanche notizia, come solitamente accade in tanti altri casi soprattutto quando riguardano piccole realtà di campagna e di montagna. Un elemento tuttavia emerge e dimostra, se ce ne fosse bisogno, la ‘rottura’ col passato nel ‘governo della diocesi di Albenga- Imperia’. E’ vero, non sempre tutta la ragione sta da una parte e viceversa, ma il buon senso vuole che il parroco non può essere un pastore in costante conflitto con parrocchiani, con le istituzioni locali rappresentate dal sindaco, dalla giunta, dal parlamentino. A Mendatica non siamo al reality di don Camillo ed il sindaco ‘compagno’. La politica, fortunatamente, non c’entra. Giusto che resti fuori e la stessa statura e nomea del vescovo coadiutore, Guglielmo Borghetti, non lasciano spazi a dubbi e sospetti. Certo, può esserci una componente di suscettibilità, permalosità, incapacità di dialogo, ma la soluzione peggiore sarebbe non decidere, lasciar incancrenire i rapporti.
Don Rex Britto Antony proviene da un’umile e numerosa famiglia indiana, tra fratelli e sorelle, a loro volta, attratti dalla vocazione. In India si racconta di seminari rigorosi e severi, sia nella preparazione scolastica, sia morale. Don Rex non è, insomma, diventato ‘ministro di Dio’ per ‘grazia ricevuta’, lontano dall’era che ha contraddistinto il Seminario vescovile di Albenga sotto il ventennale vescovado di Mario Oliveri. Don Rex ha iniziato la sua missione di apostolo nel comprensorio di Pieve di Teco e pochi sono forse a conoscenza che il neo sacerdote era stato ‘adottato’ e ‘aiutato’ economicamente da una coppia di fedeli che vivono in Sardegna e sono orgogliosi, ogni tanto gli fanno visita. Un’opera di bene non comune. Don Rex ha la passione della scrittura, ma non si vergogna a chiedere ‘aiuto’ affinchè la lingua italiana sia riportata in modo corretto. Una persona semplice che sa adattarsi, magari con qualche limite umano e pastorale. Il ‘primo incidente’, del resto, è accaduto nella parrocchia di Cosio d’Arroscia. Le versioni, sulle colpe, sono contrastanti e non sembra sia il caso di riproporle. Nel 2011 il vescovo Olivieri gli aveva affidato Cosio d’Arroscia e Mendatica, oltre ad Acquetico.
A Cosio reduci dall’esperienza di un altro parroco indiano, don Lourdu – inizialmente aveva sostituito a Mendatica il novantenne don Giovanni Brunengo, 63 anni di consacrazione sacerdotale senza macchie, con un carisma che sapeva coinvolgere giovani e meno giovani, un’autorità che sapeva imporsi nella coerenza del ruoli – , a Cosio, dicevamo, erano esplose in un crescendo sempre più alla luce del sole, diciamo le antipatie personali. Al punto che il sindaco Danilo Antonio Gravagno, pare con il consenso della giunta, ha inviato al vescovo un secco ‘ultimatum’. O va via don Rex, oppure trarremo le dovute conseguenze. A quel punto non è stato più possibile tergiversare e lo stesso sacerdote ha ubbidito in nome del rispetto dell’autorità episcopale.
