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Loano restituiti a Fameli 100 mila euro, banconote sfuggite ad un blitz di polizia


Una storia curiosa che coinvolge Antonio Fameli che da oltre 40 anni è al centro della cronaca giudiziaria. Con l’etichetta da boss, ma alla fine dei conti  ha dimostrato fino ad oggi di non essere né un mafioso legato alla ‘ndragheta dove pure aveva conoscenze, né un associato a delinquere dedito a ripulire, riciclare denaro sporco. Evasore si, qualche truffa pure, piccole condanne. L’ultima volta era finito in carcere, con titoli da prima pagina ed aperture di notiziari Tv, nel marzo 2012. In quella circostanza passata al setaccio, metro su metro, pareti e pavimenti, la villa in centro di Loano, sull’Aurelia. Ma alla polizia sfuggì una cassaforte. Ora l’epilogo, con risvolti singolari. Il giudice ha disposto la restituzione del denaro che venne  nascosto in un sifone dell’acqua, al punto da rendere inutilizzabili le banconote. La Banca d’Italia ha attestato la validità, possono essere ‘riconvertite’.

La prima pagina del Secolo XIX il giorno del maxi blitz a Loano

L’epilogo del complessa operazione che fu disposta dalla Procura della Repubblica di Savona, è in attesa del responso più  appariscente e sostanzioso. La confisca o meno di un patrimonio immobiliare  stimato in 10 milioni di euro. Pare che al commendator Fameli interessi soprattutto  tornare in possesso della villa liberty, con piccolo parco che acquistò a fine anni ’70 e col tempo si è arricchita di 33 mono e bilocali. Chi non ricorda il leone di guardia e la torretta con guardiola?  Nessuno pare si fosse reso conto che in quell’area, circondata da palazzi, percorsa ogni giorno da centinaia di persone, era sorto un complesso che aveva moltiplicato i vani abitabili. Poi arrivò un disco club, quindi una casinò La Vegas.

Anche a Loano la moltiplicazione dei ‘pani e del pesci’ che nell’edilizia è costante, come lo sono i condoni, le sanatorie, le varianti ad hoc, il consumo di terra tra asfalto e cemento. Nella città dei Doria, da 50 anni, ammagliano le sirene del profitto, della speculazione e non sono graditi neppure gli ambientalisti moderati. Il mercato immobiliare oltre ai voti, alla clientela, metta sulla bilancia pure la pubblicità a giornali, web, radio.

Il caso Villa Fameli suscitò  vampate di polemiche, rimaste al palo. Titolavano le cronache locali: “Fameli e ville agricole di Verzi, strana cecità in Comune”. “Ma su Fameli e Verzi dov’erano i politici” attaccava  la consigliere di minoranza  ‘è Tempo’ Elisabetta Garassini, avvocato che punta il dito  contro gli amministratori comunali per la loro ‘cecità’. Era il mese di aprile 2012.  “Loano non è Los Angeles. Eppure nessuno in Comune  dice di essersi mai accorto, nè dello scempio edilizio realizzato da Fameli nella sua Villa in via Aurelia, né dell’anomali dell’urbanizzazione  agricola di Verzi. Davvero gli amministratori sperano di riuscire a far credere di essere vittime inconsapevoli di astuti aggiratori …Credo che l’ex sindaco Angelo Vaccarezza e l’attuale Luigi Pignocca devono smetterla di far finta di cadere dalle nuvole. Questi amministratori si ergono oggi a tutori della legalità vantandosi di aver attivato controlli meticolosi quando invece hanno proceduto a sorteggi a svolgere le prime verifiche solo dopo un’interpellanza dell’opposizione. Ciò che è ancora più incredibile e vergognoso  – proseguiva il legale – è lo scaricare la responsabilità sui cattivi, sulla minoranza tignosa, cittadini disonesti,  liberi professionisti astuti, funzionari pubblici e comunali incompetenti e chi più ne ha più ne metta”.

I media riportavano la replica di Vaccarezza e Pignocca. Per Fameli risposta rimase generica, nessun cenno al suo caso specifico. Il tema della replica era puntato su Verzi. Il presidente della Provincia ed ex sindaco diceva (Il Secolo XIX): ” Come ho già detto una volta si va a caccia soltanto se la preda  vale più della cartuccia. La Garassini  vale meno della cartuccia, quindi preferisco non rispondere. Avevo smesso di farlo  quando ero sindaco, non lo farò certo ora. Comunque mi riservo di valutare attentamente il da farsi. Se lo riterrò opportuno sporgerò querela nei suoi confronti. Sarà la magistratura….”.

Non è accaduto nulla, almeno sul fronte personale. La giustizia è in attesa dell’epilogo, non proprio scontato, per il boom delle ville agricole di Verzi. Eppure quasi nessuno si accorse di cosa stava accadendo. Ognuno fa i fatti propri. L’assoluzione per alcuni degli imputati è in attesa del giudizio di appello. Nulla si è più saputo sugli alloggi di Villa Fameli. In compenso il commendatore ha scritto un’altra pagina a suo favore. Era sorto un giallo sul fatto che rivelò lui stesso la mancata apertura di una cassaforte. Sfuggi a chi avrebbe dovuto aprirla e verificare il contenuto. C’è il racconto dell’interessato di come si svolsero i fatti. Nulla di doloso o intrigante, semmai una leggerezza prima, una dimenticanza poi. Il forziere, pare, fu anche smurato. Solo in un secondo tempo Fameli provvide a recuperare ciò che era sfuggito al sequestro. Il malloppo, oltre 100 mila euro, venne occultato in un sifone dell’acqua e qui, col tempo, subì danni. Alla fine il terzo giudice chiamato ad occuparsi del contenuto della cassaforte ha accolto la tesi di Fameli e del difensore Gandolfo. Non ci sono elementi probatori per giustificare la confisca del denaro. Da qui la restituzione per legge. Di questi tempi è gradito regalo natalizio per il ‘mancato boss’ della Riviera.


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