Vladimiro si svegliò di soprassalto. Il maestrale, che per tutta la notte aveva soffiato prepotente da nordovest, infilandosi sotto le tegole e passando tra le fessure delle finestre con sibili e spifferi, era cessato. “Sono stato svegliato dal silenzio” pensò Vladimiro e si girò dall’altra parte, deciso a riprendere il sonno interrotto. Mentre stava per riaddormentarsi avvertì uno strano rumore proveniente dalla parte della montagna, come se le fronde degli alberi venissero agitate da qualcosa o da qualcuno e fu preso da un inspiegabile senso di inquietudine. “Forse è il maestrale che riprende…” disse, e ricadde tra le braccia di Morfeo.
Borghetto Santo Spirito: LA CITTA’ GIARDINO. Così è conosciuta in tutta Europa la ridente cittadina balneare (una spalmatura di cemento e asfalto nella pianura del VARATELLA che arriva fino a bagnarsi nel tiepido Mar Ligure). Negli interstizi fra un condominio e l’altro, nelle piazze e sulle passeggiate, aiuole colme di fiori stravaganti, coloratissimi e profumati, tra i quali svolazzano timidi cardellini, bellicosi pettirossi, merli innamorati, danzanti cinciallegre, passeri e piccioni indifferenti.
Verdissime siepi squadrate in modo perfetto che delimitano un luogo o costeggiano una passeggiata o precludono con discrezione la vista dei bidoni della raccolta differenziata. Alberi potati in modo elegante e sapiente.
Il Verde Pubblico è il vanto della Pubblica Amministrazione che ne va, giustamente, orgogliosa.
Ma non fu questo paesaggio idilliaco che Vladimiro, il mattino seguente, vide appena uscito dal portone di casa: gli alberi, gli arbusti, le canne e ogni altro tipo di vegetazione, durante la notte, avevano invaso quasi tutto il paese, come se volessero riprendersi il territorio che a loro era stato sottratto dalla speculazione edilizia.
Fu uno shock per Vladimiro che, di corsa, si diresse verso il parcheggio dove aveva lasciato la macchina, ma era troppo tardi: le piante e i rampicanti avevano già inglobato nella giungla la sua vettura.
Tornò di corsa in casa, si armò di un grosso coltello e di una forbice da potare e ridiscese in strada per dirigersi verso il Municipio.
Non poté seguire il normale percorso in quanto alcune strade erano già state conquistate da allori robusti e pitosfori nani. A fatica si aprì un varco in piazza Indipendenza e proseguì in via Dante che stava per essere totalmente coperta dalle canne.
“Devo arrivare al fiume a qualsiasi costo” si impose Vladimiro ed iniziò a farsi strada tra la vegetazione con la forbice ed il coltello usato come un machete.
Fu una dura lotta, ma finalmente, apertosi un varco nel canneto, arrivò nel greto asciutto del fiume, ridotto ormai ad un piccolo sentiero fiancheggiato da alte mura di canne e di pioppi.
Iniziò a correre verso il Municipio ma, giunto all’altezza della seconda passerella, si accorse che i pini ne avevano preso possesso e con i loro forti rami stavano spaccando il cemento e le ringhiere di ferro.
“L’unica salvezza è andare verso la foce e risalire da via Ponti dove c’è più cemento”. Così fece, ma giunto sulla passeggiata di levante fu fermato da enormi onde di oleandri che, scavalcata la ferrovia, si stavano impadronendo della spiaggia.
Vladimiro tentò di arrivare al sottopasso ma dopo un’ora dovette fermarsi e si accasciò al suolo, ferito, dilaniato dalle spine, vinto nel fisico e nello spirito. Era la fine. Aveva capito che combattere contro questo esercito vegetale che velocemente si stava impadronendo di tutto il Paese era inutile. Solo un intervento sovrumano poteva salvare Borghetto e allora capì che solo uno era in grado di farlo: PARR-ZAN.
Lui che parla alle tartarughe giganti del Partito, lui che gioca a bridge con Cita e le sue amiche, lui che sussurra ai serpenti che serpeggiano per i caruggi: lui, PARR-ZAN.
E con le ultime forze che gli restavano alzò il viso al cielo e urlò: “PARR-ZAN!!!!! SALVACI TUUUUU…..” . E cadde come corpo morto cade.
Silvestro Pampolini