Il giornalismo non fa più notizia? In una provincia (Savona) che è stata all’apice, in Italia, di copie vendute in edicola nel rapporto con gli abitanti. La nuova povertà è l’informazione? In 10 anni la carta stampata ha quasi dimezzato le vendite. Colpa della crisi e del web, che però ha già smesso di crescere. Il Secolo XIX, amato quotidiano Ligure, è sceso ad aprile al minimo storico (48.389 copie giornaliere vendute). Assorbito dal big editoriale Agnelli – Fiat- Marchionne, La Stampa, a sua volta, è scivolata a 192 mila copie. Lieve regresso del Sole 24 Ore (334.898), Il Corriere della Sera (343.805), la Repubblica (308.209), Il Fatto Quotidiano (44.670), Il Giornale (83.629), Libero (49.893). Altre novità all’orizzonte. Graziano Cetara lascerebbe Savona per tornare alla redazione centrale di Genova; da gennaio era capo redattore delle redazioni riunite di Secolo XIX e Stampa. Il posto andrebbe ad Alessandra Costante, già corrispondente dal comprensorio loanese, da anni si occupa soprattutto di cronaca e politica dal palazzo della Regione. Infine, fissata a settembre la prima udienza davanti al giudice del lavoro, nella causa di Angelo Fresia e Guglielmo (Willy) Olivero ‘espulsi’ dall’editrice La Stampa dopo aver chiesto di essere regolarizzati. Si parla di 2 mila cittadini sottoscrittori di un appello.
Non sappiamo quanto sia apprezzato dai lettori – navigatori fare informazione entrando, si fa per dire, nelle stanze piuttosto ‘riservate’ della principale ‘fabbrica di notizie’ presente nel ponente ligure. Può dare fastidio, irritare, oppure sentirsi ripetere magari da amici e conoscenti : “Cosa ci guadagni, perchè non ti fai i c. tuoi e lasci perdere…“. Sarà, proveniamo forse da una scuola e da ‘maestri’ passati di moda. E’ vietato o perlomeno sconsigliato ‘fare i cani da guardia‘ laddove si ‘cucina’ informazione che spazia in molti campi della vita pubblica e privata, in particolare se si ricoprono cariche elettive. Ognuno, nella vita, è alle prese con passioni, difetti, limiti, pregi. Giornalisti e cronisti coerenti al dovere, alla deontologia, al diritto di informare senza riverenze, a volte rischiando la carriera, l’incolumità o ripercussioni nell’ambito famigliare, essere colpiti dalla macchina del fango, della delegittimazione. Chi segue la quotidiana presenza del blog di Franco Abruzzo trova lo specchio di una consolidata realtà.
Non è semplice per un modestissimo blog, come trucioli.it, trovare le ‘dritte giuste’. Lo ripetiamo da tempo, esiste un’intelligence trasversale a politica, affari, professioni, mestieri, munita di discretissime e penetranti antenne. Non mancano i galantuomini nelle diffuse e discrete logge massoniche savonesi e imperiesi. Ma solo una strettissima cerchia, più ‘introdotta’, riesce a captare a 360 gradi, con largo anticipo. E’ in questo contesto che si è saputo, ad esempio, di una mini delegazione di ‘caratura’, partita da Savona, con destinazione Torino, per esprimere forte disappunto ad un ‘editoriale’ firmato da Graziano Cetara al quale sarebbe da vigliacchi non riconoscere il ruolo ‘solitario’, controcorrente, già avuto durante la ‘direzione’ delle redazioni di Imperia e Sanremo nei travagliatissimi anni del crollo dell’impero politico (e di potere, a tutti i livelli) di Claudio Scajola e C. Se il predecessore, caratterialmente e professionalmente più cauto, Maurizio Pellissone, si era tenuto alla larga dalle mammole che non sanno, non vedono e non hanno mai saputo nulla, Cetara ha usato il bisturi più di una volta contro la ‘cricca ponentina’.. La rassegna stampa lo testimonia, nonostante tutto finisca sotto la polvere.
Ebbene, non era difficile ascoltare che “con Cetara l’edizione del Decimonono era diventata un giornalaccio….non si può più leggere”. E i lettori imperiesi “privilegiano il modello La Stampa”. Nel panorama ponentino non è stata di aiuto, alla ‘casta’ del giornalismo, la storia, le scelte, i posizionamenti, anche da ‘pensionati’, di colleghi pure di rango. Posizionati, si direbbe, in base alla ‘forza professionale’ che rappresentavano, ai loro tentacoli. C’è chi è finito alla ‘corte’ di pezzi da novanta, non c’entra la mala, bensì una certa politica, di un certo potentato economico – finanziario, di chi detiene direttamente o indirettamente alcune leve del potere, meglio se all’ombra, ovvero saper essere schivo per contare davvero. C’è da imparare, a questo proposito, dai veri ‘gradi 33’ dell’italica fratellanza, nel ponente spinta pure oltre la frontiera, come accade per il Canton Ticino dove però sono assai più aperti, persino nel ricordare con manifesti, necrologi, la perdita di ‘fratelli’, il loro ruolo nella società.
