“I moderni reazionari cattolici credono nelle forme esteriori, le divinizzano e assolutizzano, come il vescovo di Albenga- Imperia che adora la liturgia ( forma storica e variabile) come se fosse la quarta persona della ss.Trinità. Per questo il cardinale Siri dialogava con Batini e il Pci, mentre i lefebvriani odierni non parlano con nessuno, neppure la lingua vogliono condividere con gli altri, e riesumano, a scopo di separatezza, anche il latino. Un tempo la chiesa ligure era di destra, ma dalle sue fila uscivano anche i don Gallo, i don Balletto, i don Venturelli, i don Luigi, preti della gente e della città, molto più che delle sacrestie. Questi preti sono vissuti in compagnia della gente, che non hanno sofferto di solitudine e quindi non si sono innamorati dell’infermiera di turno…”.
Lancia in resta, un’altra puntata della quasi ‘crociata’ del prof. Vittorio Coletti, imperiese Doc, autorevolissimo collaboratore de la Repubblica, edizione di Genova. In passato trucioli.it (in precedenza trucioli savonesi) ha riportato articoli, commenti, resoconti, scritti sempre in punta di penna dal linguista scrittore. Questa volta il titolo è già una prima foto : I preti che danno lustro alla chiesa e quelli che si chiudono nelle talari. Non è un mistero, almeno nel ponente ligure, che con l’avvento ed il consolidamento dell’episcopato di monsignor Mario Oliveri, la sua diocesi si è trasformata nell’isola prediletta degli anticonciliari. Sacerdoti che giungono da ogni parte d’Italia, a volte con curiose storie di vita alle spalle, altre volte con problematiche di omosessualità. Alcuni ‘scandali’, ripetuti servizi giornalistici (Il Secolo XIX, con l’inviato speciale Paolo Crecchi), hanno devastato, ferito, soprattutto la diocesi di Savona – Noli, alcuni hanno anche investito nel corso degli anni la diocesi di Albenga-Imperia.
Per un articolo scritto da trucioli savonesi il vescovo aveva presentato, assistito da un legale ingauno, una querela, in particolare puntava il dito contro una ‘fonte interna’ che avrebbe fornito informazioni ritenute non veritiere e forse diffamatorie. E’ trascorso qualche anno e non conosciamo ancora l’esito del procedimento penale, nella marea di 8 mila fascicoli con cui devono combattere i magistrati, dando la precedenza a quanto pare ai reati di maggiore allarme sociale.
Nel nuovo capitolo della ‘guerra’ (ci si perdoni il termine) tra Coletti e il lefebvrismo, individuando il suo leader regionale in monsignor Mario Oliveri, si prende lo spunto dall’episodio accaduto nella diocesi di Ventimiglia, don Marco Gasciarino, parroco di Bordighera, dimessosi da prete per andare a vivere con la compagna “da cui aspetta – scrive Coletti – pare un figlio”. E aggiunge: ” Niente di scandaloso, nè di strano, specie sino a quando la Chiesa continuerà, proibendo loro il matrimonio, a far credere ai suoi preti che una moglie ed una famiglia siano più un bene proibito che un problema quotidiano. Quindi, tutto bene e auguri vivissimi al neo sposo. Se non fosse che il suddetto ex don era in precedenza noto per le sue posizioni di assoluto rigorismo dottrinale e persino liturgico. Era uno dei promotori della messa in latino, escludeva i figli dei separati dal catechismo e i divorziati dai sacramenti.”
Giudicare uno, due casi, senza avere – non per colpa – la situazione della chiesa del ponente ligure dal dopoguerra ad oggi, può prestarsi a critiche di superficialità o di disinformazione. Coletti probabilmente non è tra gli scrittori che hanno avuto la possibilità e la voglia di documentarsi nel mondo delle parrocchie, della curia, dei seminari vescovili. La sorte di decine di sacerdoti che hanno lasciato la talare e perchè. La sorte di altri che invece la talare l’hanno indossata fino alla morte, lasciandosi alle spalle vicende umane e personali, di donne, amanti, figli, figlie, eredità, perpetue, storie di abusi. Ma anche tanti uomini in talare santi nella vita di ogni giorno, nel rigore della loro fede, della morale, della coerenza al Vangelo. Vissuti magari nella povertà, in canoniche lontane dalle città del benessere. Nella loro madia non era difficile trovare pane ammuffito, capaci di cucinarsi un semplice piatto di pasta, formaggio del pastore. Di loro non si è mai parlato, né si è scritto. Se ne sono andati senza onori, in povertà e dopo un umile servizio alla chiesa, ai fedeli. Ricchi solo di virtù, senza i riflettori della cronaca.