A Mendatica dove la maggioranza dei fedeli sono anziani, pie donne, tra le difficoltà di inserimento più evidenti, problemi nella predicazione domenicale del Vangelo, nel mantenere la collaborazione e partecipazione alle funzioni religiose. Il distacco pare si sia impennato, con presenze sempre più risicate alla Messa, al punto che la celebrazione avveniva senza l’abituale ‘predica’. Inutili, a quanto si dice, i ripetuti campanelli d’allarme del moderato, ma tenace sindaco Piero Pelassa. Che sapeva benissimo quale fosssero i rapporti di stima e di devozione del suo vice sindaco, Emilia Lantrua. Donna di pace e di riappacificazione. Sarebbe ingiusto non dare atto che don Rex ha continuato ad avere al suo fianco persone che lo apprezzano, lo stimano, non hanno condiviso e non condividono quella che definiscono ‘ingerenza nell’amministrazione parrocchiale e nelle prerogative del parroco’. Ricordano, ad esempio, che la notte di Natale si era creata una situazione paradossale perchè due cittadini che abitano a Imperia, per motivi loro, chiedevano che la ‘Messa dei pastori’ fosse posticipata dopo le 22,30, altri chiedevano un’ora prima. Un tira e molla dove alla fine don Rex ha deciso secondo coscienza. Altro scontro, si sussurra, sulla mono ringhiera all’ingresso della scalinata alla chiesa. Il parroco d’accordo, il Comune no, come per lo ‘scivolo’ handicappati. Per l’amministrazione civica si può utilizzare all’uopo l’ingresso secondario al campanile. La disputa sull’uso dell’ex campo da bocce della parrocchia sarebbe stata l’ultima goccia.
Don Rex, facile immaginare che non abbia gradito l’intervento a gamba tesa, e in paese c’è chi solidarizza, ricordando un episodio significativo della personalità. Non aveva una paio di scarponi appropriati per un paese di montagna, scarpe lise dall’usura. Una parrocchiana gli ha donato 200 euro, lui ne ha lasciati 150 alla parrocchia. Altro che parroci proprietari di alloggi, di immobili, lasciati per testamento ai famigliari, quasi sempre nipoti ! In qualche caso alla perpetua. Don Rex che per risparmiare, era facile osservarlo camminare a piedi piuttosto che in auto, c’è chi recorda che a Sanremo quando si doveva recare all’ospedale, a far visita a ricoverati, faceva tutta la salita piuttosto che prendere il biglietto del bus.
Ciò non toglie che gli stessi confratelli sacerdoti, parlano di ‘persona retta, ma con un caratterino‘. Il vescovo Borghetti non ha avuto lunghi ripensamenti quando si è trovato di fronte alla cosiddetta ‘carta canta’. Don Rex se n’è andato senza saluti ‘pubblici’, senza convenevoli. La finzione del resto non è sempre una virtù. E’ stato subito sostituito da don Enrico Giovannini, laurea in farmacia, vocazione adulta, spiccato ascendente tra quanti lo conoscono e lo frequentano. Coordinatore della pastorale giovanile nel Vicariato di Pieve di Teco, autentica sorpresa per doti di simpatia e abilità di intrattenitore, autentico “show man“, persino al goliardico carnevale di Pieve di Teco. Ora celebra Messa e le funzioni religiose, oltre che a Cosio e Montegrosso di cui era già ‘titolare’, a Mendatica e Rezzo. Un tour de force tenendo conto dei percorsi stradali non proprio gradevoli, tra salite e discese, curve, strettoie, rischio collisioni e dunque una guida a prova di concentrazione continua. La riforma della diocesi in Alta Valle Arroscia è già iniziata. Il vescovo coordinatore deve far fronte alla crisi di vacazioni e alla razionalizzazione delle spese. Anche creando foresterie in cui i parroci, i vice parroci, abiterebbero assieme. Un po’ come avviene in tante missioni sparse per il mondo. Non solo, il disegno del vescovo Oliveri, ammettono alcuni sacerdoti della vecchia generazione, era quello di privilegiare i ‘fedelissimi’ lungo la fascia costiera, rilegando gli altri nell’entroterra. Nel comprensorio pievese svolgono le funzioni pastorali diversi indiani, raggruppati si direbbe. Fanno eccezione don De Canis e don Giovannini, ai quali potrebbero essere affidate parrocchie importanti e di peso dove il parroco è il faro, ricopre un ruolo strategico nell’amministrazione parrocchiale, ad iniziare dal mondo giovanile che resta l’asse portante della società e del suo futuro.
L.C.