Qui, è opportuno ribadirlo, non ci interessa la legalità dei comportamenti (ci pensano gli organi preposti, almeno speriamo), la valutazione del fare il giornalista nel ponente, investe l’etica e la politica con cui ci si confronta ogni giorno, persino troppo negli spazi, nelle immagini, trascurando piccole cose, i bisogni quotidiani dei cittadini: dalle attesa e ciò che accade al pronto soccorso, agli uffici postali affollati e code di ore, ai postini che non recapitano la corrispondenza da paese civile, a chi si ritrova nella sua ‘buca’, posta indirizzata ad altre persone, a volte lettere ‘importanti’, a chi pur trovandosi in casa scopre il biglietto di ritirare la raccomandata in posta, in orari di lavoro per tutti. Nel ponente ligure non c’era bisogno della prova del nove delle primarie di Lella Paita per trovare conferma, a fatti avvenuti, del diffuso stato di inquinamento, di una ferita incancrenita. E il quarto potere? C’è chi se ne accorge, ogni tanto, tira fuori la testa dalla sabbia o chi abbaia, ma non morde. Niente inchieste giornalistiche, o perlomeno mosche bianche. Bisogna attendere quasi sempre la magistratura che, a sua volta, riserva sorprese in positivo, ma anche in negativo. Come le clamorose assoluzioni nell’ambito di inchiestone sul fronte politico, economico, finanziario, mafioso.
Torniamo a bomba. Sarebbe azzardato mettere in collegamento la ‘missione a Torino‘, magari con qualche suggeritore non ‘profano’, e la conclusione dell’esperienza Cetara a Savona. Avevamo scritto, poco conta se in perfetta solitudine, del ben servito ‘natalizio’ all’allora direttore Umberto La Rocca. Eravamo alla vigilia delle grandi manovre in vista della fusione, della rinuncia dell’ultimo editore puro ( Carlo Perrone) a portare avanti la sfida e i pensati bilanci in rosso del Secolo XIX, l’ingresso di un colosso quale sta diventando il gruppo Agnelli – Elkann, con le capacità, l’intuizione, la lungimiranza di Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrysler.
L’obiettivo della neo società editoriale pare sia già stato raggiunto, risanare i conti aziendali dei due quotidiani. I tagli nella voce spese ‘personale’ hanno lasciato il segno, umano, professionale. Hanno influito nella vendita di copie ? Si scrive e si parla di giornalisti tenuti al guinzaglio da contratti forche caudine. Di credibilità in picchiata. Il baratto informale si trasforma in terribile malattia. Il giornale – prodotto venduto alla stregua di detersivo o per qualità e contenuti ? Indipendenza. Ci siamo sforzati, con tanti limiti, di raccontare cosa succede nel mondo dell’editoria e dei web di Liguria, Basso Piemonte. Nel vecchio mestiere ha prevalso la solitudine. Il gossip non è stato il nostro pane quotidiano. Solo e sempre, anche sbagliando, al servizio del lettore stella polare. E’ con questo spirito che avevamo, senza concorrenti, scritto della sorte toccata a due validi giornalisti savonesi, Angelo Fresia e Guglielmo (Willy) Olivero. Dieci anni di corrispondenze dal ponente ed entroterra savonese il primo, ventennale il lavoro anche nella redazione di Savona del secondo, seguiva soprattutto lo sport. Alla richiesta, vie legali, di essere finalmente contrattualizzati, in vista della fusione delle due teste, sono stati ‘esonerati per cessato rapporto di fiducia‘. A settembre la prima udienza davanti al giudice del Lavoro di Savona. Le parti hanno completato l’iter procedurale, ognuno giocando le proprie carte, testimoni inclusi che sono decine per Fresia e Olivero. A fronte, pare, di conteggi e richieste per qualche centinaia di migliaia di euro, l’editore avrebbe proposto briciole. I legali costano, per il più debole non c’è solo l’amarezza, lo sconforto, lo stress, l’angolo la solitudine. Il silenzio dei più. Neppure lo sciopero delle firme per un giorno in segno di solidarietà. Era troppo ?
L. Cor.
Dal 2010 ad oggi i maggiori editori di quotidiani hanno ridotto l’organico di quasi un quinto, tagliando circa 4.200 persone tra impiegati, operai e redattori, mentre l’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, registra un calo di 3mila occupati tra il 2009 e il 2014 (una caduta del 15%). È di pochi giorni fa la notizia che al Corriere della Sera i sindacati hanno annunciato 18 giorni di sciopero – la protesta più dura di sempre – contro i nuovi 470 tagli chiesti da Pietro Scott Jovane, l’amministratore delegato del gruppo Rcs.
Certo, ogni giornale ha una sua storia aziendale e culturale, ma le ripetute crisi nel mondo della stampa non sono casi isolati di aziende in difficoltà.