Festeggiare i 60 anni (1954-2014) della nascita di ‘Monesi turistica e sciistica‘ sottoscrivendo un manifesto di impegni e scadenze: rivolti ai Comuni, alle Province di Imperia e Cuneo, alle Camere di Commercio, alla Regione Liguria e Piemonte, ai parlamentari regionali, ai ministri dell’Economia e dell’Ambiente, alle Fondazioni bancarie . Per onorare, con la mobilitazione dei frequentatori e degli ‘Amici di Monesi’ , l’intuizione dei ‘fondatori’ (la famiglia Galleani) e quanti si sono prodigati nei decenni. In parte un ‘riconoscimento alla memoria‘, un grazie ai pionieri. E’ una ‘dichiarazione di guerra’ mediatica (non di sterile protesta) affinché la Liguria e quest’angolo magico del ponente ligure, delle sue Alpi, possano tornare a locomotiva economica. Uniti nel comune denominatore: Monesi può essere una ‘miniera’, un bancomat, una risorsa ambientale e produttiva.
Sono tanti gli imperiesi, savonesi, genovesi, cuneesi e non solo, che hanno apprezzato, apprezzano, il piccolo, ‘mancato Sestriere’. Monesi dove ‘si scia da re‘ , riporta un simpatico stemma. E’ suonata l’ora della riscossa per rimediare alla lunga insipienza umana, alla politica (e a chi l’ha rappresentata) che si è dimostrata incapace di decidere, di pensare al futuro pur rimanendo con i piedi a terra. Mettiamo una pietosa pietra tombale sul passato. Sulla defunta società pubblica ( Provincia, comuni, ex Comunità Montane), Alpi Sviluppo Turismo Srl, costituita nel 2002. Per decoro omettiamo i nomi di presidenti, amministratori, dei bilanci ‘bruciati’. Affidiamoci invece alle capacità, al decisionismo, di chi sa ‘fare’ e guardare avanti. Non risparmiamo nei bonus ai manager pubblici e privati che portano a casa risultati. Congediamoci da chi vende fumo e poco arrosto.
Sarà pur vero che siamo l’Italia cenerentola, fanalino di coda in molti settori. Che per un pugno di posti di lavoro si protesta e si bloccano le strade, mentre l’agonia di Monesi si è consumata nell’indifferenza, tra proclami, articoli di giornale, ‘blà- blà’, qualche servizio della Rai Liguria, annunci on divaghi e spesso illusionisti. Nessuna manifestazione di piazza dei sindaci, dei cittadini della vallata, nè blocco di strade strategiche (Colle di Nava).
I ‘Monesi resistenti’ non devono essere più lasciati a combattere, urge un forte sostegno dell’opinione pubblica. Si stanno rimboccando le maniche per la Monesi-resurrezione. E vedremo oltre chi sono i principali protagonisti che non hanno bisogno di passerelle. Attendono che Monesi riceva quanto merita nell’interesse dell’alta Valle Arroscia e della Liguria, del basso cuneese. Cioè posti di lavoro per i giovani, valorizzazione dell’artigianato e del turismo dell’ospitalità, della ristorazione, del turismo outdoor.
I DATI STATISTICI DEGLI ESPERTI – Negli studi propedeutici alla nuova seggiovia, gli esperti pagati per pilotare le scelte indicavano in 6.480 persone (sic!) i possibili arrivi annui, fino ad un massimo di 11.700 nel caso la seggiovia potesse funzionare 12 mesi all’anno. Quale attrazione, ovviamente. Erano stati persino stimati, nero su bianco, i ricavi indiretti per alberghi e ristoranti della zona: 218.500 € nel periodo più ‘corto’, 305.935€ in quello annuale. I ricavi netti, sempre degli impianti, erano valutati in 164 mila € fino ad un massimo di 191 mila solo col funzionamento invernale. E con 360 giorni di esercizio la stima parlava di una perdita del 3 per cento.