Certo lasciano il segno altri confratelli saliti agli onori, meritevoli in opere di bene secondo una diffusa opinione. Coletti affronta con la profondità della sua ‘ideologia’ i don Luigi per il quale la fede include , per i don Gasciarino esclude. “In effetti – scrive – oggi c’è pieno in tutte le religioni e ideologie, di gente il cui credo separa, distingue: i comunisti, adepti della grande religione laica del secolo scorso, non hanno fatto altro che scomunicarsi a vicenda e cosi fanno molti fondamentalisti di tutte le credenze”.
A proposito, un ricordo personale. Negli anni ’50 e ’60, quando era rettore del seminario don Contestabile (di Pornassio) i seminaristi, nel periodo delle elezioni, recitavano rosario e preghiere affinchè “non vincessero i comunisti’. Non si può certo dire che quel rettore, retto e coerente con la sua fede, la sua missione, fosse un lefebvriano, demagogo. Il suo ‘miglior amico’ si fa per dire nel quartiere del seminario era il mitico ‘Kain’, compagno rosso dalla testa ai piedi, pescatore e contadino, un omone rude e simpatico. Il figlio Pinuccio diventerà titolare di stabilimento balneare, ideali socialisti.
Coletti aggiunge, a ragion veduta: “L’intransigenza delle posizioni dottrinali non è un segno di robustezza della fede. Siri era un conservatore, ma non un fanatico. La sua fede cresceva su un’idea di chiesa e di società gerarchiche ed autoritarie, ma non faceva un idolo delle forme, le coltivava solo in quanto segni di quell’idea”.
Forse Vittorio Coletti è più informato. Abbiamo provato a chiedere, nel corso di decenni, a maestri venerabili liguri – quelli che abbiamo conosciuto – se Siri era effettivamente tra i fratelli all’orecchio del gran maestro; mai ricevuto risposte precise, sicure. Che fosse una vanteria di qualche ‘muratore’ per giustificare la sua scelta nella riservata fratellanza?
Conclude Coletti: “ I nuovi austeri sacerdoti si chiudono nelle rigide talari, ma poi sono così soli e distanti dagli altri che possono comprensibilmente cedere alla tenerezza di una compagnia. E ancora bene, perchè è meglio un uomo felice con una donna che un prete incazzato con l’universo mondo…”.
E da un pulpito più alto che ne pensa il 90 enne Eugenio Scalfari ? In un suo editoriale ” Yes we can, ma Gesù prese anche il bastone, ricorda: “...Papa Francesco ha convocato a Messa 500 membri del Parlamento e tutti i ministri del governo e li ha bistrattati di santa ragione. Non li ha abbracciati, non li ha perdonati, non li ha salutati, Li ha soltanto bastonati…”. Che ne pensano altri vescovi, di nostra conoscenza, da ultimo don Tonino Suetta, quando abbracciano e riveriscono certi politici di casa nostra ? Imperiesi, savonesi, genovesi !
Scalfari incalza: ” Il poter temporale, così pensa il papa, ha deturpato la chiesa per secoli e secoli, se non addirittura per oltre un millennio. Francesco ritiene che la chiesa non debba essere sporcata, deformata da questo peccato capitale. Ecco la rivoluzione che da un anno sta conducendo e che dovrebbe avvenire anche nel Paese che è la sede del papato. Francesco resta qui, per nostra fortuna. E’ dolce e mite come il suo Gesù Cristo, ma come Lui quando è necessario impugna il bastone e bastona…Il peccato del mondo è l’ingiustizia e la prevaricazione. Io la chiamo concupiscienza, cupidigia del potere, desiderio del possesso. Questo è il peccato del mondo che noi combattiamo da due diverse sponde. Se tutti i detentori del potere lo usassero per realizzare questa finalità, il mondo affronterebbe quella che Berlinguer chiamò la questione morale…”. Già la questione morale…illustri vescovi dell’amata Liguria.
L. Cor.