Un raffronto è doveroso per non dimenticare. La società “Alpi Liguri“, posta forzatamente in liquidazione, ha gestito la seggiovia nel 2009 e 2010. Ha segnato un passivo ingente. La ‘Coop Monesi 3000′ chiamata a subentrare è finita a sua volta in rosso. Eppure era arrivato in aiuto un personaggio di spicco di Imperia imprenditoriale, Marino Arimondi, esponente del Pdl, socio della benemerita scuola di scii. Sembra in dirittura d’arrivo il sospirato secondo tronco della seggiovia, accorciata nel primo progetto per mancanza di soldi. In una Provincia -certo non l’unica – che ha ‘bruciato’ tra sprechi e prebende politiche, prima miliardi di lire, poi milioni di Euro. Ma per la piccola Monesi (senza elettori diretti) non si trovavano disponibilità nei bilanci. Si preferiva, tanto per citare alcune perle, imbottire la Provincia di dirigenti e funzionari, gonfiare i consigli di amministrazione, sullo falsariga di “Sicilia docet‘. E’ questo il patrimonio, lasciato a Monesi, dagli amici che più amici non si può del dotto e devoto Claudio Scajola? Alcuni l’hanno lasciato vedendolo in disgrazia, nessuno è stato cacciato.
I BUROCRATI ANIMALISTI – Senza estremismi e settarismi, bisogna vincere e convincere delle buone ragioni del traino turistico di Monesi. I primi ostacoli da superare e che non costano nulla? Lungo il cammino della ‘nuova Monesi‘ ci sono cavilli paradossali. Ci riferiamo ai ‘burocrati dei divieti’. Del tipo: no alla seggiovia aperta tutto l’anno, come accadeva al ‘vecchio impianto del Redentore‘, smantellato. Il nuovo può funzionare solo nelle stagioni in cui non si mette a repentaglio (non la sopravvivenza) il ‘benessere’ del gallo forcello “nelle sue arene di canto’. O ancora, la coturnace delle Alpi (famiglia dei Galliformes), la nidificazione dell’aquila reale. Onori ai difensori di questa fauna, poco famigliare agli indigeni del terzo secolo. E’ evidente, tuttavia, lo stravolgimento dei valori, delle priorità, delle comparazioni socio-economico-ambientali. Il fagiano può ‘negarci’ non lo sviluppo cementizio e in passato ci sono stati i propugnatori, bensì una sana crescita della società civile. Colpa di zelanti funzionari pubblici e dei loro ‘datori di lavoro’ (partiti) ai quali interessano ben altri ‘favori’ ?
TERRENI INCOLTI E ABBANDONATI – Non sappiamo dove vivono e come vivono i ‘nostri’ burocrati regionali e ministeriali, non conosciamo le loro dichiarazioni dei redditi, l’evolversi – se c’è stato – di proprietà e di tenore di vita, se siano o meno vegetariani. A Monesi e in Valle d’Arroscia non ci sono dubbi matematici, statistici, sul generale impoverimento, arretratezza, fuga demografica, abbandono immobiliare, assenza di mercato per ‘aree verdi’ (non quelle pubbliche degli standard urbanistici). Abbandonati i prati dove si falciava il fieno, le tipiche fasce destinate al grano, all’avena, alle patate, alle rape. Abbandonati i boschi di castagne, di larici. Valore stracciato. Per fortuna è rimasto attivo un figlio d’arte, Roberto Saldo, contitolare della più antica ditta di ‘taglialegna’ (artigiano) della provincia di Imperia. Un’eccezione che non fa la regola. Anche il ‘re pastore’ della Liguria, Aldo Lo Manto, siciliano di Albenga, 1500 capi, tra pecore brigasche, capre, mucche, qualche cavallo, lo scorso anno ha acquistato da un’anziana vedova alcuni ettari di bosco e terreni da pascolo nel territorio di Mendatica. Obiettivo: costruire una casetta per l’estate nella malga.
Non siamo alle prese di un sermone, alle pretese di sette o di lobby. E’ pacifico che Monesi ha le carte in regola di madre natura per riprendersi quanto è stato negato. Gli uomini e le donne di buona volontà hanno bisogno di sostegno solidale che non siano pacche sulle spalle, la frequentazione (certo importante) della ‘stazione sciistica‘, varcare la soglia dell’unico albergo-ristorante-alimentari di Monica Arnaldi (in collaborazione col marito Giuliano). E dell’altrettanto solitaria e longeva presenza del bar-tavola calda Vittoria di Elisa Lanteri, che si avvale del prezioso aiuto di ‘cuoca’ dell’impagabile mamma: una vita di lavoro, sacrifici, rinunce. Lei che è nata e cresciuta nell’opulenta Sanremo. La seconda figlia, Federica, vive a Garessio, è consigliere comunale di opposizione a Briga Alta. Mancato sindaco.
Poi c’è Monesi Young, la prima associazione provinciale ad aver preso coscienza del ‘peccato mortale‘ della ‘morte’ di Monesi. In origine era sorta e risorta la Scuola Sci Monesi, fondata nel 1954, di cui è direttore il giovane geometra Francesco Meoli, vice direttore Vincenzo Piccinini. Scuola con ‘testimoni’ benemeriti e memorie storiche: Michele Secchi, maestro e istruttore dal 1990, dal ’98 anche di snowboard. Risale al 1999 la ‘militanza’ dei veterani Walter Gandolfo (titolare dell’albergo-ristorante da Settimia di San Bernardo di Mendatica), Cristina Gavi e Enrico Piccinini. .
Con la loro esperienza, spesso fuori dai confini liguri, maestri ed istruttori federali, sono testimoni di pregi e difetti delle piste, della qualità della neve, degli apprezzamenti, consigli e critiche dei pendolari sciatori. Monesi, una virgola nel panorama delle località di montagna dove si praticano sport invernali.
A Monesi ‘ diseredata’ si possono incontrare personaggi straordinari nella metamorfosi esistenziale. C’è Elisio Pastorelli, classe 1939, nato e cresciuto a Briga Alta, da sempre in simbiosi con Monesi di Triora e Monesi di Mendatica. Fa tenerezza vederlo affaciendato a servire i ‘clienti’, alla cassa nel negozio di noleggio scii “La Mela Verde”, tra i primi locali sorti in anni d’oro. Un’iniziativa del ‘socio a Monesi’ dei Galleani: Armando Lanteri per anni anima dello sviluppo, soprattutto edilizio, morto tragicamente in un incidente sul lavoro. Armando che si trovò al centro di una clamorosa e singolare truffa. Conobbe un ‘gentiluomo’ che con perfetta parlantina si presentò in talare da vescovo, anello e pettorale d’oro. Attraverso un’abile regia e tanto di autista, riuscì a far credere che, grazie ai rapporti in Vaticano, poteva sbloccare contributi pubblici e finanziamenti bancari per l’ambizioso progetto di espansione di cui Armando Lanteri era tenace propugnatore. Un bel giorno si accorse della grande truffa (200 milioni, fine anni ’70), si rivolse ai carabinieri, ad un legale. Ha perso tutto.
Nei locali che ospitano la Mela Verde (all’esordio c’era un grande ristorante, bar, sale) venne aperta la ‘boutique’ destinata a sciatori invernali e ai villeggianti estivi. Iniziativa della stessa famiglia Lanteri: la moglie, poi la figlia Marinella; l’altro figlio, più giovane, è vigile urbano ad Ormea.
Terzo secolo: Monesi e Elisio Pastorelli, il ‘volto’ più popolare, tuttofare, anima e corpo dedicati a quella che considera la sua creatura. Prima di lui e con lui c’era stato un altro eccezionale testimone dei tempi, Guido Lanteri, più volte sindaco di Briga Alta, un ‘missino vero‘ che aveva incontrato Giorgio Almirante. Guido già gestore, con la moglie e due zie, dell’albergo Redentore (proprietà Galleani, ora in abbandono, acquistato dall’imprenditore Parodi e dalla figlia vedova Cozzi). Guido, montanaro burbe, parsimonioso, ma integro ed idealista, ha lasciato un incolmabile vuoto.
Il suo ‘comune’ , una manciata di residenti, per l’anagrafe 33, rimasti 6 nel periodo invernale, è lacerato da miserabili personalismi. Fu uno dei casi guinnes in Italia (Rai UNO): la presentazione di tre liste. In consiglio comunale due congiunti del primo cittadino Mario Zintilini. Il sindaco, con moglie e figlia, unici abitanti fissi della frazione Upega (con una concittadina ottantenne che rifiuta di seguire il figlio in Riviera). Nel terzetto di giunta l’assessore è Terenzio Toscano, insegnante in pensione a Ortovero, erede con il fratello Enrico di quasi due milioni di ettari di montagna e pascolo, dove si trovano i 330 ettari dati per 40 anni in concessione alla Provincia di Imperia e che ospitano seggiovia e la superficie sciabile.
I FRATELLI PIU’ TERRIERI DELLA LIGURIA – I fratelli Toscano, scapoli, senza eredi diretti, vengono considerati, più a torto che a ragione da cittadini disinformati, corresponsabili del declino di Monesi essendo di fatto gli unici proprietari delle aree che ricadono nella giurisdizione dei Comuni di Triora (IM) e Briga Alta (CN). I Toscano che si sono opposti con fermezza al piano regolatore che prevedeva (l’impresa Feltri di Savona) la costruzione di altri palazzi, oltre a quelli esistenti. I Toscano che hanno resistito – ricorrendo a legali e cause – alla minaccia di esproprio per interesse pubblico. Che si sono trovati a combattere contro un manipolo di affaristi imperiesi, appartenenti a forze politiche di governo e frange massoniche. Prima scottati dall’esperienza Galleani, poi nelle mire di confraternite. Hanno finito per assumere un atteggiamento di estrema difesa, oltranzista, forse controproducente. Il loro nome, la figura del loro papà emigrante che ha fatto fortuna in Perù, rischiano però di essere dimenticati dalla storia. Pare non siano entusiasti di dare vita alla Fondazione Toscano. A Piaggia si sussurra che i due fratelli abbiano fatto testamento da un notaio indicando la ‘fortunata‘ ereditiera.
In conclusione, a Monesi non poteva mancare anche l’incursione di un paparazzo. Non si tratta di un repoter alla ricerca di divi e scoop da gossip. Il fotografo sì è mimetizzato tra la folla (almeno un migliaio di persone nel penultimo sabato di gennaio) e per trucioli.it ha scattato decine di istantanee. Numerosi i volti ‘noti’, impossibile dare spazio a tutti. Scegliamo a caso. C’era il presidente nazionale di Assoutenti, il genovese Furio Truzzi, fedele ospite della Rai e di altre televisioni locali, reduce dalla prima assemblea di Diano Marina per l’emergenza ‘frane e pendolari‘ dei treni. C’era un amico di Monesi, Roberto Schneck, architetto, già vice sindaco di Albenga, assessore di spicco nell’Amministrazione provinciale di Savona. Indicato come futuro candidato sindaco della sua città. I ‘fratelli muratori‘ lo segnalano or qua, or la. Mercoledì pomeriggio, alle 18, si faceva intervistare, sotto la pioggia, dal cameramen, sulla piazzola di sosta del casello autostradale di Pietra Ligure.
C’era Mario Baucia, già insegnante liceale, esperienza da vice parroco di Borghetto S. Spirito, abbandonata la talare, è stato assessore all’urbanistica del Comune di Ceriale; chiamato alla presidenza del maggiore Consorzio pubblico della depurazione del ponente savonese. Altri meriterebbero la citazione. Ci perdoneranno?
Luciano Corrado